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Kali

Il potere della stupidità

Seconda parte


di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
 
Settembre 1997
Traduzione italiana aprile 2002
 



Anche questo articolo, come il primo della serie, era stato scritto in inglese e poi tradotto in spagnolo. Pubblicato più tardi in italiano, in coincidenza con l’uscita della terza parte.



Dopo parecchio tempo, le mie piccole osservazioni sulla stupidità umana continuano a vivere nella rete. Ricevo messaggi da diversi angoli del mondo; l’articolo è riprodotto, citato o commentato in vari paesi. Il dialogo risultante mi ha fatto scoprire persone e siti interessanti che non conoscevo.

Domande e commenti di diverse persone mi hanno indotto a pensare ancora un po’ a questo affascinante (e terrificante) argomento. Ecco i risultati di quelle meditazioni – senza la pretesa, naturalmente, di avere abbastanza approfondito un problema così difficile. Per cominciare, cerco di rispondere a una domanda che alcuni si pongono.



La definizione di Cipolla è “vera”?

Fin da quando ero all’inizio degli studi ho avuto la fortuna di imparare da insegnanti che hanno definito alcuni princìpi in cui, dopo molti anni, continuo a credere.

Uno di quei concetti filosofici è che non esiste alcuna verità “assoluta”. Una teoria “vera” è semplicemente la più adatta alle circostanze: quella che meglio spiega e interpreta ciò che stiamo studiando.

Non so quale sia la migliore definizione “assoluta” della stupidità – o se ce ne sia qualcuna provvista di senso. Non so neppure come si possa definire efficacemente il concetto di intelligenza.

L’impostazione di Carlo Cipolla (per la stupidità come per l’intelligenza) mi sembra particolarmente utile e interessante perché non si basa su definizioni teoriche ma sui risultati: una persona o un comportamento sono intelligenti o stupidi secondo le conseguenze che producono. Questo metodo ha due vantaggi.

Il primo è che definisce qualcuno come stupido (o intelligente, o “sprovveduto”, o “bandito”) in base ai fatti – o, almeno, alla nostra comprensione e valutazione dei fatti. Il secondo è che concentra l’attenzione sull’aspetto più importante: non la stupidità in sé, ma il danno che produce.

Ci possono essere infiniti comportamenti che sono, o sembrano, stupidi, ma sono innocui. Si collocano in un’area “neutra” in uno schema basato sui risultati – e quello è il loro posto.

Per esempio ridere e scherzare fra amici può sembrare “stupido” a un estraneo, ma in base all’effetto che produce quel comportamento è spesso classificabile come “intelligente”. Infatti lo è, almeno finché il divertimento di chi partecipa al gioco è maggiore della noia che può provocare ad altri. In generale l’intelligenza (vantaggio pratico) di un tale comportamento si limita a un momentaneo buonumore; ma può avere effetti più rilevanti, come stimolare la collaborazione e far nascere scintille di idee in modi che sarebbero impossibili in circostanze noiose o deprimenti.

Ci possono essere “sciocchezze” notevolmente intelligenti, come affermazioni “seriose” profondamente stupide... a parte il fatto che pensieri innovativi sono spesso considerati “sciocchi” da chi non li capisce.

Queste osservazioni portano a un argomento importante: la rilevanza del pensiero “non lineare” (come dell’emozione e dell’umore) in tutti i processi mentali e specialmente nell’innovazione.

Per approfondire questo argomento avrei bisogno di molto più spazio di quanto ne ho qui (l’ho in parte sviluppato in Pensieri semplici sulla complessità). Vorrei solo rilevare che la separazione degli emisferi cerebrali (“destro” o “sinistro”) può avere significato in esperimenti clinici, ma va evitata nell’osservazione del comportamento umano perché la struttura del pensare non è così semplice – e comunque i diversi processi di percezione e pensiero lavorano sempre insieme e sono molto meglio comprensibili come un “tutto” inscindibile che come la somma di funzioni separate.



Tre corollari

Già durante la prima lettura del saggio di Carlo Cipolla (e in meditazioni più generali sul problema della stupidità) cominciava a svilupparsi nella mia mente qualcosa che prendeva il nome di “primo corollario di Livraghi”. Mi chiedevo come potesse essere il primo, visto che ne avevo uno solo. Ma la percezione iniziale si è rivelata giusta, perché poi ho scoperto che ce ne sono almeno tre.


Primo corollario

In ognuno di noi c’è un fattore di stupidità che è sempre maggiore di ciò che pensiamo

[L’ho spiegato nel primo testo “potere della stupidità”]


Secondo corollario

Quando la stupidità di una persona si combina con la stupidità di altre, l’effetto cresce in modo geometrico – cioè per moltiplicazione, non addizione, dei fattori individuali di stupidità

Sembra generalmente accettato il concetto che “il totale di un network (cioè di una rete o comunità) cresce del quadrato del numero degli appartenenti” ed è abbastanza ovvio che lo stesso criterio si possa applicare all’effetto combinato dei fattori di stupidità. Questo può aiutare a spiegare il noto fatto che le folle sono molto più stupide delle singole persone che le compongono.


Terzo corollario

La combinazione delle intelligenze di persone diverse è più difficile della combinazione di stupidità

Non si tratta solo del fatto che il potere della stupidità è spesso sottovalutato – e le sue conseguenze sono difficilmente prevedibili. Le cause di questo problema sono molteplici e complesse.

La stupidità è incoerente – non ha bisogno di pensare, organizzarsi o progettare per produrre effetti combinati. Il trasferimento e il coordinamento dell’intelligenza è un processo meno semplice e spontaneo.

Le persone stupide possono aggregarsi istantaneamente in un gruppo o “massa” super-stupida, mentre le persone intelligenti funzionano come gruppo solo quando si conoscono bene e hanno esperienza nel lavorare insieme. La creazione di gruppi ben armonizzati che condividono intelligenza può generare notevoli forze anti-stupidità, ma (contrariamente alle aggregazioni stupide) queste comunità hanno bisogno di organizzazione e mantenimento. E possono perdere una parte rilevante della loro efficacia per l’infiltrazione di persone stupide o per inattese crisi di stupidità in persone abitualmente intelligenti.

In alcune situazioni questi rischi possono essere in parte ovviati (se non del tutto tenuti sotto controllo) essendo coscienti dei possibili problemi prima che qualcosa vada storto e avendo un backup di intelligenza (cioè una riserva di risorse intelligenti nel gruppo) per riempire i vuoti e correggere gli errori prima che il danno diventi troppo grave. Chi sa portare una barca a vela sa che cosa intendo dire; come lo sa ogni persona che opera in un ambiente in cui le conseguenze di ogni azione sono dirette e tangibili.

Un altro elemento pericoloso è che i sistemi di potere tendono a collocare al vertice persone più dedite al proprio vantaggio (o a quello di gruppi ristretti) che al bene collettivo – e queste, a loro volta, tendono a favorire e proteggere la stupidità e a tenere la vera intelligenza il più lontano possibile. Questo è un tema che merita un approfondimento a parte. [Infatti, sei anni dopo la prima stesura di questo articolo, ne ho scritto un altro intitolato La stupidità del potere].



Stupidità e biologia

In un sistema biologico elementare il problema della stupidità non esiste. Il processo si basa sulla produzione di un numero estremamente grande di mutanti “stupidi”. Solo alcuni (i “più adatti”) sopravvivono – e l’evoluzione va avanti. Da quel punto di vista, ciò che non percepiamo come una catastrofe è solo un’altra variazione nel corso “naturale” degli eventi. Incendi distruttivi nelle foreste sono considerati dai botanici come necessari, anzi desiderabili. Milioni di creature viventi che muoiono bruciate potrebbero non essere d’accordo, ma la loro opinione è irrilevante.

In quella prospettiva, le soluzioni sono semplici ed efficaci. Se c’è un eccesso di popolazione, ciò che occorre è un’epidemia (o un altro strumento di massacro di massa che non sia troppo distruttivo per l’ambiente in generale) che uccida il 90 per cento dell’umanità. Il 10 per cento sopravvissuto, dopo aver superato una crisi iniziale di dolore e smarrimento, troverà l’ambiente risultante piuttosto gradevole. Si tratterà anche, probabilmente, di persone geneticamente simili fra loro, che condividono caratteristiche di aspetto e di comportamento. Se avessero tutti i capelli verdi, gli occhi rosa, e si trovassero bene in un clima umido e piovoso, arriverebbero presto a considerare “inferiori” le persone (estinte) con altri colori di capelli e di occhi cui piacevano il sole e i cieli azzurri. Nei loro libri di storia idrorepellenti ci tratterebbero come noi trattiamo i Neanderthal.

La distruzione o sterilizzazione del nostro pianeta, per effetto di forze nucleari (o chimiche) di produzione umana o di una collisione con un planetoide vagante, sarebbe un dettaglio trascurabile nell’evoluzione del cosmo; e se avvenisse prima dello sviluppo dei viaggi spaziali e della colonizzazione extraterrestre la scomparsa della nostra specie (insieme al resto della biosfera) non sarebbe un evento rilevante neppure nella nostra galassia.

Ma nel particolare ambiente biologico governato da una certa specie (in questo caso la nostra) il sistema è basato sul concetto che l’ambiente può, e deve, essere gestito, e che ogni individuo della nostra specie (e di altre specie che “proteggiamo”) deve vivere più a lungo, e più piacevolmente, di come potrebbe in un ambiente incontrollato. Questa situazione richiede una particolare forma di “intelligenza” organizzata. Perciò la stupidità, in questa fase e condizione evolutiva, è estremamente pericolosa.

E poiché siamo umani è di questo che ci dobbiamo preoccupare.



La stupidità e il “millennio”

Avevo scritto questo articolo in inglese nel settembre 1997, quando già imperversavano sproloqui e divagazioni sul “millennio”. Lo sto traducendo in italiano nel 2002, quando di quell’argomento non si parla più. Ma alcune osservazioni mi sembrano ancora abbastanza rilevanti.

Poche cose erano così facilmente prevedibili come il fatto che il ventesimo secolo sarebbe finto a 0 ore, 0 minuti, 0 secondi del primo gennaio 2001. Eppure perfino su una cosa così semplice si è fatta una gran confusione. Compreso il fatto che molti hanno “fatto finire il millennio” con un anno di anticipo. Pare che dibattiti ugualmente insensati ci siano stati mille anni prima – e che anche nel 1899 si discutesse su quando sarebbe finito il diciannovesimo secolo.

Persone tutt’altro che sciocche o ignoranti erano convinte che secolo e millennio finissero alla mezzanotte del 31 dicembre 1999. Faticavano ad adattarsi all’evidenza dell’aritmetica. Dopo qualche minuto di perplessità dicevano «Mah, forse hai ragione, a pensarci bene non c’è mai stato un anno zero».

Questo è stupido?

Forse no – o non molto – se valutiamo la stupidità in base alle conseguenze pratiche. Non ha provocato danni gravi. E se qualcuno ne ha approfittato per far festa due volte forse si è divertito un po’ di più. Ma rimane preoccupante il fatto che la più ovvia idiozia, se ripetuta abbastanza spesso, possa essere scambiata per verità.

Sono rimasti un po’ scornacchiati i venditori di ammenicoli vari che tentavano di approfittare dell’occasione. Forse sono stati i troppi discorsi confusi, oltre alle ambiguità sulla data, a creare stanchezza e disinteresse. Sono rimaste invendute montagne di prodotti etichettati “millennio”. I produttori di spumanti hanno venduto meno del previsto. Le agenzie di viaggi non solo hanno avuto risultati deludenti ma sono incorse in qualche denuncia per offerte “ingannevoli” sulla data sbagliata. Insomma la “commedia degli errori” non è stata del tutto indolore, anche se in generale non ha fatto molti danni. Alcune altre osservazioni si trovano in un articolo del febbraio 2001: Il millennio in sordina e la bolla mezza sgonfia.
 

C’è stato un altro argomento, molto discusso, la cui scadenza era davvero alla fine del 1999. Il famigerato millennum bug, di cui nessuno parla più, anche se non è detto che il problema sia definitivamente risolto.

In questo caso la stupidità è notevole e palese. Il calendario gregoriano era stato definito 415 anni prima. A nessuno poteva sfuggire il fatto che sistemi elettronici incapaci di gestire quattro cifre per la data dell’anno sarebbero andati in crisi. Quei sistemi erano stati concepiti negli anni Sessanta. Ma solo un anno o due prima della “scadenza” qualcuno ha cominciato a preoccuparsene.

Da una fase di cecità, in cui il problema era ignorato, si è passati a una fase di esagerata drammatizzazione con previsioni di catastrofi che (per fortuna) non ci sono state. Senza entrare nei dettagli tecnici, alcuni dei rimedi adottati hanno un respiro breve (il problema potrebbe riproporsi fra trent’anni). Ma soprattutto è inconcepibile, e decisamente stupido, che ci sia stata così tanta disattenzione, per tanti anni, seguita da così esagerate e frettolose scalmane. Quanti altri problemi, cui oggi nessuno bada, diventeranno chiacchiere clamorose quando forse sarà troppo tardi?

Possiamo anche dimenticare l’elettronica e parlare di altre cose. Per esempio le pensioni – specialmente in Italia. L’invecchiamento della popolazione era una tendenza evidente da mezzo secolo. Non ci voleva un genio della statistica per “prevedere” il peso crescente sul sistema pensionistico. Non solo non si è fatto nulla per alleviare il problema, ma si è fatto molto per peggiorarlo, con pensionamenti anticipati e altre sconsiderate “ipoteche sul futuro”. Si è cominciato a pensarci quando la situazione era già gravemente compromessa – e si sta ancora discutendo su come trovare una soluzione.

E ci sono i problemi ambientali, la crescita della popolazione specialmente dove mancano i mezzi di sostentamento, l’uso di energie fossili... l’ostinata conservazione di sistemi gerarchici di cui si è ampiamente dimostrata l’inefficienza... l’insistente spinta alla specializzazione e tecnicizzazione del sistema scolastico e dei metodi di formazione quando in un’evoluzione turbolenta e complessa occorre fare il contrario... i sistemi informatici e telematici, che dovrebbero diventare sempre più semplici e stabili per offrire una risorsa ai meno privilegiati, spinti nella direzione opposta dall’elefantiasi del software e da altri inutili ingombri...

La cecità, la miopia, la stupidità governano il mondo. Questo spettacolo, visto da un osservatore lontano nello spazio, potrebbe essere molto buffo. Ma devo confessare che non riesco a trovarlo divertente.





Vedi anche la prima parte di “Il potere della stupidità
e la terza “La stupidità del potere



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