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European Bicycle Tour 2000



 
 


 
I tappa:  Roma - Orte (120 km.)  
    La grande avventura parte da Villa Borghese, nel centro di Roma, da cui s’imbocca la pista ciclabile urbana sino a Ponte Risorgimento; qui si incontra il Tevere che sarà il mio fedele compagno di viaggio per le prime tappe. Attraversato il ponte, comincia la bella ciclabile del Tevere Nord che collega Ponte Milvio a Castel Giubileo e, noncurante del traffico intenso, imbocco la Flaminia Vecchia fino a Prima Porta da dove devio sulla Tiberina. Allontanandosi da Roma il traffico automobilistico diminuisce e il paesaggio della periferia metropolitana lascia il posto alla stupenda campagna laziale. Il Tevere mi affianca, ma non si vede. La strada sino a Fiano Romano (46 km.) è piuttosto facile, non ha dislivelli eccessivi (100m. s.l.m.) e termina con una discreta pista ciclabile di 2 km. Continuando in direzione di Torrita Tiberina cominciano le prime ripide salite (200m. s.l.m.) che però sono rese sopportabili dai bellissimi paesaggi della riserva naturale di Nazzano-Tevere-Farfa e dall’assenza di traffico. Da Poggio Mirteto scalo si prosegue verso Stimigliano attraverso le piacevoli e verdi colline della Sabina; da qui la strada con alcuni strappi in salita porta sino a Magliano Sabina. Riprendo la Flaminia tornando per qualche km. verso Roma e mi avvio stanco ma felice verso Orte, meta della mia prima tappa. Non ci sono campeggi e decido di accamparmi ai piedi della città in un campo di grano tagliato; al tramonto mangio su una balla di fieno al centro del campo e, mentre ascolto una piacevole musica dalla radio, aspetto che la luna piena rischiari  la notte. 

 
II tappa:  Orte – Perugia (130 km.)  
    Di buon’ora riprendo la strada in direzione di Penna in Teverina (302m. s.l.m.); dopo una iniziale discesa ecco che affronto le prime ardue salite della giornata. Sembra che questo sia lo scotto che deve pagare il povero cicloturista per avere stradine poco trafficate ed immerse nella natura; comunque, superato Giove, la fatica viene presto ripagata da una lunga e divertente discesa sino ad Attigliano (96m. s.l.m.). Dopo questi 22 km. stupendi ma piuttosto impegnativi proseguo lungo il Tevere in direzione di Baschi (165m. s.l.m.) in 28 km. di facili colline; senza accorgersene si entra nel bel Parco fluviale del Tevere che, costeggiando il lago di Alviano e quello di Corbara, fornisce degli scorci mozzafiato sul fiume. I paesaggi stupendi allietano l’animo e la strada per Todi (28 km.) scorre veloce sotto le ruote senza fatica apparente; giunto finalmente nei pressi della città mi lascio spaventare dalla lunga ed impegnativa salita (6 km. che portano sino a 400m. s.l.m.) e quindi preferisco seguire il fiume. Continuo verso Marsciano su saliscendi poco impegnativi e poi sulla strada che a mezza costa domina il Tevere; nei pressi di Perugia mi inerpico sulle ultime ripide salite alla ricerca del posto dove piantare la tenda per il meritato riposo.
 

 
III tappa:  Perugia – Fano (140 km.) 
    Sono giunto al gran giorno quello in cui le prime vere montagne metteranno a dura prova muscoli, bicicletta e morale; oggi si attraversano gli Appennini! Prendo la strada in direzione di Gubbio (40 km. totali) ed ecco che già dopo i primi 10 km. si sale velocemente con una serie di strappi misti a tornanti. La strada, poco trafficata, è immersa nel verde e permette bellissime vedute sui monti circostanti; è caldo torrido e i muscoli si gonfiano nello sforzo della salita che in 15 km si inerpica sino a 662m. s.l.m. La fatica magicamente scompare quando finalmente giungo in cima, dove incontro altri cicloturisti che mostrano il mio stesso viso soddisfatto. Dopo la salita serro bene il caschetto e mi precipito per una discesa vertiginosa che mi ripaga in divertimento del sudore speso; infine eccomi giunto alla stupenda Gubbio giusto per il pranzo. Dopo la visita alla città e il meritato riposo torno in sella alla mia bici per gli ultimi km di salita. Il primo tratto della strada n.452 per Chiaserna è piuttosto trafficato da TIR per la presenza di una cava, ma la sicurezza è comunque assicurata da una opportuna corsia d’emergenza. La salita, facilmente pedalabile, culmina con una galleria oltre la quale comincia la lunga discesa verso l’Adriatico. La strada confluisce sulla Flaminia che però lascerò presto per andare sulla Flaminia Vecchia che l’affianca; questa strada è ormai frequentata quasi esclusivamente da ciclisti che approfittano della mancanza di traffico. Passata Cagli rimango incantato dai bellissimi scorci sui resti romani e cedo alla tentazione di un bagno rinfrescante tra le stupende rocce levigate dal fiume Burano. Riprendo la strada e in pochi km. arrivo ad Acqualagna da dove seguo il fiume Candigliano; con il fiume cambia anche il paesaggio che, con le rocce a strapiombo della Gola del Furlo, diventa maestoso e spettacolare. Arrivato a Fossombrone continuo seguendo a distanza il fiume Metauro  verso Fano e copro gli ultimi 25 km. attraverso una piacevole strada collinosa, giungendo con il tramonto da amici caritatevoli. Questa è stata una giornata faticosa ma una delle più belle dell’intero viaggio... domani mi riposo e approfitto per visitare la vicina Urbino. 
 

 
IV tappa:  Fano – Ravenna (130 km.)  
    Riprendo la marcia ritemprato dalla precedente giornata di riposo e in poco tempo arrivo a Pesaro; di qui mi dirigo verso Cattolica e scelgo di prendere la strada panoramica (28 km.) che, nonostante le molte curve e i duri saliscendi, garantisce poco traffico e una superba vista a cavallo tra il mare e i campi coltivati. Sceso nuovamente al livello del mare non mi rimane che immergermi nel caos della riviera adriatica passando per Riccione, Rimini, fino a Cesenatico (42 km.). La situazione del traffico è proibitiva e io, vestito da cicloturista, vengo visto come un alieno; la strada è rigorosamente piana e gli stabilimenti balneari si susseguono a schiera. La fauna locale si divide tra famiglie con prole vociante, giovani esausti dalla vita notturna e turisti spaesati. Cerco di allontanarmi velocemente da quella confusione e mi ritrovo sulla statale adriatica che è ancora peggio: le macchine sfrecciano incessanti e rumorose, la strada è dritta, piana e torrida. Sono nell’inferno dei ciclisti! Stringo i denti per 30 km. e, finalmente nel pomeriggio, arrivo a Ravenna che mi all'improvviso sembra un’oasi di serenità, cultura e buona gastronomia. 

 
V tappa:  Ravenna – Padova (170 km.)  
    Il viaggio riprende di buon’ora perché oggi sarà una tappa di pianura piuttosto lunga. All’uscita di Ravenna mi dirigo verso il mare ma devo attraversare una zona industrializzata estremamente inquinata: l’aria che entra nei polmoni è acre e maleodorante e, per alcuni km., la pedalata è un tormento. Passato il porto il paesaggio comincia gradatamente a cambiare: le ciminiere diventano più rade, l’aria migliora e lo sguardo comincia a spaziare lungo i canali che, con le reti da pesca sospese, preannunciano le Valli di Comacchio. La strada che costeggia la riserva Pineta di San Vitale è piatta ed assolata, ma la brezza porta l’odore del mare, rischiara la mente e non fa sentire la fatica; la litoranea si restringe progressivamente sino a diventare una bellissima stradina tra i campi coltivati. Dopo 23 km. torno sulla strada Romea (n.309) che, essendo Domenica, non è troppo trafficata; percorro, quindi, altri 11 km. per poi svoltare nuovamente sulla tranquilla litoranea che attraversando campi e frazioni porta alla riserva Bosco della Mesola. Cerco di pedalare lentamente per godermi i bellissimi paesaggi e mi fermo a pranzare nei pressi di Volano su una torretta di osservazione per uccelli che, isolata dalla civiltà, domina la palude. Riprendo la bellissima strada isolata per altri 18 km. sino a Mésola; di qui, percorrendo l’arroventata e trafficata statale, giungo nei pressi di Chioggia (31 km.). Il viaggio potrebbe continuare in direzione Venezia prendendo il traghetto per il Litorale di Pellestina, ma decido di far visita ad amici nei pressi di Padova; continuo, dunque, lungo strade secondarie ammirando le ultime valli illuminate dalla luce del tardo pomeriggio e arrivo all’imbrunire alla meta, dove mi spetta un meritato giorno di riposo. 
 

 
VI tappa:  Padova – Caorle (100 km.) 
    Riparto pedalando velocemente ansioso d’immergermi nella magia di Venezia; oggi è Ferragosto e le stradine di campagna così come quelle grandi sono deserte. Giungo a Mestre senza alcuna difficoltà e, attraversato il lungo ponte, lascio la bici al parcheggio d’ingresso della città lagunare. M’immergo nella marea di turisti che, noncuranti del caldo torrido, affollano piazze e vicoli; con al collo la fida macchina fotografica mi confondo con i giapponesi e mi aggiro alla ricerca di bei particolari e situazioni interessanti. Dopo essermi piacevolmente perso nelle calli della laguna faccio ritorno alla bicicletta e con il traghetto mi avvio prima al Lido e poi al Litorale del Cavallino. Di qui percorro velocemente i facili 22 km. sino a Lido di Jésolo e, all’imbrunire, raggiungo un brutto campeggio nei pressi di Caorle.
VII tappa: Caorle – Trieste (120 km.) 

    Dopo i consueti preparativi mattutini, l’abbondante colazione e la sistemazione di tenda e bagagli sulla bici, riprendo il viaggio pedalando velocemente verso Latisana così da giungere dopo circa 45 km. sulla statale n.14 e poi, con altri 39 km., a Monfalcone. La strada è dritta, assolata e non particolarmente bella, ma i km. scorrono veloci sotto le ruote grazie anche ai compagni di viaggio che ogni tanto conosco. Superata Monfalcone la strada diventa finalmente più varia e panoramica: le Alpi si spingono sino al mare e costringono a salire (144m. s.l.m.) sino dominare con lo sguardo il sottostante Golfo di Trieste. Arrivo all’ostello del Castello di Miramare nei pressi di Trieste che è ancora primo pomeriggio; abbandonato ogni proposito culturale, mi rilasso qualche ora al calore di un sole piacevolissimo in riva al mare sino ad ammirare uno stupendo tramonto.