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Di Lucio Picci
1. La presenza del W3C in Italia: l'Ufficio Italiano e i membri italiani.
Si è detto del funzionamento del World Wide Web Consortium e delle sue attività nel campo dell'accessibilità. Qui ci occupiamo del loro versante italiano, per dare conto di un'azione di sensibilizzazione, e non solo, avviata all'inizio del 2000 e volta a favorire l'accessibilità dei siti e l'adozione delle linee guida WCAG 1.0 del W3C. Dedichiamo la nostra attenzione essenzialmente ai siti delle amministrazioni pubbliche.
Per comprendere come delle linee guida disposte da un'organizzazione internazionale possano avere un portato sulla realtà italiana, è necessario descrivere brevemente i canali di comunicazione a disposizione del W3C. Innanzitutto, ovviamente, vi è Internet: i documenti ufficiali del Consorzio, tutti disponibili nel sito Web dell'organizzazione, e tra questi le linee guida sull'accessibilità, vengono consultati ed eventualmente applicati.
Almeno sino a non molto tempo fa, tuttavia, l'esistenza stessa del W3C in Italia era nota a una comunità ridotta di persone direttamente coinvolte nello sviluppo delle tecnologie, e non necessariamente a chi, all'interno delle diverse organizzazioni, aveva compiti anche di tipo operativo per la realizzazione dei siti Web. Si deve aggiungere che la sensibilità verso il tema dell'accessibilità dei contenuti digitali non si avvale del lavoro di sensibilizzazione lungo e profondo di cui ha beneficiato la consapevolezza attuale verso i problemi dell'accessibilità "tradizionale", essenzialmente legata alla riduzione delle barriere architettoniche di vario tipo. Nella costruzione dei contenuti Web prevale poi ancora un approccio che potremmo definire "grafico", dovuto anche al fatto che, con la diffusione della rete, molti professionisti del settore della grafica e della pubblicità si sono dedicati alla realizzazione di contenuti Web, trasportando nel nuovo settore un modo di intendere il problema comunicativo non tagliato alle esigenze di Internet. Anche per questi motivi, le linee guida del W3C sono tuttora conosciute e accolte in modo diverso dal pubblico: HTML 4.01 è ben conosciuta, WCAG 1.0 lo è meno.
Alla semplice presenza del W3C, e delle sue raccomandazioni, su Internet, agli eventuali incontri internazionali a cui i membri del suo Team partecipano, si aggiungono altri strumenti per la promozione delle tecnologie del Consorzio nei diversi luoghi del mondo.
Vi sono innanzitutto, attualmente in 10 paesi e tra questi in Italia, gli "Uffici del W3C", il cui obiettivo è di costituire il "punto di contatto locale" con il Consorzio, anche per promuovere l'adesione da parte di potenziali membri. L'Ufficio italiano del W3C (http://www.w3c.it/), inaugurato nel 1999, è ospitato a Pisa dal CNUCE, un istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nel corso degli ultimi anni, l'Ufficio italiano è stato attivo nel promuovere le tecnologie del W3C in Italia, anche collaborando con i membri italiani del Consorzio, tra i quali, come vedremo, la Presidenza del Consiglio, e in generale fornendo loro supporto.
I membri italiani del W3C sono attualmente 10, quindi poco numerosi rispetto agli oltre 500 membri del Consorzio. In particolare, a rispecchiare lo scarso ruolo del Paese nella costruzione di nuove tecnologie dell'informazione, non vi sono tra questi membri dei grandi produttori di software, in grado di diffondere le raccomandazioni del W3C semplicemente includendole nei loro prodotti, come potrebbe essere per Microsoft con il suo browser. Tra i membri italiani vi è però la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che a partire dall'inizio del 2000 intraprese delle iniziative per promuovere l'accessibilità dei siti Web delle amministrazioni pubbliche.
2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri membro del W3C.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri è l'unico caso al mondo di un "Ufficio di un Primo Ministro" membro del W3C. Questa unicità, per nulla scontata, di per sé ovviamente non rappresenta necessariamente un fatto positivo, e per questo necessita di una spiegazione.
Verso la fine del 1998, subito dopo l'inizio del Governo D'Alema, presso la Presidenza del Consiglio si avviarono alcune attività dedicate alle nuove tecnologie dell'informazione. Fu avviato il "Forum per la Società dell'Informazione", il cui mandato era la redazione di un piano d'azione per la promozione delle nuove tecnologie dell'informazione in Italia. Parallelamente, all'interno di Palazzo Chigi si iniziò un progetto volto a un migliore utilizzo delle tecnologie del Web, il cui primo risultato doveva essere la costruzione di un vero sito della Presidenza del Consiglio, da sostituire a quello allora esistente, sostanzialmente di carattere ancora sperimentale.
Questa iniziativa produsse un sito Web (http://www.governo.it/), presentato al pubblico nel novembre 1999, caratterizzato da un buon numero di servizi informativi - per esempio, i provvedimenti del Governo - e da numerosi approfondimenti ai temi trattati.
Terminato il progetto di costruzione del sito, all'inizio del 2000 si decise di avviare una seconda fase, che avrebbe dovuto perfezionare l'utilizzo delle tecnologie del Web, sia per comunicare meglio, che per favorire una trasformazione organizzativa all'interno dell'amministrazione. Per quanto riguarda il Web come strumento di comunicazione, si intendeva aumentare i servizi informativi disponibili, e introdurre un utilizzo di notiziari tramite posta elettronica integrati con il Web stesso. La "newsletter" del Governo, realizzata a partire dall'ottobre 2000, costituì la traduzione pratica parziale di quell'idea. L'utilizzo del Web come strumento di lavoro era invece parte di un più generale progetto di riorganizzazione interna della struttura.
All'interno di questo progetto generale, nell'iscrizione della Presidenza W3C si individuò uno strumento concreto per accedere alle migliori competenze del Web, e per esercitare una maggiore autorevolezza, tale da poter contribuire a una azione più incisiva all'interno del Palazzo, e a una funzione di coordinamento nel campo delle tecnologie del Web all'interno del Governo.
È necessaria una precisazione sul significato dell'autorevolezza, in un contesto come quello della Presidenza del Consiglio, per realizzare un coordinamento efficace. Agli occhi del pubblico può apparire che, all'interno del Governo, la Presidenza del Consiglio possa svolgere il suo ruolo di coordinamento nei confronti dei ministeri semplicemente fornendo le opportune indicazioni. In realtà così non è, perché, per rimanere nel campo delle cose ovvie ma non per questo sempre correttamente percepite, il Presidente del Consiglio è un "primo tra pari", e un buon Presidente mette in campo il suo peso politico per questioni ben selezionate. Nella generalità dei casi, quindi, la Presidenza del Consiglio non ha la facoltà di disporre direttamente riguardo a quanto avviene nei ministeri.
Oltre a questo, e per passare a questioni meno ovvie, il contesto organizzativo in cui i diversi attori si muovo all'interno della Presidenza del Consiglio e dei ministeri è estremamente complesso, frutto di una sedimentazione plurisecolare di elementi formali ed informali del funzionamento organizzativo. Da un lato, vi sono le norme, i regolamenti e le circolari; dall'altro, si ha il funzionamento concreto dell'istituzione, che è fatto, forse in Italia più che altrove, di contatti personali, di telefonate e di reti relazionali costantemente al lavoro per orientare il lavoro dell'amministrazione.
Se la Presidenza del Consiglio decidesse, per esempio, di rendere accessibili tutti i siti Web del Governo, un invito esplicito a farlo sarebbe probabilmente il miglior viatico per l'insuccesso. L'autorevolezza e la competenza, viceversa, possono essere utilizzate come merci di scambio - per fornire soluzioni a problemi, visibilità a chi fa bene, eccetera - per ottenere determinati risultati, all'interno di un'opera incessante di contrattazione e di costruzione del consenso sul proprio progetto. Questo ragionamento costituiva uno dei motivi che portò la Presidenza del Consiglio ad iscriversi al W3C.
Di fatto, proprio sul tema dell'accessibilità si realizzarono i primi contatti tra Presidenza del Consiglio e W3C. L'8 febbraio 2000 a Palazzo Chigi si tenne un incontro sull'accessibilità a cui partecipò Ian Jacobs, membro del Team del Consorzio. All'incontro parteciparono le persone che si occupavano del Web di Palazzo Chigi, oltre a svariati responsabili dei servizi telematici dei ministeri e ad alcuni esperti esterni. In quell'occasione, Ian Jacobs illustrò le linee guida WCAG 1.0, di era stato il principale redattore. Nei mesi seguenti, si iniziò a studiare la possibilità di rendere accessibile il sito della Presidenza del Consiglio, e parallelamente si decise l'iscrizione della Presidenza al W3C.
3. L'attività della Presidenza del Consiglio per l'accessibilità dei siti della PA
Avvenuta l'iscrizione al W3C, l'attività della Presidenza del Consiglio sull'accessibilità fu su due fronti. Per un verso, si ritenne opportuno fornire delle indicazioni ufficiali per l'accessibilità dei siti Web delle amministrazioni pubbliche. Parallelamente, si iniziò a studiare concretamente come rendere accessibile il sito della Presidenza del Consiglio, che già allora era un complesso sistema informativo costruito, almeno inizialmente, senza tenere in particolare conto le esigenze di accessibilità dei suoi contenuti. Consideriamo più nel dettaglio queste due iniziative.
Nel settembre 2000, con decreto del Ministro Bassanini, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri si istituì un "comitato di studio interministeriale per il miglioramento dell'accessibilità dei siti Web delle pubbliche amministrazioni", coordinata da Caterina Cittadino. Quasi contemporaneamente aveva inizio l'attività di un gruppo di lavoro presso AIPA, della cui attività ha dato conto Carlo Batini.
La presenza di alcune persone in entrambe le commissioni facilitò il necessario coordinamento, che si tradusse anche in una sostanziale divisione dei lavori. Il comitato di studio presso il Dipartimento della Funzione Pubblica realizzò una ricognizione del problema, e produsse una prima soluzione di carattere normativo; l'AIPA intraprese un'azione più completa, e non limitata ai contenuti digitali del Web. Il risultato dei lavori del comitato fu una circolare, emessa dal Ministro il 13 marzo 2001, che faceva riferimento esplicito alle linee guida del W3C, richiedendone il rispetto da parte delle amministrazioni pubbliche.
Parallelamente procedette il progetto per l'accessibilità del sito della Presidenza del Consiglio che, pronto nei fatti sin dalla tarda primavera del 2001, ha visto la luce nel novembre successivo. Si tratta di un progetto reso possibile dalle modifiche alla struttura del sito realizzate sin dall'inizio del 2000, per esempio nell'utilizzo crescente dei "fogli di stile", e realizzato dall'Ufficio per l'Informatica e dalla Redazione del Web della Presidenza del Consiglio. È una realizzazione del tutto coerente con le indicazioni delle linee guida sull'accessibilità del W3C, e con i principi del "design universale".
4. Conclusione
Uno dei dibattiti meno frequentati in Italia, e forse proprio per questo più interessanti, riguarda il giudizio dell'"approccio prescrittivo" al cambiamento. Apparteniamo a una cultura in cui leggi, direttive, in generale norme, sono utilizzate abbondantemente per tentare di migliorare la realtà. Al pari delle note "grida" manzoniane, le prescrizioni esistenti non producono effetti proporzionali al loro numero, se non perché servono a deresponsabilizzare contemporaneamente chi le emette - che con un pezzo di carta assolve almeno nominalmente al suo compito - che chi non le rispetta - perché, sovente, non dispone dei mezzi per farlo.
Alla trasformazione, illusoria, della realtà per decreto, si è preferita la strada più lunga dei passi piccoli, ma concreti e all'interno di una strategia. L'iscrizione della Presidenza del Consiglio al W3C ha contribuito a rendere più credibile l'impegno dell'istituzione, e a sensibilizzare circa l'importanza dell'accessibilità dei contenuti del Web, dando una mano, e fornendo una sponda politica, a chi già si occupava di questi temi. L'attività di normazione, a iniziare dalla circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica, non ha dato ordini con piglio marziale, ma ha comunque indicato un'opinione ufficiale, e autorevole, e ha posto formalmente il problema all'ordine del giorno. L'attività più capillare dell'AIPA sta proseguendo quel percorso.
Il percorso scelto non ha prodotto gli effetti netti che tutti noi vorremmo; al contrario, oggi osserviamo dei risultati in chiaroscuro, perché sono il risultato di molte mediazioni, e si affidano alle azioni concrete, piuttosto che desiderate o auspicabili, delle amministrazioni e delle persone coinvolte. Si tratta di soluzioni complesse perché infine complessa è la realtà, compresa quella dei siti Web e della loro desiderata accessibilità.
A quasi due anni dal primo incontro organizzato a Palazzo Chigi sull'accessibilità, dopo l'iscrizione della Presidenza al W3C, e il lavoro di due commissioni, dei risultati concreti si sono però avuti. Due circolari hanno ufficializzato, se non altro, la rilevanza pratica della questione. L'AIPA ha iniziato un lavoro complesso per fornire dei servizi a chi dovrebbe costruire siti accessibili, e il sito della Presidenza del Consiglio è stato rivisto profondamente alla luce delle linee guida del W3C. Altrove nelle amministrazioni, la situazione è a macchia di leopardo, e proprio in queste "macchie" leggiamo i progressi fatti rispetto a due anni fa, quando di accessibilità dei siti Web in Italia non parlava quasi nessuno.
Un caso concreto può dare la misura della complessità del problema, e dello stato attuale del processo in corso per la sua soluzione. La "newsletter" del Governo del 6 novembre 2001 comunicava l'attivazione di una "nuova sezione del sito (del Ministero dell'Ambiente) accessibile a tutti" grazie alla "Web Accessibility Initiative, un sistema di navigazione omologato a livello internazionale che mette alcune categorie di portatori di handicap in grado di conoscere i contenuti del sito".
A ben vedere, si tratta di una soluzione inadeguata, che si limita a presentare una ridotta sezione "parallela" del sito ufficiale, e che nulla ha a che fare con le linee guida WCAG 1.0 sviluppate all'interno della "Web Accessibility Initiative (WAI) del W3C. A quell'annuncio si può reagire con irritazione, o si può persino sorridere per l'utilizzo di una termine straniero, la "Web Accessibility Initiative" del W3C, per fini di legittimazione di un'operazione romana, o forse si dovrebbe dire romanesca, perché un po' ricorda l'Alberto Sordi in "Un americano a Roma". Ma il punto è un altro. Le persone del Ministero dell'Ambiente coinvolte, anche se sbagliando, hanno manifestato una sensibilità per un problema che sino a non molto tempo fa era praticamente sconosciuto ai più. Un tema di cui numerosi ministeri, per rimanere in ambito governativo, ancora non si stanno occupando. Identificando il loro lavoro con la "WAI", di fatto hanno segnalato la conoscenza e la percepita rilevanza di quella sigla. In questo esempio leggiamo lo stato attuale degli sforzi per rendere accessibili i siti dell'amministrazione pubblica: il cammino è ancora lungo, ma un tratto di strada è stato percorso, la consapevolezza che l'informazione in formato digitale deve essere accessibile è cresciuta, e gli utenti possono beneficiare di alcuni primi risultati concreti.
5. Appendice
Di seguito si forniscono informazioni aggiuntive e gli indirizzi Internet dei documenti e delle organizzazioni citate nel testo (aggiornato al 9 dicembre 2001).