IL 13 AGOSTO 1943

 

 

Ancora viva nella memoria di quanti ne furono protagonisti, la pagina più drammatica della vita della nostra Parrocchia venne scritta negli anni tormentati della seconda guerra mondiale.

 

Se il bombardamento di S. Lorenzo del 19 luglio del '43 aveva drammaticamente svanito l'illusione che Roma, universale ed eterna, fosse esente dalla furia nemica, il crollo del regime fascista ed il ritorno allo Statuto aveva portato nei cuori la speranza che la ritrovata libertà fosse preludio della pace. Ma il proclama diffuso dal governo non lasciava dubbi: "La guerra continua". Il caldo agosto quindi si presentava carico di incognite. La mattina del 13, come sempre, ci si era recati a lavoro di buon mattino anche perchè i trasporti non erano sicuri. Più tardi le madri di famiglia si accalcavano nei negozi ed al mercato tentando di fare un po' di spesa, presentando le tessere annonarie. All'ombra di Villa Fiorelli giocavano alcuni bambini, mentre alcuni anziani conversavano. Alle 11,00 all'improvviso, l'allarme antiaereo.

 

Immediato il fuggi fuggi generale nelle cantine, nei rifugi, nei sottoscala. Cupo e sinistro avanza dal mare il rombo di 409 quadrimotori americani al comando dei generale Mames Doolittle. In tre successive ondate gli aerei scaricano, per un'ora e mezzo, centinaia di tonnellate di esplosivo. Ed è distruzione, dolore e morte. Via La Spezia diventa un groviglio di case crollate, strade sconvolte, alberi divelti, facciate sfregiate. In via Orvieto una bomba, penetrata attraverso la finestra del penultimo piano di un palazzo, devasta la costruzione, lasciando intatta la struttura ed il tetto.

 

A via Terni, alcuni edifici a fianco alla Parrocchia vengono rasi al suolo. I palazzi di via Foligno sono colpiti dai mitragliamenti. L'acquedotto Claudio è mutilato all'altezza di via Lanusei. Colpito l'istituto delle Suore spagnole.

 

Nella stazione Tuscolana sostano vagoni carichi di munizioni: se fossero colpiti, salterebbe l'intero quartiere. Eppure, benchè siano presi di mira, le bombe li sfiorano ma non li colpiscono, quasi fossero attratti dalla vicina chiesa del “Gianelli”, S. Maria dell'Orto, che nell'esplosione viene completamente distrutta.

 

Mentre infuriano i bombardamenti è in arrivo sulla ferrovia Roma‑Napoli un treno carico di rimpatriati dall'Africa Orientale. Il locomotore viene centrato in pieno. Il convoglio si ferma ed i passeggeri si lanciano disperati sui binari in cerca di salvezza. Invano: le raffiche delle mitragliatrici degli aerei scesi a bassa quota ne fanno strage. Dalla vicina S. Elena scavalcando le macerie, accorre in soccorso il Parroco, Padre Raffaele Melis. Porta con se il suo tesoro: Gesù eucarestia e l'Olio Santo. Benedice, assolve, consola, fino a quando una pallottola ne consacra il martirio (è in corso il processo di beatificazione).

 

Alle 12,30 suona il cessato allarme. Il quartiere geme attonito, guardando sgomento, tra il fumo e la polvere, la distruzione, i feriti, i morti. Un senso di angoscia e di vuoto attanaglia gli animi di chi, uscito dai rifugi o tornato precipitosamente dal lavoro, non ritrova la casa od i propri cari. Don Virgilio Caselli si prodiga tra i suoi parrocchiani ed arrampicandosi sulle rovine di S. Maria dell'Orto tenta di recuperare le particole disperse. Ad un tratto, di strada in strada, corre una voce, liberatoria e rassicuratrice: “Il Papa! Il Papa!".

 

E' il Vescovo di Roma, Pio XII, il Pastore Angelico, che vuole condividere con il suo gregge l'immenso dolore. E' arrivato a S. Fabiano senza scorta, accompagnato da Mons. G.B. Montini (il futuro Paolo VI) e da pochi intimi. Intorno a Lui si raccoglie una folla immensa.

 

Il Papa, salito sulla gradinata della Parrocchia, volge lo sguardo intorno verso le macerie, la chiesa mitragliata, i feriti che vengono portati via sulle barelle. Pallido per l'emozione allarga le braccia implorando la misericordia di Dio e benedice. C'è un religioso silenzio nella piazza, rotto soltanto dai singhiozzi e dai lamenti. Tutti sono in ginocchio ed anche il Papa si genuflette in preghiera: "De profundis …” . Poi, ha parole di incoraggiamento e di amore. Invita a rimanere calmi, esorta a proseguire nel cammino della virtù e ad avere fede in Dio. Lasciato un contributo a Don Virgilio per i più bisognosi, il Papa scende benedicente tra i presenti, spingendosi sino a via Avezzano. Si avvicina paterno ad un giovane gravemente ferito, adagiato su una barella, e la Sua candida veste si arrossa di sangue.

 

L'indomani pomeriggio, 14 agosto, il Ministero degli Esteri avrebbe dichiarato al mondo Roma "Città aperta". La presenza del Papa, quale espressione di affetto e di condivisione fu in quelle tragiche ore di vivo sostegno morale e di sprone.

 

Una lapide, posta sul lato sinistro della facciata di San Fabiano ne ricorda l'evento con queste parole: “In questo giorno di indimenticabile lutto per la nostra Parrocchia, il sommo Pontefice Pio XII apparve fra i primi quale angelo consolatore davanti a questa chiesa, rammentandoci l'azione purificatrice ed elevatrice del dolo cristiano".