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Considerazioni sull'adozione delle nuove tecnologie

Una deduzione importante che si può trarre da questo lavoro è che la semplice accettazione delle tecnologie telematiche possa non essere sempre la soluzione migliore per la società in generale, per le società in particolare dei paesi in via di sviluppo che si trovano di fronte ad un assalto della tecnologia occidentale in grado di sconvolgere stili di vita tradizionali, ed anche per quella forza vitale della società civile che sono le organizzazioni non governative. Abbiamo visto dai risultati del sondaggio come tutto sommato l'adozione di queste tecnologie proceda con lentezza e difficoltà parzialmente inaspettate e come sia spesso accompagnata da delusioni. Il dubbio che nasce è se tale tecnologia non sia più adatta ad essere impiegata dalle grandi imprese private piuttosto che nell'ambito del terzo settore: la loro velocità le rende più adatte ad un settore caratterizzato dalla competizione invece che dalla cooperazione. Il loro costo, (generalmente alto soprattutto per quanto riguarda la larghezza di banda, cioè la capacità di trasmissione delle reti) permette alle grandi imprese di disporre sempre della tecnologia più avanzata, consentendo loro di godere di un vantaggio sugli altri settori della società. Questo potrebbe sembrare in contraddizione con quanto più volte detto sull'economicità di queste tecnologie, ma non è così: tale apparente paradosso è dovuto al particolare andamento dei prezzi in questo settore che vede un forte compenso iniziale per l'innovazione tecnologica seguito dopo pochissimi anni (se non addirittura mesi) dall'introduzione di un'obsolescenza programmata con una conseguente riduzione dei prezzi e l'introduzione di nuove tecnologie a prezzi elevati. In questo modo coloro che dispongono di ampie risorse finanziarie sono sempre un passo più avanti degli altri. Difatti i computer e le reti costituiscono sempre di più il sistema nervoso delle imprese multinazionali, consentendo loro di decentralizzare le proprie attività, mantenendo nello stesso tempo un fortissimo potere centrale di controllo. Inoltre la tendenza a cui portano queste tecnologie è la sostituzione del lavoro umano con le macchine: questo non rappresenta certo un problema per l'impresa privata essendo solamente la sostituzione di un fattore produttivo con un altro, anzi permette loro di guadagnare in efficienza. Nelle organizzazioni no profit invece questo è un aspetto più delicato che deve essere valutato con estrema attenzione: in esse il lavoro umano (quello volontario) è una componente determinante e oltre a non essere oneroso come nelle imprese private (abbassando quindi il punto in cui si verifica la convenienza a sostituirlo con il lavoro automatico) presenta un valore sociale e culturale completamente diverso. Tali organizzazioni potranno in futuro assumere il ruolo di ammortizzatori sociali per chi non riesce ad adattarsi alle nuove condizioni occupazionali. A ciò è collegata la tendenza a emarginare sempre di più i lavoratori non specializzati, a favore di quelli in grado di padroneggiare le nuove tecnologie. Se è possibile concepire l'utopia di un'impresa totalmente automatica o per usare un termine più moderno, virtuale in cui si ha l'assenza totale del lavoro umano, totalmente sostituito dalle macchine, l'importanza intrinseca del fattore umano nelle entità del terzo settore rende impossibile anche solo formulare tale ipotesi. Il lavoro umano non è quindi un fattore della produzione, ma piuttosto uno dei fini: non solo non può essere sostituito ma va altresì guardata con sospetto e valutata attentamente qualsiasi innovazione che tenda a spersonalizzarlo, a renderlo omogeneo, ripetitivo a svuotarlo dalla capacità di creare relazioni interpersonali. Strettamente collegata è la questione della globalizzazione, di cui le tecnologie telematiche sono uno dei principali fattori. Esse sono destinate a soppiantare la televisione come strumento principale di diffusione della cultura occidentale in un futuro immediato e quindi a completare il processo di omologazione delle culture mondiali al modello tecnico scientifico occidentale. A mio parere quando avverrà la diffusione di internet con il suo contenuto occidentale e la lingua inglese le culture locali più impreparate a reggere all'assalto consumistico e globalizzante del nuovo medium troveranno difficile elaborare proprie alternative e saranno sottoposte al rischio dell'omologazione. E' difficile cercare di definire quali potranno essere queste alternative: si potrebbe essere tentati di ignorare e non utilizzare le tecnologie, cosa non sempre fattibile e che porterebbe a conseguenze non desiderabili. Si può invece cercare di utilizzarle (la loro flessibilità lo consente)in modo favorevole alle comunità locali, mettendole al servizio delle culture minacciate e cercando di combattere l'omogeneizzazione globale. Come questo possa essere fatto in pratica non è cosa facile a dirsi, è certo che andranno profondamente rivisitati i modi di gestione delle reti che si stanno affermando in questi anni che sembrano tendere nella direzione opposta, solo l'esperienza e gli sbagli effettuati finora potranno dare indicazioni valide. Fenomeno parallelo e logicamente simile a questo che si crea all'interno delle società occidentali industrializzate è quello che deriva dalla divisione sempre più netta tra cittadini che sono in grado di accedere alle nuove tecnologie e quelli che invece ne sono esclusi. La nostra società dipende sempre di più dai computer, ormai ad esempio è sempre più difficile trovare un posto di lavoro qualificato senza avere con essi una certa dimestichezza. Man mano che anche i servizi più essenziali, come ad esempio quelli della pubblica amministrazione, verranno affidati a questi strumenti, essi diverranno sempre più insostituibili e indispensabili ai cittadini: abbiamo già notato come le tecnologie informatiche mal sopportino di essere affiancate alle tecnologie tradizionali e abbiano una spiccata tendenza a sostituirle. Ellul [7] parla di automatismo della scelta tecnica
Quando una tecnica è manifestamente la più efficiente tra quelle impiegate in precedenza o tra quelle in competizione con essa allora il movimento tecnologico comincia a decidere da sé la propria evoluzione....[L'uomo] non compie una scelta per cause complesse e in qualche misura umane. Può decidere solo a favore della tecnica che da la massima efficienza. Ma questa non è una alternativa..... Sotto l'influenza della tecnica, la scelta tra metodi, meccanismi, organizzazioni e formule viene effettuata automaticamente. All'uomo viene tolta la sua facoltà di scegliere ed è per giunta soddisfatto. Sostenendo la tecnica egli accetta questa situazione.
D'altronde sono tecnologie che si sono sviluppate in tempi rapidissimi (il loro impatto a livello sociale è iniziato a malapena da una decina di anni) e hanno poco a che vedere con le tecnologie precedenti rispetto a cui non rappresentano un'evoluzione quanto piuttosto una rivoluzione. Ciò ha determinato che una notevole parte della popolazione, anche nei paesi del Nord del mondo rischi di essere tagliata fuori dallo sviluppo, generando così una nuova fascia di esclusi, caratterizzato non solo da un reddito inferiore ma da una minore capacità di accedere alle informazioni e di padroneggiare la tecnologia. Costoro difficilmente riusciranno ad integrarsi in una società digitale e sono destinati ad esserne tagliati fuori. Ancora al diffondersi di queste tecniche corrisponde una progressiva diminuzione e indebolimento delle relazioni interpersonali dirette. La possibilità di stabilire relazioni globali, cioè di comunicare con chiunque senza preoccuparmi della distanza e dei limiti fisici è poca cosa se deve andare a scapito della capacità di comunicare con le persone vicine generando quindi un allontanamento dalla comunità locale, a favore di una comunità virtuale i cui confini e i cui vantaggi pratici non sono ben chiari. Allo stesso modo le comunicazioni telematiche impongono la velocità, per quanto la capacità di elaborazione del nostro cervello risulti ormai il collo di bottiglia del sistema di comunicazioni: non potremo mai produrre informazioni alla stessa velocità con cui esse vengono trasmesse attraverso le reti di computer. Quindi, ad esempio i messaggi di posta elettronica richiedono risposta in tempi molto brevi, le informazioni sui siti web devono essere costantemente aggiornate, e diventano obsolete e inutili dopo poco tempo. Questa accelerazione se può presentare anche aspetti positivi, va spesso a scapito della pacatezza e della riflessione, può causare difficoltà di comprensione che si aggiungono a quelle derivanti dalla presenza di un'interfaccia non umana. La velocità quindi può essere amica della quantità delle comunicazioni, ma raramente lo è della qualità. La storia delle comunicazioni digitali non è molto lunga ma permette di scoprire alcune linee di tendenza emergenti: Quindi un ambiente che all'inizio poteva sembrare creato a misura per chi opera in ambito sociale è via via diventato sempre più estraneo ed ostile. Di qui forse le difficoltà mostrate da alcune ONG nell'utilizzo di questi mezzi. Una tecnologia che dieci anni fa prometteva comunicazioni a basso costo in tutto il mondo, accesso universale alle informazioni, creazione di comunità virtuali accomunate da un impegno sociale si è rapidamente trasformata in una rincorsa al business. D'altronde la diffusione delle reti pone comunque le organizzazioni con finalità sociali di fronte ad opportunità che sarebbe poco intelligente non cogliere: con internet che si appresta a diventare se non il mezzo di comunicazione più diffuso, certamente quello più innovativo e con le maggiori potenzialità di crescita per il futuro, ancora in rapidissima evoluzione e con la possibilità di prendere direzioni diverse e contrastanti. E' imperativa quindi una riflessione su quale di questi sentieri sia necessario imboccare per cercare di far pesare di più l'aspetto sociale, nell'economia globale delle reti, di quali tecnologie portino verso una maggiore equità e siano quindi auspicabili, quindi non accettazione passiva di ogni innovazione tecnologica, ma uso ragionato e consapevole di esse. Difatti dietro all'adozione di ogni tecnologia non c'è un processo di decisione democratico basato su un'analisi dei costi e dei benefici che possono portare alla società e all'ambiente. E' in genere il mercato che decide il successo di una nuova tecnologia, se ad essa arride il successo commerciale sarà adottata altrimenti verrà rapidamente dimenticata. perché abbiamo questo comportamento passivo? Mander propone tre spiegazioni [11]: Quindi ritornando alle tecnologie informatiche, che raccolgono in sé i risultati di due secoli di innovazioni e di progresso, la conclusione che mi sento di proporre è che il loro utilizzo dovrebbe avvenire nel campo qui esaminato con una certa cautela, esse possono portare grandi vantaggi e nuove opportunità, che sono spesso il lato più evidente, ma contemporaneamente presentano insidie nascoste e molto minacciose, sia per il loro effetto diretto, sia per il fatto che tali effetti si paleseranno dopo molto tempo di utilizzo quando probabilmente sarà troppo tardi per rimediare. E' necessario in un'analisi seria sulla loro adozione tenere conto anche di questi "side effects", senza farsi fuorviare da una certa disinformazione di parte che le propone come passo inevitabile e automatico nella società futura. In particolare quando ci si trova ad operare al di fuori della cultura occidentali che ha prodotto queste tecniche va sempre tenuta presente l'alternativa del non utilizzo come realmente attuabile. L'uso deve essere cosciente e critico accompagnato da una riflessione permanente sulle conseguenze delle tecnologie impiegate, attivo ( accompagnato quindi da una conoscenza della tecnologia e non indotto da entità esterne), specifico della realtà delle ONG e non mutuato dal settore privato.
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1999-10-19