Il potere della stupidità
Kali


Il circolo vizioso
della stupidità

Giancarlo Livraghi – ottobre 2002


Che la stupidità sia molto diffusa è ampiamente confermato dai fatti. Come è confermato dall’esperienza quotidiana che siamo tutti un po’ stupidi, in un modo o nell’altro (gli stupidi più pericolosi sono quelli che credono di non esserlo mai). Questo problema mi ha affascinato e preoccupato per tutta la vita – e cercare di capirlo può aiutarci a ridurne i perniciosi effetti. (Vedi Il potere della stupidità).

Una delle conseguenze è la diffusa convinzione che si debba trattare il pubblico, e ogni nostro interlocutore, come “un bambino un po’ tonto di undici anni”. A parte il fatto che ci sono ragazzi di undici anni tutt’altro che tonti, è opportuno chiederci quanto sia utile mettere in pratica questa vecchia e banale teoria.

Dobbiamo constatare, purtroppo, che in quel modo si possono ottenere risultati. Ma è dimostrato dall’esperienza che si può essere più efficaci seguendo la strada opposta – cioè rispettando le persone e rivolgendosi alla loro intelligenza, al loro buon senso, alla loro capacità di capire.

È evidente che se prevale la stupidità l’intero sistema ne soffre. Si aprono più spazi per l’inganno, la menzogna, l’opportunismo. Degradano la qualità, le relazioni, la fiducia. Ma l’obiezione è ovvia: perché una singola impresa od organizzazione deve farsi carico del bene generale? Questo è “moralismo”, si dice con disprezzo. Ognuno bada al suo particolare interesse. Se la via più facile è lo sfruttamento della stupidità, così si deve fare.

Le strategie della stupidità tendono a degradare. Ma non c’è il tempo, né la voglia, di pensare al “lungo periodo”. Ciò che conta è la fretta, l’immediato, il contingente. Quando le stupidaggini riveleranno la loro fragilità, si troverà qualche altra sciocchezza per confondere di nuovo le carte.

Ma c’è un problema. Il “circuito della stupidità” è autodistruttivo. Chi tratta il prossimo da stupido finisce con l’essere, o sembrare, stupido. Si diffonde la convinzione che tutto sia sciocco, che ogni tentativo di miglioramento sia inutile, che al dominio delle scempiaggini ci si debba adeguare.

Prima ancora che degradino le relazioni esterne di un’impresa, si corrompe e si disgrega la sua struttura interna. Se la regola è badare solo all’immediato vantaggio personale, perché qualcuno dovrebbe contribuire al successo dell’impresa invece di trincerarsi in qualche difesa burocratica, evitare le responsabilità e dedicare le sue energie all’intrigo?

È sempre pericoloso sottovalutare il potere distruttivo della stupidità. Ed è illusorio credere di poter sfruttare la stupidità altrui senza esserne contagiati. Non sempre la stupidità viene sconfitta dall’intelligenza, ma sempre tende all’autodistruzione.

Se questo è vero in generale, lo è ancora di più nell’internet. Non perché nella rete non ci sia stupidità. Come rilevato nelle mie precedenti osservazioni su questo argomento, l’indice di stupidità è uguale in tutte le categorie umane. Ma un sistema interattivo rende più facile la verifica, meno dominanti le apparenze. Quindi apre più spazi (per chi li vuole e li cerca) a relazioni diverse da quelle convenzionali.

Comunicare con intelligenza non significa essere pedanti, noiosi e complicati. La migliore intelligenza sa esprimersi in modo semplice e chiaro. Con una sana dose di umanità – e, quando è il caso, con umorismo e divertimento. E sa anche ascoltare. L’arroganza, la prepotenza, l’illusione di superiorità non sono intelligenti. Sono una delle insidiose manifestazioni della stupidità. Non ci può essere vera intelligenza senza una sincera autocritica e un autentico rispetto per i nostri interlocutori.

La marea della stupidità è così dominante che si aprono occasioni sempre più interessanti per andare “controcorrente”. Una singola persona o impresa che decida di trattare il prossimo con più rispetto non potrà, da sola, rovesciare la tendenza generale. Ma proprio per la sua diversità potrà ricavarne notevoli vantaggi. E, quando si guarda allo specchio, avrà un po’ meno disprezzo per sé e per ciò che fa.




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