GLI ANNI SESSANTA

Lo yč-yč e gli idoli coetanei: Rita Pavone e Gianni Morandi

 

Johnny Halliday
"Cherchez l'idole"
Francoise Hardy

Quando nessuno se lo aspetta, molti ragazzi iniziano a vivere una stagione alla francese. L'inedita attenzione verso i cugini transalpini, finora pressochč ignorati, č originata da una nuova moda, definita “yč-yč”: un nomignolo che deriva dal solito spirito nazionalista dei francesi, che intorno al 1962 battezzano i giovani fans della nuova musica per teenagers con queste due sillabe dal suono buffo, riecheggianti i coretti "yeah yeah" dei rockers anglosassoni.

Con tale termine, inizialmente, si cominciano a chiamare tutti i ragazzi che si vestono in modo anticonformistico e tutte le ragazze dal comportamento disinvolto, restii a farsi ingabbiare dalle convenzioni del tempo; e che, sul piano delle passioni musicali, disdegnano i campioni della canzone melodica per ascoltare unicamente artisti loro coetanei, o comunque dall'etą media pił bassa del solito. Secondo l'opinione di molti, lo yč-yč č un passo indietro rispetto al rock'n'roll: si tratterebbe di una versione diluita e mondata da ogni spirito di rivolta della musica preferita dai teppisti e dai Teddy Boys che avevano messo a soqquadro le cittą transalpine. Spesso, fra l'altro, le canzoni degli artisti yč-yč sono delle languide ballate sentimentali: insomma, una musica per giovani che non dą troppo fastidio ai grandi.

L'astro intorno a cui ruotano tutte le altre stelle dello yč-yč č Johnny Halliday, osannato da folle di ragazzi francesi che vedono in lui la reincarnazione di Elvis Presley. Oltre al rocker con il ciuffo, fa parte della folta pattuglia di artisti che sposano la moda yč-yč la bionda Sylvie Vartan, parigina dallo sguardo conturbante, lo spazietto tra i denti incisivi superiori, la cui carriera č legata a doppio filo proprio con Halliday, con il quale si fa fotografare, alternativamente, in atteggiamenti affettuosi e sull’orlo di risse furibonde. Nonostante i due si sposino nella primavera del '65, e un anno dopo Sylvie dia luce al figlio David, le tante separazioni della coppia Halliday-Vartan, puntualmente documentate dai rotocalchi giovanili, costituiscono fino alla fine del decennio uno dei “tormentoni” della moda yč-yč. E, ancora, tra gli altri propagatori del nuovo costume sbarazzino, che trovano successo anche in Italia, ci sono Les Surfs, Sacha Distel, Clo-Clo, Sheila, Alain Barriere, Christophe, Marie Laforet, e, soprattutto, Catherine Spaak e una maliconica ed elegante fanciulla parigina chiamata Francoise Hardy.

L'anno chiave per le fortune dello yč-yč in Italia č il 1963: esce infatti il film "Sciarada alla francese" (tit. orig. "Cherchez l'idole"), in cui recitano e cantano la Vartan, Les Surfs, Sophie e altri giovani artisti transalpini. La trama č pressochč inesistente (un diamante finisce per errore all'interno di una chitarra elettrica che i cantanti si passano di volta in volta), ma tanto basta per cominciare a vendere anche da noi i dischi dei nostri cugini yč-yč. Durante l'estate di quell'anno, poi, la canzone "Quelli della mia etą" (versione italiana di "Tous les garēons e les filles de mon age") di Francoise Hardy balza al numero uno delle nostre classifiche, e i suoi estimatori italiani apprendono come la giovane francesina sia diventata famosa grazie al presidente De Gaulle (il che rafforzerebbe la teoria sullo yč-yč come genere sostenuto dagli adulti per contrastare il pił pericoloso rock'n'roll): in occasione di una trasmissione televisiva sui risultati del referendum popolare indetto dal Generale in Francia, Francoise ne aveva approfittato per presentare le sue canzoni malinconiche e farsi conoscere dal grande pubblico. I suoi fans italiani si fanno chiamare "copains", compagni, alla maniera francese, per darsi un tocco di snobismo e potersi distinguere dai contemporanei sostenitori del twist a stelle e strisce. Il mondo adulto, perņ, non lesina critiche nemmeno alla bella e raffinata Hardy: c'č chi sostiene che sappia farsi fin troppo bene i suoi affari, e che per apparire alla televisione italiana abbia sparato una cifra, la pił grossa (si dice) mai richiesta da una vedette straniera, nemmeno da Paul Anka o da Neil Sedaka, che pure sono molto pił affermati della francesina. E desta scalpore il fatto che la RAI abbia incassato il colpo e detto sģ senza cercare di contrattare; per far dire ai detrattori dello yč-yč che adesso "i telespettatori potranno rivedere la Hardy, portabandiera delle generazioni di oggi e perfetta donna d'affari".

Tra il '62 e il '63 la rivoluzione yč-yč si italianizza grazie al programma televisivo "Alta pressione", presentato dal comico Walter Chiari e dalla bella Renata Mauro. Primissimo programma tv dedicato ai giovanissimi e ai loro idoli musicali, "Alta Pressione" lancia due nuovi personaggi, Rita Pavone e Gianni Morandi, che molti soprannominano i "cantanti-ragazzini", poichč hanno la stessa giovane etą dei loro fans, e hanno un repertorio di canzoni in cui riescono a interpretare i sentimenti e i problemi degli adolescenti italiani.

Rita Pavone, una ragazzina torinese di diciassette anni, minuta, carina ma non bella, rossiccia e lentigginosa, incarna alla perfezione l’aspetto italico del nuovo teenager yč-yč, grintoso e ribelle ma non rivoluzionario. La Pavone rappresenta l’antitesi della ragazza tutta casa e chiesa esemplificata dalla canzone "Non ho l'etą" dalla morigerata Gigliola Cinquetti: nelle sue canzoni e con le sue movenze scatenate la pestifera Rita afferma, fortissimamente, di averla eccome, l'etą. La sua voce non č aggraziata nč adatta alla melodia, piuttosto ai ritmi sincopati e al rock and roll; il suo modo di cantare non rispecchia i canoni della brava ragazza alla discreta ricerca di successo. La Pavone non sta mai ferma davanti al microfono, preferisce contorcersi, urlare e lasciarsi andare ad atteggiamenti tipicamente maschili. Un po’ come Celentano aveva gią fatto alcuni anni prima, certo; ma in questo caso si tratta di una fanciulla e, se gli adulti trattavano il "molleggiato" bonariamente, come un simpatico scavezzacollo, la Pavone č subito additata come uno scandaloso esempio per tutte le adolescenti italiane. Anche gli abiti da lei indossati indicano chiaramente di che pasta sia fatta: via le gonne lunghe e le camicette abbottonate, e spazio a  pantaloni, minigonne e vestiti eccentrici. Per molti ragazzi della metą degli anni sessanta la Pavone diviene un modello da imitare, anche perchč sa utilizzare i media come da tempo fanno gli americani, e nelle interviste incita i suoi coetanei a rendersi conto che essere giovani č bello e che non bisogna solo aspettarsi una vita monotona e noiosa. A partire dalla "Partita di pallone", passando per "Datemi un martello" fino ad arrivare a "Cuore", per la monella piemontese č una cavalcata trionfale; e fin dall'estate 1963 č evidente che il successo della Pavone e dello stile yč-yč č anche la vittoria di una nuova generazione impetuosa e arrembante, che innalza i propri idoli coetanei e snobba i miti della generazione precedente; la guerra dell'estate, sul piano della canzone, viene combattuta proprio tra Rita Pavone, che nel giro di un anno ha venduto la cifra record di due milioni di dischi, e la "tigre di Cremona", quella Mina che solo qualche anno prima faceva disperare gli adulti con i suoi vocalizzi da "urlatrice", ma che ora si sta riciclando presso il pubblico pił maturo come interprete di classe. Un conflitto generazionale, quindi, che, perņ, in realtą non proclama nč vinti nč vincitori, proprio per il fatto che le due rivali si rivolgono a due tipi di pubblico differenti. Affascina i media il fatto che, nel mezzo della stagione estiva, le due cantanti approdino a Riccione per esibirsi la medesima sera in due locali differenti: al "Vallechiara" Rita, al "Florida" Mina. Pari e patta anche in questo caso, con tutto esaurito reciproco e forze dell'ordine che devono intervenire per calmare gli spiriti dei fans pił ardenti rimasti fuori senza biglietto; e, se Mina fa paralizzare il traffico intorno al "Florida", i giovanissimi fans yč-yč della Pavone arrivano a far crollare un lampione su cui si erano arrampicati per meglio scorgere il loro idolo.
Buddy Holly
Fun in Acapulco
Johnny Dorelli

Anche Gianni Morandi, come la Pavone, emerge nella trasmissione “Alta pressione” ed entra nel cuore dei teenagers grazie a canzoni ritmate, tra il twist e il melodico, i cui ritornelli terminano inevitabilmente con un ottimistico "yč-yč". Nativo di Monghidoro, in provincia di Bologna, questo quindicenne con i capelli a spazzola e le orecchie a sventola attira subito l'attenzione dei discografici della RCA; nel 1962 esce il suo primo 45 giri, un ingenuo twist dal titolo "Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte". Rispetto alla Pavone, perņ, il giovane Morandi deve aspettare il 1964 per sfondare a tutto tondo: la chiave di volta č un lento, "In ginocchio da te", che resta al primo posto delle classifichje per diciassette settimane, ovvero tutta l'estate e buona parte dell'autunno. Il teenager di Monghidoro canta di cuore e amore, ma il linguaggio e il modo di cantare restano nettamente diversi da quello dei cantanti melodici tradizionali: “In ginocchio da te”, e i successivi “Non son degno di te” e "Se non avessi pił te" conquistano tutti, padri e figli, soprattutto grazie alla faccia da bravo ragazzo di Gianni. Non che sia particolarmente bello, ma č simpatico, naturale, semplice, il tipico teenager dai capelli a spazzola capace di farsi invitare a pranzo dai genitori della ragazza, ma anche di passare sotto casa della fidanzata per cantarle una serenata. Morandi diventa un principe azzurro per tutte le quindicenni yč-yč della metą anni sessanta, ed č il primo beniamino italiano attorno cui vale la pena  montare una campagna stampa degna di Elvis: il battage pubblicitario creato per “celebrare” il servizio militare del divo rappresenta la punta massima della Morandimania. Peraltro, Morandi mette le sue vicende sentimentali in piazza quando la sua partner cinematografica, Laura Efrikian, diviene la sua compagna di vita: i rotocalchi si gettano a capofitto sulla storia, sul triplice matrimonio (le nozze vengono celebrate una volta all’estero e due in Italia), su gravidanze vere o presunte e su separazioni forzate.

Per un breve periodo, ogni teenager dalle smanie anticonformistiche viene definito "yč-yč". E non solo: anche la cinematografia risente della moda. Ne č un esempio un film americano  del 1966, “The swinger”, di George Sydney, con Ann Margret e Tony Franciosa, che viene tradotto in Italia con il titolo “La ragazza yč-yč”: si racconta di una ragazza (Ann Margret) che non riesce a farsi pubblicare i suoi racconti da una rivista di successo; allora la giovane organizza una finta orgia, e finalmente si interessano a lei molti editori per motivi tutt’altro che professionali. Il film č significativo pił che altro per il titolo tradotto: insomma per denominare una ragazza di facili costumi, disposta a tutto pur di ottenere successo, in Italia non si puņ evitare di ricorrere al termine “yč-yč”.

Morandi e la Pavone sono accomunati, oltre che dall'avere la stessa giovane etą del loro pubblico, da una presenza nell’universo giovanile che non conosce soluzione di continuitą: fanno canzoni, ma fanno anche tv e cinema: il che li rende anche i beniamini dei giovani pił conosciuti dagli adulti. In tv comincia Rita, con una trasmissione in cui fa la mattatrice: “Stasera Rita”. E poi, ancora, "Specialissimo", un programma in cinque puntate dedicato ai big della canzone, che ha tra i primi ospiti proprio Rita; “Senza rete”, inaugurato nel 1968 ancora da Rita Pavone, seguita, poche settimane dopo, da Morandi (quella di Gianni č, peraltro, la prima apparizione in video dopo la conclusione del suo servizio militare).

Anche i film in cui si improvvisano attori contribuiscono ad accrescerne la popolaritą. Proprio in Francia, dove era nata la moda yč-yč, la Pavone muove i primi passi nel mondo del cinema, con una parte in “Clementine Cherie” di Pierre Chevalier (1963) al fianco di Philippe Noiret e France Anglade: si racconta di un bizzarro costume trasparente che rende nudo chi lo porta.

Ma č il 1965 l’anno della massima esposizione del duo yč-yč italico: “Alta pressione” diventa anche un film intitolato “Altissima Pressione” per la regia di Enzo Trapani; ovviamente Morandi ne č protagonista assieme a Francoise Hardy e altri big della canzone, tra cui Dino, Lucio Dalla ed Edoardo Vianello. Seguono, per Morandi, il primo film sul servizio militare intitolato “In ginocchio da te” (1965, di Ettore Fizzarotti) in cui la recluta Morandi corteggia la figlia del proprio maresciallo, ovviamente la Efrikian (mentre il maresciallo č Nino Taranto); il titolo, come accadrą spesso in situazioni analoghe, č tratto dall’omonima canzone di successo, colonna sonora della pellicola, tanto che c’č chi ha persino parlato, per questi film, di antenati degli odierni “videoclip”. E, sempre nello stesso anno, appare “Non son degno di te” (sempre costruito con il trio Morandi-Efrikian-Taranto): anche qui viene sceneggiata dall’inizio alla fine la canzone omonima, con Morandi sempre in divisa di leva. E ancora, sempre nel 1965, arriva “Se non avessi pił te”: il solito trio mette in scena una storia di un giovane cantautore impossibilitato a sposarsi per non perdere le ammiratrici ma che, innamoratissimo della sua bella, ricorre a nozze segrete: ovviamente il diavolo ci mette la coda, i giornalisti inventano una love story tra il cantante e un'altra ragazza e Gianni, alla fine, deciderą di rendere publico il suo amore.

In questi casi, č proprio il caso di dire che l'arte imita la vita: i film di Morandi prendono spunto da vicende della vita privata dei protagonisti, ci ricamano sopra, e nel contempo affrontano il tema del rapporto tra fans e idoli, e sulla possibilitą di questi ultimi di mantenere una decente vita privata.

La Pavone, nel frattempo, non č da meno: nel 1965 interpreta il suo primo film italiano, “Rita, la figlia americana” (di Piero Vivarelli): un film sul rapporto tra un vecchio amante di musica classica (Totņ) e una scatenata fan americana di musica leggera; e, siccome sono sopratrtutto i giovani ad andare al cinema, gli sceneggiatori pensano bene di dar ragione alla ragazza, e alla fine l’anziano si convincerą delle ragioni della ragazzina. Nel 1966, susseguente al successo tv di “Gian Burrasca”, č la volta di “Rita la Zanzara” di Lina Wertmuller (sotto lo pseudonimo di George Brown), in cui la Pavone č una pestifera ragazzina scappata da un collegio che fa innamorare un timido professore. Nel 1967 Rita č una ragazza pasticciona e vivace in “La Feldmarescialla” (sottotitolo “Rita fugge...lui corre..egli scappa"), commedia di Steno ambientata durante la seconda guerra mondiale; e nello stesso anno torna al ruolo prediletto della ragazzina rinchiusa in un collegio in “Non stuzzicate la zanzara”, seguito del precedente, ancora per la regia di Lina Wertmuller, in cui Rita, con la grande passione per la musica, scappa dall’istituto per partecipare a un festival, nonostante il parere contrario del padre; nella sua fuga viene aiutata da Giancarlo Giannini, suo innamorato e professore del collegio. Poi, sempre nel 1967, č addirittura una pistolera in “Little Rita nel far west” di Ferdinando Baldi: non solo č il terrore dei banditi, ma soprattutto disprezza l’oro perchč č la causa di ogni male (il film č interpretato anche da Terence Hill, Teddy Reno e Lucio Dalla): un modo come un altro per lanciare un messaggio pacifista tipicamente adolescenziale.

Morandi, dopo l'abbuffata del periodo "militare", si riposa un po’: il 1967 lo vede protagonista solo di due film. “Mi vedrai tornare”: passano i tempi ma il tema č sempre quello del militare. Il film (diretto da Ettore Fizzarotti, con Elisabetta Wu) racconta la storia di un cadetto della marina militare che si innamora di una principessa giapponese che, pur di sposarlo, minaccia di fare l’hara-kiri; l’altro film č “Per amore...per magia” di Duccio Tessari, una contorta trasposizione della fiaba di Aladino, con Mina tra le interpreti femminili. Della serie film adolescenziali citiamo ancora “Chimera” del 1968, sempre di  Fizzarotti con la Efrikian, in cui Gianni, finito il servizio militare (finalmente!), parte per una tournče in Sudamerica, lasciando a casa la moglie incinta. E chi poteva trovare in Sudamerica se non una bella figliola di un impresario? Ma Morandi, che deve tener fede alla sua immagine di bravo ragazzo, torna sui suoi passi non appena una telefonata dall’Italia lo avvisa che sua moglie sta male.

Tra il '65 e il '66 la moda yč-yč deve iniziare a fare i conti con l'avvento di una nuova moda pił battagliera e organizzata: quella dei cosiddetti Beat o Capelloni. Ancora per un pņ, perņ, i due termini "beat" e "yč-yč" convivono come se non ci fosse nessuna differenza; al massimo, una differenza di etą, con gli "yč-yč" visti come i fratellini quindicenni dei diciassettenni beat. Basti pensare che, su molti giornali, perfino i Beatles vengono definiti "idoli degli adolescenti yč-yč". Pian piano, perņ, il fossato tra i due stili si rivela in tutta la sua nettezza: i capelli dei gruppi "beat" si allungano a dismisura, e i testi delle loro canzoni si allontanano dalla spensieratezza ribelle dei ragazzini "yč-yč", per abbracciare temi pił impegnati. In pił, nei gusti dei giovani crollano gli artisti solisti, e vengono innalzati i gruppi, i cosiddetti "complessi".

Bisogna poi aggiungere che dietro lo yč-yč non c’č un'industria cinematografica o discografica paragonabile a quella americana e che, a dire il vero, gli stessi protagonisti sono poco consapevoli di portare avanti una bandiera dell’epoca. Spesso si disinteressano del loro rapporto con i giovani fans: fa scalpore una polemica di Halliday contro i ragazzi beat, che aliena al divo francese tantissime simpatie delle nuove generazioni. Probabilmente per una questione personale, Halliday si scaglia contro il cantante Antoine (quello di “Cannella”, “Pietre” e “Taxi”) arrivando a dedicargli un ironico pezzo dal titolo “Cheveux longs et idčes courtes”, “capelli lunghi e idee corte”. Una mossa suicida dal punto di vista pubblicitario, non tanto per l'attacco ad Antoine, apprezzato ma non amatissimo dai ragazzi; quanto perchč Halliday prende in giro i "beat", proprio come facevano i “matusa", ossia gli adulti, da cui glii adolescenti, ovviamente, tendono a distanziarsi il pił possibile.

Se lo yč-yč francese decade inesorabilmente, i "cantanti ragazzini" italiani riescono ad adattarsi ai tempi che cambiano meglio dei loro contemporanei di oltralpe: Morandi scopre un'inaspettata vena sociale, cantando “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, una canzone sulla guerra in Vietnam scritta per lui da Mauro Lusini, che diventa un inno generazionale per molti ragazzi contestatori italiani. E la Pavone, finita l’era yč-yč, prende lezioni di ballo e diventa una provetta show-girl, riuscendo ancora per alcuni anni a restare sulla cresta dell'onda.


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