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timone Il Mercante in Rete
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Marketing nei new media e nelle tecnologie elettroniche


di Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it


Numero 1 - 24 febbraio 1997
1. Presentazione
2. Editoriale: fa bene una doccia fredda?
3. Alcune considerazioni sui numeri
4. Essere italiani in rete
bottone rossoSommario
loghino.gif (271 byte) 1. Presentazione
In questa rubrica non parlerò di miracoli sconvolgenti o di ipotesi fantastiche, ma di problemi e possibilità pratiche per il marketing e la comunicazione in rete.

Cercherò di seguire tre criteri:

  • Osservare i fenomeni e la loro evoluzione in modo concreto e realistico: senza ingiustificati timori e senza entusiasmi esagerati.
  • Ragionare da un punto di vista italiano. è utile imparare dalle esperienze internazionali; ma la nostra situazione è diversa da quella di altri paesi. Più che imitare ciò che altri fanno, mi sembra opportuno valutare i problemi e le possibilità dal nostro punto di vista.
  • Concentrarmi sui valori umani: comportamenti, metodi, problemi e soluzioni. Le tecnologie possono essere affascinanti, ma sono strumenti; il risultato dipende dalla nostra capacità di utilizzarle.

Spero che questa rubrica diventi interattiva. Allinizio questo si limiterà a uno scambio in mailbox (se i lettori lo vorranno). Accetterò volentieri commenti, critiche, esperienze e contributi. Se, come mi auguro, da questa fase iniziale si svilupperà un interesse diffuso al dialogo, ne potrà nascere una vera e propria mailing list di discussione su questi argomenti.

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loghino.gif (271 byte) 2. Editoriale: fa bene una doccia fredda?
Mi è stato fatto notare che i miei interventi su questo tema assumono spesso il carattere di una "doccia fredda". Accetto la definizione; ma può essere interpretata in due modi.

La mia intenzione non è pessimistica o negativa. Non propongo un tuffo nel Mar Glaciale, che ci lasci assiderati. Solo una doccia, per rinfrescarci la mente e chiarirci le idee.

Già un anno fa negli Stati Uniti si parlava di hangover, cioè del malessere che segue a una sbornia. Anche in Italia c'è un senso di disagio: perché non si avverano le previsioni di crescita "esponenziale", di trasformazione radicale, di digi talizzazione di tutto il sistema informativo e commerciale? Il motivo è semplice. Quelle proiezioni erano avventate, molto lontane dalle possibilità reali. Ipotesi fantascientifiche sono state trattate dalla grancassa giornalistica e televisiva come se fossero realtà imminenti. Operatori inesperti si sono lanciati a promettere ciò che non potevano mantenere. La "delusione" era inevitabile.

Tutto questo è abbastanza normale quando si tratta di un fenomeno nuovo e poco conosciuto. La differenza sta nel fatto che i "mass media" possono, come hanno fatto in questo caso, dare una "cassa di risonanza" alle ipotesi più bizzarre, facendole sem brare vere.

Una "doccia fredda", cioè un sereno esame critico, non è un modo per indebolire il fenomeno nascente. Al contrario: serve per togliere di mezzo il circolo perverso illusione-delusione e così incamminarsi, con i piedi per terra, su una strada che possa condurre a risultati concreti.

Per esempio anche la Harvard Business Review in un articolo-dibattito pubblicato nel numero di novembre-dicembre 1996 su The Future of Interactive Marketing si chiedeva: "L'interattività rappresenta la più grande occasione di marketing di tutti i tempi o 101 modi per perdere denaro?"

Non siamo in preda a una rivoluzione sanguinaria e distruttiva. I sistemi tradizionali di marketing e di comunicazione continueranno, per il futuro prevedibile, a funzionare. Per alcuni, le nuove possibilità che si aprono sono immediatamente fertili; per altri richiederanno più tempo. Secondo me, è meglio così. Sarebbe davvero preoccupante se l'evoluzione fosse così rapida, estesa e radicale da scaraventarci tutti in una realtà sconosciuta senza lasciarci il tempo di capirla.

Sarebbe pericoloso, naturalmente, cadere nell'errore contrario: cioè immaginare che il mutamento non ci sia. C'è, e non è lento. Per chi saprà capire prima degli altri come usare le occasioni offerte dalle nuove tecniche, ci potranno essere forti van taggi concorrenziali. Per chi non dedicherà sufficiente attenzione a formarsi una cultura dei nuovi territori, le sorprese fra qualche anno potrebbero essere amare.

Avremo molte occasioni di ritornare su questo tema nei prossimi numeri di questa rubrica. Ma intanto vorrei definire quattro criteri che mi sembrano fondamentali.

  1. La soluzione più efficace non è applicare le nuove tecnologie in modo frammentario all'una o all'altra parte del sistema di comunicazione d'impresa. Occorre partire da basi più profonde: sviluppare una cultura concreta dei nuovi sistemi di comunica zione, il più possibile diffusa in ogni parte della struttura aziendale.
  2. Il fenomeno è troppo recente perché si sia potuta formare una cultura organica; ed è in continuo cambiamento. Nessuno può avere tutte le conoscenze necessarie. Solo un gruppo "interdisciplinare", che riunisca competenze diverse, è in grado di affrontare organicamente i problemi e individuare chiaramente le possibilità.
  3. Non esistono "formule magiche" di valore universale. Ogni impresa deve trovare il suo specifico modello di utilizzo delle tecnologie disponibili; il suo personale modo, caratteristico e distinguibile, per guadagnare un vantaggio concorrenziale.
  4. Non tutto è vendita. Il vantaggio competitivo può nascere dalla specifica applicazione di tecnologie in varie parti del sistema di comunicazione e relazione (interno e esterno); è probabile che le formule vincenti derivino da un'intelligente e originale combinazione di soluzioni innovative in parti diverse della struttura e delle relazioni d'impresa.

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loghino.gif (271 byte) 3. Alcune considerazioni sui numeri
La fantasmagoria di ipotesi e sogni che circonda le nuove tecnologie non è solo quantitativa. è diffusa, per esempio, la convinzione che il "ciberspazio" non sia un'invenzione fantascientifica di William Gibson ma un mondo reale... o che il fenomeno, di cui parla Nicholas Negroponte, per cui è più facile spostare bit che atomi, possa far sparire d'incanto automobili e camion, autobus e ferrovie, supermercati e giornalai... Basta un po' di lucidità per capire che la situazione è diversa.

Ma credo che sia opportuno soffermarsi brevemente anche sulla ridda di numeri che circonda questo argomento. Sentiamo spesso ripetere che la crescita dell'internet è "esponenziale". Non è vero. C'è stata, e c'è ancora, una crescita veloce; ma non un a curva iperbolica, né un andamento continuo e costante. Ci sono state, e ci saranno, fasi di accelerazione e rallentamento sono, e saranno, difficilmente prevedibili.

Correva diffusamente due anni fa (qualcuno la ripete ancora) l'affermazione che gli utenti internet fossero 25 milioni nel 1994 e crescessero del 15 per cento al mese. Sembra che nessuno si sia soffermato sul fatto che, se questa ipotesi fosse stata v era, oggi saremmo oltre 700 milioni; si supererebbe il miliardo entro quest'anno, l'intera popolazione del globo nel 1998.

Il fatto è che nessuno sa quanti sono gli utenti internet. Esistono solo stime, tutte in qualche modo discutibili. Negli Stati Uniti, dove il tema è stato approfondito molto più che da noi, le stime nel 1996 variavano da 6 a 60 milioni.

Pochi giorni fa si è diffusa sui giornali la "notizia" che gli utenti internet in Italia sono quasi 600.000, con un aumento del 175 per cento rispetto all'anno scorso. Un anno fa, gli stessi giornali dicevano che erano 500.000. Come sempre, i conti non tornano.

Da una serie di deduzioni (che non pretendo siano esatte) credo che secondo una definizione "stretta" (persone o imprese che hanno un contratto con un ISP) la cifra non sia lontana da 10 milioni nel mondo; circa 80.000 in Italia (fonti molto credibili stimano 90.000 in Francia, 200.000 in Gran Bretagna, eccetera...).

Secondo una definizione più "estesa", che comprende chi ha accessi tramite intranet, o universitari, o usi occasionali, eccetera, si può arrivare a circa 50 milioni nel mondo. Forse fra 300 e 400 mila in Italia. Il numero aumenta; ma si tende a dimen ticare che non tutti i "nuovi arrivati" diventano utenti abituali. Negli Stati Uniti si stima che un nuovo utente su tre abbandoni entro i primi tre mesi; non c'è motivo di pensare che in Italia la percentuale sia più bassa.

Una cosa appare certa: per ora il fenomeno è squilibrato, concentrato in pochi paesi. Più del 60 per cento di "internet" (comunque si misuri) è negli Stati Uniti. Il 90 per cento in sette paesi (USA, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Canada, Austra lia e Finlandia) dove vive un decimo della popolazione mondiale.

Le persone che fanno acquisti tramite la rete sono circa 1,5 milioni negli Stati Uniti, forse 2 milioni nel mondo. Non più di 24.000 in Italia (e per lo più acquistano poche categorie di prodotti, come software e libri, da fornitori stranieri - in pre valenza americani). Insomma non c'è un mercato, se non di dimensioni infinitesimali, se lo definiamo come vendita tramite rete di prodotti dall'Italia agli italiani. Ma ci sono molte altre possibilità di marketing in rete, di cui parleremo nei prossimi numeri di questa rubrica.

Se guardiamo il numero di host... si può discutere all'infinito su che cosa sia esattamente un hostcount (come su tutta la terminologia della rete), ma sono convinto che si tratta di un indice significativo della presenza di un paese in rete. E può darci indicazioni interessanti.

Per esempio possiamo constatare che la crescita è veloce (come è abbastanza normale per un fenomeno nuovo) ma tutt'altro che "esponenziale"; ed è discontinua. Secondo i dati RIPE, l'aumento del numero di host in Europa negli ultimi cinque anni ha avuto questo andamento (differenze percentuali rispetto all'anno precedente):



1992 1993 1994 1995 1996
+ 110 % + 95 % + 86 % + 117 % + 66 %



Per valutare la situazione dell'Italia, vediamo una classifica di host per mille abitanti in 15 paesi nel mondo, basata sui dati più recenti pubblicati da Network Wizards:



Host Internet in 15 paesi

Dati Network Wizards - 1996

  Numero di host (migliaia) Host per 1000 abitanti
Finlandia 283 56,0
Stati Uniti 10.111 39,3
Norvegia 172 38,9
Australia 515 29,2
Svezia 233 26,7
Canada 603 21,4
Danimarca 106 20,5
Svizzera 129 18,6
Olanda 270 17,7
Gran Bretagna 719 12,4
Germania 722 8,9
Giappone 734 5,8
Francia 245 4,3
Spagna 110 2,9
Italia 150 2,6
Mondo 16.146 2,9


Elaborazione su dati Network Wizards - Internet Domain Survey - gennaio 1997
(Dati modificati per la Gran Bretagna)
Sono compresi nella tabella i paesi con più di 100.000 host.



L'Italia non è certo un paese "avanzato" per quanto riguarda la rete. Gli host italiani sono lo 0,9 per cento del totale, mentre l'economia italiana è circa il 4% di quella globale.

La densità "pro capite" in Italia non supera la media fra tutti i paesi del mondo (compresi molti che sono assenti, o quasi) ed è molto lontana da quella dei paesi più evoluti.


Dal più recente hostcount in Europa (RIPE) risultano dati diversi, ma il quadro non cambia; l'Italia è fra i paesi meno evoluti, con una densità pro-capite molto inferiore alla media europea:



Host Internet in 15 paesi europei

Dati RIPE - 31 gennaio 1997

 

Numero di host (migliaia)

Host per 1000 abitanti

Finlandia 328 64,7
Norvegia 177 41,2
Svezia 246 28,3
Danimarca 111 21,4
Svizzera 135 19,4
Olanda 277 18,1
Gran Bretagna 764 13,3
Austria 99 12,3
Germania 743 9,1
Belgio 67 6,6
Francia 252 4,4
Italia 193 3,4
Spagna 119 3,2
Polonia 54 1,4
Russia 63 0,5
Europa 3.487 5,6


Elaborazione su dati RIPE (Réseaux IP Européens) DNS hostcount gennaio 1997
Sono compresi nella tabella i paesi con più di 50.000 host
Per la Russia sono stati sommati gli host .ru con quelli .su ; l'indice pro-capite è riferito alla Russia europea



Nel 1996 la Spagna aveva superato l'Italia per densità pro-capite; alla fine dell'anno la situazione si è di nuovo invertita. Sembra che i due paesi abbiano un'evoluzione molto simile. Ma è possibile che la Spagna abbia uno sviluppo più veloce nei prossimi anni, perché esiste un grande "bacino" di lingua spagnola, con 500 milioni di abitanti, in cui la rete sta dando segni di crescita.

Un'analisi interessante deriva anche dall'esame di un altro mercato dinamico: la telefonia cellulare. Da parecchi anni questo servizio ha uno sviluppo molto veloce; un po' meno, in crescita percentuale, rispetto all'internet ma con dimensioni molto più grandi.

(In Italia, per esempio, ci sono più di dieci persone che usano un cellulare per ognuna che frequenta, sia pure occasionalmente, la rete).



Telefonia cellulare in Europa (migliaia di unità) 1996

  Europa Gran Bretagna Germania Italia Svezia Francia Spagna
Totale cellulari 32.653 7.081 5.431 5.388 2.642 2.500 2.075
Segreteria "voce" 10.308 2.881 1.830 2.135 1.337 254 310
Fax su cellulare 83 16 37 3 6 4 1
SMS(Short Message Service) 1.317 228 509 155 156 52 16
Dati su cellulare 407 71 69 8 74 10 5
% uso dati su totale cellulari 1,24 0,91 1,27 0,15 2,79 0,39 0,04



Non è certo una sorpresa constatare che gli italiani sono fra i più forti utilizzatori di "telefonini": 94 abbonamenti cellulari per 1000 abitanti, contro 66 in Germania e 43 in Francia. Siamo superati dagli inglesi (121 per mille) che però ne fanno un uso un po' più "serio", come risulta da questi dati.

Alcuni numeri in questa analisi, benché relativamente piccoli, sono significativi. Più di due milioni di italiani usano la segreteria telefonica sul cellulare, ma solo 8.000 (su 400.000 in Europa) usano una scheda digitale per trasmissione dati. In Svezia la densità di questo utilizzo, rispetto alla popolazione, è 60 volte la nostra; in Gran Bretagna 9 volte; in Germania 6. Un altro segnale della nostra arretratezza.

Un altro aspetto interessante di questa analisi è che in tutta Europa, mentre in generale continua a prevalere la tecnologia antiquata del fax, nel caso dell'utilizzo "via etere" prevale nettamente (5 a 1) la trasmissione dati.


La rete non è un "mercato di massa"

Vorrei chiarire - a scanso di equivoci - che non è intenzione di questa rubrica dedicarsi ad analisi numeriche; né perdersi in disquisizioni su questo complicato e discutibile argomento. Anzi, penso che ci si debba concentrare soprattutto su considerazioni qualitative e sui metodi più (o meno) efficienti per operare in rete.

Ma mi è sembrato opportuno, come premessa, aprire questa breve parentesi. è vero che (come dice Network Wizards e confermano altre organizzazioni che hanno studiato seriamente l'argomento) non esiste alcuna misura affidabile delle dimensioni o della crescita della rete, ma sono possibili solo stime o valutazioni più o meno credibili. Tuttavia mi sembra importante renderci conto che ci sono molti terreni ancora inesplorati e che il fenomeno ha ancora dimensioni limitate e, per quanto veloce possa essere la crescita, non è possibile pensare alla rete come a un "mercato di massa".

Anche quando avrà dimensioni più grandi, è improbabile che lo diventi. è un sistema che tende, per sua natura, a suddividersi in una quantità di segmenti diversi e distinti, ognuno con una sua autonoma identità. Se la mancanza di "grandi numeri" può essere vista come una limitazione, al contrario la selettività è una delle risorse più interessanti di questo nuovo mondo (e mercato) che sta nascendo. Questo è un tema su cui penso sia importante ritornare.

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loghino.gif (271 byte) 4. Essere italiani in rete
L'Italia è uno strano paese. Da noi, per esempio, si parla, si discute, si scrive su "internet" molto più che in Germania; ma si fa molto meno.

La funzione della rete in Italia non solo è sottosviluppata, come abbiamo appena visto; ma è anche mal capita. Pochi la usano, e quei pochi spesso lo fanno male: specialmente quando si avventurano in un'attività commerciale, o anche soltanto nell'apertura di un proprio "sito" che è poco più di un vago atto di presenza senza una strategia chiara né un metodo coerente.

Eppure... la rete ci offre molte possibilità. Siamo capaci, anche quando sembriamo fumosi, di essere inaspettatamente efficienti. Quando arriveremo a capirne bene le possibilità, si rivelerà uno strumento straordinariamente adatto agli italiani. Per alcuni, lo è già.

Molti italiani hanno fantasia. Sanno muoversi con disinvoltura e flessibilità in terreni incerti, poco strutturati; sanno vivere e progredire nel disordine. Questo ci rende adatti a vivere meglio di altri in un sistema informe, mutevole, nascente come la rete.

L'Italia è ricca di piccole e medie imprese che hanno dimostrato la loro capacità di esportare, di competere su scala mondiale. Spesso ben dotate della combinazione vincente: innovazione, fantasia, tecnologia. La rete apre nuove e crescenti possibilità per questo tipo di imprese; e anche per le grandi, sa la sanno affrontare con la necessaria flessibilità.

Lo spazio è piccolo, rispetto agli immensi "mercati di massa". Ma ha dimensioni interessanti, già oggi, per chi esporta in settori meno vasti e più specialistici. E continuerà a crescere.

Ci sono possibilità importanti, credo, per molte imprese italiane nel mondo globale della rete, a cinque condizioni:

  1. che pensino in termini di servizio, non solo di "immagine";
  2. che lavorino a fondo, e con pazienza, per costruire una "cultura interna" della rete;
  3. che non pensino solo alla vendita diretta, o al consumatore finale, ma anche a come comunicare meglio con gli intermediari e gli altri interlocutori del sistema-impresa;
  4. che non seguano alcuno stereotipo precostituito, ma trovino i fattori specifici che corrispondono alle particolari esigenze della loro impresa e del loro mercato;
  5. che siano flessibili, innovative e coraggiose; e sappiano non subire, ma utilizzare a proprio vantaggio, le continue evoluzioni e le infantili bizzarrie di un sistema complesso, mutevole, capriccioso e imprevedibile.

Alcune l'hanno già fatto. C'è spazio per molte altre.




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