1. Le Morte Darthur di Thomas Malory / William Caxton

L'indicazione di una doppia authorship per Le Morte Darthur è giustificata dai numerosi interventi diretti dell'editore sull'opera stessa, interventi che, oltre ad influire sulla sua forma finale, avrebbero contribuito in maniera fondamentale a determinarne il successo. Dall'entità degli interventi stessi, sembrerebbe che Caxton, lungi dal limitarsi al ruolo di stampatore, li abbia consapevolmente concepiti con la finalità di rendere l'opera che si accingeva a stampare il più interessante possibile presso i lettori. Se queste considerazioni sono fondate, Le Morte Darthur sarebbe stata oggetto, al momento della stampa, di un vero e proprio lancio editoriale, il primo in assoluto del giovane mondo dell'editoria inglese, sorto poco meno di dieci anni prima ad opera di Caxton stesso. L'opera di Malory allora, oltre ad essere, come ha notato Lina Unali, la prima narrazione in prosa della letteratura inglese ad essere stampata e quindi diffusa presso un pubblico relativamente vasto, sarebbe anche la prima opera in Inghilterra ad essere trattata secondo criteri editoriali moderni.

Cercherò di analizzare quelle operazioni che mi sono sembrate più chiaramente dimostrative di questa teoria del lancio editoriale: la Prefazione che Caxton stesso ha preposto alla narrazione di Malory e gli interventi diretti dell'editore sul tessuto testuale dell'opera stessa.

1.1 La Prefazione di William Caxton

Ad una lettura più approfondita, le pagine introduttive che l'editore ha preposto alla sua edizione di Le Morte Darthur mi sono apparse non una semplice presentazione dell'argomento dell'opera e delle ragioni che hanno indotto Caxton ad intraprenderne la stampa, bensì un'operazione promozionale della materia e dell'opera stessa, nel tentativo di suscitare la curiosità e l'interesse di una platea di lettori quanto più possibile vasta.

Ciò che inizialmente ha attirato la mia attenzione durante la lettura della Prefazione è stato il modo scelto per introdurre e presentare l'argomento dell'opera: Caxton ripropone l'antica diatriba sulla natura storica o leggendaria delle gesta di re Arthur e dei suoi cavalieri, ma invece di dichiarare semplicemente la sua posizione in favore della storicità, si attarda a descrivere la situazione e le argomentazioni tramite le quali lui stesso, dapprima scettico, dice di essere stato convinto dell'effettiva esistenza di questo sovrano inglese. In questo modo Caxton si spinge oltre la semplice informazione, poiché, implicitamente, sollecita i lettori a prendere atto di ogni singola prova storica sull'esistenza di questo re che viene portata, conducendoli in tal modo per mano fino a far loro condividere il suo punto di vista. Tra l'altro le argomentazioni riportate, riprese dall'archeologia come dalla letteratura, dovevano apparire piuttosto esaustive ad un lettore del quindicesimo secolo: Caxton cita nomi autorevoli che hanno parlato di re Arthur, come Boccaccio e Geoffrey di Monmouth, ed elenca una serie di famosi reperti storici a testimonianza della sua esistenza, quali il sepolcro a Glastonbury, l'impronta del sigillo, la Tavola Rotonda a Winchester, i cimeli appartenuti ai suoi cavalieri, i resti della reggia di Camelot. Quando, alla fine dell'esposizione delle argomentazioni, Caxton dichiara "Then all these things aforesaid alleged, I could not well deny but that there was such a noble king named Arthur, and reputed one of the nine worthy" (15) il lettore, ormai anche lui convinto, deve avere l'impressione di leggere considerazioni sue proprie, non soltanto dell'editore.

Una volta dimostrata l'esistenza storica del protagonista, Caxton passa a considerare l'esiguo numero di opere inglesi che trattano delle sue gesta, dichiarandosi lui stesso incredulo di fronte ad una tale mancanza di interesse verso un personaggio tanto glorioso per la storia inglese, mancanza spiegabile, continua, soltanto con la massima evangelica del "Nessuno è profeta in patria". Al lettore contemporaneo, avvezzo a considerare le leggende arturiane diffuse dalla tradizione orale una sorta di epopea della nazione inglese, non saranno sfuggiti i toni velatamente polemici in cui è posto il discorso; Caxton ottiene così il duplice effetto di tenere viva la curiosità del lettore e sollecitare anche un certo spirito nazionalistico nei confronti di un argomento della storia inglese tanto importante quanto trascurato.

Procedendo nella lettura della Prefazione si può notare che l'operazione promozionale dell'editore continua con la presentazione dell'opera stampata come un prodotto assolutamente originale: i lettori vengono a questo punto informati che hanno a che fare con l'unica opera completa accessibile in lingua inglese sulla storia di re Arthur, dal momento che, come Caxton si proccupa di rimarcare,

"many noble volumes be made of him and of his noble knights in French, which I have seen and read beyond the sea, which be not had in our maternal tongue. But in Welsh be many and also in French, and some in English but nowhere nigh all." (16)

Chi non sarebbe interessato, a questo punto, a leggere in dettaglio quest'unica opera completa in circolazione su un argomento tanto importante quanto poco affrontato? Caxton annovera tra il suo possibile pubblico "all noble lords and ladies, with all other estates of what estate or degree they been of " (17) dimostrandosi, secondo me, consapevole della possibilità di una diffusione attraverso l'intero tessuto sociale per il suo prodotto editoriale.

Che l'editore sia in una certa misura consapevole dell'esistenza di una platea di lettori destinatari che vanno attirati e interessati all'opera pubblicata poiché è da loro che dipende il successo editoriale della pubblicazione stessa mi sembra confermato anche dal fatto che Caxton si sia preoccupato di fornire un'ulteriore chiave di lettura oltre quella storico-celebrativa, nonché una giustificazione morale, per il contenuto dell'opera che si apprestava a pubblicare, invitando tutti i lettori ad interpretarla direi quasi come una morality, un genere di rappresentazione edificante molto diffusa nel quindicesimo secolo:

"And for to pass the time this book shall be pleasant to read in […]but all is written for our doctrine, and for to beware that we fall not to vice nor sin, but to exercise and follow virtue, by which we may come and attain to good fame and renown in this life, and after this short and transitory life to come unto everlasting bliss in heaven". (18)

Caxton ha quindi presentato Le Morte Darthur come mezzo educativo, oltre che come biografia celebrativa di re Arthur e come lettura di intrattenimento, nel tentativo probabilmente di inserire l'opera nel filone della letteratura con fini didattici. Mi sembra fondamentale sottolineare che ci troviamo di fronte ad un'operazione con ogni probabilità del tutto arbitraria da parte dell'editore: per quanto difficili da determinare con sicurezza, le intenzioni di Malory poco probabilmente tendevano alla letteratura didattica, dal momento che, come nota anche Daiches (19), l'elemento religioso caratterizzante le fonti francesi risulta nella sua opera molto attenuato in favore dell'azione e del movimento. Allora, se davvero Caxton ha proposto questa interpretazione a prescindere dalle effettive intenzioni dell'autore, ciò lascerebbe supporre che il nostro editore fosse molto attento e sensibile alle tendenze e ai gusti del pubblico, tanto da proccuparsi di trovare una chiave di lettura che a questi gusti andasse incontro, per un'opera dal contenuto forse non sempre edificante. Una tale trovata editoriale avrebbe perciò permesso a Caxton di ricondurre l'opera nel filone didatticistico tanto caro alla letteratura tardomedioevale e caratterizzarla così automaticamente come degna d'interesse agli occhi dei lettori.

Credo di poter affermare che i risultati gli hanno dato ragione: pur non potendo, per mancanza di dati dell'epoca (20), calcolare le ripercussioni di questa operazione sulla diffusione immediata dell'opera, più di un critico sostiene che la chiave di lettura offerta da Caxton sia stata determinante nel modo di acquisizione ed interpretazione dell'opera di Malory anche per tutti i secoli a venire. Eugène Vinaver (21), in particolare, ha sottolineato come ancora oggi Le Morte Darthur venga automaticamente associata nella nostra mente a qualità nobili quali "humanity and gentleness", quando in realtà il contenuto dell'opera non sempre risponde a tali canoni di nobiltà; in proposito cita le riserve espresse tra l'altro da Tennyson (22) riguardo l'incidenza, lungo la narrazione, di esplicite descrizioni di carneficine raccapriccianti, o alle numerose relazioni adultere e desideri lascivi da cui non è alieno neanche Merlin, o anche semplicemente alla crudeltà di episodi come, ad esempio, l'atto di far uccidere tutti i nati il primo maggio da parte di re Arthur (23). Vinaver arriva così a teorizzare che l'immagine tradizionale di "noble and joyous book" da sempre associata all'opera di Malory derivi proprio dalla Prefazione di Caxton, dalla luce sotto la quale egli ha voluto presentare Le Morte Darthur al suo pubblico. Probabilmente è sempre a causa della Prefazione, dove Caxton parla del manoscritto che si appresta a stampare come una 'copia' che "Sir Thomas Malorye did take out of certain books of French, and reduced it into English" (24), che Mario Praz (25) include Malory nel novero dei "traduttori" del 14oo, salvo poi affermare che si trova più arte in questi ultimi che non nei prosatori quattrocenteschi.

Alla luce di tali considerazioni, allora, mi appare piuttosto plausibile l'ipotesi del lancio editoriale che Caxton avrebbe organizzato per Le Morte Darthur, un'operazione rivelatasi poi fondamentale nella determinazione del successo così duraturo di cui ancora oggi gode l'opera di Malory. Vorrei in proposito ribadire che la materia arturiana è ancora oggi molto presente nella cultura e nell'immaginario inglese, e continua a rappresentare un sostrato particolarmente ricco di spunti letterari, cinematografici, teatrali e musicali che coprono la produzione sia per adulti che per bambini. Ciò non si verifica, ad esempio, in seno alla cultura francese. Vista la grande diffusione che tali leggende ebbero in entrambi i paesi tra il dodicesimo e il quindicesimo secolo, il motivo della loro sopravvivenza soltanto nella cultura inglese va probabilmente ricondotto, oltre che alle radici profondamente britanniche del mito arturiano, alla maggiore impressione che tali leggende devono aver esercitato sull'immaginario della popolazione inglese. In proposito più di un critico (26) è concorde nell'affermare che, benché le leggende arturiane venissero acclamate come una delle glorie della tradizione inglese al pari delle ballate, e da sempre i sovrani avessero incoraggiato la diffusione e l'affetto popolare per questa materia guadagnandone il prestigio di essere eredi e continuatori dell'opera di re Arthur, né l'orgoglio nazionale né la politica reale sarebbero forse stati sufficienti alla loro sopravvivenza così duratura senza l'apporto nella cultura inglese di un'opera come quella di Malory. Se è poi vero che il suo editore ha cercato di diffonderla seguendo criteri direi quasi 'imprenditoriali', allora Caxton sarebbe compartecipe del merito dell'autore nella determinazione di un successo di pubblico che dura da più di cinquecento anni, come del resto ogni editore moderno condivide i meriti dell'autore nella riuscita editoriale di un'opera.

1.2 Interventi diretti sul testo

Il sospetto che l'editore Caxton non avesse semplicemente stampato il manoscritto di cui dice di essere venuto in possesso premettendo una prefazione, ma fosse anche intervenuto sul testo, ha accompagnato, si può dire da sempre, l'approccio critico alla lunga narrazione in prosa di Malory. Lina Unali ha infatti notato come già Edmund Spenser, nell'introduzione allo Shepherd's Calendar (1579), facesse riferimento all'opera di Malory parlando di the authors di Le Morte Darthur. Tra l'altro, è lo stesso Caxton a non fare mistero di essere in qualche misura intervenuto sulla forma finale dell'opera, informando il lettore, nella Prefazione, che "for to understand briefly the content of this volume, I have divided it into XXI Books, and every book chaptered, as hereafter shall by God's grace follow" (27). Tuttavia, in mancanza di altre versioni, essendo le poche altre edizioni di Le Morte Darthur tutte derivate dall'edizione 1485, quella curata da Caxton è stata tacitamente accettata come riproduzione fedele dell'originale scritto da Malory.

Questo sospetto è stato confermato nel 1934, con il ritrovamento nella Fellows' Library del Winchester College di un manoscritto dell'opera di Malory risalente al XV secolo. Gli studi su Le Morte Darthur hanno da allora subito una svolta radicale, dal momento che la forma del testo di Winchester si presenta molto dissimile da quella delle edizioni fino ad allora diffuse. Questo manoscritto, infatti, pur rilegato in un volume unico, è chiaramente diviso in sezioni ben delineate, tanto da far concludere che l'autore non avesse concepito l'opera come un lavoro unico, bensì come un ciclo di otto diversi romanzi in prosa.

L'elemento più eclatante che ha portato a questa conclusione è la presenza, nel Manoscritto di Winchester, di alcune 'chiuse' poste dall'autore in determinati punti della narrazione, le quali, verosimilmente, demarcano la conclusione di una storia a sé nel punto dove sono poste. Ognuno di questi explicit comunica al lettore che si trova alla fine di una determinata storia, scritta da Sir Thomas Malory, cavaliere, che prega Dio di una prossima liberazione dalla prigionia, secondo una formula generale molto simile a quella della chiusa finale che si trova anche nell'edizione Caxton anche se ampliata:

"[…] And here is the end of the death of Arthur. I pray you all, gentlemen and gentlewomen that readeth this book of Arthur and his knights, from the beginning to the ending, pray for me while I am alive, that God send me good deliverance, and when I am dead, I pray you all pray for my soul. For this book was ended the ninth year of the reign of King Edward the Fourth, by Sir Thomas Maleore, knight, as Jesu help him for his great might, as he is the servant of Jesu both day and night.[…]" (28)

Sarebbe quindi una trovata dell'editore l'aver omesso la stampa di tutti gli explicit tranne l'ultimo, verosimilmente con lo scopo di ottenere una narrazione unica da otto romanzi separati. Eugéne Vinaver (29), che per primo ha studiato il Manoscritto di Winchester, interrogandosi sulle ragioni che possono aver spinto Caxton a modificare in modo tanto radicale l'opera che si accingeva a stampare, fornisce una spiegazione che va, secondo me, considerata una ulteriore testimonianza delle qualità direi quasi imprenditoriali di questo 'stampatore', che, nella misura in cui è consapevole della presenza di un pubblico destinatario per il quale sta stampando le sue opere, si rivela essere un editore nel senso moderno del termine. Vinaver sostiene infatti che anche il manoscritto di cui Caxton dice di essere venuto in possesso fosse composto degli otto diversi romanzi, e che l'editore ne abbia fatto un libro unico, oltre che per ragioni puramente pratiche di economia editoriale, allo scopo di incontrare appieno le esigenze del suo pubblico, di quei "many noble and divers gentlemen of this realm of England" (30) che gli richiedevano una storia della vita e delle gesta di "the most renowned Christian king, first and chief of the three best Christian, and worthy, King Arthur" (31), di cui veniamo a conoscenza dalla Prefazione.

Soltanto l'ultima chiusa, si diceva, è stata riportata dall'editore; probabilmente, sostiene Vinaver, in quanto forniva un appropriato collante per l'intera raccolta. Caxton ha allora ampliato quanto scritto da Malory, che ho riportato nella precedente citazione tratta dalla chiusa dell'ultimo degli otto romanzi, in modo da rendere la chiusa della storia The Morte Arthur un explicit per l'intera opera:

"Thus endeth this noble and joyous book entitled Le Morte Darthur. Notwithstanding it treateth of the birth, life, and acts of the said King Arthur, of his noble knights of the Round Table, their marvellous enquests and adventures, the achieving of the Sangreal, and in the end the dolorous death and departing out of this world of them all. Which book was reduced into English by Sir Thomas Malory, knight, as afore is said, and by me divided into twenty-one books, chaptered and emprinted, and finished in the abbey, Westminster, the last day of July the year of our Lord MCCCCLXXXV. Caxton me fieri fecit". (32)

Verosimilmente, come sostiene anche Vinaver, anche il titolo Le Morte Darthur è stato desunto proprio dalla chiusa dell'ultimo degli otto romanzi, che Caxton decide di mantenere perché faccia da colophon all'intera opera. Il frontespizio del Manoscritto di Winchester riporta infatti un titolo diverso: The Whole Book of King Arthur and of his Noble Knights of the Round Table. Ciò non vuol dire, chiaramente, che questo sia il titolo che Malory aveva dato alla sua opera, ammesso che ne abbia concepito uno, e non una denominazione coniata in seguito. Tuttavia, se il nostro autore ha davvero scritto otto romanzi separati, ognuno con un titolo proprio, l'ipotesi che intendesse titolare la sua opera Le Morte Darthur appare piuttosto azzardata; se è vero, invece, che l'editore ha unito questi romanzi in un'unica narrazione, l'ipotesi che Caxton abbia dovuto coniare lui stesso un titolo da apporre all'intera opera appare piuttosto verosimile. La titolazione sarebbe pertanto un'operazione postuma effettuata dall'editore, probabilmente per coerenza con quanto comunicato ai lettori nella chiusa: "This is the end of the death of Arthur". L'editore si è poi visto costretto a specificare che nonostante il titolo, Le Morte Darthur tratta anche della nascita, della vita, delle gesta di re Arthur e dei suoi cavalieri della Tavola Rotonda, sempre per ragioni di coerenza.

Quanto riportato in questo capitolo mi sembra pertanto confermare le teorie precedentemente esposte in proposito al lancio editoriale che l'editore avrebbe organizzato per l'opera che si accingeva a stampare. Alla luce poi delle considerazioni sul titolo e sulla condensazione degli otto romanzi in prosa in un'unica narrazione che l'editore avrebbe effettuato, mi sembra che anche la proposta di una doppia authorship per Le Morte Darthur, contenuta nel titolo di questa ricerca, sia piuttosto plausibile.

In merito alla problematica degli interventi dell'editore sul tessuto testuale dell'opera, vorrei per completezza accennare all'esistenza di un filone di critica che si è dedicato alla ricerca di differenze puramente lessicali tra il manoscritto di Winchester e l'edizione Caxton (33). Gli studi portati avanti in questo senso hanno evidenziato come il testo della narrazione sia stato manipolato anche dal punto di vista lessicale, con ogni probabilità proprio dall'editore: il manoscritto presenta infatti espressioni dialettali propriamente nordiche che non compaiono nell'edizione Caxton, la quale, a sua volta, presenta termini dialettali dell'area del Kent, di cui lo stesso Caxton è originario, alieni al Winchester.

Un altro intervento eclatante effettuato sull'opera di Malory è l'aver condensato e rimaneggiato la storia di re Arthur e l'imperatore Lucius, che in Winchester appare più lunga di circa il doppio. Anche in questo caso Caxton risulta l'indiziato principale (34).

Vorrei inoltre aggiungere che nel 1947, Eugène Vinaver, ha ufficialmente suscitato un dibattito sull'unitarietà dell'opera di Malory, rendendo note le sue teorie sulla forma originale di quest'ultima tramite un'edizione di Le Morte Darthur non come un singolo lavoro sotto un unico titolo, ma come un libro in tre volumi intitolato The Works of Sir Thomas Malory (35) e composto da otto diversi romanzi: The Tale of King Arthur, che comprende i primi quattro libri dell'edizione Caxton; The Tale of the Noble King Arthur and the Emperor Lucius, corrispondente al libro quinto di Caxton; The Noble Tale of Sir Launcelot du Lake, corrispondente al libro sesto di Caxton; Tale of Sir Gareth of Orkeney, corrispondente al libro settimo di Caxton; The Book of Sir Tristram, che comprende i libri dall'ottavo a dodicesimo di Caxton; The Tale of the Sankgreal, che comprende i libri dal tredicesimo al diciassettesimo di Caxton; The Book of Sir Launcelot and Queen Guinevere, che comprende i libri diciottesimo e diciannovesimo di Caxton; The Most Piteous Tale of the Morte Arthur, che comprende i libri ventesimo e ventunesimo di Caxton.

La problematica dell'unità, sapientemente suscitata da Vinaver, ha creato una frattura tra i critici di Malory, divisi tra coloro che ne condividono senz'altro il punto di vista e chi, pur riconoscendo la veridicità e validità delle teorie di Vinaver, si sente più a proprio agio continuando a considerare l'opera di Malory come un'unica lunga narrazione in prosa. Cito tra tutti D. S. Brewer che, in un saggio che riprende il titolo dalla chiusa finale, The hoole book (36), sostiene che l'opera di Malory sia caratterizzata da un'unità di fondo, che l'autore definisce cohesion, coesione, creata dall'atmosfera e dai concetti generali che pervadono l'intera narrazione e che tanta parte hanno nella determinazione dell'effetto letterario generale.

Probabilmente è stata proprio questa caratteristica di fondo dell'opera di Malory ad aver permesso che i massicci interventi editoriali sul testo, non falsassero il generale effetto che Le Morte Darthur da sempre produce sui lettori.

continua

Note

(15) Prefazione di Caxton, p. 72 della traduzione di seguito
(16) Prefazione di Caxton, p. 72 della traduzione di seguito
(17) Idem, p. 74
(18) Prefazione di Caxton, p. 74-76 della traduzione di seguito
(19) Op. Cit, p. 181
(20) Non possediamo purtroppo dati relativi al numero di copie stampate da Caxton; ci sono pervenuti soltanto tre originali della stamperia di Westminster: una copia in perfetto stato conservata nella Pierpont Morgan Library di New York, e altre due copie incomplete conservate rispettivamente nella John Rylands Library di Manchester e presso la cattedrale di Lincoln (Fonte: Thomas Malory, La Morte di Artù, Milano, Il Minotauro 1997, p. 5-6)
(21) The Works of Sir Thomas Malory, ed. by Eugène Vinaver, 3rd ed. revised by P.J. Field, Oxford, 1990 p. XXVII
(22) ibidem
(23) Libro I, Capitolo XXVII, p. 280-283 della traduzione
(24) p. 72 della traduzione
(25) M. Praz, Storia della letteratura inglese, Milano, Sansoni, 1994, p. 50
(26) Cfr in particolare T. McCarthy, Reading The Morte Darthur, D.S. Brewer, 1988, p.179-81
(27) Prefazione di Caxton, p. 76 della traduzione di seguito
(28) " […] E qui è la fine della morte di Arthur. Prego tutti voi, gentiluomini e gentildonne che leggete questo libro di Arthur e dei suoi cavalieri, dall'inizio alla fine, di pregare per me mentre sono ancora vivo, che Dio mi mandi una buona liberazione, e quando sarò morto prego tutti voi che preghiate per l'anima mia. Poiché questo libro venne concluso nel nono anno del regno di Re Edoardo Quarto, da Sir Thomas Maleore, cavaliere, che Gesù nella sua grande potenza lo aiuti, poiché questi di Gesù è servo sia il giorno che la notte. […]
(29) Op. cit p. XXXVIII
(30) Prefazione di Caxton, p. 64 della traduzione di seguito
(31) Ibidem
(32) "Così termina questo nobile e giocondo libro intitolato Le Morte Darthur. Nonostante il titolo, questo tratta della nascita, vita e gesta del detto Arthur e dei suoi nobili cavalieri della Tavola Rotonda, le loro meravigliose ricerche ed avventure, il loro ritrovamento del Santo Graal, e, alla fine, la dolorosa morte e dipartita da questo mondo di loro tutti. Tale libro venne ridotto in Inglese da Sir Thomas Malory, cavaliere, come in precedenza detto, e da me diviso in in ventuno libri, ulteriormente diviso in capitoli e stampato, e terminato nell'abbazia, Westminster, l'ultimo giorno di Luglio dell'anno di Nostro Signore MCCCCLXXXV. Caxton me fieri fecit".
(33) Jan Simko, Word-order in the Winchester manuscript and in William Caxton's edition of Thomas Malory's Morte Darthuy (1485), Halle, Niemeyer , 1957; Arthur Oskar Sandved, Studies in the language of Caxton's Malory and that of the Winchester Manuscript, Oslo, Norwegian U.P., 1968.
(34) Cfr S. Shaw, Caxton e Malory in AA vv. Essays on Malory; ed. by J.A.W.Bennett, Oxford, Clarendon Press, 1963, e M. E. Dichmann, The Tale of King Arthur and the emperor Lucius in Robert M. Lumiansky, Malory's originality: a critical study of Le Morte Darthur, Baltimore, Johns Hopkins Press , 1964.
(35) Op. cit
(36) in AA vv., Essays on Malory; op. cit p. 41-63