L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 11
Giovani e vecchi online


Una delle più stolide e false leggende sull’internet è che la rete sia popolata soprattutto di ragazzini. Non è vero. Fin dagli inizi c’erano in prevalenza persone adulte. In Italia, fino al 1998, gli “utenti” della rete erano prevalentemente fra i 25 e i 54 anni (ancora oggi sono le persone più attive in rete). Ora sta aumentando il numero dei giovani, ma c’è e continua a crescere una larga base di utenti adulti. La rete non è mai stata, e non sarà mai, un mondo dominato dagli adolescenti.

È vero che chi ha cominciato a usare un computer (anche solo per giocare) quando aveva quattro o cinque anni ha un approccio all’elettronica molto diverso da quello degli adulti. Una familiarità più immediata, un modo più “naturale” e spontaneo di usare le tecnologie. Per loro un computer non è un complesso apparato elettronico, è un “coso che fa cose” come qualsiasi altro arnese di uso abituale.

(Vedi a questo proposito le osservazioni di una ragazza di 12 anni nell’epilogo di La coltivazione dell’internet).

Ma non è solo una questione di età. Ci sono persone adulte con una visione altrettanto pragmatica delle tecnologie. Strumenti per “fare cose”: l’importante è solo che le facciano nel modo più adatto alle nostre esigenze. Quando in Italia, trent’anni fa, nacquero le prime lavatrici “superautomatiche”, c’erano famiglie riunite davanti all’oblò a guardare affascinate la biancheria che girava. Oggi c’è chi maneggia un forno a microonde come se fosse una vecchia caffettiera. E non è un ragazzino, né un appassionato di tecnologia.

In varie relazioni sullo sviluppo dell’internet negli Stati Uniti abbiamo sentito raccontare episodi interessanti. Una signora di 70 anni che insegna a una sua amica di 80 come collegarsi. Strano? No. Cose di questo genere succedono anche in Italia, più spesso di quanto si immagini. Chi ha più tempo libero, qualche minor facilità a muoversi, spazio per cercare nuove idee e nuove attività... chi è uscito, per motivi famigliari e di lavoro, dalle vecchie abitudini... deve rassegnarsi a guardare la televisione o giocare a carte? O può cercare nuovi modi per esprimersi e comunicare?

In una società come la nostra, dove il numero degli anziani continua a crescere, diventa sempre più importante offrire spazi di partecipazione, di non isolamento. La rete può avere un ruolo fondamentale. Fra l’altro, serve a superare i pregiudizi, a uscire da un “ghetto di età”. Un dialogo privo di immediata presenza fisica rende più facile scoprire come spesso un vecchio abbia una mente e uno spirito più giovane di tanti giovani.

È difficile, si pensa, che un vecchio impari cose nuove. Non è vero. Molte persone che oggi sono vecchie hanno imparato nella loro vita a usare macchine assai più complesse e difficili che un computer o un modem. Basta un po’ di pazienza – soprattutto il superamento di diffidenze e perplessità iniziali.

Fra i tanti esempi possibili c’è una mia storia personale. Un mio amico ha 75 anni. Tre o quattro anni fa gli venne l’idea di far nascere una corrispondenza fra noi. Abitiamo tutti e due a Milano. Sarebbe facile telefonarci; e ogni tanto, comunque, ci vediamo. Ma c’è un certo fascino nel ritrovare il piacere della corrispondenza, nel poter scrivere quando il momento ci ispira, leggere quando abbiamo la pausa giusta, evitare l’intrusione del telefono che squilla. Così cominciammo a scambiarci lettere, alla maniera antica: carta, busta e francobollo. Il gioco durò un paio d’anni; poi lo convinsi a trasferire il nostro “epistolario” online. All’inizio fece molta resistenza. Si sentiva tecnicamente incompetente, ironizzava sulle palesi stupidità del software, soffriva per gli inevitabili errori che tutti qualche volta facciamo. Ma in pochi mesi la posta elettronica divenne anche per lui un mezzo naturale; ora non solo continua il dialogo con me ma è in corrispondenza con mezzo mondo.


* * *


La rete che dobbiamo desiderare è quella in cui tutti possano stare insieme. I ragazzini, che non c’erano ma stanno cominciando ad arrivare. Le mamme e i papà (anche perché siano in grado di capire che cosa fanno i loro figli quando si collegano). E i “nonni”, cioè i vecchi, liberati da molti dei vincoli e dei pregiudizi che imprigionano la loro condizione.

Utopia? Proprio no. Una realtà possibile, che dovremmo incoraggiare e favorire in tutti i modi. Prima di tutto (non mi stancherò mai di ripeterlo) con la diffusione di una cultura più umana e meno bizzarra a proposito di telematica.


* * *


E infine... i “poveri”. È un grave errore considerare la rete come un privilegio dei paesi ricchi e delle persone “abbienti”. Saper comunicare, trasmettere e ricevere informazioni, è una risorsa importantissima per chi vuole espandere il suo orizzonte, di vita o di lavoro: per chi è emarginato nella nostra società, o vive in paesi a più basso sviluppo tecnico-industriale. In Italia le barriere economiche stanno cadendo; comincia a estendersi l’uso della rete anche fra persone con un reddito relativamente basso. (Vedi la sezione dati). Ma su scala mondiale la separazione rimane profonda. Ci sono paesi quasi completamente isolati; altri in cui l’uso della rete è ristretto a pochi privilegiati. Più di nove decimi dell’umanità sono ancora esclusi dai nuovi sistemi di comunicazione.

Superare questa barriera è uno degli strumenti fondamentali per cominciare a colmare l’abisso fra gli “abbienti” e “non abbienti” di informazione e di dialogo. Sarebbe anche un arricchimento, per tutti noi, sentire più spesso la voce di culture diverse e di persone che vivono in condizioni diverse dalle nostre.

La definizione information have-nots compare in vari documenti ufficiali. Per esempio nella Dichiarazione di Bonn emessa dalla Conferenza Ministeriale dell’Unione Europea il 7 luglio 1997. Si dichiararono allora “nobili intenti” per risolvere il problema. Analoghi, solenni proclami sono stati emanati dal G8, dall’ONU, eccetera. Ma alle parole non sono seguiti i fatti.

Aprire a queste persone le porte della rete non è un sogno. È una possibilità reale. Occorrono tecnologie “leggere”, solide e stabili: chi ha meno denaro, ed è meno vicino a servizi di assistenza tecnica, non può permettersi di usare macchine e software che diventano “superati” in pochi mesi o in pochi anni e che hanno continue disfunzioni. Ma soprattutto occorre una rivoluzione di metodi, politiche, intenzioni, culture. Sarà difficile che venga “dall’alto”, perché i poteri economici e politici, le grandi concentrazioni della comunicazione, hanno altro per la testa. Ma se ognuna delle tante persone collegate all’internet facesse un piccolo tentativo personale... se si spargesse nel mondo, attraverso quel canale invisibile ma potentissimo che è la molteplicità delle reti e delle relazioni umane, una comprensione più chiara di che cos’è davvero l’internet... potrebbero succedere cose molto interessanti.




Su questo argomento vedi anche

I “giovani” e la comunicazione

I “vecchi” e la comunicazione



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