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Disabilità e strumenti di riabilitazione

Di Gesualdo Le Moli

1. Disabilità, anzianità, svantaggio

Non si adotta il termine "indipendente" per indicare il fatto che qualcuno possa fare ogni cosa da solo per se stesso, ma per individuare qualcuno che abbia assunto il controllo della propria esistenza e che possa scegliere il modo con cui regolarla: è questa la normale accezione che permette di distinguere un abile da un non abile, sia per motivi di "anzianità", che comporta l'assenza di abilità dovuta alla senescenza, sia per motivi di "disabilità", intesa come l'assenza di abilità, o congenita dalla nascita, od acquisita per ragioni traumatiche o patologiche.

La conseguenza esterna di un danno, congenito o patologico, di natura fisica, psichica, sensoriale o motoria, è normalmente indicata con il termine disabilità, mentre si intende che la condizione propria dell'anzianità comporta, in modo progressivo, anche se inizialmente molto blando, il graduale insorgere di danni di natura fisica, psichica, sensoriale o motoria.

La dizione "handicap", termine inglese per "svantaggio", deriva dalla prassi, adottata nelle gare di ippica in Inghilterra, di obbligare il fantino, che cavalcava un cavallo dotato di qualità superiori, a gareggiare portando la mano sinistra (hand) a contatto con la visiera del proprio cappellino (cap), onde, dato l'evidente svantaggio di questa postura, equilibrare le prestazioni offerte rispetto a quelle possedute dai concorrenti.

Uno svantaggio insorge qualora la disabilità interferisca nelle aspettative della persona condizionando qualche aspetto della vita quotidiana. Nella prevenzione degli svantaggi conseguenti all'anzianità od alla disabilità concorrono in modo determinante due fattori esterni:

  1. il miglioramento della fruibilità dell'ambiente tenendo conto delle esigenze imposte dalla disabilità;
  2. l'adozione di appositi strumenti, detti ausili, che sono concepiti per consentire alla persona disabile di fare ciò che altrimenti non potrebbe, oppure di farlo con minore sforzo o dispendio di energia, oppure di farlo in modo più sicuro o psicologicamente più accettabile.

Entrambi i fattori offrono un contributo determinante al recupero dell'autonomia intesa come capacità di svolgere attività corrispondenti alle proprie aspettative.

Per chi sperimenta disabilità molto gravi può essere illusorio parlare di autonomia nel senso concepito da una persona dotata di normali funzionalità: egli conosce esattamente i propri limiti, sa che esistono diversi gradi di autonomia ed è conscio che il passaggio ad un grado di autonomia superiore rappresenta in ogni caso un fatto con importantissime conseguenze nelle proprie relazioni, nella propria vita e nelle proprie scelte, eliminando una parte di dipendenza da un'altra persona ed aumentando la propria libertà decisionale.

Gli ausili di comunicazione e di controllo ambientale possono offrire un contributo fondamentale al raggiungimento dei due seguenti aspetti dell'autonomia personale:

  1. la comunicazione, ossia la possibilità di esprimere ad altre persone il proprio pensiero in modo che esso venga recepito esattamente e con naturalezza da parte dell'interlocutore;
  2. il controllo del proprio ambiente di vita quotidiana, ossia la possibilità di gestire in base alle proprie decisioni i mezzi domestici che gli occorrono per svolgere determinate attività e per utilizzare il tempo in modo corrispondente alle proprie aspirazioni.

Spesso non è possibile operare una divisione rigida tra i sistemi di controllo d'ambiente e di comunicazione: in molti casi le due funzioni si integrano ed in ogni caso l'approccio tecnologico è identico.

2. Requisiti dell'individuo disabile

Allo scopo di precisare le specifiche di un sistema informatico e rendere tale sistema oggettivamente fruibile, è opportuno analizzare le caratteristiche dell'utente potenziale, individuare le sue necessità, verificare a posteriori l'effettiva utilità delle proposte avanzate. L'orientamento all'utente costituisce, quindi, il cardine delle specifiche progettuali di un sistema informatico, in quanto prescindere da questo invaliderebbe qualsiasi speculazione tecnologica e renderebbe inutilizzato l'oggetto prodotto.

Si parla spesso di "persone con particolari necessità": con questo non si vuole intendere particolari necessità di comunicazione con l'ambiente, bensì necessità di speciali mezzi, strumentazioni e servizi, per colmare i normali bisogni di comunicazione. Il nostro tempo si sta configurando sempre più come il tempo della comunicazione globale: le risorse tecnologiche a disposizione sembrano azzerare i limiti tradizionali delle attività umane. Bisogna, però, che i vantaggi arrivino a tutti, che tutti possano usufruire dell'abbattimento di tali barriere e perché ciò si verifichi occorre uno sforzo di carattere culturale che riconosca pari opportunità per tutti. È dunque necessario definire, in termini operativi, il rapporto tra alcuni tipi di svantaggi ed il possibile aiuto che può derivare da opportuni ausili.

L'Organizzazione Mondiale per la Sanità (Word Health Organization, WHO) nel 1980 ha suggerito le seguenti definizioni:

  1. menomazione: perdita anomala di funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche;
  2. disabilità: qualsiasi restrizione o mancanza dell'abilità, derivante da una menomazione, di svolgere un'attività nel modo o entro i limiti ritenuti normali per un essere umano:
  3. svantaggio (handicap): condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabìlità, che limita o impedisce l'adempimento di un ruolo normale (in dipendenza dell'età, del sesso e dei fattori sociali e culturali) per quell'individuo;
  4. menomazioni e disabilità possono essere temporanee o permanenti, reversibili o irreversibili, progressive o regressive.

È evidente dalle definizioni, che uno svantaggio è il risultato sia di menomazioni che di condizioni ambientali. Se le barriere vengono rimosse, la persona resterà danneggiata ma non necessariamente svantaggiata. Il grado di svantaggio può variare significativamente da soggetto a soggetto e può avere diverse connotazioni. Due sono le connotazioni principali:

  1. quella di svantaggio strettamente ed unicamente fisico che lascia integre le competenze mentali;
  2. quella di svantaggio mentale, che può associarsi a minorazioni fisiche.

Uno svantaggio unicamente fisico consiste in un impedimento funzionale ad effettuare delle prestazioni meccaniche per le quali il soggetto ha una normale dotazione potenziale sotto il profilo intellettivo, ovvero della progettazione, della comprensione e dell'elaborazione. Tale condizione presenta spesso un significato diverso nell'adulto rispetto al bambino, specialmente se la minorazione fisica è presente fin dalla nascita. Infatti, mentre l'adulto che ha subito una menomazione fisica mantiene intatta la dimensione mentale, il bambino, non potendo fare in modo adeguato le necessarie esperienze fisiche (motorie e sensoriali), deriva dal proprio stato patologico un impedimento, talora grave, anche nei confronti dell'evoluzione mentale. In molti casi però, se ad essere colpito è il sistema nervoso, come ad esempio per menomazioni neuromotorie, viene compromessa una serie di competenze che, modeste nelle prime fasi dello sviluppo, possono sensibilmente aggravarsi se non sono corrette, modificate, facilitate.

Alcuni di questi soggetti subiscono uno strano destino per quanto concerne l'assetto del loro sviluppo: le potenzialità intellettive sono buone, ma l'impossibilità di attuarle determina una serie di inconvenienti secondari, anche di natura psichica, che alla fine si traducono in uno stato più grave di quanto sarebbero obbligati dalla natura della loro patologia. In questi casi una particolare importanza acquistano tutte quelle soluzioni che possono permettere l'esercizio di tali competenze: tale intervento, rivolto non tanto alla struttura della menomazione quanto alla sua disfunzionalità, consiste soprattutto in procedure di facilitazione. Giustamente alcuni autori nordamericani lo definiscono come "processo di abilitazione" in quanto non riabilita la disabilità, ma permette di evitarne le conseguenze.

Abilitare significa eliminare barriere, semplificare procedure, facilitare, insomma mettere il soggetto, con tutti i suoi esiti minorativi, in condizione di espletare un compito che le sue sole forze non saprebbero condurre a termine. Abilitare non equivale a guarire: la situazione resta qual è, ma i suoi deficit possono essere, più o meno brillantemente, aggirati e così superati. È il caso, ad esempio, di uno svantaggiato motorio che, non potendo usare le mani, può con l'aiuto di appositi ausili capaci di mettersi in moto con un impulso vocale o di altro tipo, far muovere varie apparecchiature domestiche. In questo campo molto è già stato fatto ed ancora più verrà realizzato: si tratta infatti di una questione puramente tecnologica ed un sistema informatico offre, infatti, la presenza di un numero cospicuo di questi strumenti.

Ben diversa è la situazione che si presenta quando lo svantaggio concerne la sfera mentale. In tal caso ad essere inficiata è la dimensione che deve presiedere la programmazione. È evidente che, in questo caso, non si tratta di "abilitare", bensì di "riabilitare", ossia di modificare la linea di sviluppo, attivando certe competenze da un lato ed evitando la cascata di conseguenze negative dall'altro.

3. Limitazione e disagi

3.1 Natura delle limitazioni e dei disagi

La realtà delle persone disabili ed anziane, lungi dal costituire una dimensione uniforme, si sfaccetta in una lunga serie di situazioni e di condizioni diverse, soprattutto in rapporto all'esistenza o meno di una compromissione dell'intelligenza.

L'analisi che segue è d'obbligo per capire come sia più che mai necessario offrire a queste persone oltre ai mezzi necessari per la comunicazione anche gli ausili indispensabili per recuperare autonomia nella vita quotidiana e capacità produttiva in campo lavorativo.

Se ciò è compito dell'ingegneria per la riabilitazione e dei suoi sviluppi applicativi, è anche vero che si rende necessario un tentativo di connessione tra la parte strettamente ingegneristica e quella che coinvolge lo studio ed il trattamento delle disabilità nel senso più strettamente medico del termine, per focalizzare l'attenzione sulle limitazioni funzionali provocate dalla disabilità, e quindi sulle possibilità di ausilio per superare queste limitazioni.

È evidente che le limitazioni funzionali che possono essere considerate siano numerosissime, così come la loro natura può essere la più disparata. Infatti diversi fattori quali il numero, la localizzazione, l'origine (cioè le patologie che le provocano), l'esordio (la prima comparsa dei sintomi), la prognosi e la gravità dell'evento condizionano il grado di disabilità e di conseguenza la possibilità di una vita normale. Si farà quindi riferimento al termine menomazione per intendere qualsiasi limitazione funzionale, sia di natura fisica che intellettiva, che impedisca lo svolgimento di normali azioni in ambiente domestico.

Le Nazioni Unite stimano che il numero di disabili sia intorno al 10% della popolazione di tutti i Paesi, anche se esiste una grande varietà nell'incidenza del fenomeno nei diversi Paesi. Analoga disuniformità si ritrova nei provvedimenti e negli impegni adottati da ciascuna nazione. Le stime statistiche riportate risalgono al 1991 e sono tratte da un importante studio condotto dalla Comunità Europea, conosciuto come COST 219 (European Cooperation in the Field of Scientific and Technical Research).

3.2 Limitazioni motorie

3.2.1 Premessa

Le limitazioni funzionali motorie impediscono in maniera più o meno grave od ostacolano in modo totale il movimento all'interno del proprio ambiente domestico. Per esempio una persona con paraplegia agli arti inferiori (paralisi degli arti) costretta su una sedia a rotelle è limitata nei suoi movimenti in primis a causa dell'ingombro notevole della carrozzina, poi dagli ostacoli che può incontrare all'interno dell'ambiente come la difficoltà di accesso ai servizi, barriere architettoniche (dislivelli, gradini), impossibilità di reazioni rapide. Se poi alla paralisi degli arti inferiori si aggiunge quella degli arti superiori (condizione di tetraplegia) la situazione si aggrava: non vi è la possibilità di comunicare con l'esterno tramite apparecchi convenzionali, difficoltà di accesso e mobilità interna all'appartamento, impossibilità di usufruire dei comuni servizi di supporto della casa, ecc.

3.2.2 Menomazioni degli arti inferiori

Una funzionalità ridotta delle gambe e dei piedi implica la dipendenza da una sedia a rotelle o da un altro tutore (stampelle o bastone) per camminare. I problemi principali per soggetti in carrozzina riguardano, quindi, l'accesso agli spazi e l'altezza dei piani di lavoro. Coloro che usano tutori riescono a spostarsi su brevi distanze ma è opportuno che dispongano di ambienti attrezzati in cui tutto sia raggiungibile con pochissimi spostamenti. Le stime per la popolazione affetta da tale minorazione è dello 0,4 - 0,6% per coloro che sono su sedia a rotelle, 6 - 7% per coloro che usano i tutori.

3.2.3 Menomazioni degli arti superiori

Menomazioni delle braccia e delle mani possono essere dovute alla mancanza o alla ridotta abilità di un arto. Per persone che hanno perso entrambe le braccia, il movimento e la pressione di oggetti è spesso impossibile e deve essere rimpiazzata da altri metodi, per esempio mediante una bacchetta nella bocca. Questo non inficia la comunicazione in se ma genera notevole difficoltà nell'uso di una grande quantità di strumentazioni.

Soggetti che hanno perso l'uso di un solo arto, trovano grande difficoltà con gli strumenti che richiedono l'uso simultaneo di entrambe le mani, come ad esempio la pressione simultanea di due tasti di una tastiera, se troppo estesa.

Per persone che non possono muovere indipendentemente le dita, tutte le abilità motorie fini sono inficiate. Per loro è molto difficile utilizzare tastiere o girare pagine e la mancanza di forza e di coordinamento muscolare, come per i distrofici, compromette le possibilità di controllo e di manipolazione degli oggetti.

Le percentuali europee per quanto riguarda le persone che non possono usare le dita è lo 0,2%, che non possono usare un braccio lo 0,2%, che presentano una forza muscolare ridotta il 3 - 4%, una ridotta coordinazione nel movimento il 2%.

3.3 Limitazioni sensoriali

3.3.1 Premessa

Non meno gravi sono le limitazioni sensoriali, specialmente a carico dell'apparato visivo ed uditivo. Infatti ipovedenti e non vedenti incontrano difficoltà alla deambulazione perché ogni minima variazione spaziale dell'ambiente può risultare pericolosa perché non avvertita, così come la risposta a stimoli visivi di emergenza risulta impossibile.

I non udenti hanno difficoltà ovvie di risposta a stimoli uditivi, sia di emergenza (allarmi, ecc.) che di altro tipo e, se si aggiunge a questa condizione il mutismo, il quadro si complica notevolmente.

3.3.2 Minorazione della vista

In termini medici, una minorazione della vista può essere intesa come la totale perdita della vista o la ridotta capacità di percezione della luce e dei colori. La definizione classica di cecità è un'acutezza visiva di 6/60 o meno nel migliore occhio con la correzione ottima, o un'acuità anche migliore di 6/60 se il più ampio diametro del campo visivo sottende un angolo non più grande di 20 gradi. Questo significa che una persona cieca vede a 6 metri di distanza ciò che una persona con una vista normale vede a 60 metri o che il campo visivo è così ristretto che solo un'area molto limitata può essere vista nello stesso momento.

Recentemente [aprire nota con "Legge 3 aprile n. 138, G.U. n. 93 del 21 aprile 2001"] il legislatore italiano ha stabilito limiti più severi, secondo i quali si ha cecità totale quando manca la vista in entrambi gli occhi, oppure quando si ha la mera percezione dell'ombra o della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, oppure quando il residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento; si ha cecità parziale quando il residuo visivo è non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore oppure quando il residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 per cento; per le categorie degli ipovedenti gravi, medio-gravi e lievi questi limiti scendono rispettivamente a 1/10, 2/10 e 3/10, per quanto riguarda il residuo visivo, e al 30, 50 e 60 per cento, per quanto riguarda il residuo perimetrico.

Bisogna notare però che il difetto visivo non si connota solo rispetto all'acuità visiva ma ha una vasta gamma di manifestazioni che vanno dalla limitazione del campo, cui si è accennato, alla deformazione dell'immagine, l'abbagliamento, la difficoltà di focalizzare oggetti vicini e lontani, la cecità notturna e cosi via. La cecità implica una totale o quasi totale perdita della capacità di distinguere la forma. Una vista parziale implica la capacità di utilizzare alcuni aspetti della percezione visiva, ma con una grande dipendenza dalle informazioni ricavate con altre modalità, in particolare tatto ed udito.

Le stime europee del fenomeno riportano lo 0,2% della popolazione complessiva, per i ciechi, e il 2% per gli ipovedenti. L'incidenza di tutti i tipi di minorazioni della vista aumentano considerevolmente con l'età. Meno del 10% dei non vedenti è sotto i 20 anni, mentre quasi il 50% è sopra i 65 anni. Inoltre persone con più di 40 anni necessitano di una luce più intensa e di maggiore contrasto e questo fenomeno aumenta drammaticamente tra i 40 e i 60 anni.

Problemi legati all'orientamento ed alla mobilità sono una conseguenza della mancanza della vista.

3.3.3 Minorazione dell'udito

La minorazione dell'udito implica una totale o parziale perdita della capacità di percepire informazioni acustiche. Il difetto può riguardare tutto lo spettro delle frequenze (250 - 4000 Hz) oppure solo alcune. La sordità è definita come una perdita media della capacità uditiva superiore a 92 dB nel campo del parlato. Tra i 70 - 90 dB si hanno seri problemi di udito, mentre con una perdita tra i 50 - 70 dB vi sono moderati problemi, e, infine, con meno di 20dBsi può ritenere di possedere un udito normale.

L'età di inizio della minorazione è importante per lo sviluppo del linguaggio: una persona nata profondamente sorda o diventata sorda in età prelinguistica, viene a dipendere prevalentemente dalla comunicazione visiva per acquisire parola e linguaggio.

È utile distinguere tra non udenti che posseggono un linguaggio intellegibile e coloro che non ne hanno. Anche se il linguaggio parlato non è tutto un prerequisito per imparare a leggere, esso facilita enormemente l'acquisizione della lettura e della scrittura. Per coloro che diventano non udenti, dopo aver imparato a parlare, è molto difficile controllare il volume della propria voce. Anche se non si presentano problemi per la lettura, il vocabolario si impoverisce a causa della ridotta frequentazione con la lingua parlata. La capacità di ascoltare non necessariamente equivale all'abilità di capire ciò che viene detto.

La percentuale di sordi profondi, rispetto alla totalità della popolazione europea, è dello 0,1 - 0,2%, mentre il 12 - 15% ha seri problemi di udito.

3.3.4 Minorazione della parola

La minorazione della parola si riferisce a qualsiasi riduzione delle capacità di una persona di usare il parlato in modo funzionale ed intelligibile. Può riguardare il parlato in generale o solo alcuni aspetti. La popolazione che non riesce a parlare comprensibilmente, a livello europeo, è stimata intorno allo 0,4%.

Il difetto della parola può essere dovuto a diversi fattori: può essere causato da problemi di sviluppo (disfasia), o da parlato distorto dovuto alla mancanza del controllo muscolare (disartria). Può essere acquisito, come per esempio la perdita dell'espressività linguistica (afasia espressiva) causata da trauma o tumore cerebrale, o per la rimozione della laringe (laringectomia). L'intelligibilità del parlato può avere vari gradi: spesso i familiari riescono a comprendere grazie alla ripetitività di certe distorsioni linguistiche.

Esistono poi i problemi di balbuzie che si verificano solo in alcune situazioni e non in altre.

3.4 Limitazioni intellettive

3.4.1 Premessa

Le limitazioni funzionali a carico delle funzioni intellettive possono essere molteplici (disturbi della parola, del linguaggio, della coordinazione del pensiero, ecc.), tali da ridurre notevolmente i livelli di comunicazione, attenzione e risposta agli stimoli esterni.

3.4.2 Menomazione mentale

Le persone con disturbi mentali costituiscono un gruppo notevolmente diverso dai precedenti, poiché possono presentare una vasta gamma di difetti sensoriali, motori e cognitivi. Esse tendono ad una manualità più lenta e ad una comprensione delle istruzioni e del linguaggio più ridotta.

Per gli scopi del presente rapporto, questi soggetti verranno considerati quando presentano minorazioni multiple.

3.4.3 Menomazione della comprensione linguistica

Consiste in una perdita o riduzione della capacità di comprendere il linguaggio, spesso connessa a un più generale problema intellettivo. Diversi problemi al sistema nervoso centrale comportano disordini di tipo linguistico. In alcune condizioni è coinvolta solo la funzione del linguaggio, mentre in altre risultano compromesse più funzioni intellettive: questo è, ad esempio, il caso dell'autismo. Tale difetto può essere legato allo sviluppo oppure acquisito: da questo dipende la capacità di esprimersi del soggetto.

Molte persone con problemi di comprensione sono capaci di comunicare meglio attraverso segni visivi che parlati. Essi utilizzano segni manuali o speciali sistemi simbolici (per esempio il Bliss, il Rebus), ma il vocabolario può essere drasticamente limitato.

Per soggetti con disturbi anche mentali, non solo la comunicazione ma anche l'addestramento all'uso di strumentazioni speciali può essere ostacolata.

L'incidenza del fenomeno è stimata intorno all'l% della popolazione europea.

3.5 Altre limitazioni

Le categorie cui si è accennato coprono un ampio spettro delle minorazioni e disabilità. Esistono comunque difetti fisici che non possono essere compresi nelle categorie precedenti. Per esempio le persone costrette a letto temporaneamente o permanentemente hanno problemi ben diversi rispetto ad una persona in carrozzina.

Alcune persone hanno difetti multipli con una conseguente disabilità che è superiore alla somma delle singole menomazioni, ed inoltre l'impatto di ciascun difetto può variare a seconda della situazione. Per esempio una persona ammalata di sclerosi multipla può presentare oltre a problemi motori, anche problemi di vista, parola, ecc.

3.6 Disagi legati all'anzianità

3.6.1 Premessa

Il fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione nei paesi industrializzati a più alto tenore di vita impone nuovi problemi: la loro presenza nel processo produttivo, nell'insieme delle relazioni sociali e pubbliche, l'intervento per sottrarli all'isolamento, la prestazione di servizi mirati quando intervengano condizioni di inabilità fisica o psichica.

Gli anziani, che attualmente sono circa il 20 - 30% della popolazione complessiva Europea, secondo le stime, nel 2040 raggiungeranno il 40%. Molte persone anziane col passare degli anni si trovano ad affrontare deficit sensoriali e motori. La presenza e la combinazione di molteplici fattori, quali la condizione di salute, la situazione ambientale, i diversi livelli di autonomia fisica e psicologica che possono progredire e regredire alternativamente, e che si diversificano non solo in relazione all'età anagrafica di ciascuno, concorrono a determinare le diverse problematiche che caratterizzano l'essere anziano.

3.6.2 Le cause del disagio

Il disagio dell'anziano ha i seguenti due ordini di cause:

  1. la prima è di carattere sociale: consiste nel cambiamento dei suoi rapporti con la famiglia e nell'affievolirsi delle relazioni con il resto della società;
  2. la seconda è di carattere biologico: è l'inevitabile continua decadenza fisica e mentale.

Questa condizione si traduce in primo luogo in un mutamento del rapporto di fruizione dello spazio e dei servizi e parallelamente in una riduzione delle possibilità di relazione personali.

Volendo riassumere, le caratteristiche peculiari della condizione anziana sono le seguenti:

  1. maggiore disponibilità di tempo;
  2. maggiore vulnerabilità ai pericoli;
  3. difficoltà nel controllo dell'ambiente;
  4. indebolimento nelle relazioni familiari ed amicali;
  5. scarsa motivazione all'apprendimento ed al cambiamento;
  6. riduzione dell'acuità visiva, dell'adattamento al buio, della percezione;
  7. riduzione dell'udito;
  8. problemi di equilibrio;
  9. disordini muscolo - scheletrici;
  10. problemi agli arti.

Questi fattori si riflettono sull'intensità di utilizzazione dei servizi e sulla frequenza dell'assistenza richiesta dall'anziano.

3.6.3 I provvedimenti per alleviare il disagio

Le numerose cause di disagio individuate aprono la strada ad una serie di richieste di servizi particolari, quali i seguenti:

  1. motivi e luoghi di socializzazione;
  2. disponibilità di cure ed assistenza;
  3. riferimenti sicuri;
  4. ambiente protetto dai rischi;
  5. stimoli per il tempo libero e le occupazioni.

Naturalmente tali bisogni variano moltissimo in funzione delle condizioni sia sociali che fisiche di ciascun individuo anziano. Occorre creare nel tessuto socio-culturale e nel sistema abitativo quelle condizioni che offrano risposte integrate ai bisogni di sicurezza, di comodità d'uso degli spazi di socialità. Per molto tempo si è risposto al problema degli anziani avendo come modello una categoria debole, economicamente e fisicamente, da assistere sia all'interno della famiglia sia nelle forme sociali. La specificità dei bisogni degli anziani è spesso data per scontata ma nella sostanza è ancora in larga misura ignorata. Bisogna tener conto che si tratta di persone che possono passare, con tempi e modalità diversissime, da una condizione di autonomia ed autosufficienza ad una di impedimento fisico e di emarginazione sociale. L'ambiente di vita quotidiana dell'anziano deve soddisfare prestazioni che dipendono in buona parte dalla qualità e dalla quantità delle dotazioni tecnologiche e specialistiche, anche per l'assistenza, disponibili nello spazio residenziale. I problemi abitativi dell'anziano si legano quindi ad una realtà complessa, in cui ad aspetti di carattere sanitario assistenziale si affiancano difficoltà sociali di varia natura. Un ambiente residenziale a misura d'anziano, capace di garantirgli autonomia il più a lungo possibile, richiede in primo luogo una qualità ambientale che discende da un corretto dimensionamento dello spazio e dei suoi elementi di arredo, del soddisfacimento dei requisiti di sicurezza, di accessibilità, di gestibilità e di prestazioni offerte nel controllo dell'ambiente, dove la flessibilità e l'adeguamento spaziale e delle dotazioni tecnologiche rappresenta il criterio fondamentale adottato nel concepire e progettare il sistema informatico.

I requisiti che caratterizzano un'abitazione rendendola rispondente ai bisogni di un utente anziano autosufficiente sono quindi i seguenti:

  1. la sicurezza sia delle attrezzature della casa che dalle effrazioni ed intrusioni violente dall'esterno;
  2. l'accessibilità;
  3. la flessibilità dell'alloggio che lo renda in grado di adattarsi nel tempo, in modo operativo e sufficientemente programmato, alle esigenze di comodità e di sicurezza che intervengono nel corso della vita;
  4. la disponibilità di sistemi di teleallarme per chiedere soccorso in caso di necessità.

4. Recupero funzionale mediante gli ausili

4.1 Premessa

Ottenuto questo collegamento tra menomazione e limitazione funzionale si può passare ad analizzare i progressi che la tecnologia ha fatto in campo di ausili diversificati per le esigenze di persone con disabilità. Avendo una chiara conoscenza dei gradi di limitazione funzionale, e quindi delle patologie ad essi riconducibili, occorre esaminare le azioni richieste per gestire determinati servizi, tesi a normalizzare la vita nell'ambito domestico garantendo l'accessibilità ai vari servizi. In pratica occorre valutare come una persona con una determinata disabilità riesca ad interagire con l'ambiente circostante.

Mettere un soggetto svantaggiato in condizione di integrarsi nella realtà sociale al massimo possibile significa non soltanto contrastare una situazione negativa in atto, ma evitare il suo incremento. Le possibilità di recupero sono legate al massimo sfruttamento delle capacità residue, stimolate dall'esercizio, e all'ipotesi di una riorganizzazione funzionale: il sistema nervoso, infatti, può utilizzare procedure diverse, seppure con differente economia, per raggiungere uno stesso risultato. Bisogna notare che quadri differenti di disabilità sottendono differenti potenzialità di recupero.

L'ausilio favorisce l'adattamento della persona all'ambiente ed un intervento di accessibilità favorisce l'adattamento dell'ambiente alla persona. In altre parole quanto maggiore è l'accessibilità tanto minore è la necessità di dotare la persona di ausili specializzati. La linea di confine è molto labile, ma si ritiene comunque importante trasporre anche all'informatica ed alla robotica la definizione di accessibilità nata nel campo architettonico.

Alla definizione di accessibilità architettonica (Legge 13/89), ovvero la "... possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia ...", si può associare una definizione di accessibilità informatica come la "possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere ad un ambiente informatico e robotico di comune utilizzo e di fruire di tutte le sue prestazioni in condizioni di adeguata affidabilità e autonomia". Nel primo caso si parla di ambiente fisico, nel secondo di ambiente virtuale: ma il concetto è simile e appare opportuno, sotto il profilo culturale, evidenziarlo. L'ausilio e più specificamente l'ausilio informatico e robotico è un sistema hardware o software per l'interazione tra persona e ambiente informatico e robotico, utilizzabile da una persona disabile per prevenire, compensare, alleviare o eliminare una menomazione, disabilità ed il conseguente svantaggio.

Un ausilio può prefiggersi i seguenti obiettivi:

  1. operativo: facilitare l'autonomia o minimizzare la dipendenza da altri nell'esecuzione di un'attività: in questo caso l'ausilio può agire in modo compensativo, ossia facendo leva sulle residue abilità della funzione lesa, oppure sostitutivo, ossia sfruttando risorse diverse rispetto alla funzione lesa;
  2. didattico: assistere una strategia didattica per il conseguimento di determinati obiettivi di apprendimento, "aggirando" gli ostacoli che una strategia tradizionale incontrerebbe in presenza di determinate limitazioni funzionali;
  3. riabilitativo: assistere lo sviluppo di determinate abilità (motorie, sensoriali, cognitive);
  4. diagnostico: determinare livelli di abilità e monitorare processi.

Il criterio fondamentale sul quale puntano gli ausili per la riabilitazione è quello di facilitazione: laddove la persona non può acquisire o riacquisire una competenza assente o perduta, è necessario lavorare sul compito attraverso modalità di facilitazione. Facilitare significa semplificare l'algoritmo esecutivo, per esempio affidando alle macchine alcuni passi. Facilitare significa anche aggirare un ostacolo fisico, per esempio di natura motoria o sensoriale.

Per queste ragioni, la facilitazione trova le più immediate applicazioni proprio nel campo delle menomazioni isolate motorie o sensoriali (visive): questo tipo di paziente è infatti quello che, più di altri, può godere di una normalità intellettiva, quindi essere in grado di sfruttare a fondo le possibilità offerte dalla macchina.

Le varie facilitazioni possibili vanno distinte nelle seguenti due categorie:

  1. quelle che facilitano l'azione;
  2. quelle che facilitano la comunicazione.

L'ausilio potrà inoltre esplicare la sua valenza nelle seguenti tre aree:

  1. l'area cognitiva e della comunicazione cui è associata la scelta dell'ambiente;
  2. l'area motoria, cui è associata la scelta del sistema per interagire con l'ambiente desiderato;
  3. l'area sensoriale, cui è associata la scelta del sistema per accedere alle informazioni emesse da un ambiente.

4.2 Recupero nell'area cognitiva

Gran parte dei soggetti che presentano una compromissione della comunicazione (sia come difficoltà o impossibilità a realizzare la parola, avendo tuttavia indenne il linguaggio interno, sia come riduzione generale della competenza simbolica) non ha possibilità di recupero funzionale e pertanto deve essere aiutata con qualche tipo di facilitazione.

Comunicare significa non soltanto interagire con i propri simili, ma in generale mantenere un ruolo interattivo all'interno della società, legato alla possibilità di apprendere, di esprimersi e di far sentire il peso delle proprie opinioni. In questo contesto, il superamento dei problemi fisici che impediscono l'uso dell'elaboratore costituisce senza dubbio un passo fondamentale. L'elaboratore è infatti in grado di consentire il passaggio da codici non simbolici a codici simbolici, da corpi iconici a corpi letterali; inoltre è possibile utilizzare blocchi semantici impliciti in sequenze comunicative esplicite che possono essere stampate o sintetizzate vocalmente.

I problemi legati all'accesso al computer vanno affrontati con il reperimento di un'interfaccia hardware - software adeguata: tale soluzione va studiata caso per caso a seconda dell'attività svolta dal singolo individuo ed a seconda della sua disabilità, in modo da sfruttare al massimo le sue risorse residue. Negli ultimi decenni, gli studi teorici da un lato (specialmente in campo linguistico) e le innovazioni tecnologiche dall'altro hanno segnato una svolta. La soluzione migliore sembra essere l'integrazione tra un linguaggio artificiale semplificato di tipo essenzialmente iconico o ideografico, dotato di possibilità sintattiche e modulari, e la sua trasferibilità in forma vocale sintetizzata.

4.3 Recupero nell'area sensoriale

Le facilitazioni per i non vedenti e gli ipovedenti, in numero sempre crescente, riguardano sia strumenti educativi che riabilitativi. Il soggetto cieco è perfettamente in grado di concepire il significato fonetico di un segno (lettera, sillaba o parola) e di comprenderne il senso, ma manca del segmento funzionale, la vista, che collega i due tronconi suddetti (riconoscimento e comprensione). Se viene messo in condizione di vicariare il sistema di percezione, cioè la vista, attraverso l'introduzione di una strategia alternativa che supplisca tale funzione, ad esempio mediante la lettura Braille, i due tronconi possono essere ricollegati. La facilitazione, in sostanza, utilizza le capacità residue, senza alcuna necessità di modificare la struttura individuale. Gli ausili, quindi, vanno dal traduttore Braille, al sintetizzatore vocale, agli ingranditori sul video.

I sistemi informatizzati possono essere variamente attivati: dalla tastiera, al mouse oppure toccando lo schermo.

4.4 Recupero nell'area motoria

Passando alle facilitazioni relative all'azione, nel caso di soggetti dismotorici il problema principale è rappresentato dal modo di inviare i dati di ingresso ad un elaboratore. Qualora non si possa utilizzare la tastiera, esistono interruttori, o semplici comandi a pulsante, che attraverso un movimento del capo o di ogni altra parte del corpo, od attraverso il soffio, permettono di fissare il cursore sull'elemento di codice prescelto. È necessario uno studio ergonomico che metta il soggetto in condizione di lavorare con la minima fatica e con la massima motivazione. Inoltre il sistema si avvale di schede che consentono la presentazione sul monitor di configurazioni ottimizzate.

Si tratta di un intero sistema facilitativo che interessa tutto l'ambito sensomotorio e varie funzioni neuropsicologiche. Nel trattamento facilitativo di questi soggetti l'aspetto più importante consiste nell'accuratezza dello studio dell'interazione uomo - macchina - programmi. A questo proposito va rilevato che se gli ausili di questo tipo sono un potente mezzo di facilitazione, è pur vero che il loro uso può mettere in evidenza lacune impreviste, soprattutto considerando che l'utilizzazione di tali sistemi è sempre una modalità operativa atipica, sul piano logico, rispetto a quanto finora il soggetto ha fatto o ha visto fare.

La necessità di usare particolari modalità per inviare i dati in ingresso all'elaboratore, unitamente a difficoltà nella dinamica dello sguardo, all'esistenza di movimenti parassiti involontari, alle eventuali difficoltà di ordine neuropsicologico (attenzione, memoria) rendono l'elaborazione piuttosto lenta. Interviene, inoltre, il fattore fatica ed il calo della tensione motoria. La componente tecnologica è la più flessibile: attualmente esistono un migliaio di adattamenti speciali per rendere possibile l'uso dell'elaboratore ai soggetti svantaggiati.

Tastiere in miniatura, attivatori a raggio luminoso, la possibilità di utilizzare lo sguardo come attivatore, ecc., sono strumenti facilitanti già in uso corrente.

Un campo in cui l'aiuto alla persona handicappata ha un grande avvenire è quello della robotica: i vantaggi presentati da questo tipo di ausili consistono nel poter essere costantemente in funzione, lasciando all'uomo, che assiste il soggetto svantaggiato, molto tempo libero per un servizio più personalizzato. Le tipologie minorative, che più di altre possono avvalersi dei robot, sono quelle caratterizzate da un grave impaccio motorio senza concomitante disturbo intellettivo.

4.5 Potenzialità di successo

I risultati nel processo riabilitativo dipendono oltre che dalla componente tecnologica, anche da fattori non propriamente tecnologici: terapia, addestramento, partecipazione e socializzazione intervengono nel processo di accettabilità dell'ausilio.

La filosofia della facilitazione non si esaurisce quindi nell'esasperata innovazione tecnologica, ma si estende a molti altri campi. Ad esempio, i linguaggi devono essere modificati, divenire più sintetici, essere semplificati pur mantenendo un elevato livello di significatività: sono queste operazioni culturali che coinvolgono anche coloro che vivono ed operano con la persona handicappata.

È stato notato che possono insorgere problemi di ordine psicologico legati a particolari forme di dipendenza dalla macchina e che il paziente può subire un certo grado di abbandono e di isolamento. Questi due rischi sono insiti in qualunque tipo di facilitazione ed ancora una volta appare evidente come e quando la tecnologia debba essere integrata in un processo culturale ed umano.

Le procedure di facilitazione possono essere ampiamente usate, e con grande successo, nel controllo dell'ambiente di vita di una persona affetta da menomazioni. Il controllo dell'ambiente è un elemento fondamentale nel determinismo di una vita autonoma ed esistono ormai molti sistemi per poterlo realizzare.

Una configurazione classica è rappresentata da un elaboratore centrale che, adottando il linguaggio proprio dell'agenzia informatica, possiamo assimilare all'agente informatico che emula il maggiordomo, posto a capo della servitù. Questo elaboratore centrale attiva o disattiva una serie di elaboratori e robot periferici che, sempre adottando il linguaggio proprio dell'agenzia informatica, possiamo assimilare agli agenti informatici che emulano gli appartenenti alla servitù, la cui disponibilità ed il cui stato dinamico sono rappresentati sul video di tali elaboratori e robot periferici.

Importante è lo studio dell'ambiente residenziale: spazi, agibilità, elementi controllabili, soprattutto quelli caratterizzati da un funzionamento on - off, quali sono i dispositivi di controllo visivo od uditivo, che possono essere utilizzati per monitorare l'intero processo, mediante l'adozione di un controllo multimodale nel quale si privilegia sempre più la modalità vocale.

I criteri guida di tali sistemi, perché si abbia un successo, devono essere i seguenti:

  1. quale sia il livello di difficoltà nell'uso del sistema;
  2. quale sia il grado di affidabilità e quale sia il tempo di vita previsto del sistema;
  3. quale sia il grado di semplicità dell'installazione del sistema;
  4. quale sia il grado di portabilità del sistema;
  5. quali siano i segnali di retroazione che il sistema fornisce;
  6. quale sia il livello di addestramento richiesto per potere utilizzare il sistema.

I soggetti, che riescono con opportuno addestramento ad utilizzare queste apparecchiature al meglio, aumentano o addirittura recuperano l'autonomia personale e talora la capacità lavorativa.

Oggi la tecnologia ha fatto notevoli progressi, ma, al pari delle altre formule di facilitazione già esposte, resta la necessità di studiare ogni caso e di personalizzare le soluzioni. In questo senso il primo passo è rappresentato da un'accurata valutazione fisica, ma altrettanto opportuna è la valutazione cognitiva soprattutto per quanto concerne la capacità di raggiungere il massimo livello di integrazione tra le capacità residue e quelle rese possibili dall'apparecchiatura.

4.6 Riabilitazione e miglioramento della qualità della vita

Riabilitare significa, in prospettiva, mettere l'individuo in condizione di avere e gestire un ruolo sociale.

È possibile costruire ambienti informatizzati che consentono la supplenza di parecchie funzioni deficitarie. È certamente questo il settore in cui ci si possono attendere successi rilevanti, non solo per casi singoli, ma anche soluzioni generalizzate che vanno dalla vita sociale quotidiana al lavoro. In questo senso, il successo di queste tecnologie è legato ad alcuni aspetti psicologici, come il benessere individuale, la scoperta delle proprie capacità, l'accettazione dei propri limiti, la socialità. I risultati, tuttavia, non riguardano soltanto l'area psicologica relazionale ed affettiva (autostima, motivazione, capacità di reagire all'insuccesso), bensì anche l'area cognitiva.

Tutto questo vale a dimostrare un potenziale miglioramento della qualità della vita e, perché ciò si realizzi, occorre un approccio multidisciplinare, in cui le politiche di intervento si integrano ad evitare i rischi dell'emarginazione.

Il problema centrale è quello del rapporto risorse - qualità dei servizi: una loro eccessiva concentrazione in sistemi troppo rigidi e costosi non sembra realistico e va quindi opportunamente studiato. Per adeguare gli spazi alla misura dell'uomo occorre dotare le abitazioni e la città di quei nuovi servizi e di quelle funzionalità che solo le nuove tecnologie possono garantire. Ridare una nuova funzionalità alle abitazioni ed alla città significa capovolgere una logica di fondo: non deve essere chi ha bisogno di un servizio a muoversi nell'abitazione e nella città, ma invece deve essere il servizio che deve divenire disponibile nelle abitazioni. Questo comporta passare da una visione centralista dei servizi (grandi centri ove tutti si recano con evidenti problemi e disfunzioni) ad una visione distribuita sul territorio.

Un alto grado di importanza rivestono i servizi che devono poter essere attivati in base ad un semplice segnale di chiamata.

L'esperienza principale della cooperazione nel campo dei servizi agli anziani è rappresentata dall'assistenza domiciliare: in questo campo, la cooperazione nel suo complesso è in grado di garantire una presenza capillare e diffusa. L'obiettivo di questa tipologia di servizio è l'ulteriore estensione, qualificazione ed ampliamento della gamma delle prestazioni offerte. Esiste infatti un elevato numero di soggetti a rischio (cardiopatici, diabetici, dializzati, anziani, portatori di handicap) che potrebbero vivere nella loro abitazione in buona autonomia se opportunamente supportati.

Lo stretto collegamento con le strutture sociosanitarie presenti sul territorio permette di offrire una rete integrata di servizi domiciliari, attivando tutte le risorse umane e materiali indispensabili per un'organizzazione razionale dei servizi e per un contenimento dei costi. Il criterio da adottare è quello di offrire un sistema integrato di servizi, ovvero pacchetti di prodotti per favorire la deospedalizzazione e l'assistenza domiciliare globale. In questa ottica il telesoccorso per gli anziani ed i disabili rappresenta un supporto di servizi offerti in condizioni di emergenza. Si tratta di un servizio complesso che, con l'ausilio della telematica, offre a chi vive nella propria casa solo, in condizioni di non completa autosufficienza, la rassicurazione di una presenza costante e la garanzia di soccorsi efficienti.

Obiettivo principale del telesoccorso è la realizzazione di un ponte comunicativo tra l'utente e la centrale di telesoccorso in funzione 24 ore su 24. L'apparecchio installato a casa dell'abbonato è costituito da un combinatore telefonico e da un radiocomando portatile. La pressione di un pulsante posto sul radiocomando consente all'utente di inviare, da ogni punto della sua abitazione, un messaggio in codice al centro di ascolto. In questo modo il telesoccorso permette di superare tutti gli stati di isolamento urbano e di impossibilità di comunicare all'insorgere di eventi pregiudizievoli per lo stato di salute dell'assistito. Una volta giunto alla centrale il segnale viene immediatamente decodificato da un ricevitore compatibile che notifica i dati relativi all'allarme. L'operatore della centrale dispone di tutte le informazioni sull'utente abbonato; è quindi in grado di attivare i soccorsi più adeguati e di coordinare gli interventi.

5. Riabilitazione degli afasici con il metodo Bliss

L'attività offerta da un sistema informatico che si basa sull'impiego del metodo Bliss offre al soggetto disabile la possibilità di integrare le proprie abilità, in parte carenti, presenti nel corpo, con altre abilità, che compensano le carenze, offerte dal funzionamento dell'elaboratore.

Un esempio, tra i tanti, che viene trattato in questa sezione, riguarda la compensazione dell'afasia, cioè dell'assenza dell'abilità ad esprimere i concetti in forma linguistica tradizionale, con l'impiego di un linguaggio particolare che è adatto a rappresentare i concetti, non con segni, i grafemi, e con suoni elementari, i fonemi, ma con icone o pittogrammi, che in modo analogico rappresentano in modo grafico i concetti, offrendo perciò al soggetto disabile afasico l'opportunità di esprimersi in un dialogo supportato da una cosiddetta "comunicazione alternativa".

È bene ricordare che i soggetti disabili afasici, pur se incapaci di esprimere verbalmente concetti, e, quindi, pur incapaci di comunicare con il prossimo in modo linguistico ordinario, sono dei soggetti del tutto intellettualmente integri nel concepire idee e pensieri e, di conseguenza sono coadiuvati da una comunicazione alternativa espressa in forma linguistica straordinaria, come quella offerta dal metodo Bliss, in modo da potere così ripristinare le possibilità di dialogare, convivere e lavorare inseriti nella società umana nella quale si trovano.

Il Bliss è, come detto, un linguaggio iconografico che esprime i concetti mediante sequenze di icone. Il Bliss è dunque molto diverso da linguaggi come l'italiano o come il francese, che sono infatti dei linguaggi grafemici e che esprimono i concetti mediante sequenze di grafemi (forme scritte dei fonemi, cioè dei suoni elementari che produciamo nel parlare). Un'icona è, infatti, un disegnino semplicissimo, volto esso stesso a rappresentare, immediatamente ed individualmente, dei concetti. Un'icona si può raffigurare su etichette, manipolate manualmente su dei tabelloni, oppure, meglio, mostrare sul video del calcolatore individuale, manipolandole tramite tastiera.

Nel linguaggio Bliss si utilizzano, per esprimere i concetti, delle icone composte Bliss, dette anche simboli Bliss. Un'icona complessa Bliss è ottenuta mediante una sequenza di due o tre icone semplici Bliss (vi sono circa ottanta diverse icone semplici Bliss). Esistono oggi, codificati e concordati, a livello internazionale, circa tremila simboli Bliss, che esprimono, quindi, i più svariati concetti. Un soggetto afasico riesce mediamente a padroneggiare alcune centinaia di simboli Bliss.

La comunicazione alternativa si esplica, quindi, mediante l'uso dei simboli Bliss, intesi come rappresentativi di concetti, anche astratti. Con l'ausilio del metodo Bliss, ad esempio, un ragazza afasica quindicenne, ha appreso l'uso del Bliss stesso, presentato dal calcolatore ed ha persino composto, con esso, alcune poesie.

Le attività di rieducazione dei soggetti afasici con il metodo Bliss e, in particolare, l'accesso ai siti Web, costituisce una notevole opportunità che, per la sua innovatività, permette, una volta che sia supportato per il suo impiego dall'elaboratore, di offrire notevoli prospettive prevedibili per il prossimo futuro.



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