Se l’affido condiviso fa litigare
Dove iscrivere il bimbo? Coppia di Cremona non riesce a decidere e finisce in
tribunale
MILANO — I capelli della figlia? La madre
li vuole corti e sbarazzini, il padre sotto le spalle. L’orario in cui il
pargolo deve spegnere la tv e filare a nanna? Per lei dopo il tiggì, per lui
almeno un’ora dopo il suo ritorno a casa. E le attività pomeridiane?
Violino per la mamma, nuoto per il papà. E così, all’infinito. Perché
spesso le scelte in nome del bene dei figli, anche quelle più semplici, non
vedono mamma&papà schierati sullo stesso fronte. Anche quando vivono
insieme, d’amore e d’accordo. Figuriamoci quando sono separati. Può
succedere così che per decidere l’asilo a cui iscrivere il bambino ci si
rivolga al giudice. È successo a Cremona. E soprattutto: è successo a una
coppia che al momento della separazione consensuale aveva optato per
l’affido condiviso impegnandosi a «decidere di comune accordo anche le
scelte scolastiche riguardanti il figlio».
Ecco la storia. Anna e Paolo (nomi di fantasia) alcuni mesi fa si separano e
lasciano la loro casa di Pozzaglio. Lei va a vivere vicino alla madre a Cremona,
lui dai genitori a Robecco d’Oglio. Luca, 5 anni, per effetto dell’affido
condiviso sta una settimana qui e una là. Con la preiscrizione del bimbo
all’ultimo anno della materna cominciano però i litigi. Anna ha scelto un
asilo di Cremona, Paolo si oppone. Per lui è meglio che Luca continui a
frequentare l’asilo di Pozzaglio, più vicino tra l’altro alla sua casa.
E con provvedimento d’urgenza, chiede al presidente del tribunale di
Cremona di decidere. Il 21 ottobre Carlo Maria Grillo dispone che il bimbo «frequenti
per l’anno in corso la scuola materna di Cremona». Le motivazioni:
l’asilo di Pozzaglio costringerebbe Luca a viaggiare tutti i giorni e in
caso di emergenza nessuno dei due genitori potrebbe subito raggiungerlo. E
poi c’è il problema della patente dei nonni (santi nonni!): quella materna
non ce l’ha, quella paterna sì. Solo allora Luca può tornare a scuola. «In
attesa dell’ordinanza del giudice — spiega Raffaella Parisi, avvocato
della madre — il piccolo è rimasto a casa, con i nonni». Il legale
racconta del tentativo di mediazione fallito, quindi affonda: «I genitori
non posso sperare che avvocati o giudici risolvano i loro conflitti. Come si
può pretendere che un presidente del Tribunale, che ascolti i genitori in
un’udienza di pochi minuti, possa decidere?».
Da lì un appello al buon senso sottoscritto da mediatori familiari e
psicoterapeuti. Spiega Mariella Trotter, mediatrice familiare bolognese
aderente all’associazione Genitori Ancora: «Dal punto di vista teorico e
ideologico l’affido condiviso è ottimo: sancisce per i genitori stessi
diritti, ma soprattutto doveri e responsabilità. A volte funziona, altre no.
Perché la condivisione non può essere imposta da un decreto». Vale a dire:
«Quando le coppie si separano litigano. Alcune riescono a mettere da parte
il conflitto per il bene del bambino. Ma quando questo conflitto resta,
proprio l’affido condiviso può paradossalmente acuirlo». Aggiunge la
psicoterapeuta Anna Oliveiro Ferraris: «L’affido condiviso è un auspicio,
una sorta di messaggio: 'rimanete genitori anche se separati'. Ma implica una
maturità. Se il rapporto rimane irrisolto, beh, si rischia di rimpiangere
l’affido esclusivo». Per Stefano Zanola, coordinatore del Centro crescere
insieme di Brescia, il problema sta alla base: «L’affido condiviso ha
guardato più all’interesse dei genitori che dei figli. Accontenta tutti e
due, ma non il piccolo che vive con la valigia in mano. Alla prima difficoltà,
il minore diventa lo strumento dello scontro». E il giudice? «Diventa il
genitore terzo».
Alessandra Mangiarotti
31 ottobre 2009
Genitori e conflitti
Il costume sta cambiando, la stupidità resta
di CESARE RIMINI
La legge 54 del 2006 ha sancito la fine dell’affidamento ad un solo
genitore che era, nei grandi numeri, quasi sempre la madre e ha aperto le
porte all’affidamento condiviso. La prassi abituale è che il bambino è
ora affidato ad entrambi i genitori. I padri nonostante ciò continuano a
lamentare che i giudici, salvo il principio formale dell’affidamento
condiviso, collocano, sempre per la legge dei grandi numeri, i bambini presso
le madri. Si deve dare atto però che la nuova legge ha cominciato ad
incidere sul costume. Le madri separate hanno perso l’abitudine di chiedere
l’affidamento esclusivo e hanno cominciato a vivere più responsabilmente
la pari genitorialità. L’interesse del minore è diventato il canone base
per decidere non solo l’affidamento, ma soprattutto le varie controversie,
discussioni e polemiche che possono pur nascere tra genitori separati o
divorziati.
Ma questa è una visione ottimistica, perché resta purtroppo da segnalare
che i giudici e gli avvocati si trovano spesso di fronte a situazioni
ingovernabili, con danni gravissimi per i figli, e ciò per l’atteggiamento
patologico di uno dei due genitori, che poi, fatalmente, determina anomalie
comportamentali anche nell’altro. E quando questo succede, le controversie
possono dispiegarsi a ventaglio e vanno dalla scelta dell’asilo, della
scuola, degli sport, delle vacanze, dei medici, e diventano difficili da
risolvere.
Ancor più difficili se i coniugi avevano concordato, in sede di separazione,
di tenere i figli una settimana ciascuno. Il genitore che si sente leso può
chiedere l’intervento del giudice tutelare che però si limita fatalmente a
dare... buoni consigli. Oppure può ricorrere al giudice della causa (quando
la causa è ancora in corso) oppure infine può rivolgersi al tribunale del
luogo dove risiede il minore. Si possono chiedere al giudice anche dei
provvedimenti sanzionatori, quando uno dei due genitori commette gravi
inadempienze o atti che comunque arrecano pregiudizio al minore o ostacolano
il corretto svolgimento delle modalità di affidamento. Chi più ne ha più
ne metta. Il giudice può dare sanzioni: dall’ammonimento al risarcimento
dei danni che può essere attribuito anche al minore. La vera vittima della
stupidità o delle turbe dei propri genitor
Articolo
pubblicato sul Corriere della Sera, del 31 ottobre 2009
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