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I nodi della rete
6 – febbraio 2001


di Giancarlo Livraghi – gian@gandalf.it



Le idee non sono tecnologie
 
La sfida della qualità dei contenuti non si vince con le tecnologie.
Contano solo la qualità e l’impegno delle persone.


 


E così siamo entrati, in punta di piedi, nel “nuovo millennio”. Senza badarci; perché tutte le irrilevanti cose che si potevano dire e fare per l’occasione erano state sprecate ad nauseam un anno prima. E i “profeti” di varia specie non si sono sottoposti alla pericolosa verifica di un controllo immediato.

(Vedi Il millennio in sordina e la bolla mezza sgonfia).

È stato “dimenticato” anche il decimo compleanno della world wide web. Non ritorno sul tema di cui ho già parlato in un precedente articolo – cioè che l’internet è nata molto prima, e probabilmente durerà molto più a lungo, dell’oggi imperante tecnologia web. Ma mi sembra interessante “rievocare” come e perché qualcuno nel 1989 abbia pensato che servisse un nuovo sistema di informazione.

(Il concetto non era nuovo. Somigliava al progetto Memex del 1945 e al Xanadu del 1965. Ma quelle due idee non si erano realizzate in pratica. Al loro posto si affermò, molti anni più tardi, la world wide web – favorita dal fatto che poteva appoggiarsi sul già diffuso e collaudato sistema internet).

Confesso che la scoperta di questo testo non è il frutto di una mia personale ricerca; l’ho trovato nell’interessante articolo Why the web was invented pubblicato da Gerry McGovern il 29 gennaio 2001. Quando nel 1989 si mise al lavoro sul progetto che poi divenne world wide web, Tim Berners-Lee lo spiegò in questo modo ai suoi colleghi del Cern.

Questa è un’eccellente organizzazione. Coinvolge migliaia di persone, di cui parecchie molto creative; tutte lavorano insieme per un fine condiviso. La sua struttura funzionale è una “web” multi-commessa le cui interconnessioni si evolvono nel tempo.

Come ho osservato anche in altre occasioni web non significa “ragnatela”, ma “tela” o “rete”. Infatti i francesi la chiamano, correttamente, la toile (n.d.t.).

In questo ambiente una persona nuova che arriva, o chi assume in nuovo incarico, di solito riceve qualche indicazione su chi sono le persone cui può ricorrere per orientarsi. L’informazione circola nei pettegolezzi di corridoio e in qualche occasionale bollettino. Tutto sommato, funziona sorprendentemente bene, nonostante qualche malinteso o duplicazione di sforzi.
Ma c’è un problema: il frequente cambiamento di persone. L’orientamento dei nuovi arrivati richiede un notevole impegno di tempo, da parte loro e di altri, prima che abbiano un’idea di che cosa sta succedendo. I dettagli di un progetto, qualche volta, sono irrimediabilmente perduti. Spesso le informazioni ci sono ma non si trovano.
Se questa organizzazione si occupasse di un unico, e statico, progetto tutte le informazioni potrebbero stare in un grosso libro. Il fatto è che cambia continuamente con la produzione di nuove idee e nuove soluzioni. Tenere aggiornato un libro diventa poco pratico e il contenuto di quel libro dovrebbe continuamente cambiare.

La soluzione che Tim Berners-Lee proponeva è quella che poi si è diffusa come world wide web. Fin dall’inizio il suo ideatore aveva intuito che non si trattava solo dei problemi interni del Cern.

Il problema della perdita di informazioni può essere particolarmente acuto nella nostra organizzazione, ma in questa e in altre cose siamo un modello in miniatura di come sarà il resto del mondo fra pochi anni.

Infatti, quella soluzione divenne in quattro anni un sistema diffuso nel mondo. Questa è la conclusione che ne trae nel suo articolo Gerry McGovern.

Quelli che il Cern affrontava nel 1989 sono davvero oggi i problemi del mondo. La web ci ha dato un’ottima tecnologia per risolverli, ma da sola non basta. Infatti è diventata una discarica per informazioni scadenti e male aggiornate. Un’erbaccia che soffoca i contenuti di qualità.
La sfida della qualità dei contenuti non sarà mai risolta dalle tecnologie. Il problema continuerà a crescere fino a quando addestreremo le persone a produrre contenuti migliori, a pubblicarli tempestivamente e a organizzarli in modo che chi li cerca possa trovarli. La tecnologia può favorire questi processi, ma è la qualità delle persone che fa funzionare il sistema.

Mi sembra molto chiaro. Il problema è quanto saremo capaci, in pratica, di tener conto di queste sempre più evidenti constatazioni.


 

 
 


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