Nellottobre 2002 un articolo in questa rubrica
riguardava le bizzarrie dei domain
cioè alcune fra le molte stranezze nella definizione
degli indirizzi su cui si basano i siti web e altre attività
in rete. A tre anni di distanza, la situazione non è
cambiata. Continuano i tentativi di proporre e vendere soluzioni
più meno disparate o bizzarre, ma con scarso esito.
I non più nuovi top level domain
continuano ad avere scarsissimo successo. Il totale di host
internet attivi su questo genere di TLD nel
giugno 2005 è circa 80.000 (cioè lo 0,02 % su 353
milioni vedi dati internazionali).
Tre anni fa ce nerano ottomila su
.biz e ora sono 37
mila. Può sembrare un aumento rilevante, ma non lo
è, perché rimangono pochissimi rispetto (per
esempio) ai .com, che
sono 63 milioni. Cè una situazione analoga
per .info, con una crescita
da 5.600 a 40.000 (trascurabili rispetto a 156 milioni
.net). Sono un po
aumentati i .coop
(1500), .name (1092) e
.aero (676), ma
si tratta di numeri estremamente piccoli in confronto alla
dimensione generale dellinternet e anche
alla specifica attività online di cooperative o di
attività connesse con laeronautica. Sono
infinitesimali nel caso di .pro
(26) e .museum (21).
In sostanza, la disponibilità di questi nuovi
TLD, immaginati e proposti come
importanti per lo sviluppo della rete, si è rivelata
inutile e irrilevante e chi pensava di potersi arricchire
con il loro commercio è rimasto molto deluso.
Fra le bizzarrie di questi traffici ci sono operatori
americani che avevano tentato, un paio di anni fa, di vendere in
mezzo mondo domain .cn
(cioè cinesi). Con risultati praticamente nulli.
Non cè stato, in anni recenti, alcun aumento
rilevante di attività sul TLD .cn il che, oltre a confermare
il fallimento di quei tentativi commerciali, dimostra la scarsa
credibilità delle statistiche cinesi, che
spesso si rivelano immaginarie anche in altri settori. (Per quanto
riguarda linternet, il numero di host attivi in Cina
è inferiore a quello dellEstonia e
laffermazione che ci siano 100 milioni di persone
collegate alla rete in Cina appartiene, più che al
Celeste Impero, al regno delle favole).
Intanto circolano altre ipotesi di cui è difficile
prevedere lesito, come un top level domain europeo
(.eu) di cui si parla da anni,
ma finora manca lattuazione pratica.
Le richieste di uno per le cose dedicate al sesso
(.xxx) e uno per
i bambini (.kid o
.kids) sembrano
avere scarse adesioni (anche se pare che il parlamento
europeo abbia tempo da perdere con quisquilie
di questa specie). Sono esempi, fra tanti, di come
si continui a sbizzarrirsi con svariate ideuzze
prive di reale utilità.
Per quanto riguarda i TLD nazionali usati
per assonanza fuori dal loro territorio, in base a un
significato attribuito alla sigla, anche questa è unidea
con cui molti pensavano di arricchirsi, ma ha avuto scarso esito.
Per esempio ci sono meno di 20.000 host su
.tv tanti per Tuvalu,
un minuscolo arcipelago in Polinesia, pochi per le emittenti
televisive di tutto il mondo. Uno dei primi a essere proposti, alcuni anni fa,
per questo genere di utilizzo fu .to
(Tonga) ma anche in quel caso sono solo 20.000 host
e non sono aumentati negli ultimi tre anni.
Sono 9.179 quelli su .ws (Samoa)
che, per quanto ne so, nessuno usa nel senso di website. Altri
improbabili tentativi di vendere domain su TLD
territoriali come se fossero tematici sono miseramente falliti.
Nel caso di .fm (è della
Micronesia, ma si immaginava che potesse interessare a
unemittente radiofonica) ci sono 433 host. Sono
188 quelli su .cd (Congo)
che qualcuno voleva proporre nel senso di compact disc
e 122 su .sr (Suriname)
che si diceva potesse significare senior. Eccetera...
Come dicevo cinque anni fa, se qualcuno
sta a Torino può divertirsi ad avere un domain
.to registrato a Tonga, se sta
a Napoli può cercare un .na
in Namibia, un fiorentino può trovare un ottimo servizio
su un .fi in Finlandia... mentre
a Varese la cosa è difficile, perché è
arduo ottenere un domain vaticano. Naturalmente
scherzavo, ma tutta la faccenda (talvolta insensatamente dibattuta)
dellistituzione di nuove sigle si è rivelata un gioco
poco divertente e un inutile perditempo e così luso
di TLD nazionali in base a un presunto significato.
Un caso curioso è quello di .nu
(Niue). Unisoletta nel Pacifico con duemila abitanti e 270.000 host
internet più di quanti ne ha la Cina. Ovviamente quelle
attività non hanno sede nellisola. Infatti sono quasi tutte
in Svezia (qualcuna in Danimarca, Olanda e Belgio).
La bizzarra vicenda cominciò sei anni fa.
Qualcuno nellisola decise di fare un gioco,
un po alla maniera di chi fa una pizza gigante
o una gara di mangiatori di salsicce per entrare nel
Guinness dei primati. Lintenzione
dichiarata era diventare il secondo
TLD mondiale dopo
.com
(lidea è sbagliata, perché sono
di più i .net,
ma quello è un altro discorso).
Lofferta piacque a qualcuno in Svezia, che per
qualche motivo aveva difficoltà a registrare un domain
.se (non sembra rilevante
il fatto che nu in svedese vuol dire nuovo).
Fu introdotta anche qualche facilitazione tecnica, come per esempio la
possibilità di usare lettere accentate (che nella maggior parte dei
TLD, compreso quello italiano, non sono possibili).
La vicenda ormai è quasi dimenticata ed
è tramontata lazzardata ambizione di poter competere
con i milioni di domain su altri TLD. Ma
rimangono in uso i .nu in Svezia,
che sono circa il 10 % rispetto a oltre 2.700.000 host su
.se cioè
relativamente pochi, ma più di ogni altro caso noto di sigle
straniere usate in qualsiasi parte del mondo. Un
altro risvolto bizzarro di questa vicenda è che il
governo di Niue si rifiuta di usare un domain
.nu ed è registrato come
niuegov.com (cosa ovviamente
impropria perché non è commerciale).
Pare che in Svezia i siti o servizi su .nu
siano considerati meno affidabili di quelli su .se
e si dice che qualcuno in Russia usi un domain
.nu per proporre immagini
di donne svestite, in base a unassonanza con il francesismo
nu per nudo (ma probabilmente sono
chiacchiere o dettagli irrilevanti).
È solo una bazzecola, un aneddoto
curioso. Ma non sono meno sciocche tante altre vicende che
si propongono come se fossero chissà quali invenzioni
e innovazioni per poi (dopo aver provocato un po di
inutile confusione e forse sottratto un po di soldi
a qualcuno che ha commesso lerrore di crederci) cadere
nellaffollato dimenticatoio dellinutilità.
In fatto di host e domain, può essere
interessante cogliere un altro segnale, che smentisce gli
uccelli del malaugurio a proposito di unimmaginaria
morte dellinternet libera o gratuita
(come la stranamente diffusa opinione che tutto
in rete sia su .com).
Naturalmente cè molta confusione: ci sono
attività commerciali che non hanno il suffisso
.com e ci sono attività
su .com che non sono commerciali
o che, anche se lo sono, offrono accesso libero e informazioni
gratuite. Ma se guardiamo i grandi numeri di host su
TLD per categoria (prevalentemente,
ma non esclusivamente, americani) vediamo che su
.com sono 63 milioni,
mentre in aree non commerciali (come
.net,
.edu,
.org eccetera)
sono quasi tre volte tanti.
Per quanto rozzo possa essere questo criterio
di valutazione, non è privo di significato.
E anche altri tipi di analisi confermano che sono
predominanti in rete le attività con accesso libero
e aperto a tutti. Non solo non sono moribonde, né
malate, ma sono in continua e vigorosa crescita.
Unoccasione in più per confermare un concetto
tante volte ribadito in questa pagine. La rete funziona e si sviluppa
quando e dove è libera e aperta. E questo conviene anche
alle attività commerciali, o comunque dimpresa, che
funzionano molto meglio quando si collocano (senza tentare di
opprimerlo o condizionarlo) in un fertile terreno di libero scambio
umano e culturale. Nellinternet come in ogni altro sistema
di comunicazione e di convivenza civile.
Post scriptum febbraio 2006
Alcuni lettori mi hanno chiesto se sulla crescita
del numero di domain .it
(e perciò di host italiani) possa
influire luso di quel suffisso da parte
di stranieri. La risposta si trova in un recente studio
dellIstituto di Informatica
e Telematica del Cnr di Pisa da cui risulta che i domain
.it attribuibili a utenti
di altra nazionalità alla fine del 2005 sono 22.000
cioè il 2 % del totale. Si conferma così che il fenomeno,
nel caso dellItalia, è irrilevante. (Sono probabilmente
due o tre volte tanti gli italiani che usano top-level domain
diversi da .it).
Aggiornamento agosto 2007
A distanza di due anni (e di cinque dalla prima stesura di queste osservazioni)
le dimensioni della rete (vedi dati internazionali)
sono molto aumentate, ma la situazione non è cambiata per
quanto riguarda le bizzarrie dei domain.
Nel giugno 2007 risultano esistenti 40.000 host su
domain .biz e 63.000 su .info
numeri insignificanti rispetto a quasi 500 milioni di
host internet. Sono ancora meno i 5.500 .coop,
1.300 .name, 1.300 .aero e rimangono
infinitesimali i 207 .mobi, 57 .travel,
56 .pro, 33 jobs. e 21
.museum. Sono saliti a 30.000 i .tv,
ma rimangono un numero trascurabile rispetto alle dimensioni
della rete e continuano a essere irrilevanti gli altri ipotetici
suffissi tematici.
Intanto lICANN (Internet
Corporation for Assigned Names and Numbers), cioè
lautorità che gestisce il domain name system,
a quanto pare ignara di questo fallimento, si perde in interminabili,
complicati e futili dibattiti sulla possibile istituzione di altri nuovi,
quanto inutili, top level domain destinati a definire
categorie di attività o di argomento.
Sembrava che ci fosse un affollamento di richieste per i nuovi
domain .eu (cioè Europa)
ma finora lesito è molto scarso. Il numero di host
internet attivi sul quel TLD è 18.000.
Un numero infinitesimale rispetto a 104 milioni di host
in Europa poco più dei 16.000 della Repubblica
di Andorra o dei 15.000 del Principato di Monaco.
Sono saliti a 372.000 i .nu (Niue) che confermano
il già noto uso di quel tipo di domain in Svezia.
Un elenco delle bizzarrie sarebbe interminabile.
Ci sono casi seri, come il fatto che il Montenegro, ora indipendente,
dovrebbe avere un proprio top-level domain, ma di un ipotizzato
.me ancora non si vede traccia, mentre rimane in uso
per Serbia e Montenegro lormai superato .yu
di Yugoslavia. Ci sono anche storie buffe, come un ipotetico
.cul, per unindefinibile (o presuntuosa?)
categoria cultura, che suscita una certa ilarità
da parte di chi sa il francese (e anche in italiano e spagnolo lascia qualche
perplessità). O la proposta di alcuni catalani di separarsi
dal .es spagnolo con un .cat che li
identificherebbe come gatti oltre al rischio di scatenare una
proliferazione di identità regionali o etniche, provocando ogni
sorta di conflitti in varie parti del mondo.
In sostanza la definizione di nuovi suffissi nazionali
è una necessità, non sempre tempestivamente soddisfatta,
quando ci sono cambiamenti nella situazione geopolitica. Per i resto,
le proposte tematiche (comprese quelle già
insensatamente attuate) sono inutili e anche pericolose quando
rischiano di diventare strumenti di censura o di discriminazione culturale.