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Un’evoluzione complessa
fra cambiamenti e continuità

Un contributo di Giancarlo Livraghi al quinto rapporto del Censis – maggio 2006


La stampa:
i sogni inquieti della bella addormentata



Dopo le diverse analisi sui dati, sulle evoluzioni nel tempo e sui confronti internazionali, abbiamo visto le brevi sintesi conclusive riguardanti la televisione, la radio e il cellulare. Questa pagina è dedicata alle più “classiche” risorse di informazione e comunicazione. la parola scritta e la “carta stampata”.

Ci sono documenti, nazionali e internazionali, che tracciano un profilo impressionante sulle scarse capacità di lettura degli italiani. Eppure non siamo un paese di analfabeti. La maggior parte degli italiani potrebbe, se volesse, leggere un libro, un giornale, una rivista, un po’ di corrispondenza privata o uno dei miliardi di testi che si trovano nell’internet.

Dai dati che abbiamo visto risulta che un terzo degli italiani non legge quasi mai. Metà legge poco. Per così tanti di noi la cultura della parola scritta è ridotta agli sms, ai manifesti murali, alla compilazione di moduli burocratici o alle parole che compaiono in “sovrimpressione” sullo schermo televisivo?

Il problema non è dovuto alla “concorrenza” di altre risorse. Lo dimostra il fatto che la lettura è e rimane estesa in paesi dove la televisione è diffusa almeno quanto lo è da noi, il telefono cellulare poco meno, il computer e l’internet molto di più. E anche se ci limitiamo a studiare la situazione italiana vediamo che la maggiore abbondanza di altri strumenti si concentra sugli “abbienti” di informazione e comunicazione, che sono anche i più abituali lettori di libri e giornali.

Il problema è vissuto dall’industria editoriale in modo inquieto, nervoso, un po’ nevrotico. Come se fosse una congiura o un’oscura maledizione. Alcuni rimedi sono peggio del male. Per esempio un odio stizzoso contro la televisione, che si è trasformato in asservimento. O un inseguimento della futilità, della superficialità, del pettegolezzo, che banalizzano libri e giornali senza aumentarne la diffusione e la lettura – con un effetto di déjà vu che ci induce a chiederci perché dovremmo leggere un giornale, o un frettoloso instant book, solo per avere un’eco e una ripetizione delle stesse cose che abbiamo già visto in televisione.

L’inseguimento delle “nuove tecnologie” può indurre in errore. Come nel caso della cosiddetta “editoria elettronica”, motivata dal vezzo e dalla paura più che da una intelligente comprensione delle risorse disponibili, che ha prodotto un numero enorme di inutili e mal concepiti cd e si è tradotta in un prevedibile fallimento.

La tecnologia ha influito molto, invece, sulla produzione dei libri (come dei giornali). Con l’elettronica, impaginare e stampare è diventato molto più semplice – e meno costoso.

Questo ha portato ad alcune soluzioni efficaci, come per esempio i libri venduti in edicola, che (piaccia o no l’idea) sono un successo meritato, perché chi li produce guadagna bene – e molti li comprano volentieri. Sono anche un’offerta (quando la qualità dei testi è buona) più dignitosa e coerente di quella proliferazione di gadget che ha trasformato le edicole in piccoli supermercati o negozi di giocattoli.

Ma la facilità e i bassi costi di produzione hanno prodotto anche un’eccessiva proliferazione di testi, venduti in libreria, che non sempre meritano di essere stampati. Si può raggiungere il “pareggio” dei costi con la vendita di mille copie. Come abbiamo visto, il numero medio di copie per titolo è in continua diminuzione. Così si stampano tanti libri, con affrettata redazione e cura editoriale, e si mandano allo sbaraglio senza seguirne la diffusione e la promozione. Il mercato diventa confuso, disorientato e disorientante, per i librai come per i lettori. Qualcosa di simile accade anche per i quotidiani, infarciti di supplementi che pochi leggono (come dimostrano anche recenti ricerche) e per la continua proliferazione di periodici, spesso messi insieme affrettatamente con redazioni in outsourcing, che nascono e muoiono come infertili mutanti nella più selvaggia e disordinata competizione biologica.

Circola un confuso, quanto infondato, timore: la “morte della carta stampata”. Mille volte annunciata, sempre smentita dai fatti. Forse un giorno nascerà qualcosa che possa sostituire la carta (così come ottocento anni fa la carta ha sostituito il papiro e la pergamena). Ma, se avrà la stessa praticità e usabilità della carta, in pratica sarà carta: qualcosa che si possa mettere in tasca o nella borsetta, leggere in tram, in treno o in aereo, eccetera, in modo più pratico e semplice che su qualsiasi altro supporto.

Invece di piangere sul latte versato, bisognerebbe diffondere l’amore per i libri. Chi, come l’autore di queste righe, è inguaribilmente malato di bibliofilia, considera i libri non solo cose da leggere, ma anche oggetti che è piacevole avere, perfino parti gradevoli dell’arredamento. Qualche esperienza pratica dimostra che non è difficile diffondere questa percezione anche fra chi non ne aveva l’abitudine. Bisogna, naturalmente, superare quell’ostilità che nasce dalle letture “imposte” nella scuola o nel lavoro. Ma, fra tante mode sciocche, non sarebbe male diffondere l’idea che una casa non è una casa se non ha in bella mostra un po’ di libri... e che una biblioteca personale non è un lusso riservato ai “dotti”.

È meno plausibile la diffusione dell’emerofilia. Pochi tengono raccolte ordinate di giornali o riviste – e quasi nessuno, al giorno d’oggi, le fa rilegare. Chi legge molti quotidiani e periodici sa che l’ingombro della carta diventa rapidamente ingestibile. Ma anche la carta stampata “provvisoria” ha ampi spazi da conquistare se saprà darsi un’identità più precisa. Come una capacità di approfondimento che sappia trovare il giusto equilibrio fra due perenni rischi: l’affrettata superficialità o la noiosa oscurità.

In tutti i mezzi, in tutti i contesti, il problema è soprattutto di contenuti e di qualità della scrittura (che per essere chiara e comprensibile non è costretta a essere banale).

In generale, la parola scritta ha un ruolo insostituibile. In un mondo che sembrava dominato dalla comunicazione “audiovisiva” ha avuto una riscossa, per esempio, con lo sviluppo dell’internet. La rete può essere usata, come alcuni fanno, per scambiarsi musica, immagini o filmati. Ma il testo scritto rimane l’elemento portante. E quando si trova online un testo lungo, che si desidera approfondire, è comprensibilmente diffusa l’abitudine di stamparlo.

Un fatto interessante è che due fra i migliori siti web internazionali di informazione appartengono a due emittenti televisive. Una è la Bbc, la televisione pubblica britannica. L’altra è la Cnn (che appartiene a un gruppo con ampie risorse nell’editoria “cartacea”). Quest’ultima, per promuovere i suoi servizi di informazione online, ha diffuso in televisione una serie di esplicite e sensate osservazioni sull’insostituibilità del testo scritto. È sintomatico, quanto intelligente, che la predica venga da quel pulpito. E a proposito di rete... non è il caso di dimenticare che, da dieci anni, il più grande e durevole successo internazionale di vendite online è una libreria.

Non credo che la bella addormentata debba aspettare un principe che la risvegli. Deve ritrovare il senso della sua identità e del suo valore non solo per essere occasionalmente seducente, ma soprattutto per suscitare un desiderio profondo, un amore duraturo.




La prossima pagina è dedicata alla all’internet e conclude la serie delle sintesi sui diversi sistemi di informazione e comunicazione, prima di arrivare ai commenti finali sul quadro complesso di abbondanza e scarsità e su come si evolve il cambiamento.



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