La non funzionalità del termine riformismo divenuto, tra l’altro, anche facilmente sinonimo di solo ”moderatismo”, invita a riesaminare quello di “socialismo” soprattutto da parte di quanti intendono ricollocare l’analisi all’interno di quella lunga vicenda storica, politica, culturale e ideologica che è stata ricordata nella pubblicazione a monte di questa nota sul sito della nostra associazione con le “Considerazioni sul riformismo “, cosa che consente di non ripetere argomenti gia trattati.
A riprova dell’esigenza di fare chiarezza anche semantica tra il termine socialismo e quello di riformismo vi è il tipo di dibattito che si è svolto sul giornale” La Repubblica” nel mese di agosto 2006, che se pure non è frequente nelle operazioni giornalistiche, è stato scelto comunque il termine”socialismo” per avviare il dibattito che si è svolto tuttavia, comunque, proprio in tale chiave di lettura . Forse per offrire un ancoraggio” sociale “ al costituendo Partito democratico, nella considerazione diffusa ormai dell’impresentabilità del termine riformismo utilizzato da troppe parti con significati assai diversi tra loro.
Un discorso riaperto che è opportuno che sia sviscerato a fondo viste le difficoltà che provano molte forze di sinistra, schierate spesso su una politica che ritengono ispirata al riformismo nel tentativo di individuare nuovi percorsi idonei, almeno per i paesi europei, al fine di prospettare ulteriori sviluppi alle attuali società più industrializzate, tali da riuscire ad assicurare ancora crescita e progresso ma riducendo progressivamente anche le sperequazioni attuali tra i cittadini.
In una situazione che non sembra sia in grado, in particolare, di avviare una fase effettivamente nuova nel mondo del lavoro, sempre più disarticolato e supersfruttato, in un contesto sociale che vede l’esistenza di consistenti masse di poveri la cui crescita non si arresta, alle quali vanno aggiungendosi anche strati di popolazione in passato più agiate. Il termine riformismo appare per di più difficilmente idoneo ad affrontare l’urgenza di operare per salvare l’ambiente sempre più inquinato ed i pericoli per il pianeta dovuti all’effetto serra.
Il giornale “ La Repubblica “ si è, forse per questo orientato a definire il contenuto possibile, in questa fase storica, almeno del termine “ Socialismo “. Dibattito che ha visto la partecipazione non solo di esponenti italiani ma anche di note personalità straniere, i cui articoli sono apparsi con la pubblicazione iniziale di un articolo di Jhonn LLOID il 22.08. dall’incisivo titolo : “ Che cosa vuol dire essere socialisti “; seguito da Giuliano AMATO con : “ Ecco perché sono socialista “; da Antony GYDDENS con : “ Il socialismo e’ morto,la sinistra no “; ed ancora da Ralf DARHENDORF con: “Quando i populisti mettono in crisi i partiti “; da Alain TOURAINE con : “ Socialismo? Parliamo di capitalismo “; ed ancora da Walter VELTRONI con :”Dal socialismo al nuovo partito democratico”; da Massimo L. SALVADORI con :” Ecco perché il socialismo non può morire “; seguono Alfredo REICHLIN con :” La funzione del socialismo”; Franco GIORDANO con:”La storia non si ferma, il socialismo è vivo “; Fausto BERTINOTTI con :” Il secolo del socialismo nella società ingiusta “; ed ancora da Giorgio RUFFOLO con :”I socialisti ed il nuovo capitalismo “; vi è poi lo scritto di Sègolèn ROYAL con :” L’utopia realizzabile della sinistra “; di Marc LAZAR con :” Il socialismo tormento dei socialisti “; di Eugenio SCALFARI con: “ I nuovi schiavi del mercato globale “; da Tony BLAIR con :” Giustizia sociale più modernità: ecco il laburismo“.
Dibattito piuttosto ampio come si è visto, concluso , sul giornale che l’ha avviato, con l’articolo di Ulrich BECH :” I quattro volti della sinistra “.
Anche in questo caso non appare in alcun modo chiaro se i titoli degli articoli riportati siano stati formulati dai rispettivi autori o siano stati così presentati per scelta editoriale.
Come è facile scorgere, anche attraverso la sola formulazione del titolo di Bech, sono abbastanza evidenti, anche se per grandi linee, le sensibili differenze emerse non solo sul significato da attribuire oggi al termine “socialismo”da parte dei vari intervenuti ma anche sulle differenti possibili linee politiche a quel termine riferite. Almeno tre delle quali sono in qualche modo evidenziabili: ve ne è una che appare costituita dalla vicinanza alle posizioni di tipo anglo-americane ispirate ad una visione della società ordinata secondo le regole liberaldemocratiche; un’altra che si muove all’interno del vecchio filone riformista di stampo socialista-socialdemocratico europeo; un ‘altra ancora vicina alla concezione materialistico-storica di tipo marxista. Del resto, è sufficiente riportare alcune delle più significative frasi estraibili dal contesto dei singoli articoli, pur senza tornare a citare l’articolo dal quale è tratto, per aver un idea di quanto siano articolate e spesso distanti le posizioni degli articolisti tra di loro, per cogliere meglio il travaglio che alcune forze di sinistra che si proclamano riformiste stanno affrontando. Richiamo di frasi che possono anche rappresentare un spinta a leggere gli articoli citati per formarsi, da parte di chi la ricerca, un’opinione personale al riguardo.Tra le citazioni segnalate che seguono se ne possono leggere alcune assai significative :
“ Che razza di capitalismo abbiamo di fronte ? “; “ L’origine dell’immensa idrovora finanziaria è proprio l’effetto combinato Nixon-Reagan : quanto può reggere questo meccanismo ? Vi sono tre probabilità su cinque che nei prossimi cinque anni ci sarà una crisi finanziaria degli Usa e poi mondiale “; “ Questa critica di massa al Capitalismo mondializzato del XXI secolo è un dato non cancellabile”; “ E’ vero che la cultura d’impresa è diventata dominante riducendo il lavoro a variabile dipendente, rendendo la precarietà un elemento del sistema e la conoscenza appannaggio di pochi e quindi puntello del potere. Anche questi, come l’eguaglianza, sono fenomeni esistenti da sempre ma resi intollerabili dalla globalizzazione. “ ; “ Per tutta la sua storia il termine “ socialismo” è stato conteso e rivendicato da gruppi politici di ogni sorta “; “Tanto più una posizione si ripropone come socialista tanto più è indotta a diminuire, a differenza di quella liberista, la crescente gravità delle disuguaglianze e della loro insostenibilità per il futuro della democrazia e della civiltà “; “ I rivoluzionari in politica non esistono più come unica ed ineliminabile aggettivo fonte di valutazione delle posizioni degli intervenuti”; “ Il socialismo, se con questa parola si indica un insieme di misure economiche e sociali, più che una memoria storica, non ha più significato:. Tuttavia esiste ancora un ambito politico progressista del quale è erede la sinistra “; “ Il socialismo è una parola confusa, usata dalle persone più diverse per esprimere le opinioni più varie. In compenso, parlare contro il capitalismo è più attuale “; “ Dopo trent’anni di supremazia nel dopoguerra, l’economia amministrata è stata sostituita dal neo- liberismo. Trent’anni sono passati, ma è il momento di far pendere la bilancia nell’altra direzione “; “ Cosa resta dopo la fine del socialismo? O in altri termini, cosa resta della sinistra? La sinistra è sopravvissuta alla fine del socialismo. E’ necessario continuare a innovare in politica, per poter essere in grado di portare avanti i valori della sinistra in un mondo in trasformazioni sociali “; “ La visione da dare a chi ancora chiede valori in crisi : credere è necessariamente pluralista, perché plurali sono le nostre società, dell’economia globale degli individui e non più delle classi, dei “ consumatori “ e non solo dei produttori “; “ Oggi si parla della morte del socialismo perché esso è in crisi. Ma quante volte è parso che il liberalismo fosse defunto e che lo fosse anche la democrazia? Al solo socialismo bisogna negare la possibilità di una ripresa ? “; “ ……. Una cultura del cambiamento non può ignorare il rischio di catastrofe che si inserisce in una modernizzazione siffatta “; “ La vecchia simbiosi sinistra/socialismo non è più scontata ; La sinistra è obbligata a dare una risposta nuova alle sfide della società moderna; Ma tutto ciò ci dice che la “ storia del socialismo non è finita “; “ Il socialismo è vivo; ovvero la prospettiva di una società non fondata sul dominio della merce ma sulla possibilità delle persone umane di decidere consapevolmente del proprio destino “.
Si deve; quindi, sottolineare che qualunque definizione politica tentata per valutare l’ insieme delle posizioni emerse, può fare velo all’osservazione che esiste un ampio arco di pensiero in rapporto alla crisi profonda che attraversa il mondo intero, compresa la sua parte più industrializzata e in esso inevitabilmente anche il movimento dei lavoratori, con una serie di rilievi significativi e interessanti, pur all’interno di posizioni tra loro molto diverse. Anche se non sfugge il dato che quasi tutti gli articoli si muovono in un orizzonte che, pur con notevoli eccezioni , sembra ignorare lo stretto condizionamento che la globalizzazzione produce proprio sul nord del mondo, che a molti, invece, sembrava dovesse esserne invece l’unico beneficiario, globalizzazzione che finisce, anche per questo, con l’ignorare le esigenze di sviluppo in senso socialista o anche semplicemente riformista(per quanto questi ultimi poco fattibili in quei contesti) in altre aree del pianeta alle quali invece si vorrebbero riproporre le linee dello sviluppo che si verificarono a suo tempo nel nord del mondo rispetto a quelle possibili realisticamente altrove ancora oggi, considerate come aree arretrate e inesorabilmente subalterne allo stesso nord del mondo.
Non sempre si riesce, tra l’altro, a individuare nelle impostazioni politico-culturali degli articoli ricordati, se nei diversi autori era presente il senso originale del termine socialismo, che secondo il Dizionario di Filosofia curato da Nicola Abbagnano ed edito dalla UTET nel 1960, veniva definito come :”Il termine che si diffuse in Inghilterra, in opposizione a individualismo, nei primi decenni dell’800“. Termine sorto, quindi, e diffusosi, in contrapposizione ad una cultura nuova e sempre più pervasiva instauratasi nella allora recente fase di sviluppo capitalistico di quel paese, basata sulle nuove capacità imprenditoriali individuali tese ad ottenere fin dall’inizio e ad ogni costo, il massimo profitto nel nuovo sistema produttivo. A spese, come è noto, in primo luogo della nuova massa di mano d’opera utilizzata nel processo produttivo, ma gia da allora indifferente anche alle ricadute negative di quella impostazione sull’intera società. Cosa che indusse abbastanza rapidamente non solo la massa operaia ma anche vasti strati popolari e intellettuali attenti al tipo di sviluppo della loro società, a reagire per mettere invece al centro dello sviluppo in corso gli interessi della società nel suo insieme.
Con il 1848, in coincidenza con l’ultima esperienza rivoluzionaria della borghesia, Marx ed Engels volendo fornire una piattaforma non solo “pratica” al nascente movimento operaio, ma volendo anche accentuare la “scientificità” di tale prospettiva in contrapposizione all’utopismo, al volontarismo e all’idealismo del socialismo primitivo, propongono con Il manifesto del partito comunista la prospettiva di “rivoluzione comunista” quale obiettivo massimo di liberazione umana.. Pertanto il termine comunista accentua l’approccio rivoluzionario della lotta politica e sociale rinvenendo nel conflitto di classe l’oggettiva situazione rivoluzionaria, storicamente fondata sulla moderna produzione a sfruttamento capitalistico. Da questo punto di vista Marx avverserà con eguale rigore teorico tutti quelle posizioni, derivanti dal socialismo pre industriale, sia massimaliste che ribelliste, o moderate e riformistiche, per l’incapacità di analizzare materialisticamente i nuovi termini dell alotta di classe.
Non è difficile ancora attualmente, riscontrare pur in presenza di un susseguirsi ininterrotto di modificazioni della capacità produttiva, accompagnata come sempre, dalle conseguenti modifiche culturali, filosofiche e politiche, di cogliere, dentro ogni società dove quelle avvengono, due visioni opposte dello sviluppo e del progresso. Contrapposizione che è fortemente presente anche nella attuale fase di globalizzazione dell’economia, nella quale sempre di più prevale la ricerca del profitto ad ogni costo. Logica della ricerca del massimo profitto presentata come l’ unica possibilità di assicurare il progresso della società, assunta come definitiva ed insostituibile da quasi tutti quanti si dichiarano riformisti. Aspetto che mostra invece come, ancora adesso, vi sono e crescono ampie e diffuse avversioni proprio a quel tipo di sviluppo anarchico-individualistico che, oltre alle sofferenze indotte quasi ovunque ai lavoratori ed alle masse popolari, sta gravemente minacciando l’ambiente, in particolare attraverso l’aumento per ora incontrollabile, del riscaldamento del pianeta,che crea seri pericoli per la sopravvivenza di molta parte delle popolazioni più esposte.
Viene sempre meglio in luce invece l’esigenza ,che non cambia, di tenere sempre conto degli interessi profondi della collettività nella quale la produzione non può solo tendere al profitto individuale ma deve necessariamente essere sottoposta alle esigenze di vita e di sopravvivenza della intera comunità umana e quindi sottratta alla logica del profitto. Comunità umana che deve tendere, per ottenerlo, alla ricerca di nuovi tipi di organizzazione della propria società che siano orientate verso il senso originario del termine “socialismo “. Problema che resta valido anche dopo l’implosione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e dei cosiddetti stati socialisti dell’est europeo verso la fine del secolo scorso, e che richiede di tenere sotto attenta osservazione le evoluzioni interne che si verificano di continuo nella Cina guidata da un partito comunista, come accade pure in Viet-Nam., nella Corea del nord ed a Cuba. Per altro verso, ancora recentemente, l’evoluzione di quegli stati sud-americani per difendere le loro economie dalla rapacità delle multinazionali statunitensi (Equador,Argentina Brasile, Uruguay, Cile, Bolivia e Venezuela) hanno riutilizzato il termine socialismo, definendolo: socialismo del XXI secolo e della lotta alla corruzione.
Voltando forse definitivamente le spalle ad ogni ipotetica prospettiva riformista. Anche in queste difficili circostanze della situazione mondiale, ancora una volta, vengono smentiti i falsi e interessati teorici che affermavano che la storia fosse finita, incuranti del continuo mutare dei processi produttivi e del sapere scientifico che sono stati in ogni epoca tra i principali fattori delle trasformazioni di tutte le società, in qualunque continente.
Giugno 2007
Associazione romana di cultura critica