Il potere della stupidità
Kali
Capitolo 10


La stupidità del potere


La stupidità individuale di ogni essere umano è, in sé, un problema preoccupante – e può avere conseguenze di cui non è facile valutare la portata. Ma il quadro cambia quando si tratta della stupidità di persone che hanno “potere”: cioè leve di controllo sul destino di altre persone.

Continuo, anche qui, a basarmi sulla definizione di stupidità, intelligenza eccetera in base ai risultati dei comportamenti. Ma c’è una differenza sostanziale quando la relazione non è “fra uguali”. Una persona, o un piccolo gruppo di persone, può influenzare la vita e il benessere di molti. Questo cambia le relazioni di causa ed effetto nel sistema.

È doveroso citare, anche a questo proposito, Carlo Cipolla, che nel sesto capitolo del suo saggio parla di “stupidità e potere”. «Come tutte le creature umane, anche gli stupidi influiscono sulle altre persone con intensità molto varia. Alcuni stupidi causano normalmente solo perdite limitate, mentre altri riescono a causare danni spaventosi non solo a uno o due individui, ma a intere comunità o società».

La gravità dei danni prodotti da una persona stupida, dice Cipolla, è influenzata principalmente da due fattori. «Innanzitutto dipende da un fattore genetico. Alcuni individui ereditano notevoli dosi del gene della stupidità e grazie a tale eredità appartengono, fin dalla nascita ,all’élite del loro gruppo».

Potremmo chiederci se non sia altrettanto pernicioso il gene della sete di potere. Su questo punto ritornerò più avanti. Ma intanto vediamo come Cipolla descrive l’altro, e più importante, moltiplicatore della stupidità. «Il secondo fattore che determina il potenziale di una persona stupida deriva dalla posizione di potere e di autorità che occupa nella società. Tra burocrati, generali, politici, capi di stato e uomini di chiesa, si ritrova l’aurea percentuale “sigma” di individui fondamentalmente stupidi la cui capacità di danneggiare il prossimo è pericolosamente accresciuta alla posizione di potere che occupano».

Ogni ragionamento sulla stupidità, e sulle sue conseguenze, deve tener conto di quel profondo squilibrio che si genera quando – come è inevitabile – nelle relazioni umane e nelle strutture organizzative entrano in gioco i sistemi di potere.



“Grande” o “piccolo” potere

Il potere è dovunque. Siamo tutti soggetti al potere di altri. E tutti (se non siamo vittime di estrema schiavitù) esercitiamo potere su qualcuno. Personalmente l’idea mi è disgustosa – ma, che ci piaccia o no, fa parte della vita.

I genitori hanno (o si suppone che abbiano) potere sui figli, ma i bambini hanno molto potere sui genitori, che spesso usano spietatamente. Possiamo essere “proprietari” di cani o gatti, cavalli o criceti, elefanti o cammelli, barche o automobili, telefoni o computer, ma spesso siamo assoggettati al loro potere.

Sarebbe troppo complicato, per lo scopo di questa analisi, entrare nel terreno complesso della molteplicità dei rapporti umani. Perciò mi limito ai casi più ovvi di “potere”: quelle situazioni in cui qualcuno ha un ruolo definito di autorità su un grande (o piccolo) numero di persone.

In teoria, siamo più o meno tutti d’accordo che ci debba essere la minor quantità possibile di potere; e che chi ha potere debba essere soggetto al controllo si altri poteri e di tutta la società civile. Questo è il sistema che in politica chiamiamo “democrazia”. O che, nelle organizzazioni, chiamiamo condivisione, motivazione, collaborazione, responsabilità distribuita – al contrario di autorità, burocrazia, centralizzazione, disciplina formale.

Ma ci sono molte persone che non vogliono vera libertà. La responsabilità è un peso. È più comodo essere “seguaci”. Lasciare il compito di pensare e di decidere a governanti, capi, dirigenti, “intellettuali”, guru di ogni specie, personalità “famose”, eccetera – e dare la colpa a loro se non siamo contenti.

D’altro lato, c’è un genere particolare di persone che ama il potere, ne trae piacere e godimento. Poiché si dedicano con più energia ai notevoli sforzi e sacrifici che occorrono per avere molto potere, spesso queste persone prendono il sopravvento.

Mi sembra giusto partire dal concetto che si applichi, anche in questo caso, la “legge” generale. Cioè ci sono tanti stupidi al potere quanti ce ne sono nel resto dell’umanità – e sono più numerosi di quanto crediamo. Ma quando entra in gioco il potere due cose sono diverse: la relazione e l’atteggiamento.



Il potere del potere

Le persone al potere hanno più potere delle altre persone. Questa affermazione non è così ovvia come sembra. Ci sono persone apparentemente potenti che sono molto meno influenti di altre meno visibili.

A questo punto del ragionamento dobbiamo evitare di approfondire quella distinzione. Basta notare quanto sia diffuso un bizzarro e sciocco comportamento. Non sono poche le persone che fanno di tutto per assoggettarsi al potere apparente – e così si vanno a collocare in una posizione estrema nella categoria degli sprovveduti.

Indipendentemente da come il potere è ottenuto ed esercitato, o dalle apparenze che spesso nascondono o travestono i ruoli, qui si tratta del potere reale. Quel rapporto squilibrato in cui alcuni hanno più influenza di altri – e in tante situazioni pochi possono fare bene o male a molti.

Una considerazione fondamentale, di cui abbiamo già parlato, stabilisce che i risultati di un comportamento non devono essere misurati dal punto di vista di chi fa le cose (o non fa ciò che dovrebbe) ma da quello di chi ne subisce l’effetto.

Una chiara conseguenza di questo principio è uno sfasamento nel “diagramma stupidologico”. Il danno (o il vantaggio) è molto più grande, in base al numero di persone coinvolte e all’intensità delle conseguenze di un atto o di una decisione. Ciò che nelle stanze del potere appare come un dettaglio più essere un evento importante nella vita delle “persone comuni”.

In una situazione ipotetica che abbiamo visto nel capitolo 8, se in una “relazione fra uguali” una persona traesse tanto vantaggio per sé quanto danno infligge a qualcun altro, quella persona potrebbe essere definita un “bandito perfetto”, mentre l’altra sarebbe un “perfetto sprovveduto” – e il sistema, in generale, rimarrebbe in equilibrio. Ovviamente non è così quando c’è una differenza di potere.

In teoria, potremmo presumere che poiché la percentuale degli stupidi è la stessa gli effetti del potere possano essere bilanciati. Ma quando il potere si occupa di un gran numero di persone ogni equilibrio è perso. È molto più difficile ascoltare, capire, valutare, misurare gli effetti e le percezioni. C’è un “effetto doppler”, uno sfasamento, che aumenta il fattore di stupidità.

Tutti gli studi seri sui sistemi di potere (anche se non tengono conto della stupidità) mettono in evidenza la necessità di separare i poteri – e di formalizzare i confitti di potere per evitare che si traducano in violenza – per impedire che si instauri un “potere assoluto” (cioè estrema stupidità).

Ci possono essere situazioni in cui il potere si concentra nelle mani di una persona particolarmente consapevole e generosa, come possono esserci sagge oligarchie che si comportano come i filosofi nella Repubblica di Platone. Gli esempi, nella storia, ci sono – ma sono rari ed eccezionali.
È sempre possibile che una persona intelligente “al posto giusto” possa rovesciare, almeno in parte, il potere della stupidità – ma accade molto meno spesso di quanto sarebbe desiderabile.
Vedremo nel prossimo capitolo alcune ipotesi di “potere intelligente”. Ma in generale vale l’osservazione, diventata proverbiale, di Lord Acton: «Il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente».

Questo è un problema abbastanza grande e serio da tenerci tutti all’erta contro ogni esagerata concentrazione di potere – e ci aiuta a capire perché tante cose stanno andando di male in peggio. Ma c’è dell’altro.



La sindrome del potere

Come fa una persona ad avere potere? Qualche volta ci arriva senza volerlo. A qualcuno si dà fiducia perché ci si fida di quella persona. In quel modo il potere viene spesso attribuito a persone capaci, competenti e con un forte senso di responsabilità.

Questo processo ha buone probabilità di generare potere “intelligente”. Una situazione in cui le persone scelte fanno bene a sé e ancora di più agli altri. Qualche volta si può arrivare al sacrificio, quando le persone fanno un danno a se stesse per il bene degli altri (se questo è fatto intenzionalmente non colloca quelle persone nella categoria degli “sprovveduti”, perché occorre tener conto dei vantaggi morali, compresa la stima di sé e la fiducia degli altri, che possono derivare dal consapevole sacrificio).

Ma vediamo assai meno esempi di “potere intelligente” di quanti ci piacerebbe vedere. Perché?

Il motivo è che c’è concorrenza. Competizione per il potere. Le persone che non cercano il potere in quanto tale, ma badano di più al bene altrui, hanno meno tempo ed energie da spendere per conquistare il potere – o anche per cercare di conservare quello che hanno. Le persone assetate di potere, indipendentemente dai suoi effetti sulla società, si concentrano sulla lotta per il potere.

La maggior parte delle persone si colloca in qualche punto intermedio fra i due estremi (senso di responsabilità e sete di potere) con molte diverse tonalità e sfumature. Ma l’elemento manipolatore tende a essere più aggressivo e perciò acquista più potere.

Anche quelle persone che cominciano con le migliori intenzioni possono essere costrette, nel tempo, a dedicare più energie a mantenere o accrescere il loro potere – fino a perdere di vista i loro obiettivi iniziali.

Un altro elemento, che peggiora le cose, è la megalomania. Il potere è una droga, uno stupefacente. Le persone al potere sono spesso indotte a pensare che perché sono al potere sono migliori, più capaci, più intelligenti, più sagge del resto dell’umanità. Sono anche circondate di cortigiani, seguaci e profittatori che rinforzano continuamente quell’illusione.

Il potere è “sexy”. Questo non è solo un modo di dire. C’è un istinto nella natura della nostra specie che rende sessualmente attraente chi ha potere (o sembra averlo). Nonostante il fatto che le persone impegnate nella lotta per il potere hanno, di solito, poco tempo e poche energie disponibili per una sana vita sessuale – o per badare a emozioni, affetti e sentimenti.

La sindrome non affligge solo i potenti, ma anche le persone che entrano in rapporto con loro – o che lo desiderano. È cosa nota in tutte le culture umane, e in tutte le epoche della storia, che i “cortigiani” (o aspiranti tali) vivono e prosperano in una simbiosi stupida con i potenti, che tende ad accentuare e complicare la stupidità del potere.

Vittime di quel complesso meccanismo non sono solo i governati – che subiscono il giogo degli intermediari oltre a quello dei vertici. Sono anche, spesso, i “sommi potenti”, che diventano prigionieri del loro entourage.

Non è raro, nella storia, il caso che gli apparati sopravvivano anche quando cade il potere. In molte rivoluzioni, dopo la caduta del “tiranno”, il potere non va ai rivoluzionari, né al popolo, ma alle stesse oligarchie che c’erano prima – o ad altre che le sostituiscono e si comportano nello stesso modo.

Un altro esempio è la fine del sistema coloniale, che in molti paesi ha portato all’instaurazione di poteri locali non meno repressivi, talvolta anche peggiori, delle potenze straniere cui si sono sostituiti. Questo non è solo un fenomeno del ventesimo secolo. Cose analoghe erano accadute in tutte le epoche della storia – e ce ne sono esempi anche in situazioni recenti.



La stupidità della guerra

La guerra è un argomento grave, tragico e complesso che richiederebbe molte pagine per essere trattato adeguatamente. Ma si possono riassumere alcune osservazioni sul suo evidente rapporto con la stupidità.

Da sessant’anni, per la prima volta, si sta diffondendo la convinzione che la guerra non sia un male inevitabile – o addirittura un’impresa di tragica ma gloriosa bellezza, come il “pensiero dominante” ha predicato in tutta la precedente storia dell’umanità.

Questo, in sé, è un progresso – e un’evoluzione intelligente. Come la crescente (ma non ancora abbastanza vincente) avversità alla pena di morte. E come il fatto che in Europa (con le dolorose eccezioni dei Balcani e del Caucaso) si sia finalmente riusciti a non fare più guerre.

Nel 1945 c’era una diffusa, e ragionevole, convinzione che le guerre fossero finite. Ma purtroppo vediamo che non è così. Le guerre continuano, in varie parti del mondo. Altri fenomeni del nostro tempo, come il terrorismo internazionale, la criminalità organizzata, i fanatismi, il traffico di armi e di mercenari, non sono così nuovi come sembrano. C’erano situazioni simili anche in passato. Ovviamente hanno le stesse stupidità della guerra – con alcune storture in più. Non solo per le sofferenze che infliggono e per il terrore che diffondono. ma anche per le molteplici conseguenze dovute all’inquinamento e alla distorsione delle repressioni.

La guerra si colloca, ovviamente, in quell’area perversa che sta fra il banditismo stupido e la stupidità banditesca. Molte guerre si traducono in un danno per tutti, compresi i vincitori. Ma anche quando qualcuno riesce a trarne un vantaggio si manifesta con estrema violenza la stupidità del potere: il guadagno di pochi è un’orribile tragedia per molti.

Tutte le situazioni sono sempre complesse. Per esempio in circostanze di guerra (come in altri conflitti o disastri) si creano infinite occasioni per la moltiplicazione della malvagità e della stupidità. Ma anche infiniti piccoli spazi per la capacità di ingegnarsi in condizioni difficili, la solidarietà, l’aiuto reciproco, la generosità, la comprensione, l’affetto, l’amicizia.

In condizioni estreme si scopre che la stupidità rimane dominante, ma l’intelligenza non è quasi mai del tutto assente dal comportamento umano. Sarebbe importante imparare da quelle lezioni un modo per essere più intelligenti anche in tempo di pace.


* * *


Il problema è che il potere può essere limitato, controllato e condizionato – ma non si può eliminare del tutto. Le società umane, anche le più libere e democratiche, hanno bisogno di qualcuno che governi. Le organizzazioni hanno bisogno di persone che assumano responsabilità – e quelle persone hanno bisogno di un po’ di potere per poter svolgere il loro compito.

Insomma dobbiamo convivere con il potere – e con la sua stupidità. Ma ciò non significa che dobbiamo accettarlo, tollerarlo o sostenerlo. Né fidarci di gesti, parole, promesse o intenzioni dichiarate. Il potere non merita di essere ammirato, riverito e neppure rispettato se non dimostra intelligenza pratica in ciò che fa a noi e al mondo.

Come per la stupidità in generale – non credo che ci sia una soluzione “universale” e standardizzata che possa risolvere tutti gli aspetti di questo problema. Ma siamo a metà strada se siamo coscienti della sua esistenza – e se non ci lasciamo ingannare o sedurre dal falso, e spesso bugiardo, splendore del potere.





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