Associazione GeA - Genitori Ancora

logo descrittivo delle attività della associazione gea

Viale Monte Santo 1/3  -  20124 Milano

 Tel. 02.29004757 - fax 02.40705700 - e-mail 
twitter @AssociazioneGeA

Diventate soci GeA: per voi eventi formativi, documentazione e libri scontati

Home

Contatti Cerca nel sito Mappa sito

-------------------------------
Copyright © Associazione GeA
C.F.97059120150 - P.I.10606330156
--------------------------------

 

 

Vita in famiglia - Decidere insieme non sempre funziona. «Serve maturità»
Dal giudice per l’asilo del figlio

 

Se l’affido condiviso fa litigare
Dove iscrivere il bimbo? Coppia di Cremona non riesce a decidere e finisce in tribunale

MILANO — I capelli della figlia? La madre li vuole corti e sbarazzini, il padre sotto le spalle. L’orario in cui il pargolo deve spegnere la tv e filare a nanna? Per lei dopo il tiggì, per lui almeno un’ora dopo il suo ritorno a casa. E le attività pomeridiane? Violino per la mamma, nuoto per il papà. E così, all’infinito. Perché spesso le scelte in nome del bene dei figli, anche quelle più semplici, non vedono mamma&papà schierati sullo stesso fronte. Anche quando vivono insieme, d’amore e d’accordo. Figuriamoci quando sono separati. Può succedere così che per decidere l’asilo a cui iscrivere il bambino ci si rivolga al giudice. È successo a Cremona. E soprattutto: è successo a una coppia che al momento della separazione consensuale aveva optato per l’affido condiviso impegnandosi a «decidere di comune accordo anche le scelte scolastiche riguardanti il figlio».
Ecco la storia. Anna e Paolo (nomi di fantasia) alcuni mesi fa si separano e lasciano la loro casa di Pozzaglio. Lei va a vivere vicino alla madre a Cremona, lui dai genitori a Robecco d’Oglio. Luca, 5 anni, per effetto dell’affido condiviso sta una settimana qui e una là. Con la preiscrizione del bimbo all’ultimo anno della materna cominciano però i litigi. Anna ha scelto un asilo di Cremona, Paolo si oppone. Per lui è meglio che Luca continui a frequentare l’asilo di Pozzaglio, più vicino tra l’altro alla sua casa. E con provvedimento d’urgenza, chiede al presidente del tribunale di Cremona di decidere. Il 21 ottobre Carlo Maria Grillo dispone che il bimbo «frequenti per l’anno in corso la scuola materna di Cremona». Le motivazioni: l’asilo di Pozzaglio costringerebbe Luca a viaggiare tutti i giorni e in caso di emergenza nessuno dei due genitori potrebbe subito raggiungerlo. E poi c’è il problema della patente dei nonni (santi nonni!): quella materna non ce l’ha, quella paterna sì. Solo allora Luca può tornare a scuola. «In attesa dell’ordinanza del giudice — spiega Raffaella Parisi, avvocato della madre — il piccolo è rimasto a casa, con i nonni». Il legale racconta del tentativo di mediazione fallito, quindi affonda: «I genitori non posso sperare che avvocati o giudici risolvano i loro conflitti. Come si può pretendere che un presidente del Tribunale, che ascolti i genitori in un’udienza di pochi minuti, possa decidere?».
Da lì un appello al buon senso sottoscritto da mediatori familiari e psicoterapeuti. Spiega Mariella Trotter, mediatrice familiare bolognese aderente all’associazione Genitori Ancora: «Dal punto di vista teorico e ideologico l’affido condiviso è ottimo: sancisce per i genitori stessi diritti, ma soprattutto doveri e responsabilità. A volte funziona, altre no. Perché la condivisione non può essere imposta da un decreto». Vale a dire: «Quando le coppie si separano litigano. Alcune riescono a mettere da parte il conflitto per il bene del bambino. Ma quando questo conflitto resta, proprio l’affido condiviso può paradossalmente acuirlo». Aggiunge la psicoterapeuta Anna Oliveiro Ferraris: «L’affido condiviso è un auspicio, una sorta di messaggio: 'rimanete genitori anche se separati'. Ma implica una maturità. Se il rapporto rimane irrisolto, beh, si rischia di rimpiangere l’affido esclusivo». Per Stefano Zanola, coordinatore del Centro crescere insieme di Brescia, il problema sta alla base: «L’affido condiviso ha guardato più all’interesse dei genitori che dei figli. Accontenta tutti e due, ma non il piccolo che vive con la valigia in mano. Alla prima difficoltà, il minore diventa lo strumento dello scontro». E il giudice? «Diventa il genitore terzo».
Alessandra Mangiarotti
31 ottobre 2009

Genitori e conflitti

Il costume sta cambiando, la stupidità resta

di CESARE RIMINI

La legge 54 del 2006 ha sancito la fine dell’affidamento ad un solo genitore che era, nei grandi numeri, quasi sempre la madre e ha aperto le porte all’affidamento condiviso. La prassi abituale è che il bambino è ora affidato ad entrambi i genitori. I padri nonostante ciò continuano a lamentare che i giudici, salvo il principio formale dell’affidamento condiviso, collocano, sempre per la legge dei grandi numeri, i bambini presso le madri. Si deve dare atto però che la nuova legge ha cominciato ad incidere sul costume. Le madri separate hanno perso l’abitudine di chiedere l’affidamento esclusivo e hanno cominciato a vivere più responsabilmente la pari genitorialità. L’interesse del minore è diventato il canone base per decidere non solo l’affidamento, ma soprattutto le varie controversie, discussioni e polemiche che possono pur nascere tra genitori separati o divorziati.

Ma questa è una visione ottimistica, perché resta purtroppo da segnalare che i giudici e gli avvocati si trovano spesso di fronte a situazioni ingovernabili, con danni gravissimi per i figli, e ciò per l’atteggiamento patologico di uno dei due genitori, che poi, fatalmente, determina anomalie comportamentali anche nell’altro. E quando questo succede, le controversie possono dispiegarsi a ventaglio e vanno dalla scelta dell’asilo, della scuola, degli sport, delle vacanze, dei medici, e diventano difficili da risolvere.

Ancor più difficili se i coniugi avevano concordato, in sede di separazione, di tenere i figli una settimana ciascuno. Il genitore che si sente leso può chiedere l’intervento del giudice tutelare che però si limita fatalmente a dare... buoni consigli. Oppure può ricorrere al giudice della causa (quando la causa è ancora in corso) oppure infine può rivolgersi al tribunale del luogo dove risiede il minore. Si possono chiedere al giudice anche dei provvedimenti sanzionatori, quando uno dei due genitori commette gravi inadempienze o atti che comunque arrecano pregiudizio al minore o ostacolano il corretto svolgimento delle modalità di affidamento. Chi più ne ha più ne metta. Il giudice può dare sanzioni: dall’ammonimento al risarcimento dei danni che può essere attribuito anche al minore. La vera vittima della stupidità o delle turbe dei propri genitor

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera, del 31 ottobre 2009