rivoluzione femminista:chimera o realta'
 
intervista a Luisa Muraro
 
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Ferrara, 11 marzo 2009

Universita' degli Studi di Ferrara
Facolta' di Giurisprudenza

RIVOLUZIONE FEMMINISTA: CHIMERA O REALTA'?

LUISA MURARO risponde alle domande dell'Associazione Officina
(testo registrato - trascrizione rivista da L. M.)

Viviamo in una civilta' percorsa da flussi da tutte le parti di notizie. In questa societa', basata sui mezzi di comunicazione di massa, non si comunica e non si sa quasi niente. Nulla puo' consolidarsi e diventare patrimonio comune. Quando qualcuna o qualcuno vuole fare nella sua vita qualcosa di grande, ecco allora comincia a selezionare quello che le/gli interessa, quello che vuole capire.
Sono contenta che le studentesse di "Officina" abbiano selezionato questo pezzo di storia politica che riguardava tutto il mondo industrializzato, e che ormai e' un evento della storia globale, che si chiama "femminismo".
Il femminismo non e' una dottrina, non e' neppure un partito, e' un'etichetta che si mette sopra cose tra loro molto diverse. Io non dico mai: "Il femminismo e' questo o quello", ma dico: "Con il femminismo mi e' capitato o mi capita, accade o e' accaduto questo e quello". Per esempio ai capi di Lotta continua nei primi anni Settanta e' accaduto che in un convegno nazionale le donne si sono alzate e hanno detto loro: "Cari uomini, vi salutiamo, ce ne andiamo con le femministe!". A quegli uomini e' accaduto di perdere di colpo tutte le loro militanti. Qualcuna, forse, e' rimasta fedele, ma il grosso se n'e' andato. Penso al film Galline in fuga. Le galline sono le donne della sinistra e dei gruppi di estrema sinistra degli anni '70. Galline in fuga sono oggi anche le masse popolari, fuggite dalle organizzazioni di sinistra e andate a destra.
La prima cosa che capita con il femminismo e' una rottura, una continuita' che si spezza. Che cosa c'e' agli inizi del femminismo? Siamo negli Usa ed e' il 1967. Nella conferenza nazionale dell'"Associazione studentesca per la societa' democratica" avvenne il primo atto separatista: un gruppo di giovani studentesse iscritte a questa associazione progressista decise di abbandonare il workshop misto dedicato alla "question" della donna per riunirsi tra sole donne. Si consideri che a fare questo gesto furono delle ragazze cresciute in una sostanziale condivisione di spazi e opportunita' con i loro compagni maschi. Ragazze avviate a entrare alla pari in una delle societa' piu' avanzate per quello che riguarda la questione femminile. Questo processo di emancipazione e integrazione delle donne alla pari nella societa' degli uomini e' stato interrotto per libera scelta femminile e si sono creati spazi femminili in un nuovo rapporto tra privato e pubblico, personale e politico. L'enormita' di questo avvenimento ebbe un formidabile contagio: attraverso l'America, l'Europa fino al Giappone lo stesso, identico gesto e' stato ripreso da innumerevoli donne. Con il senno di poi leggiamo in trasparenza: uomini che discutono sul "problema" delle donne e alcune donne che non intendono supportare questo teatro politico con la loro presenza, percio' se ne vanno, lasciando che questo sia teatro politico per gli uomini. Gli uomini vogliono immaginarsi preoccupati della questione delle donne, vogliono occuparsi di questo problema e loro, le donne, se ne vanno, non ci stanno piu' ad essere l'oggetto problematico della politica progressista. Qui vorrei citare Massimo De Carolis, Il paradosso antropologico (Quodlibet, 2008). Anche se sembra ignorare la politica delle donne, non ne sa o non ne vuole sapere nulla, pero' le cose capitano, le idee girano, lui stesso dice che il separarsi di pochi, di qualcuno dal grosso della realta' storico sociale, la scissione dal tutto, puo' aprire uno spazio ad alto valore simbolico, porta in primo piano qualcosa che era sullo sfondo come "illimitato", come potenzialita'. Lui fa un elogio grande a questo gesto che e' lo stesso al principio del femminismo. Il mondo non e' piu' quello di prima, ha luogo una nuova apertura, nasce un nuovo mondo.
Per una come me che e' vecchia, di origine veneta, poi trapiantata a Milano, che ha visto le generazioni precedenti, i rapporti tra i due sessi sono cambiati completamente a causa del femminismo. Sono cambiati rispetto a secoli e secoli di storia millenaria. Il patriarcato e' finito. Rimane la prevaricazione maschile, l'arroganza, le istituzioni della cultura patriarcale, ma in verita' il patriarcato come forma legittima di un dominio di un sesso sull'altro, come ordine simbolico, come se fosse ovvio, e' finito.
Il pensiero della differenza e' un capitolo della storia del pensiero che ormai e' stato gia' registrato. Ne parla, per esempio, l'Enciclopedia Bompiani in 12 volumi (la "voce" e' di Marisa Forcina, docente dell'Universita' di Lecce). Ma come e' cominciata questa cosa, questa idea nuova? Il pensiero della differenza comincia quando le donne si separano dalla filosofia con il criterio della differenza. Non siamo in presenza di una dottrina, ma di una pratica, un gioco, non e' roba libresca.
Separarsi dai maschi fu stupefacente, perche', al contrario, fino a poco prima, si parlava di congiungersi con loro alla pari. Questo separarsi per fare societa' femminile fu stupefacente, un fenomeno contagioso. Era una cosa strana perche' la differenza sessuale, dal punto di vista della riflessione, sia giuridica, sia filosofica, sia religiosa, era un oggetto ultra noto, si sapeva; anzi, dal punto di vista della modernita' cominciava ad apparire un'idea vecchia, un oggetto arcaico, qualcosa che era stata importante una volta, quando, per esempio in Chiesa gli uomini si mettevano da una parte e le donne dall'altra. Il separarsi delle donne non era moderno. Come mai allora ha tanto entusiasmato le donne? Perche' ha costretto a ripensare il passato e il presente, in una materia che prima era data per scontata ha fatto un taglio rivelatore, come in geologia.
Il pensiero della differenza nasce cosi'. Ricordo che Adriana Cavarero stava dietro a Platone e io le dico: "Che cosa stai a fare dietro a Platone? Alla fine nella storia della filosofia sarai citata come commentatrice di qualche grande commentatore di Platone". Allora lei, donna di qualita', ottima filosofa, ha capito che il mio ragionamento era giusto e mi chiese: "Ma di che cosa vuoi che ragioniamo allora?" E io le dicevo: "Non lo so, mah …" E lei capisce subito: "Ma certo! La cosa strana su cui bisogna ragionare e' la differenza sessuale! Questa cosa superata, vecchia, arcaica che provoca tutta questa rivoluzione".
La nostra civilta' era avviata, e lo e' ancora, all'in-differenza, per cui essere donna in prospettiva diventera' qualcosa di insignificante. Una minoranza di donne pero' fa la mossa. Eravamo avviate e avviati verso la cancellazione e insignificanza, quando alcune fanno una schivata (preferisco chiamarla così invece di "rottura") rispetto al processo storico che andava avanti di suo. E' sempre cosi' quando capita una vera rivoluzione (intendo in senso simbolico): qualcuno esce e fa, inventa altro. Allora la soggettivita' zampilla. In quel momento e' il soggetto pensante-desiderante che si esprime. Prima era una macchina. Hannah Arendt le ha spiegate bene queste cose, ispirandosi a Rosa Luxemburg e alla sua idea di rivoluzione.
Il pensiero della differenza nasce dunque cosi'. Importante notare che questo pensiero adotta le pratiche del femminismo sorgivo: autocoscienza, relazione, partire da se'. In pratica, quando ci siamo ritrovate in Diotima, come comunita' filosofica di donne, abbiamo deciso che non ci saremmo messe a studiare e commentare, ma saremmo partite da noi, dalla nostra esperienza e avremmo fatto nascere pensiero da mettere in circolazione, parole che dicessero l'esperienza umana femminile, perche' nella cultura l'esperienza umana femminile non c'era. C'era questa esperienza di donne che era ed e' una miniera, ve lo assicuro. C'e' un sacco di lavoro che si puo' fare per mettere in forma di sapere, di arte, di poesia l'esperienza femminile. Cosi' abbiamo lavorato e Diotima ha pubblicato finora otto libri non finanziati dall'Universita', ma tutti pagati con il mercato, perche' sia donne che uomini li comprano. Cosi' e' cominciato il pensiero della differenza. Io vi ho fatto l'esempio di Diotima, ma ci sono altri percorsi, altri esempi.
Il pensiero della differenza e' differenza che si fa pensiero. La differenza non piu' tutta appoggiata al corpo delle donne (nel '600 le donne erano chiamate "sesso"), diventa qualcosa che abita donne e uomini, e' l'incarnarsi del desiderio, delle intelligenze, del pensiero. La differenza sessuale diventa pensante. Essere consapevole di essere una donna pensante, mentre prima si diceva "tutte le donne". Questo e' un passaggio che non e' ancora stato fatto come si deve. Non si tratta della differenza tra le donne da una parte e gli uomini dall'altra, ma di come l'essere donna si esprime nella singolarita' in rapporto con gli uomini, con altre donne, con Dio, con il mondo religioso ecc. La differenza sessuale non e' piu' la grande categoria della filosofia "essenzialista" della cultura tradizionale, diventa questo incarnarsi di desideri e pensieri che da' senso libero al fatto che donne e uomini non siamo pari, uguali, assimilabili. La differenza non ha necessariamente contenuto, ma ha gioco. La cancellazione della differenza appiattisce il discorso.
Quando c'e' stato questo incarnarsi del pensiero della differenza sessuale? Il pensiero, anche il piu' puro, non fa sempre luce, il logos ogni tanto fa delle "mosse al buio". Bisogna mettersi in mezzo, esserci in prima persona per capire. Come Cristoforo Colombo che, invece di ragionare, a un certo punto si e' deciso a partire. Parte e va. Questa e' la differenza: decidersi, tagliare con quello che sembra ovvio per seguire una intuizione, esserci a questo mondo con un'idea che sentiamo nostra, vera, giusta.
Il nostro lavoro di ricerca come Libreria delle donne e' stato ed e' e resta questo: far si' che tutto quello che e' apporto femminile alla civilta' umana non resti muto, infatti la storiografia femminista e' ormai riconosciuta e nei grandi convegni di Storia non mancano mai delle storiche femministe per dare il loro contributo. Un apporto femminile alla civilta' e', per esempio, che l'Italia e' un paese dove, anche non essendo ricchi, si puo' mangiare bene. L'Italia ha una tradizione di cucina povera di buona qualita' (che e' anche dietetica), mentre negli Stati Uniti, se non avete soldi, mangiate male, cibi scadenti e finirete con gonfiarvi come palloncini (senza offesa per il grasso e' bello). Come si fa perche' tutti possano mangiare bene? Le donne hanno reso possibile questo con molto lavoro, amore per il cibo, pochi soldi, parlandosi tra donne. Non ci pensiamo mai al grande guadagno economico, ma anche di qualita' di vita, che e' poter mangiare bene con pochi soldi. Questo noi alle economiste glielo abbiamo detto e cosi', dal punto di vista della convivenza civile, pensate all'opera di mediazione, al lavoro ancora poco registrato che hanno fatto donne e uomini per la tenuta del tessuto sociale.
Passo infine a parlare della differenza tra femminismo radicale e le teorie sul "genere". Si tratta di contributi teorici che arrivano negli anni '90. Ma prima apro una parentesi per dire che, per una come me, per noi, eredi di Carla Lonzi, la pensatrice piu' radicale del pensiero della differenza, autrice di Sputiamo su Hegel, l'impegno principale e' stato contrastare il passo al vittimismo femminile. L'abbiamo combattuto, anche se non era infondato, ma era debilitante per le donne, le relegava in una posizione passiva, alla merce' di chi decide di dare loro ascolto e cerca di sfruttare la loro posizione. Adesso ci sono alcuni che coltivano il vittimismo degli immigrati.
Man mano che si conquistava nuovo spazio, terreno, protagonismo, abbiamo voluto che lo assumessero come cambiamento avvenuto, altrimenti avevamo una situazione paradossale: i maschi che andavano debilitandosi ed erano sempre piu' in difficolta' (in questa societa' la paternita' per esempio ha subito un colpo durissimo e adesso gli uomini sono a rischio di perdere i loro figli) e le donne sempre a lamentarsi. A un certo punto non si sapeva piu' chi era l'oppressore. La "lamentatio" femminile era diventata in certi casi una furberia, impediva soprattutto l'assunzione del proprio protagonismo.
Questo 8 marzo 2008 per la prima volta le donne non sono state presentate come vittime. Oggi, per esempio, parlando della violenza, si comincia a dire che e' un problema degli uomini. Chiusa la parentesi.
Per il femminismo radicale, di cui sono una esponente, donna e' bello. Noi non accettiamo e non accetteremo mai certe equivalenze della donna con gli aspetti deteriori, come se il dominio e violenza che le donne patiscono fosse da eliminare eliminando il femminile, la differenza sessuale.
Per noi, le donne esistono, non sono una creazione del patriarcato, del dominio sessista, esistono e questo e' un punto irrinunciabile del femminismo. Dei contributi degli anni '90 accettiamo invece che il patriarcato ci ha lasciato in eredita' il sistema della eterosessualita' imposta, coatta, interiorizzata, un comportamento che la societa' prescrive, gettando vergogna e discredito su quelle e quelli che non si conformano. Pesantissimo e' lo stigma sociale sull'omosessualita' maschile e femminile. Non basta combattere i ruoli sessisti, ma anche le definizioni di donna e uomo che non lasciano la liberta' di orientarsi sessualmente e di esprimersi liberamente e quindi praticare il senso libero della differenza sessuale. Riconoscersi o non riconoscersi come donna o come uomo che cosa vuol dire? Non si tratta solo di ruoli e imposizioni. C'e' anche un senso libero della differenza e la stessa Judith Butler afferma che il pensiero della differenza deve sganciarsi dall'eterosessualita' imposta. Qual e' la strada che io vedo perche' ci sia pensiero della differenza non legato al sistema obbligatorio dell'eterosessualita'? Una strada che ho in mente, e' quella dell'arte (film Venus Boys di Gabriel Baur, dove si vedono artiste che mimano parodie di ruoli maschili e femminili, fantasmi che si disfano, persone che navigano da una identita' sessuale ad un'altra, che fanno il doppio gioco. Esiste anche la strada dei diritti, anzi per molti sarebbe l'unica, non per me.
La politica dei diritti e' dentro la barca del potere, la logica relazionale invece e' quella che modifica gli atteggiamenti profondi delle persone. La politica dei diritti (per es. il matrimonio gay a S. Francisco o in Spagna) e' dentro il sistema dei rapporti di forza, per cui una conquista a livello del diritto si puo', con il cambio di governo, perdere e non c'e' maturazione della societa'. La scienza del diritto passa attraverso delle leggi, ma non tutto di tale scienza passa per la legge, anzi. Il diritto stesso insegna un uso attento e ben dosato della legge. Faro' un altro esempio. C'e' chi si preoccupa per la maniera incivile con cui vengono trattate le donne e gli uomini della immigrazione povera. Gli immigrati poveri vengono nei nostri paesi perche' il mercato globalizzato li costringe. Questa gente deve buttarsi allo sbaraglio nell'emigrazione, sperando di trovare dall'altra parte il modo di sopravvivere. Questa e' l'economia globalizzata che invece di aiutare paese per paese con oculate misure ha fatto queste operazioni. In Italia, a differenza della Francia e della Germania, sono arrivati numerosi nell'arco di pochi anni. Ci sono paesi del Veneto che sono stati ridisegnati dall'immigrazione povera. Questi immigrati non vanno a stare nei centri storici dove abitano gli intellettuali di sinistra, vanno a stare nelle periferie povere, dove abita la popolazione che si guadagna da vivere faticando. Bisogna andare nelle periferie di Milano per vedere la durezza di questa condizione: la popolazione locale tenta di vivere con decoro, con salari che valgono sempre di meno, cerca di garantire la pulizia e la tranquillita' delle strade. Su questa popolazione pesa la presenza di immigrati, molti dei quali sono senza arte ne' parte. I primi che sono arrivati erano maschi, giovani, senza possibilita' di vita sessuale normale. Giravano per le strade con usi e costumi che gli abitanti locali non capivano, trovavano orribili, donne in testa. Allora la mossa, la schivata che ho in mente che si debba fare, e' questa: questo problema non lo capiamo con l'astrattezza dei diritti e della civilta', ma in concreto aiutando la popolazione nella tessitura sociale, a capire perche' fare accoglienza, senza appiccicarle addosso l'etichetta di "razzista".
Per me, insomma, c'e' continuita' tra la rivoluzione femminista e la politica delle relazioni nella societa' di oggi che e' piu' difficile di quella di quando abbiamo cominciato l'avventura femminista. Allora l'Italia era un paese in espansione e le strade sembravano tutte aperte, le guerre alle spalle. Adesso le cose sono molto piu' difficili, pero' qualcosa di buono lo abbiamo capito. Allora si puo', anzi si deve farlo valere. Quello che io faccio valere sono i grandi guadagni dell'agire politico in prima persona. Sono grandi guadagni personali, contestuali e nel guardare il mondo.

DOMANDE (in sintesi) di giovani univeristari/e
1. Qual e' oggi il valore dell'8 marzo?
2. Quale differenza tra genere (studi di genere) e sesso?
3. In che misura la differenza sessuale puo' essere considerata "ontologica" o e' solo legata a fattori antropologici?
4. Come mai le donne sono cosi' poco partecipi nell'agire in politica oggi?
5. Le donne hanno bisogno di stare insieme, invece trovano difficolta' a riunirsi e condividere l'esperienza. Come e' possibile oggi l'agire comune delle donne?
Luisa Muraro
Io ero tra quelle femministe nemiche dell'8 marzo, pero' poi mi sono messa in ascolto e ho cambiato atteggiamento, sono piu' accettante. In definitiva ritengo che l'8 marzo e' tutti i giorni dell'anno. C'e' una storia politica dell'8 marzo, c'e' una tradizione femminile non imposta. Quando ho visto a Verona l'aspetto festoso e gioioso di tante ragazze, le trattorie e i ristoranti riempirsi di donne la sera dell'8 marzo. Questa e' una cosa che a me piace: vedere la societa' femminile libera, autonoma. E spero che il paesaggio rimarra' sempre questo. C'e' una storia politica delle donne che ci deve essere cara. Si deve avere a cuore la memoria politica della storia delle donne.
Su "genere" e "sesso" si e' sprecato troppo inchiostro accademico. I contesti politici e culturali sono differenti. Quando le americane hanno cominciato a parlare di genere e hanno fatto accettare un po' ovunque questa terminologia, si riferivano alla costruzione culturale dell'essere donna. A noi sembrava che separassero la costruzione culturale dalla fisiologia. Ora per gli esseri umani (e questo e' acquisito nella cultura piu' avanzata) non si puo' separare la cultura dalla natura. Gli esseri umani sono un continuo circolo di interpretazioni culturali e del dato naturale che uno finisce per modificarsi alla luce dell'altro. Sesso e genere quindi sono in circolo. Gli studi di genere sono diventati neutri, sono ritornati indietro, per cui le donne sono studiate come "fenomeno" e non in rapporto squilibrato e asimmetrico con gli uomini. Non si puo' studiare i generi, ma i rapporti tra donne e uomini, li' dove sono storicamente. Tali rapporti sono la nostra cultura, la nostra civilta'. Separare quindi gli studi di genere dallo studio del diritto, della legge, della filosofia, dell'arte e' una specie di artificio che ci priva dei dati piu' vivi e interessanti per capire la nostra civilta'. Diotima non ha mai voluto gli "Studi delle donne" ne' quelli di genere perche' noi diciamo che di donne e di uomini bisogna parlare in tutti gli ambiti di ricerca e di indagine e di trasformazione della societa'. Per esempio quando si fa scienza biologica, bisogna ricordarsi di dire chi parla, se e' uno scienziato o una scienziata, se stiamo parlando di donne, di uomini o di bambine e bambini, di vecchie o di vecchi. Il fatto della sessuazione bisogna che lo teniamo sempre presente in tutti i campi.
Bisogna guadagnare passo passo un certo linguaggio, accumulare notizie, linguaggi, parole, figure (il cinema e' uno strumento molto utile in questo senso) per mostrare la grandezza umana vera di uomini e donne comuni che non vogliono imporsi. Io ho scritto di Guglielma e Maifreda per mostrare la grandezza di due donne vissute nel Medioevo a Milano. Il cinema neorealista ha fatto vedere delle donne del popolo che sanno esprimersi molto bene e dire cio' che vogliono (Anna Magnani in "L'onorevole Angelina"). E' una questione di mediazioni. Ci sono grandi cose che sono accadute e hanno bisogno di mediazioni. A volte il contesto offre tutte le necessarie mediazioni, altre volte bisogna trovare mediazioni piu' fini. Anche l'arte, principalmente quella cinematografica, e' chiamata a fare opera di mediazione e li' chi ha vissuto e' stata protagonista, la materia fine, pregiata di certe cose non e' così facile da immettere nei circuiti comunicativi. Bisogna sapere quali sono le forme di mediazione migliore. Anche la musica puo' fare questa cosa. Bisogna rivolgersi a donne e uomini che hanno vocazione artistica, che vivono l'impegno che non si perda la materia fine di certi cambiamenti.
La strada del pensiero che fa leva su quello che manca e' una strada piena di buche dove si cade, senza arrivare al traguardo. Conviene vedere che questo, che le donne sanno agire insieme, e' gia' vero, c'e' gia'. La strada da percorrere e' il valorizzare quello che gia' c'e'. Sono convinta che l'essere di quello che c'e' si estingue, perde di consistenza se noi non lo vediamo, non lo commentiamo e raccontiamo. Se trascuriamo le cose positive che ci sono, in questa specie di derelizione di carattere simbolico esse perdono consistenza. La strada di far leva su quello che manca, non conosce questo sguardo attento, amoroso, questo tenere sotto gli occhi. Che tu veda la societa' femminile, la racconti, la sai Tu hai bisogno di vedere donne perche' sai che, se tieni d'occhio la realta' femminile, la stai potenziando. Io ne ho fatto un principio di questo tener d'occhio e potenziare. Le madri sanno che, se tengono in mente il figlio, la figlia, se lo/la guardano, se ne parlano, questo, questa cresce. Se la dimenticano, e' a rischio di non sopravvivere. Lì c'e' un segreto. Questa e' ontologia, dottrina dell'Essere che fiorisce se noi gli diamo il di piu' della parola, del pensiero, dell'attenzione.
Il mio "genio" e' quello di ascoltare e dare parola all'esperienza di donne, invece altre piu' di me, Lia Cigarini, Adriana Sbrogio', fanno nascere pensiero nel rapporto con gli uomini, nella relazione di differenza. Questo riscatta, inserisce la relazione donna-uomo in una tradizione di liberta' femminile.
Testo distribuito il 04.04.09 alle/ai partecipanti all'incontro con Luisa Muraro su: Che cosa vuol dire l'agire politico ai nostri giorni.
Trascrizione da cassetta a cura di Alessandra De Perini
Registrazione, rilettura e impaginazione a cura di Adriana Sbrogio' di Identita' e Differenza - Spinea (VE)
Rivisto da Luisa Muraro il 10.04.09 per il sito della Libreria delle donne di Milano.

 
versiome per la stampa
 
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