GLI ANNI SESSANTA

Il bailador

 

Abbe Lane
Xavier Cugat
Perez Prado

Fin dalla fine della guerra, gli italiani (specialmente quelli adulti) si erano fatti sedurre spesso e volentieri dal fascino dei ritmi e dei balli provenienti dal Sudamerica. Responsabile, come al solito, Hollywood, con i suoi tanti film girati nelle esotiche ambientazioni del Brasile, dell'Argentina e, soprattutto, del Messico e del Centroamerica: indimenticabile, in questo senso, la scena del film "Gilda" del 1947 in cui la "rossa atomica" Rita Hayworth cantava "Amado mio" esibendosi in passi di danza sensuali e travolgenti. Sulla scia della formosa Hayworth, si erano diffuse nei night e nelle balere danzanti le serate a base di successi afrocubani e brasiliani, canzoni come "Brazil" di Ary Barroso, come "Besame mucho" di Consuelo Velasques, o come la parodia "Caramba (io songo spagnolo)" di Rastelli, Panzeri e Kramer; e a sottolineare la passione degli italiani per le sonorità latino-americane, c'era stato anche un film nostrano, "Mambo", diretto da Robert Rossen, con l'attrice Silvana Mangano nel ruolo di una giovane ballerina.

Ora, all'inizio degli anni sessanta, anche i primi timidi teenagers italiani, che stanno cominciando a uscire dal loro guscio, iniziano ad apprezzare questi balli e queste movenze, che hanno il pregio di poterli, con un po' di fantasia, trasportare in un mondo sofisticato e eccitante, fatto di cocktail multicolori, di passeggiate sotto i palmizi tropicali e di notti passate a fumare Marlboro mentre si osservano, con atteggiamento da uomini di mondo, le danzatrici del ventre. Un mondo in cui l'immaginazione, seppur solo per pochi istanti, può sembrare realtà, in cui i ragazzi possono far finta di essere degli irresistibili playboy yankee, e le ragazze delle fatali curvacee alla Rita Hayworth: è questo il sogno che i ritmi sudamericani dei primi anni sessanta offrono agli adolescenti italiani. E molti di loro ne fanno una vera e propria malattia, e imparano a ballare fino a diventare, quasi quasi, dei veri e propri...."bailador"!

Appartengono alla borghesia medio-alta, hanno un pò di quattrini da spendere e tanta voglia di divertirsi, in un'Italia in cui riuscire a far festa non è ancora tanto facile. Il loro primo approccio con i balli latino-americani è avvenuto quando, ancora bambini, nel 1955, hanno visto in televisione la bellissima Abbe Lane, cantante e ballerina, ballare il "cha-cha-cha" eseguito dall'orchestra del marito Xavier Cugat, e sottolinearlo con la sua celebre "mossa", effettuata con fianchi belli prosperosi. C'è chi griderà allo scandalo, e chi invocherà una censura su ciò che è degno di passare in televisione, ma molti ragazzini si ricorderanno di Abbe Lane, quando, adolescenti, nel 1960 si vedono riproporre il cha-cha-cha da un nuovo musicista sudamericano, il cubano Don Marino Barreto Jr.

Il cha-cha-cha, come ben sanno tutti i "bailadores" più esperti, non è altro che una variazione della "rumba", il famoso ballo caraibico lanciato per la prima volta in Europa alla fine degli anni venti. Si balla, naturalmente, in coppia: la mano destra del partner maschile è posta sul fianco sinistro della donna, che a sua volta appoggia la sua mano sinistra sulla spalla dell'uomo. Da qui si inizia il ballo, in tempo 4/4, la cui caratteristica è il movimento delle anche. Nel cha-cha-cha questo elemento assume ancora più importanza, grazie anche a movimenti corti delle ginocchia a gambe flesse, in modo da favorire l'ancheggiamento, come ben dimostra la regina del genere, Abbe Lane, nella pellicola "Canto, amore e cha cha cha" (tit. orig. "Susanna y yo", 1957) di Enrique Cahen Salaberry, in cui interpreta il ruolo di una soubrette di un locale notturno: un vero e proprio film "cult" per l'adolescente "bailador", che non può fare a meno di apprezzare anche le altre pellicole interpretate dalla moglie di Xavier Cugat, tra cui "Donatella" (del 1956), diretto dal "nostro" Mario Monicelli, e "Maracaibo" (del 1958), di Cornel Wilde.

Oltre al cha-cha-cha, altre variazioni della rumba sono: il "merengue", proveniente dalla Repubblica Dominicana, che ha un ritmo in 2/4; il "calipso", lanciato nel 1957 dal cantante Harry Belafonte con canzoni quali "Day-O (Banana Boat)" e "Matilda", con il suo tipico dondolio e il ritmo cadenzato di marcia; lo "spirou", in cui il passo base viene frammezzato da movimenti ispirati al movimento degli scoiattoli (!); popolarissimo tra le comitive di ragazzi, la "raspa", che si esegue non a coppie ma in gruppo, eseguendo una serie di saltelli accompagnati dal battere ritmico delle mani; e, per finire, il sincopato "mambo", frutto della fusione tra rumba e swing nordamericano, portato alla fama dal musicista Perez Prado (la sua "Mambo n° 5" è uno dei grandi successi del 1961), e ripreso anche da Xavier Cugat e Abbe Lane con il loro "Cuban Mambo". Oltre ai balli di origine caraibica, a tener desta l'immaginazione del "bailador" con immagini tratte dal carnevale di Rio de Janeiro ci pensa il "samba" (o "la" samba, come tutti la chiamano in un primo momento): la posizione base è quella della rumba e del cha-cha-cha, ma il tempo è in 2/4, con ritmo irregolare e sincopato, e tutto sommato, per un principiante è assai facile da imparare. Poi, subito a ridosso, c'è il "bajon", che altro non è se non un samba lento.

Insomma, se l'estate del 1960, da un punto di vista meteorologico, è piuttosto bizzarra e poco assolata, a riscaldare i teenagers arrivano a puntino il cha-cha-cha e gli altri balli sudamericani che, sulla scia del successo di Barreto, vengono riproposti all'attenzione delle nuove generazioni. Sulle riviere italiane è tutto un fiorire di locali con orchestre che hanno dovuto ingaggiare suonatori di maracas e "tumbe", e inserire nei loro repertori canzoni imprescindibili quali "Il cha-cha-cha della segretaria" o "Alta gracia". Barreto stesso sfrutta la sua popolarità esibendosi su e giù per la penisola, in particolare al "Covo di Nord-Est" di Santa Margherita Ligure, che è uno dei più rinomati "divertimentifici" di questo periodo, facendosi accompagnare da un'orchestra in parte italiana. Non è ancora il tempo di locali dedicati esclusivamente ai giovani, e al "Covo" sono presenti molte coppie sposate o in odore di matrimonio; ma i "bailadores" riescono comunque a passare allegramente le loro notti d'estate, e a scatenarsi ai ritmi di Barreto e del cha-cha-cha. 

Le sensuali sonorità latino-americane dilagano in particolare al meridione: tanto che ormai perfino i vecchi successi della tradizione partenopea vengono eseguiti a ritmo di cha-cha-cha. Anche i puristi del jazz sono costretti a piegarsi alla moda: a Ischia l'orchestra più popolare, quella di Mario Perrone, dà vita a serate di cha-cha-cha perchè, dichiara il capobanda, "il jazz non rende abbastanza"; e a Palermo l'inviato della "Domenica del Corriere" arriva a dire che "i cubani sono di casa. Si suona solo il cha-cha-cha, e i complessi risentono dell'influenza di Marino Barreto Jr., sia pure con qualche punta dedicata al rock". 

 

Buddy Holly
Fun in Acapulco
Johnny Dorelli

Se i ritmi afrocubani la fanno da padroni, il rock'n'roll sembra, invece, avviato verso un irreversibile declino: Buddy Holly, il famoso rocker con gli occhiali, è morto in un incidente aereo, è morto anche Eddie Cochran, e sia Chuck Berry che Jerry Lee Lewis sono bloccati da problemi con la legge. Elvis, dal canto suo, è tornato dal servizio militare ma sembra aver perduto la sua carica ribelle. La principale occupazione del "re del rock'n'roll" ora è recitare a Hollywood, e anche lui si getta nei set esotici di pellicole quali "L'idolo di Acapulco" (tit. orig. "Fun in Acapulco"), in cui offre la sua versione dei nuovi ritmi afrocubani cantando testi del tipo "non c'è spazio per ballare la rumba in una macchina sportiva" (da "There's no room to rhumba in a sports car") e canzoni come "Bossa nova baby". I rock'n'rollers della prima ora storcono la bocca, mentre i bailadores accettano di buon grado il nuovo Elvis nella galleria dei loro idoli. E anche il "vecchio" Bill Haley si converte alla nuova moda, incidendo un ruffiano "Mambo rock".

Tra un cha.cha-cha, un mambo e una rumba, si arriva all'estate del 1963, che, secondo i residenti dei piani alti dell'industria discografica, dovrebbe essere quella della "bossa nova" (o "il" bossa nova, come dicono i puristi), ritmo brasiliano ottenuto incrociando il samba e il jazz, in grado, si dice, di mandare in cantina il cha-cha-cha. Al lancio, sempre secondo i piani alti, dovrebbe provvedere l'arrivo in Italia di Joao Gilberto, "re della bossa nova", che viene nel nostro Paese per partecipare al varietà tv "Johnny Sette", condotto dal giovane cantante swing Johnny Dorelli. Ma gli adolescenti che si appassionano al nuovo stile formano una pattuglia alquanto sparuta: Joao Gilberto, trasferitosi in Italia con la famiglia, si esibisce quasi ogni sera in Versilia senza riuscire a richiamare troppa gente, benchè l'impresario abbia fatto carte false per averlo. A tenere desto l'interesse dei giovani per i ritmi afrocubani ci deve pensare la "senora", come tutti chiamano Abbe Lane, che dopo anni di esilio viene riaccettata alla tv italiana per uno show musicale con il marito. I suoi ancheggiamenti, per un pò, riescono a tenere accese le focosità sudamericane dei teenagers ballerini, che pure si stanno accostando a una rivoluzionaria concezione di danza: l'americano "twist". L'anno successivo, però, arriva la notizia della separazione del mitico due Lane-Cugat: il 26 agosto 1964 l'anziano direttore d'orchestra si presenta di fronte al tiratissimo pubblico di un locale di Broadway (il "Latin Quarter") con la sua nuova partner, la diciottenne cantante-ballerina Charo De Bru. Benchè Charo sia una bellissima fanciulla dai lunghi capelli biondi, i "bailadores" restano freddini, e non solo a causa della loro nuova passione per il twist, ma perchè, a loro parere, la "mossa" di Abbe Lane era tutta un'altra faccenda.


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