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A proposito di note

Ebbene sì, siamo quasi alla fine! Dopo aver sopportato tanto, abbiate un momento di pazienza e seguitemi ancora un poco, nell'esame delle diverse convenzioni che permettono di dotare il testo della famosa tesi di un consono apparato di note e rimandi. A costo di esser molto ripetitivo, vi invito a riflettere sul fatto che anche queste, come quasi tutte quelle precedenti, non sono fisime da saccente puntiglioso (anche se possono diventarlo abbastanza facilmente, ahimé :o), bensì strategie per rendere il documento più fruibile e quindi utile. Una ricerca che non miri ad essere condivisa il più largamente possibile può essere forse una bella avventura intellettuale, ma tradisce in fondo la sua natura più intima, di semplice tappa nel cammino ininterrotto della conoscenza, punto d'arrivo sì, ma soprattutto nuovo punto di partenza.

Perdonate questo momento di lirismo, ma credo che ogni tanto queste cose vadano dette, anche se forse suonano inattuali :o) Comunque, venendo a noi, vediamo a cosa servono le note. Esse devono consentire a chi lo volesse, per pignoleria o per interesse scientifico, di risalire facilmente ad un testo da voi citato od altrimenti utilizzato nel corso della vostra argomentazione. Come tali, devono essere chiaramente leggibili e fornire tutte le informazioni rilevanti a questo fine.

La prima volta in cui vi trovate a fare riferimento ad uno dei testi così faticosamente reperiti e lavorati durante le fasi precedenti di questo magnum opus, dovete quindi mettere a disposizione del lettore un identikit completo dell'opera, che dica chi ne è l'autore, qual è il suo titolo, chi si è preso il disturbo di pubblicarla, dove e quando. Oltre ovviamente alla pagina (o alle pagine) da cui è tratta la citazione cui vi state riferendo. In questo modo, chi volesse inserire quelle parole - che l'hanno particolarmente colpito - nel loro contesto naturale, per verificare se sono state utilizzate nello spirito con cui le aveva scritte l'autore o per approfondirne senso e portata, non avrà alcuna difficoltà a farlo.

Per convenzione, queste informazioni hanno una veste grafica particolare: il nome dell'autore (di norma con l'iniziale del nome puntata) va in grassetto, mentre il titolo va in corsivo. Gli altri estremi sono in testo normale, come mostra la figura 1.


Figura 1 - La prima occorrenza di un testo nelle note


Una nota
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In questo modo, chiunque abbia il libro in questione può, andando a pagina 33, ritrovare la frase da me utilizzata nel corso dell'esposizione e farne l'uso che ritiene più appropriato. Sempre per convenzione, gli estremi bibliografici seguono l'ordine illustrato nella figura 1, cioè luogo di edizione, editore, anno di pubblicazione del libro che si è effettivamente consultato. È importante che si segnali l'anno dell'edizione utilizzata e non quello della prima pubblicazione dell'opera, perché nel frattempo potrebbero essersi aggiunte prefazioni, introduzioni alle varie edizioni, oppure potrebbe essere cambiato il formato di stampa ed il rimando si rivelerebbe quindi inesatto ed inutile.

Detto questo, può capitare di citare di nuovo lo stesso testo, in un altro punto della tesi. In questo caso se ne scriveranno nuovamente autore e titolo, nello stesso formato, ma l'insieme delle informazioni editoriali si potrà tralasciare, indicando al lettore che esse sono già state fornite altrove con la magica formula "op. cit.", come mostrato nella figura 2.


Figura 2 - L'ulteriore occorrenza di un testo nelle note


Un'altra nota


Chi pensasse che è finita qui si sbaglia di grosso :o) Può capitare, intanto, che il testo cui ci si sta appoggiando ad un certo punto del discorso sia di grande importanza per lo svolgimento della tesi e venga quindi fatto oggetto di numerosi rimandi consecutivi. In questo caso, per amor di brevità ed economia, si utilizzano altre due misteriose parolette, "ivi" ed "ibidem", entrambe in corsivo. La prima si impiega quando il passo citato proviene dalla stessa opera del precedente, ma da un'altra pagina, ed è quindi seguita dal numero della pagina stessa. La seconda, invece, si usa solamente quando la citazione proviene dalla stessa pagina della precedente, come chi si ricorda qualcosa di latino potrebbe aver intuito. Il tutto è esemplificato nella figura 3.


Figura 3 - Ivi ed ibidem


Note particolari
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La figura 3 mi permette di illustrare un altro caso piuttosto frequente. Dato che non siete gli unici a citare, anzi!, è probabile che anche i libri da voi saccheggiati contengano passi di altri testi e che voi vi troviate quindi a produrvi in una citazione, per così dire, al quadrato. A meno di non voler fare i furbi ed appropriarvi delle parole del terzo autore facendo finta di aver letto anche lui (nel qual caso il formato della nota sarà quello della figura 1, con gli estremi gentilmente forniti dall'autore da voi derubato :o), dovrete dar conto al vostro lettore della particolare situazione à la Borges in cui vi trovate. E lo farete proprio come descritto nella figura 3, mettendo in grassetto anche il nome del nuovo autore di riferimento.

Sono a questo punto costretto ad aprire una piccola parentesi strategica. Come presumo avrete ormai capito, i materiali reperiti nei vari libri consultati formano in larga parte l'ossatura della vostra tesi. A voi, in quella sede, compete primariamente il compito di redattori e commentatori dello stato della dottrina intorno ad un determinato argomento. Il che non significa affatto che il vostro ruolo sia meramente passivo, dato che la vostra responsabilità di scelta opera costantemente, dal momento della selezione dell'argomento stesso a quello della ricerca, selezione ed organizzazione dei materiali. In nome dell'oggettività scientifica, tuttavia, il vostro intervento dovrà essere il più equilibrato possibile, pur permettendovi di lasciar sapientemente trasparire le vostre opinioni. Nel corso di questo camminare sul filo del rasoio, lo ripeto, dovrete affidarvi sostanziosamente alle parole ed ai concetti di altri, che possono assumere una doppia veste: la citazione diretta, della quale ci siamo occupati finora; oppure la parafrasi di un'argomentazione altrui, ossia la sua riscrittura con parole vostre. Il trasformare l'articolazione verbale di un passo non vuol però dire appropriarsi del merito della sua elaborazione. Si dovrà allora segnalare al lettore che il bel ragionamento appena seguito con pieno godimento non è farina del vostro sacco, ma si ispira a qualcun altro, cosa che si realizza con un'ulteriore parolina magica, "Cfr.", che non è altro che l'abbreviazione di "Confronta". Si veda in proposito la figura 4.


Figura 4 - Cfr. e pagine multiple


Altre note particolari


La figura 4, scelta non a caso :o), descrive altre circostanze che potrebbero risultare problematiche. Si tratta del caso, anch'esso tutt'altro che infrequente, di citazioni - dirette o indirette - che si estendano su più pagine. Nell'ipotesi che queste siano consecutive, ci si limiterà a raddoppiare la "p" dell'abbreviazione di "pagina" ed a segnalare l'intervallo di pagine in cui si trova il materiale citato: nell'esempio si afferma che l'argomentazione di Maffesoli utilizzata va da pagina 25 a pagina 38. Quando invece le pagine non siano consecutive, questo sarà indicato dalla doppia p seguita dai numeri delle pagine separati da un punto e virgola. Btw, questo mi ricorda un'altra convenzione grafica di una qualche importanza: il fatto che il testo da voi citato non sia omogeneo, ma derivi da più passi da voi accorpati per comodità, dev'essere anch'esso segnalato. Si usano a questo fine tre punti contenuti in parentesi quadre, seguiti o meno dall'adeguata punteggiatura, a seconda dell'andamento del testo. Esempio della faccenda si trova nella figura 5, che mostra anche il formato grafico standard della citazione diretta, racchiusa tra virgolette - semplici o inglesi poco importa - e seguita dal rimando alla nota. La punteggiatura del vostro periodo è sempre ad essa esterna.


Figura 5 - Una citazione nel testo


Il testo di una citazione


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Ho detto che la notazione serve principalmente ad informare il lettore delle vostre fonti ed a dargli modo di ripercorrere il vostro itinerario di ricerca. Vi è però anche un altro tipo di nota, che serve ad aiutare quella che oggi potremmo chiamare la navigazione nel testo, quella a cui può farsi risalire il primo embrione di ipertesto :o) Si tratta delle note con cui avvisate il lettore che l'argomento di cui vi state occupando è stato trattato anche in un altro punto della tesi, magari più approfonditamente, e che sarebbe forse il caso di andare a dare un'occhiata anche a quanto sostenete in quelle pagine. Per questo entrano in gioco le ultime due paroline magiche di questa carrellata, "supra" ed "infra" entrambe di norma corsive. La prima verrà utilizzata per rimandi a pagine precedenti quella in cui si trova la nota, la seconda per rimandi a pagine successive. Nell'esempio della figura 6 si riferisce il lettore ad un altro luogo di trattazione dell'argomento che si trova più avanti nel testo.


Figura 6 - Infra e supra


Navigazione in un testo


Ed ora un'ultima osservazione, relativa esclusivamente alla veste grafica definitiva della tesi. Come si vede dall'esempio mostrato a suo tempo, nella tesi le note sono a pie' di pagina. Questo può creare dei problemi quando ci si riferisca a lungo allo stesso testo e si faccia quindi uso di "ivi" ed "ibidem". Nel caso di un'argomentazione estesa su più pagine, infatti, il lettore, qualora interessato, dovrebbe tornare indietro fino alla prima occorrenza del titolo del libro citato per avere l'informazione ricercata. Per evitare che ciò si verifichi, una volta finito il lavoro, ci si dovrà mettere in "layout di pagina" nel menu Visualizza, controllare la forma definitiva delle pagine e sostituire agli "ivi" ed "ibidem" che dovessero comparire nella prima nota la forma estesa della nota, quella per intendersi della figura 2.

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