
DIALOGO DETTO STREGA
O SIA IL PRIMO LIBRO
DELLE ILLUSIONI DEL DEMONIO
composto dallo illustre e molto dotto
prencipe segnore Giovanfrancesco
Pico della Mirandola,
segnore e conte della Concordia,
volgarizzato dal Ven. P. F. Leandro dell'Alberti
bolognese dell'Ordine de' Predicatori.
Le persone parlano
Apistio, Fronimo, Dicasto, Strega.
APISTIO Fronimo, dimmi dove va colà così in freta, caminando per la piazza ove
vendonsi l'herbe, tanta moltitudine di popolo.
FRONIMO Non lo so, ma andiamo anche noi un puoco, acciò intendiamo la cagione di
tanto concorso, conciosia che puoco danno potrà essere la perduta di puochi
passi.
APISTIO Non saranno puochi, se andaremo per insino al tempio, lo quale novamente
è comenciato di fabricarsi ad honore della gloriosa vergine madre de Iddio,
chiamata dalli miracoli. Conciosia che è discosto da quinci oltro di un miglio.
E così mirando pare a me di vedervi costì alquanti de quelli venerandi religiosi
dell'Ordine de' Predicatori, che sono huomeni molto dotti, li quali hora sono
venuti quivi ad habitare per servigio di detto tempio. Il perché io istimo che
tutti vadino colà quelli vediamo.
FRONIMO Drittamente, si come io penso, tu istimi, conciosia che, se non me
inganno, ho veduto fra la moltitudine de' fanciulli esservi anchora li servi, li
quali suoleno servire allo Inquisitore, che cerca e persequita li maghi,
malefici, et incantatori. E li punisce segondo le loro malvagie e rie opere. Ma
pur al fine, che cosa ci puotrà nuocere, se andaremo per insin colà? Anzi penso
più presto di doverne riportare commodo e guadagno, se ben non fusse di gran
momento, almanco di qualche cosa che serà a noi aggradevole, perché se puotrà
computare in vece di vivande nel pranso, quando ritornaremo. E forse anchora
serà molto più utile cosa, che non sapiamo, intendendo qualche nuovo secreto.
Conciosia che a me pare, et ragionevolmente istimo, sia presa una strega, et ivi
esser dove corre, per vederla, tanta moltitudine di popolo mescolato con li
fanciulli.
APISTIO Habitano in questi luoghi le streghe? Oh, certamente non mi serebbe
grave di caminare diece miglia, per vederle.
FRONIMO Hor su, se adunque non mai vedesti veruna, forsi hora sara' satisfatto
alla tua curiosa voglia.
APISTIO Oh se pur accadesse, che io potessi ritrovare cotesto augello, da me con
tanto desiderio cerco, e non giamai ritrovato in verun luogo.
FRONIMO Di quale augello ragioni tu?
APISTIO Della strega.
FRONIMO Tu giuoghi, eh, Apistio?
APISTIO Pensa pur che quello ho detto, l'ho detto non per giuoco né per iscrizzo,
ma da dovero. Conciosia che debbia esser molto aggrado a ciascun huomo, ma
maggiormente alli gentili e curiosi spiriti, di conoscere quello, lo quale non
ha mai conosciuto la antiquità.
FRONIMO Dunque tu te affatichi di vuoler intendere quello, che non ha inteso
veruno?
APISTIO Dunque istimi tu che io vogliammi persuadere di conoscere quello, che
non mai hanno voluto confessare de havere inteso li huomeni grandi e molto
litterati, e pur se l'haveranno inteso, non appare in verun luogo?
FRONIMO Che cosa?
APISTIO Lo augello strega. Benché già habbia letto:
Coll'ali infame la notturna strega.
Mestitia, augurio infausto, e danno espresso
Peggio ch'el bubo annontia, porge, et lega.
Anchor pur ho veduto nell'antiche maledittioni fussi nominata la strega, ma che
cosa sia quella, e di qual natura, non si conviene. Et istima Plinio che sia una
favola, quello che era scritto delle streghe, cioè che asciuccaveno colle labbra
le pope delli fanciulli. E così confessa di non sapere di quale generatione de
uccegli sia la strega.
FRONIMO Assai mi meraveglio, che sendo tu molto dotto nelli poeti, si come a me
pare, tu non hai letto come era consuetudine nelli tempi antichi, di esser
scacciato fuori delle porte et usci le streghe con una verga di spino bianco, e
come hanno questa natura, che sono brammosi uccegli, con il capo grande, li
occhi fermi, il becco torvo, e parte delle penne canute, con l'unghie rampinate,
e per ciò così suoleno essere chiamate, perché hanno consuetudine di stridere
nella spaventevole notte. Hor tu vedi il nome, la cagione di esso, la natura di
quella, et anchora la figura, come egli è stata iscritta dalli antichi.
APISTIO Ben intendo quello tu racconti, ma forsi sono di diverse maniere e
generationi coteste streghe, e di differente natura, conciosia che se dice come
non succiano colle labra le pope di fanciullini, ma che beveno il sangue. Il
perché così disse Ovidio:
Di notte ai fanciullini vola spesso
Empiendo il petto dell'innossio sangue
Da vitiati corpi a forza egresso.
Et egli è cotesto suto osservato per infino dalli heroici tempi. Quelle cose mi
moveno, che sono venuti nelli thalami e camere delli Proci, o siano delli
lascivi e molto libidinosi huomeni, così dicendo Ovidio:
Proca il dimostra quale sia questo sangue
Ch'al quinto giorno depuo suo natale
Delle streghe già preda, forte langue.
Puoco il vagito fanciullesco vale,
Et chieder spesso agiuto alla nodrice,
Che è lacerato da questo animale.
Assorbe il sangue la strega infelice,
Sì presto, con la lingua insatiabile,
Ch'el soccorso opportuno esser non lice.
Non paiono a te cotesti officii fra sé delle streghe, tanto diversi, e non ti
dimostrano varia et anchor contraria natura e conditione? Erano ragionevolmente
da esser istimati quelli augelli misericordiosi, li quali facevano l'ufficio
della nudrice, ma questi sono da esser reputati grandemente nocevoli e malegni,
dalli quali sono occisi li fanciullini, havendoli bevuto il sangue.
