onda
Le onde dei pensieri


Wireless – ottobre 2001


Percorsi possibili
di un mercato “maturo”

Può sembrare strano parlare di “mercati maturi” nel mondo delle nuove tecnologie – ma ci stiamo arrivando. Per esempio c’è, per la prima volta, una diminuzione nelle vendite di personal computer. Ma il fenomeno riguarda soprattutto la telefonia mobile – anche se finora non si sono visti segnali di “saturazione”, come indica questo grafico sulla diffusione dei telefoni cellulari in Italia negli ultimi dieci anni.


Persone che hanno e usano
un telefono cellulare in Italia

(percentuali sul totale della popolazione)

Fonte Eurisko
grafico crescita
(Per informazioni dalla stessa fonte sullo sviluppo
dell’internet in Italia vedi la sezione dati)


Un altro fatto rilevante che deriva dalle ricerche Eurisko è l’omogeneità per area geografica, grandezza di centri eccetera – e differenze sempre meno accentuate anche per altri parametri demografici. La curva di crescita non dà ancora segni forti di rallentamento. Ma non può continuare così all’infinito. Ci stiamo avvicinando alla “soglia” oltre la quale dovrà, inevitabilmente, appiattirsi.

Da questa e altre fonti risulta che circa 63 italiani su 100 hanno e usano un telefono cellulare. Ma secondo un recente studio del Censis la penetrazione è maggiore – 73 %. Questo grafico mostra quante persone “hanno un rapporto di utenza” con diverse risorse di informazione e comunicazione.


Uso di risorse di comunicazione
e di informazione in Italia

(percentuali sul totale della popolazione)

Fonte Censis

grafico confronto


Dove sarà il limite? All’80 per cento o oltre? Comunque sia... non è lontano. È venuto il momento di pensare a un mercato “maturo”. Che potrà ancora, per un po’ di tempo, evolversi nella turbolenza – ma va verso un inevitabile assestamento.

Le caratteristiche di un mercato maturo sono note. Cresce poco in quantità. Le imprese devono competere per “quota”. Le economie di scala spingono verso la riduzione dei prezzi. Cresce l’importanza dei valori di servizio. I “consumatori maturi” si lasciano meno facilmente sedurre, badano meno alle apparenze, puntano più consapevolmente e severamente sulla sostanza. Se oggi la concorrenza è ancora frenata, deformata e dominata dal “confusopolio”, si andrà sempre più verso una situazione in cui l’uso della risorsa è abituale, perde fascino e novità, le scelte sono meno impulsive e più critiche. Sembra esserci (in teoria) un certo interesse verso le nuove prestazioni che potranno essere offerte. Ma l’esperienza insegna che c’è una notevole differenza “fra il dire e il fare”. È poco prevedibile se e quanto le presunte intenzioni (molto gonfiate dalla martellante insistenza dei mass media) si tradurranno in fatti.

C’è un evidente spazio non solo per una riduzione e semplificazione delle tariffe ma anche per apparecchi più semplici, a costo più basso, di uso più pratico e meno farraginoso – e con più agevole manutenzione, assistenza e riparazione. Le prime proposte di “cellulari a basso prezzo” di cui si ha notizia seguono invece strade bizzarre e probabilmente “di nicchia” – come telefoni “usa e getta”, di cui alcuni possono trasmettere ma non ricevere e altri non hanno una tastiera ma solo un’attivazione a voce. È impossibile indovinare se queste mutazioni potranno sopravvivere o abortiranno prima di nascere. Ma è improbabile che sia questa la “strada maestra” di domani.

Ciò che “dovrebbe” accadere in un mercato maturo è anche una più precisa “diversificazione” e specializzazione. Cioè un’offerta chiaramente e funzionalmente differenziata secondo le esigenze di ciascuno. Dove alcuni troveranno una reale utilità per apparecchi e connessioni particolari, con specifiche funzioni – ma molti altri no. Nei settori specializzati il numero di utenti sarà più piccolo, ma saranno disposti a pagare un prezzo più alto. Nella parte più estesa del mercato si cercherà un migliore equilibrio prezzo-valore, ma ci saranno i vantaggi dei “grandi numeri”. Insomma non è più ragionevole che esista “il” telefono cellulare, sempre più complesso e “obbligatoriamente” propinato a tutti. La via del futuro dovrebbe essere fatta di apparecchi e servizi di varia specie, con prezzi e caratteristiche diverse, per corrispondere più precisamente alle esigenze di ciascuno.

Contrariamente a ciò che proponevano gli schemi dell’economia “classica”, un mercato maturo non porta necessariamente a un’esasperata battaglia di prezzi e a una drastica riduzione dei profitti. Non è neppure inevitabile che i settori maturi siano trattati come anziane “vacche da mungere” (le cosiddette cash cow) per trarre il massimo profitto dal loro declino mentre si investe su settori nuovi e potenzialmente redditizi. I fatti dimostrano che in mercati stabilizzati da molti anni c’è ancora uno spazio importante per la concorrenza, per i valori di marca – e per un “ragionevole profitto”. Ma occorrono capacità e stili di gestione molto diversi da quelli che governano (con esiti spesso discutibili) il mondo pirotecnico e frettoloso della “crescita a tutti i costi” e delle avventure speculative.

Naturalmente c’è sempre un’alternativa alla sfida aperta sul mercato. Si chiama monopolio od oligopolio. È nel DNA di imprese (come le maggiori nel settore delle telecomunicazioni) che sono nate in quella situazione – in Italia come in quasi tutto il mondo – e che in buona parte ne hanno ancora i vantaggi e i privilegi. Può riproporsi, come sta accadendo anche in altri ambienti, per accumulo e incrocio di acquisizioni, fusioni, concentrazioni e alleanze (nonché di politiche di “cartello” su cui spesso le autorità di controllo chiudono un occhio). Ma in una situazione di mercato esteso (europeo se non “globale”) contare sulla perpetuità di queste anomalie può rivelarsi illusorio.

Un’altra anomalia è quella delle diversità “per immagine”. Un’impresa o una marca cerca di proporsi non come fornitore di beni o servizi ma come un mondo di appartenenza – una tribù, una setta, uno “stile di vita”. Ma quanto può durare quel genere di percezioni nel caso di oggetti di uso comune che hanno ormai perso, o stanno per perdere, qualsiasi valore di status symbol o di emozionante novità? Dove tutti vanno a piedi, chi ha una bicicletta o un cavallo è speciale. Ma dove tutti hanno l’automobile non c’è più nulla di “premiante” nel puro fatto di andare su quattro ruote.

Si va verso un rovesciamento della situazione. Ciò che poteva essere, e in parte ancora sembra, “nuovo” è un mondo ormai vecchio. Le gestioni che sembravano innovative tenderanno a diventare le cash cow, le cose vecchie da tenere in vita “fin che la barca va” mentre si sviluppano nuove strategie. Dalle mitologie dell’immagine si dovrà passare ai reali valori – di prodotto, di servizio, di concreta e non finta customer care. Ci dovrà essere molto meno manipolazione e molto più reale rispetto per i clienti (o “consumatori”).

Ci sono imprese che, non da oggi, hanno scelto quella strada. Citate raramente nei titoli dei giornali – ma in ottima salute e in una posizione di vantaggio per le evoluzioni future. E c’è spazio perché nascano nuovi progetti. Come ce ne può essere per chi, dopo aver seguito le mode di ieri, sappia seriamente cambiare strategia.

Questo dice la ragione e questo propone l’esperienza dei mercati maturi. In un mercato come questo, drogato di rutilante confusione e di innovazioni forzate... quando vedremo i primi segnali di maturità? Difficile prevederlo. Ma credo che per chi li sapesse cogliere e interpretare potrebbero esserci grandi possibilità di successo. Come è accaduto, e ancora accadrà, in altri settori... vedremo incrinarsi imperi che oggi sembrano dominanti – ed emergere nuove e diverse presenze che non si sono ancora manifestate.


Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it





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