Blog maggio 2006 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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in pdf Non avrei motivo di ritornare sullargomento trattato in unironica blogologia (marzo 2006) se non avessi trovato alcune divertenti variazioni comiche sul tema. Con tante cose deprimenti o irritanti che ci circondano, non guasta, ogni tanto, avere unoccasione per ridere o sorridere. Oltre alle vignette che avevo già segnalato in quellarticolo, ne ho trovate alcune altre in quella straordinaria galleria di umorismo che da tanti anni ci offre il New Yorker. Un recente messaggio, su tuttaltro argomento, mi ha indotto a ritrovare una famosa vignetta di tredici anni fa, che da allora non avevo più rivisto. Sta continuando a girare il mondo, capita e interpretata in tanti modi diversi (anche se molti che ne parlano non hanno mai visto loriginale). Questa è la storica vignetta di Peter Steiner pubblicata dal New Yorker il 5 luglio 1993.
Non è questa la sede per riaprire lannoso dibattito a proposito di anonimato. Che si può ridurre ad alcune considerazioni di buon senso... ognuno ha il diritto di usare tutti gli pseudonimi che vuole, ma ci sono situazioni in cui è importante sapere qual è la fonte, o lautore, di una notizia, di uninformazione o di unopinione. Per non parlare delle perverse false identità di cui si servono i tanti imbroglioni. Di questo, se sarà il caso, riparleremo unaltra volta. Ma intanto ritorniamo al tema dei blog. Il 12 settembre 2005 il New Yorker ha pubblicato una vignetta di Alex Gregory, che è una evidente citazione di quella del 1993.
Ma... come dicevo nellarticolo precedente, non si tratta solo di blog. Lo sa anche il New Yorker. Infatti è ritornato sullargomento, ma in altro modo, il 19 dicembre 2005, con questa vignetta di P.C. Vey.
Insomma che si tratti di blog, di siti web o di qualsiasi altra cosa il concetto è sempre lo stesso. Chi ha voglia di parlarsi addosso ha tutto il diritto di farlo, ma non può aspettarsi che il resto del mondo sia molto interessato. Se questo antico malanno umano trovasse un modo di moltiplicarsi solo nellinternet, sarebbe un male relativo, perché nessuno ci può obbligare a leggere siti, blog o altre cose se non ci interessano. È un po più grave la diffusione dello stesso noioso egocentrismo non solo in troppe conversazioni personali, ma anche nei grandi mezzi di informazione, dove cambiando canale in televisione si ricade troppo spesso nella stessa zuppa autoreferenziale e sfogliando un giornale o una rivista sono un po troppe le pagine da voltare prima di arrivare a qualcosa di meno monotono e (talvolta) interessante. Sarebbe una buona idea se si diffondesse un po più di ironia. Post scriptum Unaltra vignetta sullo stesso argomento è stata pubblicata l8 giugno 2006 da J.D. Frazer Illiad, lautore della serie che avevo citato in marzo. Questa è di interpretazione un po meno immediata, ma tuttavia interessante. Il personaggio (lo stesso blogger delle vignette precedenti) sta cercando di trovare un termine per sostituire blogosfera, che non è più di moda, e pensa che blogodromo sia troppo apocalittico. La sua amica gli chiede «Che altre idee hai?» e poi, sorpresa e perplessa, legge sul monitor «Noi siamo il Blog, lesistenza è futile». Lui le risponde «Preparati a essere emulata».
È ovvio che usare un blog non è necessariamente così apocalittico o alienante. Ma tutte le cose possono diventare maniacali quando si cade in un eccesso di assuefazione, di fissazione o di assoggettamento alla moda. Un altro post scriptum Di nuovo una vignetta dello stesso autore
E poi ancora, con una serie di tre vignette
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