La stucchevole
adorazione dei vip
(Osservazioni simili, solo in parte, a
La vacuità della notorietà giugno 2012)
Giancarlo Livraghi dicembre 2012
anche pdf
(migliore come testo stampabile)
Questa stramba parolina, vip, è una sigla. Sta per very important person e allorigine aveva un significato. Un criterio pratico in fatto di cerimoniale. Ci sono situazioni formali in cui è necessario sapere qual è la graduatoria di importanza. E il concetto, ovviamente, è relativo. In una bocciofila la very important person non è la stessa che in una mostra darte e viceversa. Quasi nessuno può essere vip sempre e dovunque, quasi tutti lo possono essere talvolta in particolari circostanze.
Può essere fastidioso dover dare la precedenza a un vip così definito e anche, quando ci capita di essere vip, trovarci costretti dal cerimoniale a comportarci più rigidamente di come vorremmo. Ma è comprensibile che si debba, in particolari occasioni, accettare di essere assoggettati a regole di circostanza. Per chi, come me, lo trova noioso, cè la consolazione di sapere che le cerimonie finiscono e la vita continua.
Ma poi... il concetto si è grossolanamente generalizzato. Mettendo in un mucchio indistinto ogni sorta di persone molto diverse. Può essere famoso un artista o un delinquente. Un campione sportivo o un musicista. Un culturista o uno scienziato. Una scrittrice o una mannequin. Un genio o un pupazzo. Persone che hanno qualche particolare merito o qualità, ma anche tante la cui celebrità è artificiale, fabbricata per interessi di bottega. O che casualmente si trovano alle luci della ribalta, per poi essere presto dimenticate oppure rimanere sotto i riflettori senza alcun plausibile motivo.
Ci sono persone famose che sanno gestire la loro notorietà con sapiente misura, sottraendosi a ogni vanità e strumentalizzazione. Ma sono poche, in confronto alla moltitudine di quelle che dalla fama sono drogate, fino a diventare schiave della loro immagine.
Non solo le persone, ma anche le cose, possono essere deformate dalla fama. La Gioconda (o Monna Lisa come la chiamano nel resto del mondo) non è la migliore opera di Leonardo, ma è comunque uno splendido quadro. Mi è diventata insopportabile perché la vedo troppo spesso rifritta in ogni sorta di salse. Quando Salvador Dalí, nel 1954, le mise i baffi e la trasformò in un autoritratto, lironica dissacrazione era divertente. Ma poi pasticciarla è diventata una moda, stucchevole e banale. Comprese le vaneggianti ipotesi di oscuri e occulti significati. Il risultato è desolante noia e monotonia.
Ho già citato in altre occasioni, ma è utile ricordarlo, ciò che Albert Einstein scriveva a Heinrich Zangger nel dicembre 1919. «Con la fama divento sempre più stupido, questo ovviamente è un fenomeno molto diffuso».
È vero che la fama (come il potere) istupidisce. Ci sono mestieri (come lo spettacolo) in cui la celebrità è uno strumento. Porta lavoro, successo, denaro. Gestito freddamente come risorsa, è solo un meccanismo. Ma è difficile evitare che diventi una sindrome, una malattia mentale, una maniacale schiavitù.
(È ancora peggio per chi è considerato sex symbol e imprigionato nellobbligo di apparire seducente o, per lambiguo concetto di glamour, è costretto a continuo esibizionismo).
Per mia fortuna, non sono famoso. Ma ho avuto modo di sperimentare una deformazione di prospettiva: lingombro del fantasma. Per parecchi anni ho avuto notorietà in un ambiente di lavoro (ancora oggi cè qualcuno che non dimentica). La conseguenza era che, quando incontravo per la prima volta una persona in quellambito, eravamo in tre. Noi due e il fantasma.
Il fantasma è un essere immaginario. Quello che, per sentito dire, si immagina che io sia. Parlavo con chi avevo davanti, mentre laltra persona credeva di parlare con il fantasma. Era una situazione fastidiosa, irritante, imbarazzante. E può capitare a chiunque, anche senza particolare notorietà, quando si confonde unidentità umana con un ruolo o un pregiudizio.
Lo stupido concetto di vip mette insieme, come se fossero uguali, ogni sorta di persone molto diverse. Qualsiasi essere umano, famoso o no, ha diritto a unopinione. Ma è assurdo che una persona, nota per il suo successo nello spettacolo, in qualche sport o in un concorso di bellezza, sia considerata autorevole su materie che non conosce.
Cè molta tristezza umana nelle storie di persone che si sono lasciate travolgere dal fantasma, fino a perdere la loro identità. Ed è altrettanto squallida linfatuazione dei seguaci che ammirano, inseguono, imitano i fantasmi e così diventano ombre delle ombre, marionette senza fili.
Se fossi un architetto, mi vergognerei di essere chiamato archistar. Se fossi una donna, sarei furiosa se mi trovassi invitata in una trasmissione televisiva, o in qualsiasi altra situazione, dove mi si chiede soprattutto di far vedere le gambe o la scollatura. Se mi capitasse di diventare famoso per qualche futile motivo, cercherei di approfittare delloccasione per dire e fare qualcosa di utile invece di continuare a rimestare la stessa zuppa.
Poiché sono fuori da ogni gioco di protagonismo, mi aspetto di essere apprezzato o criticato, di trovare consenso o dissenso, per quello che penso, faccio, dico e scrivo non per unidentità immaginaria che mi è sconosciuta.
Sono sempre stato, e continuo a essere, molto disponibile a imparare. Ma, mi dispiace per i vip, sono quelli che ascolto e leggo con meno interesse, perché cè sempre il dubbio che le loro siano voci di fantasmi.
Sono molto più interessanti le opinioni, i sentimenti e i dubbi di ogni genere di persone, fuori dalla cerchia deformante della fama, che si basano su esperienze umane e sanno pensare con la loro testa. Ho avuto la fortuna di incontrarne tante, da loro ho imparato molto. Continuo a tenere gli occhi aperti per non farmi sfuggire la prossima occasione.