Offline Riflessioni a modem spento


Fibrillazione
e schizofrenia
non aiutano a capire

marzo 2002

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



Fin da quando i “grandi mezzi di informazione” hanno cominciato a occuparsi dell’internet (cioè da sette o otto anni) c’è stata una ripetuta alternanza di trionfalismo e depressione. Le onde di hype (o e-xaggeration, come dice l’Economist) sono inevitabilmente seguite da delusioni (hangover, o dopo-sbornia). Da qualche tempo le due tendenze si sono accavallate. Si è entrati in una specie di fibrillazione o di schizofrenia, in cui si dice contemporaneamente una cosa e il suo contrario. Questo non è un sintomo di salute – e ovviamente non aiuta a capire.

Spero che un contributo alla chiarezza possa venire da alcuni dati aggiornati sull’internet nel mondo, in Europa e in Italia che si trovano nella sezione dati di questo sito (e di cui c’è una sintesi nel numero del 27 febbraio della rubrica “il mercante in rete”). I “profeti di sventura” sono smentiti da una continua crescita dell’attività in rete. Ma un’altra tendenza mostra segnali di debolezza: nel 2001 il numero di persone collegate in Italia ha una crescita molto modesta (è quasi statica nella seconda metà dell’anno). Ci sono analoghi segnali di rallentamento in altri paesi. I “pessimisti” dicono: «vedi che avevamo ragione?» – ma la successione degli eventi ci dice che la sequenza di “causa ed effetto” è al contrario. Sono le insistenti proclamazioni di “crisi” dell’internet (oltre alle delusioni che derivano da promesse esagerate) che hanno provocato un minor afflusso di persone online. Non viceversa.

Ci sono notizie che non riguardano l’internet ma aiutano a capire i veri motivi della cosiddetta “crisi”. Il clamoroso crollo di Enron è tutt’altro che un caso isolato. E dimostra come le deformazioni speculative non siano una caratteristica della cosiddetta new economy.

Anche il caso curioso di un fallimento che rivela magagne profonde in una corrotta pseudo-reglione come “Hare Krisna” è un sintomo di una sindrome che affligge, da molti anni, parecchie organizzazioni di quella specie. Per non parlare dei “santoni” e “veggenti” della finanza...

Ci sono notizie confuse, come sempre, sul cosiddetto “commercio elettronico”. Nel 2001 c’è stato un po’ meno fracasso, rispetto agli anni precedenti, sulle mirabolanti previsioni e aspettative delle vendite natalizie online. Ma ci sono state notizie a posteriori confuse e contraddittorie. Un aumento, rispetto al 2000, di circa il 15 per cento non è gran cosa. Alcuni l’hanno descritto come un fantastico successo, altri come una catastrofe. La verità è più semplice: quasi nulla è cambiato, c’è assai poco di nuovo. Come sempre, si sono comprati online soprattutto hardware, software e libri. Fra i fornitori di maggior successo, anche in Italia, c’è di nuovo Amazon.

La più famosa e “storica” impresa di e-commerce è tornata all’onore delle cronache: finalmente dichiara un utile. Da un paio d’anni, se parlavo di Amazon ero spesso zittito con sorrisi sarcastici. «Non fa profitti, sta per fallire». Invece sono falliti altri, che sembravano invincibili successi. Amazon probabilmente avrebbe fatto un profitto molto prima se non si fosse avventurata in terreni un po’ troppo lontani dalla sua identità. Ora che i conti tornano... si conferma come un invincibile e indiscusso leader? Forse no.

In un’intervista di due anni fa Jeff Bezos diceva:

I clienti ci sono fedeli se non approfittiamo della loro fiducia. Non ci si può riposare sugli allori. Se diamo qualcosa per scontato diamo un disservizio ai nostri clienti e non è giusto che ci siano fedeli. I clienti ci sono fedeli fino all’istante in cui qualcun altro offre un servizio migliore. Si vive o si muore in base all’esperienza che il cliente ha di noi.

Fin che ha mantenuto fede alle sue promesse i risultati l’hanno premiato. Ma ora sembra che il successo gli abbia dato alla testa. Amazon si è infilata in un percorso di “personalizzazione” e in altre spinte promozionali che invece di essere servizi ai suoi clienti rischiano di trasformarsi in fastidiosa invasività. Si cominciano a sentire voci di clienti fra i più antichi e affezionati che dicono «se Amazon va avanti a disturbarmi in quel modo farò una prova con qualcun altro». È presto per sapere come andrà a finire, ma potrebbero esserci pericolose fessure nel monumentale palazzo di quello che, fino a oggi, era il più duraturo e solido successo nelle vendite online. Non è raro, nella storia di ogni genere di imprese, che il momento di maggior gloria apparente sia quello in cui si manifestano sintomi di crisi.

Un anno fa, talvolta, dicevo «se proprio volete copiare qualcuno, copiate Amazon o Google». Ma la verità è sempre un’altra. Non è mai bene copiare. L’importante è imparare dagli altri (anche dai loro errori) e cercare di fare meglio. L’internet si nutre di diversità. Quanto più ciascuno riesce a essere se stesso, a esprimere una sua identità diversa e inimitabile, tanto meglio troverà la sua strada nell’infinita diversità della rete. E se oggi si parla tanto di “crisi”, di imbarazzo, di disorientamento... che splendida occasione per chi vuol fare le cose più seriamente, con più calma, più metodo e più impegno.

 



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