L'importanza
del cognitivismo contemporaneo
L'approccio al quale facciano
riferimento pensiamo sia di ampio respiro e non incontri le secche
epistemologiche e riduzionistiche del comportamentismo cosiddetto "radicale" di diretta derivazione
skinneriana. Il modello di uomo con il quale argomentiamo e discutiamo è si
plasmato dal condizionamento classico ed operante, ma apprende anche
per osservazione, è inserito e si è sviluppato all'interno
di una complessa rete di relazioni sociali ed è provvisto
di un "sistema del Sè" (Bandura, 1978, 1985; Guidano, 1987,
1991; Safran, Segal, 1990; Stern, 1985) con funzione conoscitiva
e regolativa, caratterizzato da aspettative, schemi di pensiero,
fantasie, immaginazione ed emozioni (Beck, 1976, 1979; Beck, Freeman,
1990; Ellis, 1962; Meichenbaum, 1985), il cui scopo principale è il
mantenimento del senso di coesione e di continuità dell'identità individuale
(Liotti, 1984, 1993c; Guidano, 1984, 1987, 1991). Un tale orientamento è allora
reso sofisticato mediante il ricorso alle teorie cognitive classiche
(Beck, 1976, 1979; Ellis, 1962), cioè di tipo "associazionistico" (Reda,
Mahoney, 1984). Queste concezioni sostengono globalmente che il comportamento,
le emozioni e le modalità relazionali sono in stretta relazione
con una serie di fattori cognitivi non direttamente osservabili come
gli schemi di pensiero, le cognizioni, le autoasserzioni ed il dialogo
interno, variabili sulle quali è opportuno incidere per ottenere
cambiamenti terapeutici duraturi. Nello stesso tempo teniamo anche
nella massima considerazione approcci più recenti che presuppongono
il primato di un livello tacito dell'elaborazione dell'informazione
che funge da impalcatura di base per ogni esperienza e pensiero degli
individui; viene anche riconosciuto il principio regolatore dell'attività psichica
umana nella ricerca di coerenza, del pieno sviluppo della identità di
sè e della continuità storica. Questo approccio, detto "costruttivistico" (Bara,
1984; Guidano, 1984, 1987, 1991; Liotti, 1984, 1993; Reda, Mahoney,
1984), concepisce l'oggetto della psicologia cognitiva tradizionale
(schemi di pensiero, distorsioni cognitive, aspettative, etc.) come
la struttura superficiale del livello organizzativo implicito che
continuamente occorre trasformare in esplicito per produrre conoscenza,
autocoscienza, coerenza, senso di continuità e identità personale.
Il livello implicito sarebbe poi in gran parte modellato sulle esperienze
fondamentali instaurate con le principali figure di attaccamento,
relazioni che, pur avendo un'origine antica, manifestano prepotentemente
il proprio peso sia nel presente che nelle possibili proiezioni nel
futuro (Liotti, 1992a, b; 1993a, b; 1994). Il passato delle persone
non deve allora intendersi in modo statico, ma piuttosto come una
continua ricostruzione a partire dai processi di pensiero e di memoria
operanti nel momento presente (Bara, 1984). Con questa visione dell'uomo
non si può più dire allora che «il passato è passato
e non si può cambiare», ma il Sè è pensato
come un «processo di elaborazione della memoria» (Liotti,
1984, p. 263), poichè «attraverso i processi e le strutture
mentali esistenti che operano nell'adesso del sistema, il sistema
produce il proprio passato, presente o futuro soggettivo» (Bara
1984, p. 62). Nel rapporto terapeutico, allora, quest'ultima attività è monitorata,
incrementata e diretta, in modo tale che anche i vuoti «tra
un episodio e l'altro [che] sono solitamente riempiti da processi
di soluzione di problemi o processi di ragionamento» (Bara,
1984, p. 63) vengano riformulati all'interno di una costruzione più coerente
e coesa della storia personale. La struttura profonda di un soggetto
in trattamento, quindi, se opportuno può e deve essere ricostruita
all'interno di un rapporto terapeutico dotato di una funzione contenitiva,
catalizzante, riparativa ed elaborativa (Safran, Segal, 1990). Una
diversa relazione interpersonale, unita a nuovi apprendimenti, informazioni
ed equilibri psicofisiologici, può cioè permettere
un raccontarsi ed un ricostituirsi differente della propria individualità,
possibilmente attraverso un meno frammentato e distorto processo
di integrazione fra le discordanze esistenti fra il livello tacito
ed esplicito dell'elaborazione delle informazioni e dell'esperienza
umana nella sua globalità (Guidano, 1991).
Un approccio ai disturbi cognitivi di tipo dialettico e persuasivo
(cioè il cognitivismo cosiddetto associazionistico) dimostra
invece i suoi limiti in quanto intervento "di superficie" (Guidano,
1987, 1991), non potendosi sistematicamente e programmaticamente
estendere a tutte le dimensioni temporali di un individuo per mezzo
di un cambiamento profondo delle strutture cognitive. Nell'ottica
costruttivista «il risalire alle prime esperienze, all'origine
dei processi cognitivi distorti di un adulto, può essere invece
un punto di svolta nel corso del processo di psicoterapia cognitiva,
un punto in cui si verificano un distanziamento ed un decentramento
realmente stabili dalle proprie presupposizioni» (Liotti, 1984).
Questa impostazione, poi, fornisce spiegazione e strategie operative
in quei casi in cui interventi di superficie si dimostrano poco incisivi
perchè si scontrano con schemi di elaborazione tacita risalenti
ad antiche esperienze di attaccamento disfunzionale di difficile
rielaborazione, come spesso accade nella psicoterapia dei Disturbi
di Personalità. |