Rosa dei venti

I Garbugli della Rete - 8
febbraio 1997

L’anima e il corpo

(conoscersi in rete)


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Ho conosciuto più persone nuove attraverso la rete, da qualche anno in qua, che in qualsiasi altro modo. Alcuni di questi incontri si sono trasformati in vere amicizie. Non tutti direttamente. Attraverso la rete ho conosciuto qualcuno, tramite quella persona poi incontrato qualcun altro... ma è nella rete l’origine, la scoperta. Può essere chi abita lontano (per vederci di persona occorre un viaggio). Oppure è vicino, a pochi passi da casa mia, ma non lo sapevamo.

Capita ogni tanto di ragionare insieme su questo modo di conoscersi. Il tema, per molti aspetti, è affascinante.

Incontriamo una persona che non possiamo vedere né toccare. Prima di vederla fisicamente ne conosciamo i pensieri, il carattere, il temperamento. Nasce un rapporto, un reciproco interesse, uno scambio di pensieri e di emozioni; cresce il desiderio di incontrarsi; e un giorno, finalmente, ci si vede. La domanda rituale è «quanto sono diverso da come mi immaginavi?».

Insomma il cammino è al contrario di quello abituale: conosciamo prima l’anima, poi il corpo.

Non è vero che se prima ci si vede, e poi ci si parla, ci si conosce meglio. Spesso l’incontro fisico è deviante; nasconde o rallenta l’incontro con l’anima e con la mente. Ci sono persone che si vedono da vent’anni, magari condividono lo stesso letto, e non si conoscono bene. Non è solo menzogna la frase classica degli infedeli: «mia moglie (o mio marito) non mi capisce». La vicinanza fisica non è necessariamente dialogo e comprensione; può addirittura diventare un ostacolo.

Succedono, in rete, cose curiose e interessanti. Ci sono persone che nei loro messaggi mi hanno parlato di sé con grande sincerità, condividendo emozioni, confessando dubbi e sentimenti che probabilmente esiterebbero a dirmi se fossimo fisicamente nella stessa stanza. L’assenza del corpo fisico tante volte non allontana, ma avvicina; come se spogliarsi delle difese nel mondo apparentemente astratto delle parole fosse meno imbarazzante, meno rischioso di quando ci si guarda negli occhi.

C’è una specie di magia in questo incontro di anime libere, che solo dopo si incarnano. Quando incontriamo fisicamente la persona ne abbiamo già un’immagine interiore; il nostro modo di percepirla è diverso, perché nel momento in cui vediamo il “fuori”sappiamo già qualcosa del “dentro”.

Non voglio dire che incontrarsi prima in rete sia sempre meglio che incontrarsi prima di persona. Qualche volta l’esperienza è più vera e più ricca; qualche volta no. Ma non è un modo debole o poco umano di incontrarsi, come pensa chi non ha pratica della rete.

Senza dubbio è un’esperienza nuova e interessante. È straordinario quanto una persona possa rivelare di sé con il suo modo di esprimersi, di reagire, di dialogare o di tacere. È affascinante scoprire carattere, stile, personalità di qualcuno che non abbiamo mai visto; e poi verificare, quando ci si incontra, quanto la nostra immagine corrispondeva alla realtà. Di solito, non si sbaglia. L’aspetto fisico talvolta può sorprenderci, ma quasi sempre il carattere e la personalità sono proprio come li avevamo percepiti.

Mi sembra che questo percorso sia un salutare rimedio a una certa tendenza a dare troppa importanza alle apparenze. Un po’ per il culto esagerato e diffuso dell’aspetto fisico, un po’ per l’effetto della televisione, viviamo in una cultura dell’immagine; si rischia spesso di pensare che una persona sia ciò che sembra, che l’apparenza fisica, perfino il modo di vestire o di addobbarsi, siano l’identità.

Forse un giorno la rete perderà la sua magia. Forse quando avremo larghezze di banda infinitamente superiori a quelle di oggi ci incontreremo in video; l’apparenza riprenderà il dominio, in forma anche più perversa, perché un’immagine trasmessa è necessariamente qualcosa di più costruito di una presenza fisica tangibile.

Ma finché continueremo a incontrarci per mezzo di parole e pensieri, potremo disporre di questo percorso straordinario, conoscere prima l’anima, poi il corpo. E anche poi scegliere, secondo il caso, che cosa preferiamo dirci di persona o per telefono e che cosa invece scriverci.

Questa non è una cosa del tutto nuova. La storia è piena di amici e di amanti che pur vedendosi spesso si mandavano lettere e messaggi. Quante volte due innamorati, anche se si vedono tutti i giorni, sentono il bisogno di scambiarsi foglietti e bigliettini? Ma l’abitudine di scrivere stava scomparendo, in un mondo pieno di telefoni. Con la rete l’abbiamo riscoperta. Spesso scriviamo cose semplici, anche sciocche; scherziamo o parliamo di nulla. Che male c’è? E’ un modo per unire le nostre anime, condividere pensieri, che ha un valore in sé, anche indipendentemente dai contenuti.

Probabilmente è questo il motivo principale per cui mi piace essere in rete: è un modo in più per essere umani.


Gennaio 1997




“L’anima e il corpo” è l’articolo di maggior successo in questa serie. Continuo a ricevere posta da mezzo mondo; se n’è parlato (e si continua a parlarne) in liste e newsgroup, in Italia e altrove. Dodici anni dopo che è stato scritto, continua a circolare nell’internet. Evidentemente molte persone percepiscono in questo modo l’esperienza della rete. Sembra che sia stato tradotto anche in altre lingue, oltre che in ceco, francese, inglese, polacco, portoghese, rumeno, russo, spagnolo e tedesco.


Maggio 2009
 

   
 
Giancarlo Livraghi – gian@gandalf.it


 
 

Alcune altre osservazioni su questo argomento
si trovano nel capitolo 9 di L’umanità dell’internet.



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