Le donne e la rete

Intervista di Caterina Della Torre a Giancarlo Livraghi
in Dol’s “il sito delle donne online”



giugno 2011


Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)
 


copyright © The Economist – December 2005
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L’immagine riguarda un articolo del gennaio 2006
L’evoluzione dell’evoluzione.
C’è un nesso fra il tema di questa intervista
e il ruolo delle donne in tutta l’evoluzione umana.



Da quanto tempo segui il web?

Sono online da vent’anni. Cioè da quando l’internet era accessibile solo a “pochi eletti” in alcune università – noi del “profano volgo” andavamo per bbs e ci arrangiavamo con usenet, telnet, “anonymous ftp” eccetera. Da quindici anni ho un sito web.

Ho cominciato nel 1993 a cercare un metodo per osservare lo sviluppo dell’internet, a partire dalle sue origini, per un libro su cui stavo lavorando (la prima edizione è uscita nel 1995). Avevo promesso di aggiornare i dati online – e l’ho fatto, continuando fino a oggi, con serie storiche che risalgono alle origini e arrivano ai dati più recenti.

È sempre stato un compito difficile, per la scarsità di dati coerenti (e per la confusa abbondanza di stime e proiezioni che si sono rivelate prive di senso). Con anni di esperienza, controlli e verifiche sono arrivato ad avere e pubblicare analisi che (pur con l’incertezza che c’è sempre in ogni genere di statistiche) permettono di valutare sviluppi nel tempo, e differenze fra paesi e continenti, in modo significativo e confrontabile.

Per dare un’idea del cambiamento: trent’anni fa, nel 1981, c’erano, al mondo, 213 host internet. Si è arrivati a più di mille nel 1984, centomila nel 1989, un milione nel 1992, cento milioni nel 2000. Erano 818 milioni nel dicembre 2010, non è improbabile che possano arrivare a un miliardo nel 2012. In Italia 1.500 host nel 1991, più di 24 milioni nel 2010. Se la tendenza continuasse potrebbero essere 26 milioni alla fine del 2011.

Nel 1995 i siti web nel mondo erano meno di 20.000 – ora (giugno 2011) sono 346 milioni (ma solo il 30 per cento, poco più di 100 milioni, risultano “attivi”).

Si può stimare che le persone online in Italia fossero circa un milione nel 1997 (“parecchio” meno in anni precedenti – poche decine di migliaia fino al 1994). Ora risultano essere, secondo la frequenza d’uso, fra i 23 e i 26 milioni. (Non è il caso di lasciarsi “trarre in inganno” dalla somiglianza dei numeri – hostcount e persone online sono misure del tutto diverse).

Ma siamo ancora agli inizi, molto lontani da ogni immaginabile “soglia di saturazione”. C’è un’ampia possibilità di crescita. In generale nel mondo, in particolare in Italia. (Vedremo alcuni dati, riguardanti le donne, nella risposta alla quinta domanda).


 

Quando sono apparse le donne?

Le donne ci sono sempre state. L’impronta “maschile” della rete era dovuta alla tradizionale prevalenza di uomini in alcune scienze, come la fisica (nonostante il caso illustre di Marie Curie) e le l’elettronica (benché ci sia l’esempio storico di Lady Lovelace, cioè Ada Byron – che nel 1848, quando le macchine da calcolo erano meccaniche, aveva intuito lo sviluppo nella cultura e nella comunicazione che si è realizzato 130 anni più tardi con la nascita dell’internet).

Non si può tracciare una storia della rete senza trovare rilevanti contributi femminili. Un esempio fra tanti... un testo fondamentale sull’argomento è The Origins of the Internet (1996). Scritto, insieme, da una donna e un uomo: Katie Hafner e Matthew Lyon. Se ne potrebbero citare di più, ma qui mi limito ad altri due. Sul tema della netiquette (che sarebbe opportuno ricordare più spesso) il primo documento sistematico era di due uomini, Norman Shapiro e Robert Anderson, nel 1985. Ma i più interessanti libri di riferimento sono di due donne. Net Etiquette di Virginia Shea (1994) e User Guidelines and Netiquette di Arlene Rinaldi (1996).

Anche se non tutte in ruoli cosí visibili, le donne c’erano, fin dalle origini. “In minoranza” per numero, ma non per impegno e qualità della loro presenza.

Insomma in ogni fase di sviluppo della rete (come di ogni evoluzione umana dalle origini della specie ai nostri giorni) il ruolo delle donne è sempre rilevante, anche quando è meno conosciuto e poco “appariscente”.


A quale tipologia appartenevano?
Professioniste, appassionate, tecnologhe?

Ci sono sempre state, in rete come in ogni sistema di comunicazione, “tipologie” diverse. E non classificabili per “genere”. Agli inizi ci sentivamo un po’ “speciali”, perché eravamo pochi (e poche). Con la rete ho conosciuto molte persone interessanti. Alcune sono diventate amicizie, continuate anche incontrandoci personalmente, che durano tuttora. In altri casi è accaduto che con l’internet si ritrovassero persone con cui si erano persi i contatti. Eccetera. Ma si è capito fin dagli inizi che in rete c’è di tutto – comprese persone e situazioni sgradevoli, da cui è necessario imparare a districarsi.

Professioniste? Si, nel senso di donne che lavorano in ufficio o comunque in una varietà di professioni (rare agli inizi, ancora oggi in minoranza, le “casalinghe”).

Tecnologhe? Non molte, nel senso di tecnologia informatica. La “tecnomania” era allora, ed è ancora oggi, un comportamento più spesso maschile. Appassionate? Chi più, chi meno – secondo gli argomenti. Ma senza rilevanti differenze fra uomini e donne.

Per il resto... preferisco evitare ogni tentativo di definire le persone per “categorie”. La ricchezza della comunicazione in generale – e in particolare nella rete – sta nell’infinita varietà dei caratteri e delle capacità individuali.

Fra le cose più “longeve” che ho scritto c’è un breve testo pubblicato nel 1997 e intitolato L’anima e il corpo – conoscersi in rete. È stato tradotto in nove lingue. (Forse c’è qualche gentile volontaria che ha la capacità, il tempo e la voglia di tradurlo in una decima o undicesima? Mi divertirebbe allargare la collezione e conoscere le opinioni di altre persone di diverse culture). Il fatto interessante è che dopo quattordici anni continua a circolare in mezzo mondo. Non è un caso che siano donne quelle che mi scrivono più spesso su questo argomento.


E ora?

La rete continua a crescere. E ci sono ancora grandi spazi di sviluppo – non solo “quantitativi”. Sono passati meno di quindici anni da quando l’internet e il sistema web hanno smesso di essere una risorsa “per pochi” e hanno cominciato a diventare “per molti” (anche se non ancora “per tutti”). La “svolta”, nel 1997, è avvenuta in Italia quasi contemporaneamente agli Stati Uniti e ad altri paesi “evoluti” – ma ci sono differenze nelle velocità e nei modi di sviluppo.

Comunque si tratta di tempi molto brevi rispetto alla storia dell’umanità. Per quanto onnipresente ci possa sembrare la rete, siamo appena agli inizi della sua evoluzione. Oltre alle analisi sullo sviluppo dell’internet, dalle origini a oggi, nel sito Gandalf c’è anche una cronologia dal 1701 al 2011 .

Per quanto riguarda specificamente il numero di persone online in Italia, ai parecchi disponibili online ho aggiunto quattro grafici, apposta per questa intervista, riferiti alla presenza femminile. Intenzionalmente semplificati, per rendere più evidenti le linee di tendenza. Cominciamo con il numero totale di donne che usano l’internet in Italia, dal 2000 al 2010.

 Donne online in Italia
2000-2010
(Numeri in milioni)

 
L’uso “frequente“ si riferisce a persone che “dicono di
essersi collegate almeno una volta negli ultimi sette giorni”.
 

La crescita c’è. Ed è notevole. In un periodo in cui poche statistiche danno segnali in aumento, è difficile trovare qualsiasi dato che sia quintuplicato in dieci anni. E la tendenza ha tutta l’aria di voler continuare con notevole velocità.

Non è il caso di entusiasmarsi per le “cifre tonde”, ma è probabilmente vero che il numero totale di donne che usano l’internet in Italia ha superato i 10 milioni nel 2010 – benché in questa cifra ci sia ancora una componente significativa di uso “occasionale” o poco frequente. È comunque chiaro che ci sono ancora ampi spazi di sviluppo, non solo quantitativo, ma anche nei modi di usare efficacemente la rete.

Vediamo un confronto, anche questo intenzionalmente semplificato, fra le percentuali di donne e uomini online in Italia dal 2001 al 2011.

 Uomini e donne online
Italia 2000-2010
(Percentuale sul totale “utenti internet”)

 

Mancano dati affidabili per un’analisi più dettagliata, ma è ragionevole credere che la parità sia raggiunta, o molto vicina, in alcune categorie – per esempio nei più alti livelli scolastici. Dal 2006 sono costantemente in maggioranza le donne fra le “nuove” persone online, cioè quelle che “hanno cominciato a collegarsi” in anni più recenti.

Non è mai prudente azzardare proiezioni aritmetiche, ma se la tendenza continuasse con lo stesso andamento le donne sarebbero il 50 per cento delle persone online in Italia nel 2015. E la “vera parità” (considerando il fatto che le donne sono fra il 51 e il 52 % della popolazione) si raggiungerebbe nel 2016 o 2017.

Insomma tutto va bene, basta lasciare che la tendenza continui? In parte è vero. Ma la cosa non è così semplice.

Nel terzo grafico vediamo un confronto internazionale. Sono scarsi i dati paragonabili in modo coerente. Uno studio specifico dell’Unione europea risale al 2007. Negli anni seguenti, come abbiamo visto, è aumentato il numero di donne online in Italia – ma non in misura tale, almeno finora, da poter migliorare rispetto agli altri paesi europei.

Per una lettura più facile e immediata questo grafico si limita ai sette paesi dell’Unione europea con più di 10 milioni di persone che usano l’internet – con l’aggiunta dell’Islanda perché la “pietra di paragone”: rispetto alla popolazione è il paese più evoluto dell’Europa, e del mondo, per uso dell’internet e per attività online. (Grafici per 28 paesi, cioè tutta l’Unione Europea più l’Islanda, sono nella pagina dedicata ai dati Eurostat.

Vediamo la percentuale di donne in rete, rispetto alla popolazione, suddivisa in tre gruppi di età: da 16 a 24 anni, da 25 a 54 e da 55 a 74. Si tratta di uso “relativamente frequente”, cioè “almeno una volta alla settimana”.

 Donne online in otto paesi
(Percentuali sulla popolazione)


 

La debolezza dell’Italia non riguarda solo le donne. Vediamo, per confronto, lo stesso grafico, dalla stessa fonte, riferito agli uomini.

 Uomini online in otto paesi
(Percentuali sulla popolazione)


 

Fra le donne più giovani già nel 2007 si era già raggiunta la parità, rispetto allo stesso dato per gli uomini, in Islanda, Olanda, Gran Bretagna, Spagna e Polonia – e in parecchi altri paesi europei. Ma, secondo questa fonte, non in Italia. Nelle età più adulte rimane, in tutti i paesi, una differenza di “genere”, ma anche quella si sta attenuando.

Anche in rapporti Eurostat più recenti l’Italia risulta arretrata. Al 26o posto, per percentuale di persone online, fra 31 paesi (di cui 27 nell’Unione europea). E ancora sotto la media. Per inquadrare i dati specifici nella situazione generale, vediamo in sintesi la percentuale complessiva di persone online negli stessi otto paesi (aggiornata al 2010).

 Persone online in otto paesi
(Percentuali sulla popolazione)


In anni recenti la Francia ha superato la Germania
 

Le statistiche dell’Unione europea sembrano, in confronto con altre fonti, sottovalutare lo sviluppo dell’internet in Italia. Ma anche se si usassero dati più “ottimistici” sarebbe inevitabile la constatazione di arretratezza rispetto ai paesi più evoluti.

Merita un approfondimento il tema delle età più avanzate. Solo in alcuni paesi (per esempio gli Stati Uniti) si trova qualche sporadica analisi da cui risulta una crescente presenza online di persone (in particolare donne) anche oltre i 75 anni. Comunque, per quanto trascurato e poco approfondito, il fatto c’è – ed è importante.

Conosco casi interessanti di signore, anche in Italia, che hanno cominciato a collegarsi quando avevano ottant’anni e sono diventate molto più brave dei loro mariti e altri coetanei. È notevole la capacità delle persone (spesso delle donne) di sfatare i luoghi comuni e le interpretazioni superficiali delle statistiche.

La barriera, più che di età (o di tecnologia) è culturale. Accedere alla rete è più difficile, o imbarazzante, per persone con un “basso livello scolastico” o comunque poco abituate a leggere e scrivere. Per una “eredità storica”, in particolare in Italia, questo può essere il caso di donne che, quando erano giovani, erano costrette a un percorso scolastico più limitato. Un’ingiustizia oggi superata, ma di cui rimane ancora qualche “retaggio”.

Su tutto questo potrebbe valer la pena di ragionare più a fondo. Ma intanto non dimentichiamo che l’accesso alla rete può essere “indiretto”. Anche chi non ha mai usato un computer può chiedere a qualcun altro «per piacere vai a vedere se trovi...». Quante persone lo fanno abitualmente? Chissà. Ma certo molte di più di come immagina chi non capisce che l’intelligenza e la curiosità non si lasciano fermare da “barriere tecnologiche”.

Non mi stancherò mai di ripetere che “le vie della rete sono infinite”. E spesso le più interessanti non sono quelle su cui c’è più schiamazzo.


Cosa è cambiato in questi anni?
Più donne? Perché?

È facile rispondere “perché era inevitabile”. Potremmo anche, a questo punto, stare semplicemente alla finestra. La tendenza c’è ed è irrefrenabile. Ma ciò non vuol dire che si debba solo “aspettare che succeda”.

Come abbiamo visto, alla “parità numerica” si arriverà probabilmente, anche in Italia, in quattro o cinque anni. Ma la quantità non è tutto. È importante badare alla qualità.

Occorre fare luce, sgombrare il terreno da elucubrazioni tecniche, leggende scostanti, ipotesi fastidiose come quella che la rete sia soprattutto un pascolo selvaggio di adolescenti in crisi di sviluppo. O, peggio ancora, la bufala imperversante di un immaginario popolo alieno definito “nativi digitali” – che vive, pensa e si esprime in modo incomprensibile agli esseri umani non particolarmente addestrati nella decifrazione gergale.

È molto ragionevole che una donna sensata e pragmatica abbia scarsissima voglia di andarsi a infilare in un ambiente di quel genere. Per fortuna, il problema non esiste – ma che “se ne parli” a vanvera è stupidamente dannoso. Quanto più si diffonderà una conoscenza umana e ragionevole della rete, tante più nuove persone arriveranno che ci aiuteranno a farla crescere con valori interessanti. Ovviamente anche uomini, di tutte le età. Ma in particolare donne.

Sono convinto, da sempre, che “la rete è femmina”. L’ho scritto in un articolo del 1996, un po’ ampliato cinque anni dopo nel capitolo 10 di L’umanità dell’internet.

Non sto a ripetere qui i motivi, scientifici e filosofici quanto praticamente concreti, per cui l’internet è un “ecosistema”, biologico e non meccanico, funziona in modo più simile a un cervello umano che a una macchina – e questo è il motivo per cui funziona bene. Sono caratteristiche che hanno un sostanziale, quanto gradevole, valore “femminile”.

Ma ci sono anche altri motivi per cui “la rete è femmina”. Anche se oggi, in paesi come l’Italia, i ruoli si stanno giustamente evolvendo, con più presenza degli uomini in compiti tradizionalmente femminili, e viceversa, rimane il fatto che sono sempre le donne ad avere nove mesi di gravidanza – e ad essere più spesso impegnate non solo nella cura dei bambini, ma anche in altri impegni famigliari. Se non ci fosse l’internet bisognerebbe inventarla, per mille motivi. Uno dei più interessanti è la possibilità che offre a una donna di continuare nel lavoro, nello studio, nella coltivazione dei suoi interessi culturali, eccetera, anche in quei periodi (o in quelle situazioni) in cui ha meno possibilità di allontanarsi da casa.

Insomma una delle qualità fondamentali della rete è quella di aiutarci ad avere una più continua e più attiva presenza femminile. In ogni genere di dialogo e attività, non solo in quelle che erano tradizionalmente considerate “cose da donne”.


Cosa fanno le donne in rete, maggiormente?
Chat, ricerche, scrivono etc?

Un po’ di tutto. Quello che ho imparato (più dall’esperienza pratica che da discutibili studi o statistiche sull’argomento) è che è poco sensato cercare di “classificare” i comportamenti per “tipologie” demografiche (o anche per presunte categorie socio-psicologiche). Questo è uno dei motivi per cui le “profilazioni” non funzionano. Ma soprattutto, viva la libertà e viva la differenza, ognuno in rete fa quello che gli pare.

Ogni volta che una persona “nuova” nella rete mi chiede consiglio, la prima cosa che dico è sempre “una cosa per volta”. Scegli qual è l’attività che più ti interessa e, all’inizio, fai solo quella. Quando sarà diventata abituale, facile, gestibile senza preoccuparti di tecnicherie (cosa che succede abbastanza velocemente) vai a vedere se c’è qualcos’altro che ti può servire. E poi così, passo per passo...

Tutti cambiano. È raro il caso che qualcuno cominci con una gamma di comportamenti online e, qualche anno più tardi, stia ancora facendo sempre le stesse cose nello stesso modo.

Se proprio volessimo generalizzare, potremmo dire che le donne sono più spesso interessate ai risultati che affascinate dalle tecnologie. I “tecnomani” che conosco, disposti a spendere troppi soldi in vari gadget di cui poi quasi sempre si lamentano, sono tutti maschi (più spesso adulti che adolescenti).

Insomma, care ragazze e gentili signore, non fatevi “indottrinare” da chicchessia su che cosa è meglio fare in rete – e come. Provate e scegliete. L’importante è sempre “farsi una rete su misura”. E non cambiare per “inseguire le novità”, ma sempre e solo scegliendo quello che meglio corrisponde alle nostre intenzioni e ai nostri desideri.

È facile? Spesso si – anche se non sempre, almeno a prima vista. Ma, più si fa pratica, più diventa naturale. Si tratta di capire che la nostra vita online va coltivata, come una pianta. Non “fabbricata” artificialmente secondo le idee di qualche sconosciuto ingegnere o negli schemi di qualche servizio che troppo spesso ha più voglia di condizionarci che di esserci utile. Come sempre, il concetto fondamentale è che le macchine e le tecnologie devono essere al servizio delle persone. Mai viceversa.


Donne e lavoro. C’è lavoro sul web per le donne?

Certamente si. In particolare quando sanno “essere donne”, cioè più pratiche e concrete, più mirate al risultato che agli arzigogoli delle apparenze e ai capricci delle tecnologie.

Ma soprattutto c’è lavoro per le donne con la rete, in ogni sorta di mestieri e professioni. Non è solo il “telelavoro”, ma anche più in generale la possibilità di conciliare meglio il lavoro con la vita personale. Una cosa che finora pochi (soprattutto nelle imprese e nelle organizzazioni, pubbliche o private) riescono a capire.

Il potere e la burocrazia, nella loro ostinata stupidità, non hanno ancora imparato che non si tratta solo di outsourcing. Né di precariato, sfruttamento, arcigno controllo, invadenza spionistica, falsi risparmi, ottusa tecnocrazia. Non capiscono che le risorse offerte dalla rete possono e devono servire soprattutto per il miglioramento di “qualità della vita” – e perciò di motivazione ed efficienza.

Questa è una delle situazioni in cui una diffusione di cultura (e anche, per quanto possibile, di attività concrete) può far evolvere la tendenza e valorizzare una delle più importanti, quanto finora poco realizzate, possibilità offerte da una risorsa come l’internet quando è davvero “interattiva”.

Per tutti. Ma in particolare per le donne, che – in questa come in tante altre cose – possono prendere l’iniziativa e coinvolgere tutta la società civile.


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Continua in
Le donne e la rete – seconda parte


Su “le donne e la rete” c’è anche
un articolo pubblicato nel marzo 2006



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