le imprese e l'internet



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Il valore delle relazioni

Per cominciare sull’importante argomento delle relazioni in rete vorrei cedere la parola a uno dei miei autori preferiti. Nel suo articolo Customer service (21 giugno 1999) Gerry McGovern diceva:

L’e-commerce è più impegnativo di quanto si possa pensare. Si parla dell’internet come di un fantastico strumento commerciale che permette di vendere al mondo intero a costi enormemente ridotti. Troppo facile per essere vero? Si, lo è.

Molti sovrastimano largamente l’internet come strumento di commercio, mentre sottostimano i costi di una vera operazione commerciale online. Non si diventa “e-commerce enabled” mettendo su un sito con un server sicuro. Non basta essere “on the web” per diventare miracolosamente un’impresa globale e far sparire improvvisamente – magicamente – tutti i problemi della vendita in mercati stranieri – o anche solo nel mercato interno. Smettiamo di sognare e guardiamo la realtà.

Uno studio condotto in 11 paesi da Consumers International e pubblicato nel giugno 1999 dice che «benché comprare beni sull’internet possa dare vantaggi ai consumatori offrendo convenienza e scelta, ci sono ancora molti ostacoli da superare prima che i consumatori possano acquistare in rete con fiducia». «Se le persone non si sentono sicure e tranquille con il commercio elettronico, non useranno l’internet e tutte le rosee previsioni sullo sviluppo commerciale della rete non si avvereranno» ha osservato il ministro americano del commercio, William Daley.

Non basta vendere per sviluppare le vendite, come sanno bene tutte le imprese di successo. Perciò mi sorprende che persone normalmente ragionevoli perdano la testa quando si tratta di e-commerce. Parlano animatamente di quante occasioni apre e di come ridurranno i costi a un centesimo di quelli attuali.

Sì, l’occasione c’è; è grande e aperta. Ma sembra che ogni imprenditore e il suo cane si stiano precipitando a cercare di approfittarne. È un mondo di cane-mangia-cane – meglio stare attenti. L’internet non è la pietra filosofale. I costi sono costi. Ciò che succede con la rete, come nell’information technology, è che i costi non si eliminano, si spostano. L’IT in certe aree ha ridotto i costi, ma ha ridotto anche la fedeltà dei clienti; così aumenta il costo di trovare nuovi consumatori. L’internet fa la stessa cosa. Ci sono imprese che investono milioni e milioni (di dollari) per costruire e mantenere le loro marche nell’affollato ambiente online. Possono aver bisogno di meno personale per gestire i siti web; ma chi lo sa fare costa caro ed è difficile trovarlo. L’automazione non è tutto. Come dimostra efficacemente lo studio di Net Effect, le persone desiderano comunicare con altre persone prima di fare un acquisto. Se l’e-commerce non diventa reale (cioè umano) le relazioni con i clienti saranno il suo tallone d’Achille.

Questa analisi mi sembra importante perché porta a un’inevitabile conclusione: la relazione è ciò che conta. E anche perché ci conferma che il problema non è solo italiano. Il gigante (reale o immaginario) del “commercio elettronico” mondiale ha ancora i piedi d’argilla. Il gioco è aperto, quasi nessuno ha le idee chiare; solo Amazon e pochi altri hanno una reale, consolidata esperienza.

Donna Hoffman e Thomas Novak della Vanderbilt University, che per anni hanno dedicato molta attenzione a studi sulla rete, definivano il problema nel loro documento Trustbuilders vs. trustbusters dell’11 maggio 1998.

I consumatori online vogliono uno scambio basato su un esplicito contratto sociale costruito sulla fiducia. Ma i siti web commerciali sono i propri peggiori nemici. Contrariamente alle opinioni diffuse, sconti, accessi ai siti e servizi a valore aggiunto non incoraggiano i consumatori a rivelare informazioni. La maggior parte degli utilizzatori di siti web non è interessata a vendere i propri dati personali in cambio di incentivi monetari o privilegi di accesso. I consumatori non considerano le informazioni personali come una merce di scambio, contrariamente a ciò che credono molti operatori commerciali in rete.
Perciò il modo più efficace per sviluppare relazioni con i clienti online è guadagnarsi la loro fiducia... Sembra una cosa semplice, ma permettere che l’equilibrio del potere si sposti a favore del cliente si dimostra difficile per molte imprese perché è radicalmente in contrasto con le pratiche di business tradizionali.

C’è un’obiezione, che ho sentito spesso. Le imprese devono far tornare i conti. Gestire bene le relazioni con un gran numero di clienti è impegnativo e costoso. Chi, specialmente in Italia, se lo può permettere? La risposta non è sempre facile. Ma un fatto è chiaro: siamo davanti alla classica equazione problem-opportunity. Coltivare efficacemente le relazioni può sembrare complesso e difficile; ma dà grandi vantaggi a chi ci riesce. La soluzione sta nella flessibilità. In rete si può procedere per tentativi graduali; e ognuno può definire il suo ambito di azione che, soprattutto all’inizio, si può basare su un numero limitato, quindi gestibile, di relazioni.

Inoltre, puntare sulla fiducia e sulla qualità della relazione non è solo un modo di gestire il dialogo diretto. È un modo di pensare, una disciplina, un atteggiamento, che possiamo far percepire anche a quelle persone che non cercano un colloquio con noi. Anche chi non scambia messaggi personali con l’impresa ha molti modi per capire com’è impostata la relazione: giudicando da come sono presentati i contenuti e le offerte, da ciò che pensano altre persone che hanno avuto rapporti con quell’impresa e soprattutto dai fatti concreti: cioè dalla qualità del servizio.




schema

Questo schema è tratto dal libro di Kevin KellyNew Rules for the New Economy.
Riassume in modo estremamente semplificato l’effetto di “moltiplicazione” delle relazioni.


Nel sistema delle relazioni, può essere molto utile incoraggiare il dialogo
fra persone anche al di fuori dello spazio controllato dall’impresa.
Un cliente soddisfatto del servizio, con cui abbiamo stabilito un buon rapporto,
trasmette la sua esperienza a molti altri; si instaura così un circuito di diffusione
della conoscenza, e di propensione all’acquisto, anche senza che l’impresa
debba “farsi carico” di gestire direttamente tutte le relazioni.



schema

Questo modello, benché più complesso di quello proposto da Kelly,
è schematico, riduttivo e “semplicistico” rispetto alla complessità
e variabilità delle relazioni in una situazione reale.


I modelli più efficienti di uso della rete derivano dalla collaborazione sinergica
di diverse comunità, che arricchiscono continuamente il patrimonio di conoscenze
e di relazioni dell’impresa e si basano sull’utilità reciproca fra tutti i partecipanti.




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Questo è il capitolo 8 (di 32)
del libro Le imprese e l’internet
di Giancarlo Livraghi e Sofia Postai
L’indice si trova su
http://gandalf.it/upa/
 


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