Offline Riflessioni a modem spento



  Giancarlo Livraghi

    agosto 2010

Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)


“the web is dead”
il funerale immaginario


La maggior parte delle persone (comprese molte che dissertano sull’argomento) non vede alcuna differenza fra “internet” e “web”. La cosa, in pratica, è sensata. Perché la rete è un insieme in cui convivono tecnologie diverse. E (per fortuna) si possono usare varie risorse senza neppure accorgersi della loro esistenza. Ma quando si tratta di descrivere ciò che sta accadendo, e cercare di capirlo, occorre essere un po’ meno superficiali. Che significato ha il servizio di copertina in Wired del 17 agosto 2010?

copertina

L’immagine che apre il dibattito è ancora più aggressiva.

teschio

Ma il titolo dell’articolo è un po’ diverso.

titolo
 

Che cosa vuol dire? Che si augura “lunga vita” all’internet (infatti continua a crescere). E invece è morta, o sta morendo, una cosa chiamata “web”. Non è una novità. Si erano dette cose del genere dieci anni fa. Prevedendo che il sistema web sarebbe stato sostituito da qualche, non bene identificata, altra tecnologia. I fatti hanno dimostrato che quell’ipotesi era infondata allora. Così come non ha alcun credibile significato oggi.

Un fatto curioso è che questa funebre visione si va a scontrare con un’altra, non meno assurda, che per anni ha disquisito su un immaginario “web 2”. Se si trattasse di quello, la risposta sarebbe facile. Non può morire, perché non è mai esistito.

Naturalmente tutto è possibile, forse un giorno i sistemi cambieranno, ma nulla di ciò che possiamo osservare indica che la tesi di Wired sia sostenibile. Ovviamente ha suscitato dissensi e polemiche. Ma tutto quel dibattito sarebbe da dimenticare, come una delle tante chiacchiere insulse, se da un po’ di approfondimento non si potessero ricavare alcune osservazioni interessanti.

Mi annoia ritornare, per l’ennesima volta, sul tema delle bufale e bizzarrie che infestano tutta la cosiddetta informazione – in particolare quella che riguarda l’internet. E spero di non annoiare troppo i miei lettori.

Pochi giorni fa, qualche voce di buon senso mi ha permesso di dire che finalmente si sta cominciando (anche se non abbastanza) a capire quali siano i percorsi più ragionevoli nello sviluppo dei sistemi di informazione e comunicazione. Ma l’onda delle scempiaggini e delle distorsioni è ancora molto alta.

Si può dividere la rete in due settori, basati su due tecnologie, di cui una si chiama internet e l’altra web? Decisamente no. In pratica è un sistema che non è totalmente intercomunicante, ma per fortuna offre abitualmente una buona gestibilità anche quando sono coinvolte diverse teconologie, protocolli e sistemi.

Ci sono funzioni, largamente usate, che tecnicamente non sono né “internet” né “web”. Per esempio FTP (file transfer protocol) che esiste dal 1974 (cioè quattro anni prima di “internet” e diciassette prima di “web”). Quasi nessuno sa che c’è, quasi tutti lo usano abitualmente – e, visto che funziona, va bene così.

Anche l’e-mail, “posta elettronica”, che oggi si basa sul “protocollo” internet, era nata prima (1974) – e anche quella continua a funzionare, con alcuni pasticci e inconvenienti dovuti non alla tecnologia in sé, ma ai sistemi che la gestiscono (o alle persone e organizzazioni che la usano male).

L’elenco delle tecnologie e dei sistemi che “convivono” nella rete potrebbe essere parecchio più lungo, ma sarebbe inutilmente noioso. Il punto è che prima di celebrare il funerale di qualcosa sarebbe opportuno avere un’idea meno confusa di che cos’è.

La tesi di Chris Anderson e Michael Wolff, gli autori dell’articolo The Web Is Dead, si basa su questo bizzarro grafico. Un tipico esempio di quei pasticci che sono ben descritti in Mentire con le statistiche di Darrell Huff.

grafico
copyright © 2010 Wired
 

Qual è la “unità di misura”? La quantità di “banda” occupata. Così si trascura un fatto fondamentale. Alcuni usi della rete provocano un “carico” molto pesante. Altri no. (Vedi Le malefatte della bandalarga).

Per esempio: questo grafico ci mostra una progressiva estinzione dell’e-mail. Il dato è grossolanamente falso. La “posta elettronica”, ovviamente, continua a crescere (come, in generale, la rete – vedi dati). Ma nel confronto con altre attività, in questo grafico, la corrispondenza online sembra “schiacciata”, perché essendo prevalentemente “solo testo” ha un ingombro molto più basso.

(Per motivi in parte diversi, sono altrettanto insensate le “misure” riguardanti newsgroups e dns).
(Nel caso di ftp è vero, quanto ovvio, che è in disuso come strumento di ricerca – sostituito dai “motori” web – mentre continua a funzionare come “protocollo”).

È ovviamente molto più ingombrante quello che qui è chiamato peer-to-peer (si tratta prevalentemente di scambio di musica) che è in reale crescita (qui sproporzionata per il difetto di base della statistica) ma appare “schiacciato” dall’aumento di video – l’unica categoria che il grafico mostra in aumento, pesantemente esagerata in questa rappresentazione per il suo enorme “consumo di banda”.

Che cosa stanno cercando di dirci? Che l’internet diventerà una succursale della televisione? Ovviamente ad alcuni piacerebbe. Ma per fortuna non c’è alcuna indicazione di una tale tendenza. Si può anche immaginare la rete si possa usare come “cinema domestico”. In parte sta accadendo. Ma nulla indica che sia, o possa diventare, l’uso dominante.

Questo grafico serve solo a una cosa: a mostrare quanto sia insensato il criterio di misura – e di conseguenza ogni deduzione che se ne possa ricavare.

Perciò possiamo tranquillamente dimenticare funebri previsioni. Ma il fatto importante è un altro. Prima di tentare qualsiasi deduzione da ciò che leggiamo, è bene non solo verificare che senso abbiano dati e statistiche, ma anche diffidare di ogni “sensazionale” affermazione se non trova conferma in qualche valutazione credibile.

Anche quando appare su una testata considerata “autorevole” sull’argomento – come, in questo caso, Wired. Che anch’io, dieci o quindici anni fa, stupidamente credevo più “affidabile” di quello che è. Per poi scoprire che devo stare molto attento prima di poterla considerare una “fonte attendibile”.

Insomma, cari lettori e care lettrici, non fidatevi “troppo” di nessuno. Neanche di me. Perché posso, come tutti, sbagliare. E perché in tutto quello che scrivo non ho mai l’intenzione di offrire “certezze”. È già molto se (come, per fortuna, succede spesso) riesco a suscitare qualche dubbio – o a dare qualche stimolo perché ognuno si possa fare la sua opinione.




Post scriptum
Una voce di buon senso

L’insensatezza delle pseudo-satistiche di Wired non è sfuggita ad altri osservatori.

Per esempio un articolo di Rob Beschizza in Boingboing non solo demolisce, con ragionevoli analisi, le ipotesi funeree, ma propone anche una diversa interpretazione del grafico.
 

grafico
copyright © 2010 Rob Beschizza boingboing
 

Non è il caso di entrare nei dettagli, che (come accade sempre con le statistiche) potrebbero suscitare qualche perplessità anche in questa “variazione sul tema” (che fra l’altro, come quella di Wired, riguarda solo gli Stati Uniti e non è “automaticamente” applicabile al resto del mondo).

Lo stesso autore, correttamente, spiega che il suo grafico “rozzamente normalizzato” non può avere la pretesa di rappresentare adeguatamente le tendenze. Ma un fatto è chiaro. In sostanza questa variante è molto più credibile. E comunque dimostra come, sullo stesso argomento e con gli stessi dati, ci possano essere interpretazioni molto diverse.




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