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l
cardinale: «Non siete guardati come estranei. Non allontanatevi dalla vita
di fede»
Articolo
pubblicato sul Corriere della Sera,lunedì, 21 gennaio 2008
MILANO
- Una lettera agli sposi «in situazione di separazione, divorzio o nuova
unione». Per dire a quelli che hanno «il cuore ferito» che la Chiesa e la
comunità cristiana hanno riguardo del loro «travaglio umano». A scriverla
l'arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Ventitrè pagine («Il Signore
è vicino a chi ha il cuore ferito», tre euro, Centro Ambrosiano e sarà da
lunedì in libreria) per dire che la fine del matrimonio «è anche per la
Chiesa motivo di sofferenza e fonte di interrogativi pesanti» ma che non
può essere motivo di esclusione. «Anche la Chiesa sa - scrive ad un certo
punto Tettamanzi - che in certi casi non solo è lecito ma può essere
addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per
difendere la dignità delle persone, per evitare traumi più profondi, per
custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in
un'insostenibile trafila di reciproche asprezze».
«NON
SIETE ESTRANEI»
- Parole di conforto dunque per separati e divorziati «sorelle e fratelli
amati e desiderati», che dalla Chiesa non sono guardati «come estranei che
hanno mancato a un patto» dal momento che la comunità cristiana «si sente
partecipe delle domande» che «toccano intimamente» queste persone. E
infatti nella lettera Tettamanzi si rivolge anche a quanti «hanno fatto
esperienza di qualche durezza nel rapporto con la realtà ecclesiale» e a
queste persone in particolare il cardinale esprime il suo «dispiacere».
«FIGLI
PROTAGONISTI INNOCENTI»
- Tettamanzi avverte come necessario non «prendere decisioni affrettate» ma
soprattutto dedica un passaggio ai bambini (e anche ai figli più grandi) che
«sono spesso tra i protagonisti innocenti ma non meno coinvolti»: «Voglio
raccomandare a tutti i genitori separati di non rendere la vita dei loro
figli più difficile, privandoli della presenza e della giusta stima
dell'altro genitore e delle famiglie di origine». Ma il porporato pone anche
la domanda su che spazio c'è nella Chiesa per gli sposi che vivono la
separazione, il divorzio e una nuova unione. E risponde che è per obbedienza
alla parola di Gesù («il legame sponsale tra un uomo e una donna è
indissolubile>) che la Chiesa «ritiene impossibile la celebrazione
sacramentale di un secondo matrimonio dopo che è stato interrotto il primo
legame sponsale» così come è impossibile «accedere alla comunione
eucaristica».
«NON
ALLONTANATEVI» -
Ma «la norma della Chiesa non esprime un giudizio sul valore affettivo e
sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati. Il fatto
che spesso queste relazioni siano vissute con senso di responsabilità e con
amore nella coppia e verso i figli è una realtà che non sfugge alla Chiesa
e ai suoi pastori»; insomma non c'è «un giudizio sulle persone e sul loro
vissuto». La norma sull'accesso alla comunione, ricorda, non si riferisce ai
coniugi separati nè a chi «ha dovuto subire ingiustamente il divorzio ma
considera il matrimonio celebrato religiosamente come l'unico della propria
vita». Però tutti possono partecipare alla vita della Chiesa, alla
celebrazione eucaristica pur senza la comunione. E, anzi, chiude con
un'esortazione: «chiedo a voi, sposi divorziati risposati, di non
allontanarvi dalla vita di fede e dalla vita di Chiesa».
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