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Tanto ti cliccano, tanto ti pago

Come usare l'online per fare giornali di carta più letti e sull'idea di stipendi differenziati per i giornalisti più apprezzati

di Riccardo Staglianò

Articolo per la rivista “Problemi dell’informazione” n°2 / 2.000 - Il Mulino

Quella che in sigla fa "Penc" è una spia che varrebbe la pena prendere sul serio. La lucina di allarme si accende ormai da tempo nelle rilevazioni del traffico sui giornali elettronici: "Politica ed Esteri, Nessun Clic" è il messaggio che manda. I direttori delle testate online hanno imparato a tenerla in considerazione: sanno che i loro introiti dipendono esclusivamente dalla pubblicità, che questa è direttamente proporzionale al numero di lettori che riescono ad attrarre e, a chiusura del sillogismo, confinano gli argomenti citati nel cantuccio degli aficionados. I direttori dei medesimi quotidiani, versione cartacea, fanno spallucce e continuano ad "aprire" con otto pagine di politica interna spesso intesa però come i puntuali resoconti dell'ultimo battibecco tra Clemente Mastella e Rocco Buttiglione, il dibattito postumo sulla paternità del fallimento della commissione bicamerale o l'avvincente caso Zecchino che potrebbe scoppiare in seno al Ppi. Perché?

E' sempre più difficile fingere di non sapere che certi argomenti "tirano" e altri deprimono eppure la nuova contabilità del successo che le diverse sezioni o addirittura i singoli articoli riscuotono all'interno di un giornale online restituisce risultati stridenti rispetto alla fisionomia delle testate tradizionali. Stante il bassissimo livello delle vendite dei quotidiani nel nostro Paese non sarebbe opportuno studiare con più attenzione le dinamiche di lettura che si sviluppano in rete per confezionare giornali (anche di carta) meglio in grado di soddisfare le aspettative e il reale fabbisogno di informazione del cittadino?

 

Come si studia

il gradimento

nei giornali

di carta:

il caso

“Repubblica”

 

La prima ragionevole obiezione che tale provocazione può suscitare presso i tradizionalisti è che un'agenda giornalistica fissata dal pubblico (audience driven) produrrebbe delle aberrazioni irrimediabili: puntando a cogliere il minimo comun denominatore che tiene insieme i gusti dei lettori si abbasserebbe drammaticamente la qualità dell'informazione, lasciando in ombra o condannando all'oblio tutta una serie di notizie magari non accattivanti che però si devono sapere per aspirare alla qualifica di cittadini consapevoli. I telegiornali sono da tempo più sensibili alle sirene dell'Auditel (un sistema di rilevamento ben più approssimativo di quello che la rete propone per le sue news) e, seguendo una tendenza che ormai si può dire consolidata hanno alleggerito il proprio "timone" in maniera da venire incontro alle aspettative del pubblico della prima serata: meno politica ed esteri, più cronaca (nera e rosa, in particolare) e costume, molto più spettacolo e sport.

Anche i quotidiani e le riviste importanti hanno adottato meccanismi di monitoraggio delle preferenze dei lettori. "Da alcuni mesi a questa parte - spiega Alfredo Del Lucchese, vicedirettore di "Repubblica" - abbiamo firmato un accordo con la società di sondaggi Cirm che, quotidianamente, ci fornisce i dati sulla lettura e il gradimento del giornale. L'agenzia chiede, a un campione rappresentativo di varie centinaia di persone, quali articoli e titoli hanno letto e che voto darebbero loro. Moltiplicando lettura e gradimento alla fine viene fuori una classifica dei "top five", i cinque migliori pezzi del giorno, dalla prima pagina sino all'ultima sezione". Le tendenze generali sono chiare: la salute va fortissimo (pur non in prima pagina un pezzo sull'esame del sangue che consentiva di diagnosticare i tumori si è piazzato secondo nella hit-parade generale), la linea anti-Berlusconiana della testata è generalmente molto seguita, i servizi sugli stili di vita riscuotono un ampio successo mentre meno entusiasmante risulta l'economia. Politica ed esteri Cenerentole. "Questi riscontri ci sono serviti - ammette Del Lucchese - facendoci ridurre, ad esempio, il volume prima dedicato al dibattito interno ai partiti. Sono aggiustamenti che il nostro pubblico ha apprezzato".

Pur utilissime, le indicazioni che si possono desumere dal campione tratteggiano un identikit impreciso del lettore. Le informazioni che se ne ricavano sono falsate e ritardatarie. Falsate perché il campione scelto, per quanto rappresentativo, rispecchia solo una porzione molto parziale del pubblico e colui che vi partecipa difficilmente ammetterà mai - per non fare brutta figura - di aver letto solo i pezzi sulle partite di calcio e la notizia dove si forniscono i particolari piccanti della relazione adulterina tra due noti vip. Ritardataria, poi, perché arriva il giorno dopo, quando un'eventuale correzione di rotta sulla maggiore o minore copertura di un evento può ormai risultare impossibile.

 

Misurare i

lettori del

Web:

un’operazione

sistematica

e millimetrica

 

I sistemi di rilevamento del web sono invece inesorabili. Possono anche essere intesi come strumenti obiettivi dal momento che fotografano - in tempo reale, come suol dirsi - la situazione degli accessi. Se la notizia di un'importante fusione societaria attesa da molti potenziali piccoli investitori è quella che totalizza il doppio dei clic di tutte le altre è auspicabile preparare un approfondimento su quel tema, allegando tabelle, analisi di esperti e sinossi che mettono a confronto il nuovo conglomerato con compagnie attive nello stesso settore. Ma più interessanti ancora, ai nostri fini, sono le tendenze generali che si possono trarre dall'osservazione dei dati.

Prendiamo questa volta il caso della versione elettronica di Repubblica, per tentare un confronto con l'omologo cartaceo già citato e anche perché si tratta dell'unico quotidiano generalista online con una consistente produzione propria di notizie e un pubblico dalle dimensioni significative. Quali argomenti vengono letti di più? "L'economia va benissimo, con circa un 20 per cento dei clic totali (a differenza che sulla carta, ma qui l'informazione è più immediatamente usufruibile, diventa un servizio pratico: leggi le previsioni di un analista per un titolo azionario e decidi se comprare o vendere, ndr) - spiega il caporedattore Loredana Bartoletti, ovvero la persona che stabilisce che cosa e come va in pagina -  così come i temi tecnologici e la cronaca con un altro 20 per cento ciascuno, poi viene lo sport con un altro 15 per cento, cultura e spettacolo con circa un 10 per cento e buon ultime politica ed esteri che insieme si aggirano sul 15 per cento mancante".

Ora, se il pubblico della versione online del quotidiano di piazza Indipendenza è simile a quello della versione cartacea è chiaro che le sue preferenze espresse durante la navigazione-lettura vengono solo parzialmente soddisfatte dal palinsesto del giornale che trovano in edicola. "Sì - reputa Bartoletti -  il nostro lettore assomiglia abbastanza a quello della carta, si vede anche dalle opinioni che vengono fuori dai forum sui più svariati temi: l'area di riferimento, dal punto di vista politico e culturale, è la stessa". E allora perché non dargli più ascolto? "In prospettiva se ne terrà conto sempre di più - azzarda Bartoletti, che conosce bene la psicologia dei colleghi per aver lavorato proprio al "politico" del quotidiano - ma ancora c'è la resistenza di una sensibilità giornalistica che non vuole essere urtata da criteri tipo Auditel. D'altronde è vero che se ti fai guidare esclusivamente dalla logica dell'assecondare il pubblico diventi Pippo Baudo o metti i calendari con Alessia Marcuzzi e simili, cose che di sicuro portano molti accessi ma che difficilmente potrebbero dirsi giornalismo".

 

Non è il tema

che stufa,

ma il modo

in cui viene

trattato

 

Tra le mille tecnicistiche nuance che può assumere il discorso sull'annosa riforma elettorale e l'esibizione ginecologica della velina di turno, ci sono però livelli intermedi. Non è infatti la politica in sé che tiene lontani i lettori, ma il cosiddetto “teatrino” che spesso si costruisce intorno alle cose serie di cui essa  si occupa. “La riforma della scuola o delle pensioni - puntualizza Bartoletti - interessano perché hanno o possono avere delle ricadute importanti sulla vita quotidiana di molte persone”. Sono il meta-discorso,  il chiacchiericcio sul dietro le quinte o le allusioni, che fanno gola solo agli addetti ai lavori. Ed è vero che tra i pochi che leggono i quotidiani in Italia ci sono molti appassionati di questi bizantinismi, ma qui ci si interroga appunto su come allargare la platea dei potenziali acquirenti di giornali e non di come continuare a soddisfare quello sparuto popolo di lettori che già esiste.

Tuttavia se si può sostenere con sufficiente tranquillità che la cronaca dettagliata del dibattito politico non fa crescere la consapevolezza dei cittadini, non altrettanto si può dire per la copertura degli esteri, magra di clic ma ricca di spunti per acquisire una visione meno angusta del mondo. E qui infatti si deve procedere a un contemperamento di interessi tra le ragioni confliggenti, quelle del servizio pubblico implicitamente iscritte nello statuto di ogni giornale e quelle della partita doppia che riguardano l'impresa editoriale che lo stampa e lo distribuisce la quale, alla fine dell’anno, deve far quadrare i conti delle vendite e della pubblicità.

 

Una proposta

eversiva:

un terzo dello

stipendio

legato ai clic

 

Tutto ciò detto, la radicalizzazione della tesi sin qui avanzata (che propone di tener attentamente conto del successo riscosso da ogni singolo articolo) apre la strada anche a un possibile, nuovo ed eversivo modello di retribuzione dei giornalisti. E’ chiaro che si faranno molti più clic scrivendo la domenica di sport di quanti se ne potranno fare lo stesso giorno con la cronaca del convegno dei laburisti europei sulla Terza Via ma è anche certo che, all’interno della medesima sezione, alcuni giornalisti conquisteranno - per la prospettiva scelta o la qualità della scrittura - molti più lettori del collega che, nelle colonne accanto, si occupa di argomenti analoghi. E allora perché non inserire un elemento di merito oggettivamente riscontrabile all’interno della gradazione degli stipendi dell’uno e dell’altro? Se un cronista è sempre molto più letto di tutti gli altri è da credere che qualche talento ce l’abbia e che, per questo suo maggiorato apporto alle sorti del giornale, meriti un trattamento economico differenziato. Già Nicholas Negroponte, nel suo ormai classico “Essere digitali”, aveva espresso l’auspicio di poter pagare non per tutto il contenuto del "New York Times" ma solo per i pezzi che gli interessavano (nel suo caso quelli dell’editorialista tecnologico di punta, John Markoff il quale, ipotizzando che solo un utente su duecento della rete nel '95 fosse stato disposto a pagare 2 cent per articolo, avrebbe guadagnato un milione di dollari l'anno). Senza arrivare all’estremo di ricompensare interamente un giornalista sulla base di quanto “fanno” i suoi pezzi si potrebbe però pensare a uno stipendio formato da due voci, una fissa (magari pari a due terzi del totale della retribuzione) e una variabile (il terzo restante) sulla scorta, appunto, del gradimento che le sue storie avranno riscosso. La nuova millimetrica maniera di misurare il successo dei singoli articoli che l'online consente porterebbe in questo modo con sé ben due effetti assai salutari: i direttori avrebbero uno stimolo efficace a stare più vicini alle esigenze dei lettori mentre i redattori sarebbero spinti a dare il meglio di sé per evitare di collocarsi sempre agli ultimi posti delle classifiche di lettura cercando, al contempo, di portare a casa buste-paga ponderose.

P.S. Anche certi opinionisti strapagati potrebbero fare la "prova del nove" dei log-file che registrano gli accessi alle loro composizioni e non è detto che alcuni, tra loro, non ne uscirebbero ridimensionati.  

 


 
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