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I vecchi, l’informazione
e la comunicazione



La televisione

È ovvio, e confermato da tutti gli studi sull’argomento, che la televisione è il mezzo dominante. Non solo in Italia – ma particolarmente in una situazione, come la nostra, in cui sono meno diffusi altri mezzi di informazione (in particolare la carta stampata). Un confronto internazionale rivela scarse differenze nella disponibiltà della televisione. Questo, secondo l’Economist, è il numero di televisori a colori per abitazione in venti dei paesi in cui sono più diffusi.


Televisori in 20 paesi
% sul numero di abitazioni

20 paesi


Le differenze fra i paesi più “dotati” sono così piccole da non essere statisticamente significative. Il fatto evidente (quanto ovvio) è che l’Italia non ha una penetrazione più elevata della televisione rispetto a paesi di paragonabile sviluppo. Le differenze, come vedremo, sono più rilevanti nel caso di altri strumenti di comunicazione e di informazione. In sostanza il problema (per l’Italia in generale e per particolari categorie di persone) non è l’abbondanza di televisione, ma la relativa scarsità di altre risorse.

Il quarto rapporto del Censis sulla comunicazione (come ogni altro studio sull’argomento) non segnala differenze rilevanti, in base all’età, per l’uso generale della televisione in Italia – che varia fra il 97 e il 100 per cento. Il quadro è un po’ meno omogeneo se si analizza la frequenza.


Frequenza d’uso della televisione
per fasce di età
percentuali sul totale in ciascuna categoria

televisione


La “fedeltà” (o abitudine) alla televisione appare più alta ai due estremi: fra gli adolescenti e fra i vecchi. La frequenza diminuisce fra i 18 e i 30 anni, ma poi continua a crescere con l’età.

Sembra probabile che fra i giovani continui la tendenza attuale, cioè una minore “dipendenza” televisiva nel passaggio dall’adolescenza alla prima età adulta. Nelle fasce successive, invece, l’evoluzione potrebbe essere un po’ diversa, con il crescere dell’età di persone che hanno un più ampio orizzonte culturale e una maggiore varietà di risorse. Ma sviluppi di questo genere non sono facilmente prevedibili – e comunque si tratta di tempi lunghi.

Per quanto riguarda il modo di utilizzare la televisione, le differenze più forti sono fra i più giovani e tutti gli altri. Per esempio gli adolescenti badano meno all’informazione: l’interesse cresce nelle età adulte e poi rimane più o meno stabile. Sembra più diffuso fra i giovani un uso frequente del telecomando.

Si conferma l’opinione diffusa che i vecchi siano più spesso disponibili ad “accontentarsi”, a guardare la televisione anche quando non è interessante, a lasciarla accesa “per compagnia” – ma, se si escludono i giovani e giovanissimi, le differenze fra le fasce di età non sono molto accentuate.

È abbastanza evidente che, esclusi gli appuntamenti abituali come il telegiornale o i programmi intenzionalmente scelti, la televisione assume un ruolo di “riempitivo” quando una persona non ha cose più interessanti cui dedicarsi o di “accompagnamento” quando si svolgono attività che non impegnano l’attenzione. Ci sono forti differenze, anche nelle fasce di età avanzate, fra le persone con altre attività e interessi e quelle più inerti e perciò più “dipendenti” dall’onnipresente televisione.

Qualche indicazione un po’ diversa si può ricavare dall’uso della televisione satellitare. Benché si tratti, in Italia, di un fenomeno ancora limitato e “immaturo”, ha già una diffusione relativamente ampia. Il 25 % delle persone, sul totale della popolazione, può disporre di questa risorsa. Il livello di “disponibilità” decresce con l’età dal 30 % per gli adolescenti al 22 % per le persone dai 65 anni in su. Ma non tutti la guardano – e la frequenza d’uso è più bassa che per la televisione tradizionale.


Frequenza d’uso della tv satellitare
per fasce di età
percentuali sul totale in ciascuna categoria

tv satellitare


La televisione satellitare, come si propone oggi in Italia, è un’offerta sostanzialmente modesta (se si esclude il predominio che le è stato attribuito per il campionato di calcio e altri avvenimenti sportivi) ed è molto simile a quella della televisione tradizionale. Non merita, in sé, un particolare approfondimento. Ma è interessante rilevare che (a parte un’ovvia prevalenza dei giovani) non ci sono differenze molto forti fra le età adulte. L’uso “frequente” è scarso fra le persone oltre i 65 anni, ma anche questo segnale (come altri che vedremo più avanti) conferma il fatto che i vecchi non sono tutti uguali, non sono tutti irrimediabilmente condizionati dall’abitudine – né sempre ostili alla sperimentazione di nuove risorse.



La radio

La disponibilità è praticamente totale. Quasi tutti hanno una radio (spesso più di una). Ma non tutti la ascoltano. Secondo i dati Istat la frequenza di uso della radio è in aumento, ma il numero totale di persone che la ascoltano tende ad assestarsi intorno al 63 %. L’analisi (più recente) del Censis indica una media generale un po’ più alta (64 %) con notevoli differenze secondo l’età. La percentuale di persone che dicono di ascoltare la radio diminuisce continuamente – dall’81 % fra gli adolescenti al 48 % dai 65 anni in su. Questo è il quadro in base alla frequenza d’uso.


Frequenza di ascolto della radio
per fasce di età
percentuali sul totale in ciascuna categoria

radio


Si rileverebbe un maggiore ascolto se si considerasse un’abitudine abbastanza diffusa, specialmente fra le persone che trascorrono più tempo in casa: ascoltare il televisore come se fosse una radio – cioè lasciarlo acceso anche quando non lo si guarda. L’uso della televisione “come sottofondo“ è scarso fa gli adolescenti, ma sale progressivamente con l’età dal 21 % fra o giovani adulti al 29 % dai 65 anni in su. L’abitudine è più frequente fra le donne (più specificamente, per motivi abbastanza ovvi, fra le “casalinghe“ – che, nonostante l’evoluzione del ruolo femminile, sono ancora il 35 % delle donne in Italia).

Nonostante questa “invasione di campo“, la radio è il mezzo di informazione, svago e “compagnia“ più spesso usato dopo la televisione. L’uso prevalente della radio, per tutti, è ascoltare musica. Decresce gradualmente dai trent’anni in poi, ma rimane dominante in tutte le età. A un livello più basso cresce, in senso inverso, l’ascolto della radio come fonte di informazioni.

Fra le persone dai 65 anni in su la radio (48 %) rimane il mezzo di informazione e svago più diffuso dopo l’onnipresente televisione e prima della stampa periodica (45 %) e quotidiana (44 %).





Sull’evoluzione e diffusione dei “mezzi audiovisivi”
vedi anche le analisi riguardanti la televisione e la radio in
Cenni di storia dei sistemi di informazione e comunicazione




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