GLI ANNI SESSANTA

I festival della canzone

 

Teddy Reno
Adriano Celentano
Bobby Solo

Il periodo tra il 1958 e il 1963 è quello del cosiddetto "miracolo economico": il prodotto interno lordo nazionale cresce all'incredibile tasso medio del 6,5 per cento, cresce la produttività e, finalmente, crescono anche i salari delle famiglie medie italiane. Insomma, in giro circolano più soldi, e anche le "paghette" dei teenagers italiani cominciano ad assumere una discreta consistenza. Per la prima volta, anche da noi i ragazzi sono visti come una categoria di consumatori, e sono in molti a darsi da fare per offrire alle nuove generazioni mode e prodotti a cui non possano resistere: si diffondono sempre più i dischi a 45 giri, le radioline a transistor (che permette ai ragazzi di ascoltare una musica diversa dal resto della famiglia), i mangiadischi e gli scooter.

E intorno al 1962 cominciano a spuntare come funghi i "festival musicali", che sono solo un altro modo per proporre ai giovanissimi nuove canzoni di personaggi inediti e già conosciuti. Dal 1951 esiste il festival di Sanremo, è vero, ma i suoi "habituès", almeno fino all'epoca "beat", sono vecchi leoni della melodia come Luciano Tajoli, Claudio Villa o Gino Latilla, amati dalle casalinghe, dalle nonne e, in generale, dal pubblico più attempato.

E' tempo di lanciare delle manifestazioni canore che siano più vicine ai gusti dei teenagers, i quali, fatti i dovuti conti, sono anche diventati i maggiori compratori di dischi; il primo ad accorgersene è Teddy Reno, cantante e "talent scout", che nel 1962 dà vita al "Festival degli sconosciuti" di Ariccia (vicino Roma), ideato per scoprire nuovi talenti; di lì a poco è la volta del "Cantagiro" di Ezio Radaelli, basato su una formula originale che riscuote subito un enorme successo. La gara, infatti, si svolge a tappe, con una sorta di carovana vagante che porta gli artisti ad esibirsi nei vari paesi e città italiane. E' prevista una serie di scontri diretti tra i partecipanti, fino a che ogni cantante non si sia misurato con tutti gli altri. Alla finale, da disputare in un centro medio-grande, hanno accesso gli otto vincitori delle semifinali, più i primi otto in classifica.

Ma il vero successo del Cantagiro consiste nell'affidare i giudizi a delle vere giurie "popolari" composte dal pubblico, il che fuga ogni sospetto di "combine". I ragazzi rispondono a questo circo della canzone con grande entusiasmo: fin dalle prime tappe folle oceaniche di adolescenti urlanti si accalcano intorno ai loro idoli come accadeva ai tempi di Coppi e Bartali. Questa prima edizione del Cantagiro segna il trionfo del divismo musicale e di quelli che gli adulti continuano a definire "urlatori": infatti è proprio uno di loro, Adriano Celentano, ad aggiudicarsi la palma del vincitore con un pezzo twist dal titolo "Stai lontana da me". E l'anno successivo è la volta del re del "twist" all'italiana, Peppino di Capri, con "Non ti credo".

Cresce, con la febbre della musica leggera, anche l'importanza del juke-box: ai teenagers basta introdurre cinquanta lire (il cosiddetto "gettone") per godersi il proprio cantante preferito visto la sera prima in tv, imponendo l'ascolto anche a tutti quelli dotati di buon udito in un raggio di centinaia di metri. L'effetto, dicono gli esperti, è che anche gli ascoltatori passivi, a furia di sentire la canzone nelle orecchie, finiscono per comperarsi il disco.

E' con questo concetto chiaro in testa che nell'estate del 1964 l'impresario Vittorio Salvetti pensa di organizzare un nuovo festival evitando il sistema delle giurie, per affidare il giudizio direttamente al pubblico, tramite il juke-box e il numero delle canzoni "gettonate": nasce così il "Festivalbar", una manifestazione canora che resisterà, con alcune variazioni di formula, fino ai giorni nostri. La prima edizione viene vinta da "Credi a me" del romano Bobby Solo, al secolo Roberto Satti: una versione italica di Elvis Presley, Bobby era stato il vincitore morale del precedente festival di Sanremo con la sua "Lacrima sul viso", un hit che aveva venduto più di un milione di copie. In contemporanea nasce anche "Il disco per l'estate", una gara radiotelevisiva gestita in prima persona dal servizio pubblico, la RAI, che con un certo ritardo si inizia a rivolgere ai gusti delle nuove generazioni: la prima edizione la vince "Sei diventata nera" dei Marcellos Ferial, un terzetto proto-demenziale tutto italiano, che fa il verso ai sudamericani Hermanos Rigual. E così anche la radio, da questo punto in poi, incoraggia sempre più il commercio dei motivetti per teenagers, che devono avere come caratteristica quella di essere più allegri e spensierati del solito.

Ma, è bene non dimenticarlo, non sono solo le canzoni a determinare il grande successo delle nuove manifestazioni canore: l'elemento più importante è la presenza dei cantanti, che ormai sono diventati "divi" a tutto tondo, e hanno quasi del tutto rimpiazzato le stelle del cinema nell'immaginario dei ragazzi. L'immagine, improvvisamente, è più importante delle qualità vocali; e nell'agosto 1965 alcuni giornali arrivano a ipotizzare addirittura l'identikit del "divo di domani": deve avere il ciuffo di Little Tony, gli occhi di Dino, il sorriso di Gianni Morandi, le mani di Bobby Solo, i vestiti di Celentano, e l'età (sedici anni) di Mariolino Barberis. Per quanto riguarda la voce, conta relativamente: viene indicata quella di John Foster, un cantante di secondo piano.

Di pari passo con il fenomeno del divismo musicale, cresce l'interesse dei ragazzi per i festival e per il loro contorno: i divi sono lì a portata di mano, vivono l'uno a fianco all'altro, stringono amicizia, danno sfogo alle loro rivalità. I giornali specializzati (ma anche le riviste e i quotidiani più importanti) danno ampi spazi al "dietro alle quinte". Il risultato è che, assieme alle cronache del "che fanno, che dicono", si vedono i cantanti fotografati in mezzo al loro pubblico, mentre stringono la mano ai loro fans: insomma, i festival della canzone abbassano le barriere tra pubblico e divo. E anzi, si può dire che i fans diventino i veri protagonisti. Il punto più alto del fenomeno è il Cantagiro del 1966, che prende il via da Biella alla fine di luglio, e che per la prima volta è stato suddiviso in tre competizioni distinte: girone A per i "big"; girone B per gli esordienti; girone C per i nuovi idoli dei teenagers, quei "complessi" che stanno cominciando a far parlare di sè. All'arrivo dei cantanti è un pandemonio: i fans "arrivano con i manifesti-inserto dei settimanali, con quaderni, cartoline, pezzi di carta. Molte le ragazzine che portano l'album dei ricordi, quello con le scritte del genere 'la rose pour un jour, toi pour toujours'", scrive Sandro Mayer su "Novella 2000", "il fan autentico e provveduto va all'assalto con un programma che è una regola: raccogliere gli autografi di tutti i componenti della carovana: girone A, girone B, i complessi, il direttore di gara Mario Carotenuto, il regista televisivo Stefano Canzio, Ugo Gregoretti, Gigi Cichellero, Silvio Gigli, il presentatore Nuccio Costa, , naturalmente Ezio Radaelli; i fans più meticolosi hanno voluto anche l'autografo dell'amministratore del Cantagiro". 
Buddy Holly
Fun in Acapulco
Johnny Dorelli

Su questa ondata di follia adolescenziale collettiva, i giornali un pò "ci marciano": durante gli spostamenti tra le varie tappe del Cantagiro, si parla di fans feriti, svenuti e contusi. Esagerare è di prammatica; e il "patron" Ezio Radaelli può affermare baldanzoso che "chi non ama il Cantagiro non è amico dei giovani". Comunque, quella che viene definita "la guerra del Cantagiro" si conclude a Fiuggi il 16 luglio: tra i "big" vince il giovanissimo Gianni Morandi con "Notte di ferragosto", tra gli esordienti Mariolino Barberis con la balneare "Spiaggia d'argento", e tra i complessi l'Equipe 84 con un pezzo ritmato che diventerà un classico, "Io ho in mente te".

Scandali e scandaletti sono il succo dei festival degli anni sessanta: affascinano le tensioni tra complessi di "capelloni" e cantanti tradizionali. Pupo, dei New Dada, afferma polemicamente che "loro stanno un pò alla larga da noi, per via dei capelli lunghi e del nostro modo di vestire. I big sono ancora tradizionalisti ed evidentemente non ci stimano", e prosegue, "ma non importa, perchè ci sentiamo superiori a loro. Bobby Solo, Morandi, Modugno hanno avuto il successo per caso..."

Durante l'edizione 1967 del Cantagiro, i ragazzi si appassionano alla notizia di una lite furibonda tra Adriano Celentano e il fratello di Milena Cantù. I giornali scandalistici ci sguazzano: Milena è ancora la ragazza del Clan o è stata sostituita da Claudia Mori o da qualcun'altra? La rivalità e l'antipatia tra la Mori e la Cantù è appurata, ma qualcuno insinua che Celentano non abbia ancora licenziato Milena a causa di un figlio segreto avuto da lei, e che il molleggiato abbia comprato il silenzio di Milena regalandole un appartamento da diciotto milioni (!). Milena smentisce: "Adriano è quello che è, ma adora i bambini e non si sarebbe mai sognato di sposare un'altra se avesse avuto un figlio da me"; ma le polemiche continuano fino alla serata finale del festival, che lancia lo "scugnizzo" napoletano Massimo Ranieri, vincitore nella categoria esordienti con "Pietà per chi ti ama". Il "cantante-ragazzino" Ranieri si confermerà nel "gotha" dei divi adolescenziali vincendo, stavolta nella categoria dei "big", nel 1969, con la canzone melodica "Rose rosse". I "ragazzi del juke-box", ovvero il Festivalbar, decretano anch'essi la nascita di un nuovo divo: è il cantautore laziale Lucio Battisti, che vince per due volte di seguito, nel '69 e nel '70, con "Acqua azzurra acqua chiara" e "Fiori rosa fiori di pesco".

Per i vari Cantagiro, Disco per l'Estate e Festivalbar passano proprio tutti i divi. E, rispetto a Sanremo (oltre al diverso meccanismo delle gare), c'è minore seriosità; i cantanti possono permettersi dichiarazioni e atteggiamenti che a Sanremo troverebbero mille ostacoli. E' nel corso di un Cantagiro che la reginetta dei "beat" Caterina Caselli, che si è nascosta il celebre casco d'oro con un toupè di finti capelli neri, mette in piazza il suo amore estivo con Mike Shepstone, batterista londinese del gruppo dei Rokes; ed è sempre durante la serata finale di un Cantagiro che i teenagers possono sfogarsi contro quello che, a torto o ragione. considerano il loro nemico numero uno: il romano Claudio Villa, alfiere della tradizionale melodia italiana. Il "reuccio", che si presenta vestito in modo distintissimo, giacchetta abbottonata e cravatta dai colori sfolgoranti, viene accolto da un fitto lancio di bucce di cocomero e fischiato fino alla fine dell'esibizione.

Sono le ultime fiammate dei festival musicali divistici: già nel 1971 il Cantagiro diventa una sorta di tribuna politica in cui si affaccia una nuova figura di cantante: il cantautore. Bandite le rime cuore-amore, sono molti a parlare di Vietnam e di questioni razziali, e a protestare contro la civiltà dei consumi. Anche Gianni Morandi, convertito all'impegno, prova a cavalcare la nuova onda con una canzone ispirata dal film "Sacco e Vanzetti" intitolata "Ho visto un film". "Canto per la libertà", spiega Morandi, "il pubblico non può più chiedermi roba come 'In ginocchio da te'".

E l'anno dopo il carrozzone vagante chiamato Cantagiro comincia a dare inequivocabili segni di logorio. Sono finiti i tempi in cui i teenagers italiani seguivano lungo la strada il passaggio dei loro idoli: adesso i reporters segnalano che la carovana viaggia tranquilla, con personaggi che appaiono tristi e disincantati. Tanto più che molti degli artisti in gara hanno i capelli brizzolati: è il caso dell'ex-socio di Celentano Don Backy, ma anche quello del cantante greco Demis Roussos, che in più sfoggia anche una incipiente calvizie. A elettrizzare l'atmosfera non ci riescono nemmeno i comici scritturati per lo spettacolo: Franco Rosi e i fratelli Santoanastaso, che lasciano il pubblico freddino con le loro imitazioni di Ugo Zatterin e di Mike Bongiorno. I trionfatori dell'estate, alla fine, sono due: il cantante tradizionale Gianni Nazzaro, che vince il Disco per l'Estate; e la "femminista" Mia Martini, vincitrice del Festivalbar. L'estate '73, per il Cantagiro, è il colpo di grazia: gli artisti si esibiscono di fronte a un pubblico giovanile che, forse per gli strascichi del sessantotto, è ormai dichiaratamente ostile. E Gianni Magni, ex del gruppo dei Gufi e re del cabaret dell'alta Italia, sintetizza amaramente la fine del divismo musicale adolescenziale: "Radaelli è in realtà Nerone, i posti dove ci esibiamo il Circo Massimo e noi i leoni da sacrificare. Lo spettatore-tipo viene a vederci armato di mattoni e ce li lancia contro. E fa bene! La frutta costa così cara..."

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