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ANTROPOLOGIA: UN'INTRODUZIONE STORICA
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Così, ad esempio, il modello della monografia inaugurato da Malinowsky nel 1922 con Argonauts of western pacific (senza per questo sminuirne la portata), riproduce le divisioni etniche e politiche determinate dall 'Indirect rule', il 'governo indiretto' col quale l'amministrazione coloniale britannica tradusse la necessità di garantirsi l'appropriazione di prodotti tropicali e materie prime. Allo stesso modo, la le teorie funzionaliste d'oltre manica, svilupparono le nozioni di "contatto di culture e acculturazione e i loro corollari di adattamento e disfunzione.
In altri termini, il cambiamento sociale e culturale non è trattato se non sotto la forma di un cambiamento orientato, di un più o meno grande adattamento dei gruppi ristretti alla struttura dominante, ovvero alla società coloniale ed europea"
[2. M. Kilani, cit. p. 163].
Ancora più evidente l'ideologia sottintesa alle teorie evoluzionistiche (Tylor, Frazer, Morgan, ma anche Freud di Totem e Tabu), quell'ideologia del progresso inarrestabile che dalla barbarie dei primitivi conduceva inevitabilmente alla ragione del capitalismo. Tuttavia, a sottolineare l'intreccio tra potere e sapere, resta plausibile l'idea per cui "è l'influenza delle idee evoluzionistiche che ha realmente deciso della nascita [dell'antropologia] nel XIX secolo, per la buona e semplice ragione che queste idee hanno introdotto una prospettiva coerente o un principio d'ordine nel caos fino ad allora costituito dai materiali raccolti dai viaggiatori e dai cronisti dei secoli passati" .
[M. Panoff,  "Ethnologie: la duexiemme souffle,
[continua sulla colonna a destra]
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Payot, Parigi, 1977, p.58] .
E l'elenco potrebbe continuare spostandosi negli USA, oppure in Francia. Ma anche in Spagna e Portogallo, paesi dove l'incontro con le popolazioni indigene amerindie avvenne massicciamente con almeno due secoli d'anticipo, ma dove paradossalmente (in apparenza) non si costituirono forti tradizioni antropologiche.

In Italia, l'assenza di un impero coloniale stabile portò a sviluppare maggiormente lo studio delle cosiddette tradizioni popolari, ovverosia l'esotico di casa nostra, e il filone storico-giuridico. A differenza del colonialismo britannico e francese, che miravano a risultati concreti disinteressandosi dell'aspetto ideologico, quello dell'Italia fascista tentò continuamente di 'darsi un tono', utilizzando per questo l'ideologia della romanità, fino a scimmiottare i teorici tedeschi che blateravano di superiorità della razza ariana. Così facendo, il fascismo frenò ogni impulso nell'ambito etnologico, asservendo la disciplina alle proprie necessità politiche. Anche a causa di una persistente influenza dello storicismo idealista di stampo crociano, nonchè per un decisivo ritardo storico dell'Italia rispetto agli altri paesi europei (quello con cui si era realizzata l'unità nazionale), da noi prevalsero gli studi demologici - o delle tradizioni popolari - a discapito di quelli propriamente etnologici.
Viene generalmente indicato come l'iniziatore di tali studiosi Giuseppe Pitrè (1841-1916), medico ed etnografo siciliano, il quale nell'arco di 42 anni edificò la monumentale Biblioteca delle tradizoni popolari siciliane, in cui raccolse proverbi, favole, credenze, pratiche magico-mediche, giochi popolari. Pitrè inoltre, non rimase soltanto un etnologo 'da tavolino', poiché la sua professone lo portava spesso a contatto con i ceti popolari dell'isola. Tra i continuatori della sua opera viene spesso nominato Giuseppe Cocchiara, che fu anche allievo di Marett e di Malinowsky. Predilesse il primo, poichè il funzionalismo britannico concedeva troppo poco spazio alla storia e, si sa, mai contrariare Croce... Mentre Marett proponeva una teoria che assumesse, all'interno di un metodo evoluzionista, le sopravvivenze (Tylor) non come inerti relitti, ma come fatti sociali altamente significativi. "[Non è] raro il caso che una credenza, congeniale ad una determinata civiltà, venga ad assumere in una civiltà diversa il carattere di superstizione. Essa appare allora un errore religioso, un pregiudizio... Ma se queste superstizioni, questi pregiudizi, esistono, vivono e operano, suppongono un pensiero che ancora li accoglie (Cocchiara, "Il paese di cuccagna", torino, Einaudi, 1957, p.8-9)". Qui l'influsso di Marett si manifesta nella presa in considerazione delle sopravvivenze come elementi attivi all'interno di un pensiero che li 'accoglie', mentre quella di Croce è visibile nella prospettiva che fa della storia passata 'sempre una storia contemporanea', come appunto affermava il filosofo idealista."
U. Fabietti, "Storia dell’antropologia", Zanichelli, Bologna, 1991, p.129
 
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APPUNTI DI ANTROPOLOGIA
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