[Sezione per addetti ai lavori]
Esiste ormai una vasta e sufficientemente consolidata letteratura
che conferma che in presenza di alcune situazioni traumatiche, specie
se estreme e ripetute nel tempo (come lo stato di guerra e l'abuso
sessuale intrafamiliare), si possano rilevare alterazioni neurologiche
e biochimiche, la cui reale implicazione non è ancora pienamente
compresa. Molte ricerche testimoniano alterazioni nel volume dell'ippocampo
destro in reduci di guerre, in donne soggette ad abusi sessuali prolungati
nel tempo, in persone sottoposte ad abuso fisico e psicologico protratto
(van der Kolk, et al., 1997; Bremner, 1998; Krystal, et al., 1998;
Bremner et al., 1998). Queste modificazioni neurologiche sono state
anche confermate in animali sottoposti a prolungato stress sociale,
lesioni a loro volta correlate con il livello di cortisolo. La ricerca,
inoltre, indica chiaramente come in condizioni di stress eccessivo
e/o prolungato (quindi in presenza di livelli abnormi di adrenalina
o cortisolo) l'amigdala, importante nella memorizzazione della paura,
non incomba in deficit di memorizzazione, al contrario dell'ipotalamo,
implicato nell'integrazione delle memorie e nella collocazione spazio-temporale
delle memorie medesime (LeDoux, 1996). In alcuni casi è stato
possibile riscontrare una correlazione fra queste alterazioni e le
performance di recupero verbale alla Wechseler Adult Intelligence
Scale (WAIS), in presenza di quozienti intellettivi normali (Bremner,
et al., 1995; Yehuda et al., 1995). Allo stesso modo, alcuni dati
indicano che la corteccia prefrontale, con funzione di supervisione
nell'integrazione delle esperienze, controllo e di estinzione nei
confronti dei ricordi di paura memorizzati dall'amigdala, possa andare
incontro ad alterazioni in condizioni particolarmente stressanti
(LeDoux, 1996; Levin, Lazrove, van der Kolk, 1999). Il corpo calloso è risultato
di volume ridotto in alcuni reduci del Vietnam, in vittime di abuso
sessuale protratto e in vittime di incuria con PTSD (Teicher et al.,
1997). Da un punto di vista biochimico è stato osservato che,
mentre un trauma singolo può produrre un incremento della
memorizzazione correlato con l'incremento noradrenergico, un trauma
protratto può produrre un depotenziamento mnestico a causa
dell'aumento abnorme di cortisolo e noradrenalina, congiuntamente
all'incremento di oppioidi (Schacter, 1999). Nonostante ci sia molto
ancora da comprendere, un messaggio sta diventando molto chiaro:
alcune esperienze traumatiche, in particolari condizioni pre e post-traumatiche,
possono esitare in processi di memorizzazione anomali che tendono
a non risolversi spontaneamente. Tali ricordi possono essere frammentati,
non accessibili o parzialmente accessibili, connotati da emozioni
magmatiche e da memorie procedurali invalidanti, dolorose e difficilmente
gestibili, intrinsecamente non verbali, probabilmente anche a causa
di un relativo decremento funzionale dell'emisfero cerebrale sinistro
durante il ricordo di gravi traumi (Levin, Lazrove, van der Kolk,
1999; van der Kolk et al., 1997). |