Coordinate epistemologiche e cliniche
della
psicoterapia cognitivo-comportamentale
Innanzitutto teniamo a precisare che con il termine "cognitivo-comportamentale" non è corretto
identificare una vera e propria scuola, quanto piuttosto un atteggiamento
verso la psicologia, contenente al suo interno posizioni variegate ed
anche contraddittorie (Sanavio, 1991; Safran, Segal, 1990). L'approccio
a cui facciamo riferimento può essere teoreticamente inquadrato
per mezzo delle seguenti assunzioni, indirizzando eventualmente alla
bibliografia per ulteriori e più completi approfondimenti (in
particolare: Meazzini, 1983, 1984; Guidano, 1987, 1991; Safran, Segal,
1990; Sanavio, 1991):
1) determinismo. Si intende che all'interno degli
eventi psicologici sono riconoscibili rapporti di causa-effetto,
lineari, biunivoci o circolari, che permettono una previsione quantomeno
probabilistica di tali eventi (Sanavio, 1991), la loro instaurazione
e modificazione programmatica. Un rapporto osmotico con la ricerca
psicologica di base rende allora possibile identificare leggi o regolarità negli
accadimenti comportamentali o psichici che offrono un immediato potere
di intervento in sede terapeutica e riabilitativa.
2) Ambientalismo. Nella insolubile contrapposizione
innato/acquisito si ritiene più realistico puntare sul versante
ambientale pur senza trascurare gli innegabili apporti genetici.
Ne discende che ogni comportamento e caratteristica psicologica sono
stati appresi nelle loro specifiche peculiarità e che quindi,
per definizione, sono modificabili attraverso ulteriori esperienze
di apprendimento che obbediscono a note leggi e regolarità.
3) Riduzionismo. Ogni fenomeno psicologico in linea
di principio può essere scomposto in elementi molecolari obbedienti
alle leggi della psicologia di base. Dalla possibilità di
tale operazione non ne discende però un'opportunità in
tutti i casi (Liotti, 1984). Con sempre maggiore insistenza, infatti,
i recenti contributi della letteratura cognitivo-comportamentale
impiegano, anche da un punto di vista teoretico, macrovariabili che
perderebbero di maneggevolezza e di potere euristico se frammentate
nelle loro componenti più essenziali (si pensi ad esempio
al concetto di "distorsione cognitiva" come inteso da Aaron Beck,
1976, 1979; Beck, Freeman, 1990).
4) Evoluzionismo. L'uomo è parte integrante
dell'evoluzione della specie animale e come tale condivide con essa
l'appartenenza ad un comune fondamento di leggi comportamentali,
sociali e psicofisiologiche, per quanto possa differenziarsi nel
particolare sviluppo linguistico e per l'autoconsapevolezza.
5) Concezione della devianza. "Normalità" e "patologia" devono
intendersi come astrazioni concettuali da porsi alle estremità di
un continuum che non prevede al suo interno alcuna sostanziale differenza
nei meccanismi fondamentali del funzionamento psichico, dell'apprendimento
e quindi del cambiamento.
6) Atteggiamento situazionale. Si preferiscono
effettuare valutazioni ed interventi sulla situazione in uno specifico
momento presente, piuttosto che fare riferimento a macrovariabili
come i tratti di personalità, generalizzabili indiscriminatamente
a tutti i contesti. Nello stesso tempo può essere utile o
necessario ricorrere a modelli interpretativi che impiegano macrovariabili
riferibili a situazioni differenti (si veda, ad esempio, il concetto
di "schema interpersonale" in Safran, Segal, 1990).
7) Atteggiamento molecolare e molare. Vengono privilegiate
unità di analisi e di intervento di livello più elementare
rispetto a variabili molari impiegate da altri orientamenti. Un approccio
molare (peraltro da decenni intrinseco anche a correnti fondamentali
del comportamentismo) può comunque essere contemporaneamente
o alternativamente impiegato laddove sia ritenuto più opportuno
(Liotti, 1984; Safran, Segal, 1990).
8) Atteggiamento pragmatico. L'ottica cognitivo-comportamentale
confrontandosi col dualismo teoria/tecnica predilige sicuramente
quest'ultima, concentrando la maggior parte dei propri sforzi ed
interessi nella produzione di strumenti operativi per l'analisi e
la modificazione delle variabili comportamentali, cognitive, emotive
ed interpersonali. Nello stesso tempo riconosce che la qualità della
relazione è determinante, soprattutto nelle fasi iniziali
del rapporto terapeutico, laddove la rilevanza dell'apporto tecnico è necessariamente
ridotta (Sanavio, 1991, p. 204).
9) Concezione del versante interpersonale. I comportamenti,
le emozioni e le cognizioni umane sono apprese in un contesto interpersonale
dal quale non si può prescindere per formulare ipotesi interpretative
ed interventi mirati al cambiamento. La relazione terapeutica è uno
strumento con potenzialità di monitoraggio, diagnostiche e
terapeutiche. Può anche essere intesa come un laboratorio
per la rilevazione e l'analisi di processi cognitivo-affettivi, interpersonali
e delle emozioni del terapeuta (Beck, Freeman, 1990; Safran, Segal,
1990). La metateoria da noi impiegata, cioè il livello di
astrazione teorica di grado più elevato (Safran, Segal, 1990,
p. 18), è quindi sia interpersonale che cognitiva. Interpersonale
perchè considera un bisogno primario il mantenimento della
relazione con gli altri (Bowlby, 1979, 1988), cognitiva perchè contemporaneamente
ritiene l'uomo un elaboratore ed un costruttore della propria esperienza
e delle immagini del mondo in cui vive. |