gassa

I nodi della rete
2 – giugno 2000


di Giancarlo Livraghi – gian@gandalf.it



La festa è finita.
Andiamo a lavorare?


 

Questo numero della rivista (mi ha detto l’editore) sarà distribuito a Cannes. Chissà se qualcuno, fra feste, premi e cotillon, troverà il tempo di leggerlo. Sono passati parecchi anni dall’ultima volta che sono andato a un festival, ma non credo che le cose siano molto cambiate. Ai tempi delle lontanissime origini c’erano stakanovisti come me che vedevano quasi tutti i film, prendevano appunti, osservavano tendenze, cercavano di cogliere segnali utili nella gran confusione di cose più o meno interessanti in giro per il mondo (non era così facile come oggi procurarsi una cassetta e vedersela con calma in casa o in ufficio). Ma poi, man mano, è diventata sempre più un’occasione per prendere il sole, passeggiare sulla croisette, incontrare gli amici, fare un po’ di business fra un ailloli e una bouillabaisse e magari vedere se si rimorchia un po’. Il tutto, naturalmente, "a spese della ditta" o di qualche concessionaria compiacente che distribuisce inviti.

Nulla di male. Queste cose succedono da che mondo è mondo – e rilassarsi un po’ fa bene alla salute. Ma poi si torna in ufficio... e (se non l’avevamo già notato prima) ci si accorge che stiamo andando verso qualche complicazione in tutto lo scenario. C’è stata gran festa, da qualche tempo in qua, per un vigoroso aumento degli investimenti pubblicitari e una sempre più forte presenza di "nuovi utenti", cioè settori di impresa che in passato spendevano molto meno. Ma comincia a serpeggiare qualche dubbio. Come diceva il Magnifico, "chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza".

C’è stata gran festa, in mezzo mondo, per la crescita della borsa, l’afflusso di tanto denaro su "nuove imprese" e il riversarsi di buona parte di quel denaro in pubblicità. Ma sembra che ci si stia avvicinando a quello che era successo quattro anni fa, a proposito dell’e-business. Si parlò allora di hangover, di mal di testa dopo la sbornia. Ci risiamo. E la verità sta cominciando a venire a galla anche su alcuni "grandi giornali" (vedi per esempio l’articolo di Mario Talamona sul Corriere della Sera del 21 maggio).

Ricordate quando, due anni fa, c’era chi andava dicendo che la pubblicità in rete avrebbe sostituito la televisione, la stampa eccetera? Erano, ovviamente, fantasie. Ma l’interessante è che è successo il contrario. La pubblicità online è una cosa minuscola (le previsioni più ottimistiche non arrivano all’1 per cento degli investimenti nei "mezzi classici"). Del tanto decantato audiweb s’è persa ogni traccia. Intanto parecchie centinaia di miliardi – spesi da imprese che hanno a che fare, più o meno, con la new economy – si sono riversate sulla televisione, sui giornali, sulla radio e qualche volta anche in affissione. Con grande giubilo di emittenti, editori e concessionarie (anche se in qualche caso hanno difficoltà a farsi pagare le fatture); e di quei "creativi" cui piace tanto fare una campagna senza una strategia, una promessa o una qualsiasi idea di che cosa si abbia da dire. Non solo in Italia... basta vedere i commenti sarcastici che si leggono negli Stati Uniti sulla vacuità della comunicazione delle "dot com".

Come funziona? Il concetto è abbastanza semplice. Qualcuno si fa venire un’idea. L’importante non è che funzioni, ma che "faccia scena". Un po’ di venture capital la pompa abbastanza per renderla visibile e portarla in borsa. Nella generale confusione, qualsiasi cosa che sembra "nuova e tecnologica" ha una buona probabilità di raccogliere un bel po’ di denaro. Naturalmente molte di queste cose si perdono per strada; ma si parla solo di quelle che ci riescono. E se poi i risultati non ci sono... che importa? Il colpo è fatto, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato... avanti con la prossima speculazione. Tutto il meccanismo di basa sull’agire molto in fretta, prima che qualcuno abbia il tempo di andare a vedere se oltre al fumo c’è anche l’arrosto. E uno dei sistemi per accelerare (o almeno così si credeva) è spendere un mare di soldi in pubblicità.

Come andrà a finire? Non lo so. Ma dietro le quinte del grande spettacolo tirano venticelli gelidi. Sottovoce, per non disturbare lo show, si mormora sempre più spesso che molti di quei soldi sono spesi male, che gli investitori ci stanno ripensando, che parecchie imprese tirano i remi in barca... insomma la festa è arrivata a quel punto in cui si va a casa un po’ stanchi e confusi... e la mattina dopo la storia sarà un po’ diversa.

Sta morendo la nuova economia? Ovviamente no. In gran parte, deve ancora nascere. Ma sta cominciando a diventare rischioso puntare sul casinò (dove l’accento si potrebbe anche togliere). Passata la festa, si ritorna davanti alla realtà. Il confusopolio continua, ma non durerà per sempre. Bisogna riscoprire quelle cose dimenticate... strategia, promessa, identità reale di un prodotto o di un servizio... customer care (sappiamo come si dice in italiano, o sono solo paroline di gergo?) ... spostamento della "leva di potere" da chi vende a chi compra (che non è una vaga ipotesi, ma una dura realtà). Eccetera... In parole povere: tocca lavorare.


 

 
 


Home Page Gandalf
home