Leonessa


Indietro
Provincia:Rieti
Abitanti: 2684
Altitudine: 974 mt slm
Comuni limitrofi: Cittareale, Posta, Micigliano, Cantalice, Poggio Bustone, Rivodutri. Bandiera Arancione T.C.I.
Ambito territoriale: Altopiano di Leonessa
Come si raggiunge:
In auto:
Da Roma - Autostrada A1dir/E35 direzione Firenze, uscita Rieti, proseguire con le bretelle A1dir/SS4d direzione Passo Corese e prendere la SS 4 bis/SS79 SS521 uscita Leonessa
Distanze in km:
186 da Frosinone
178 da Latina
35 da Rieti
116 da Roma
99 da Viterbo
Emergenze architettoniche:
Porta Spoletina – gotica, in pietra rosta, che reca murate sculture romaniche
Chiesa di S. Maria del Popolo – metà del XV secolo
Chiesa di S. Francesco
Chiesa di S. Nicola
Chiesa di S. Giuseppe da Leonessa
– barocca, eretta nel 1746
Case medievali - in parte porticate , con al centro una fontana farnesiana del ’500, in Piazza del Municipio
Chiesa di S. Pietro – quattrocentesca
Porta Aquilana
Monastero di San Giovanni Evangelista
– chiesa e convento delle Clarisse, chiuso dal 2002, nel centro storico di Leonessa
Chiesa di San Matteo
Chiesa di San Carlo
Chiesa di S. Salvatore
Musei:
Museo della nostra gente di Ocre
Museo Demoantropologico
– chiostro di San Francesco
Manifestazioni:
5 gennaio:
La Pasquarella
4 febbraio:
Festa di S. Giuseppe
5 marzo:
Festa della Neve
7 aprile:
Commemorazione in onore dei Martiri del 1944 - le 51 vittime dell’eccidio perpetrato dalle truppe nazifasciste il 7 aprile del 1944
21 aprile:
Processione di Cristo Morto
aprile:
Sabato Santo – Processione della Pietà
19 giugno:
Rassegna Nazionale delle Regioni a cavallo - spettacolare esibizione in notturna dei dodici gruppi della Rassegna delle Regioni a Cavallo; unica manifestazione del genere in Italia, animata dalla presenza di ben nove Regioni partecipanti, con undici squadre in campo.
Ultima settimana di giugno:
Il Palio del Velluto – rievocazione storica Fiera di S. Pietro. 30 luglio: Fiera di S. Maria della Misericordia sotto Costantinopoli
Agosto:
Agosto Leossano
10/12 Settembre:
Festa di S. Giuseppe da Leonessa – Festeggiamenti in onore del Santo Patrono e Processione
2° domenica di settembre: Processione del cuore Santo
9/10 ottobre:
Sagra della Patata Leonessana
novembre:
Festa della banda musicale
1° novembre:
Festa di fine estate
dicembre:
Festa del tartufo sulla neve
24 dicembre:
Polentata
Luoghi da visitare:
Monti Reatini – Imponente Gruppo orografico dell’Appennino umbro-marchigiano, che si raccorda con la fascia mediana dell’Appennino Abruzzese
La Piana di Leonessa – è una conca tettonica ampia circa 60 km2; situata all’interno dei Monti dei monti Reatini, ad altitudine di mt. 959-980;
Monte Tilia – 1776 mt. slm, raggiungibile a piedi da Leonessa o con cabinovia
Il genius loci
Borgo medievale sorto nel 1228 nel pendio boscoso del Monte Tilia e situato sul margine meridionale di un ampio altopiano a circa 1000 mt. slm, presso lo sbocco della valle del Tascino, occupa il sito un tempo del castello di Ripa del Corno. Sono oggi ancora presenti alcuni resti delle fortificazioni che difendevano l’abitato, originariamente conosciuto col nome di Lagonessa o Conessa e posto in una zona di rilevante importanza strategica al confine settentrionale del Reame Napoletano. L’aspetto medioevale del centro storico è assicurato dalla presenza di numerosi edifici con splendidi portali, come quello gotico della chiesa. Oggi Leonessa è particolarmente nota per gli impianti sciistici situati in località Campo Stella, sul Monte Terminillo: le bellezze artistiche e naturali che la contraddistinguono rendono l’abitato e l’intero territorioparticolarmente interessante per un soggiorno anche nel periodo estivo.

Profilo dell’area
Altopiano Leonessano In inverno è possibile praticare sia lo sci alpino sia quello nordico a Campo Stella, situato a circa quattro km da Leonessa ed a Fontenova, a circa 10 km dall’abitato. Leonessa è adagiata sull’orlo meridionale di un altopiano appenninico della superficie di circa 50 kmq., a 974 mt. slm. Un profondo sperone, terminante con il monte Tolentino (mt. 1572), irrompe da nord come un rostro a dividere l’altopiano in due plaghe ben distinte: l’una, quella occidentale, più ampia ed omogenea, l’altra, quella orientale, più stretta ed accidentata. Tutt’intorno s’erge una catena di belle montagne, che raggiungono le massime altezze nel massiccio del Terminillo, disposto ad anfiteatro a ridosso dell’ abitato con i due corni del monte Terminillo (m.2216) e del monte Cambio (m. 2081). La costituzione geologica del territorio, che presenta un aspetto prettamente umbro-sabino, è di notevole interesse, con documentazioni ben visibili che vanno dalle dolomie e dai calcari dolomitici del Lias inferiore, al rosso ammonitico del Lias superiore (caratteristica del versante orientale del monte Tolentino, dei dintorni d’Ocre e del primo tratto della gola di Vallonina, ove
sono presenti calcari nodulosi, marni e scisti argillosi, generalmente rossi ma anche grigi e giallastri, ricchi di ammoniti), alla majolica del Cretaceo inferiore (un calcare bianco compatto, ben stratificato, che dà il nome a tutta una zona compresa tra il monte Terminillo e il monte Cambio), alla scaglia rossa del Cretaceo superiore (e cioè calcari marnosi rossi, che danno origine alla caratteristica pietra rossa dei monumenti leonessani, consistenti in lenti di conglomerato rosso a cogoli bianchi, presente soprattutto nella zona di Vallonina). Nel triangolo compreso tra Volciano-Vallimpuni- Casanova, ad est di Leonessa, sono presenti tufi vulcanici del Pleistocene, collegati da depositi di conglomerati marne argille, con banchi di lignite alla base. La zona si pone allo sbocco del secondo bacino lacustre, quello di Chiavano, tuttora interessato da un paesaggio di marcita servito da un emissario, il fosso Vetecone, che, dopo Vallunga, confluisce col Tascino- Corno. Analoga situazione si ritrova allo sbocco del secondo bacino lacustre, quello di Ruscio, i cui depositi ligniferi pliopleistocenici, di natura torbo-xiloide sono stati ampiamente sfruttati nel periodo fino al termine della seconda guerra mondiale. Tutto il vasto altopiano leonessano, comprensivo delle due plaghe orientale ed occidentale, fu interessato dalle glaciazioni del quaternario, sino alle ultime del Wurmiano: ne sono chiara testimonianza i supersiti circhi glaciali del massiccio del Terminillo. Le glaciazioni procurarono l’assestamento del rilievo e trasportarono a valle cospicui depositi alluvionali: si vedano le caratteristiche conoidi di Casanova e di Vallefana. Apertosi un varco tra gli strati inclinati del Giurassico nei pressi di Monteleone, Il Corno si immette nella gola di Cascia per congiungersi dapprima con il Sordo-Torbidone, proveniente dalla conca di Norcia, quindi, a Triponzo, col Nera, proveniente dalla conca vissana. L’altopiano ha condizioni ambientali ideali per il riposo del corpo e dello spirito: clima freddo asciutto d’inverno, con abbondanti innevazioni sulle montagne dai 1300 mt. in su, e con punte che solitamente non vanno oltre i 17°; clima mediamente caldo nei mesi estivi, mitigato dalla ricca vegetazione arborea e dalle brezze di monte e di valle. Vario il paesaggio: dagli speroni rocciosi del Terminillo e del Catabio, alle valli ricchissime di folte faggete lungo la gola di Vallonina, con ampie radure per il pascolo di branchi in libertà. Zone di particolare interesse paesaggistico, la gola di Vallonina, la Valle della Meta, lungo la quale si snoda la strada che sale sino a Sella di Leonessa (mt. 1901); la valle del Fuscello, che immette nella pianura reatina; i prati di S. Vito (m. 1080), nella catena montuosa a oriente dell’altopiano, poco oltre la frazione omonima. La storia Fondata nel 1228 ai margini meridionali della sua piana, alle falde del monte Tilia, Leonessa sembra aver avuto origine dalla fusione di vari castelli e ville del territorio circostante che si ribellarono ai loro Signorotti, distruggendone le fortezze. La formazione di questo nuovo abitato si protrasse sino al principio del ‘300. Sembra che in passato Leonessa fosse chiamata Gonessa o la Gonessa, nome dato forse dalla famiglia oriunda gotica de Lagonissa preesistente alla fondazione della città medesima. Del borgo non si hanno notizie anteriori al secolo XIII. Trattasi di un agglomerato urbano di origine tardo-medioevale, nelle cui tradizioni
vivono ancora elementi dell’antico status giuridico. Le prime testimonianze scritte sui nuclei abitati dell’altopiano risalgono al sec. VIII d.C., sullo scorcio cioè della dominazione longobarda e del suo tipico regime curtense: alle corti, infatti, ci riportano i superstiti documenti dell’alto medioevo, tramite le numerose donazioni di terreni e pertinenze fatte all’Abbazia di Farfa. La prima di queste notizie risale al770-774, allorchè si cedette al Monastero di Farfa la corte di Narnate, cessione fatta da Adelchi. È di questo periodo il formarsi dei vari castelli, che vennero costruiti sulle alture, in posizione strategica. Quali e quanti fossero questi castelli, intesi come luoghi fortificati e non soltanto come agglomerati di case, è difficile a dirsi, data l’estrema penuria ed incertezza delle fonti. Si possono fare alcuni nomi, senza alcuna pretesa di risolvere la complessa questione: Belfiore, Corno, Croce o Torrecroce, Farcamelone, Fuscello, Narnate o Torre, Ornata, Pianezza, Poggio o Poggiolupo, Ripa di Corno che costituì il nucleo del nuovo abitato di Leonessa. Ai margini settentrionali dell’agro si fissò, già sul finire del XII secolo, la linea pedemontana di confine tra Stato della Chiesa e Regno di Napoli, ad ognuno dei quali fece capo un gruppo di castelli. Tra questi appartenenti al Regno di Napoli emerse il castello di Ripa di Corno, attorno al quale, per una decisione politica dei sovrani di Napoli, si formò in breve tempo l’attuale Leonessa. Tale fondazione và inquadrata nei procedimenti di sinecismo o di incastellazione che, soprattutto in Abruzzo nei secoli XIII-XIV furono all’origine di molti agglomerati. Gli uomini del castello di Narnate, ribellatisi pur essi al dominio della Chiesa, si rifugiarono nel 1274 nella rocca di Ripa di Corno soggetta al re di Napoli; per ospitare i ribelli, infatti, fu deciso il primo Piano Regolatore dellAmbiente: fu costruito sul lato orientale un nuovo borgo, a poca distanza dal vecchio castello, con due torri di avvistamento e di difesa (presumibilmente la torre della campanella e la rocca). Il documento di fondazione, reca la data del 16 luglio 1278. Altri immigrati dovettero ben presto rifugiarsi nella nuova terra provenienti da tutti i castelli dei dintorni, e si costituì un comune di uomini liberi: del 1358 è l’aggregazione del castello di Fuscello, garantita da regolare istrumento e da chiare norme associative. Il nome del nuovo agglo-
merato urbano fu, come si è detto, quello di Gonessa, il quale perdurò, nella forma dotta di Connexa, fino al sec. XVI-XVII. Sul finire del ‘300 comparve il nome attuale, sia pur latinizzato in Lionissa. Lo sviluppo urbanistico originario, per le ragioni già illustrate, fu orientato prevalentemente in direzione est-ovest, e solo più tardi prese gradatamente consistenza il lato sudnord, con un reticolo di strade simmetriche tutte confluenti nella piazza centrale; è pure riconoscibile il cardo e il decumano del reticolato castrense. Quasi contemporaneamente sorsero nei pressi dell’abitato i nuovi conventi di ispirazione francescana: quello di S. Francesco nel 1285, di S. Lucia nel 1295 ed i conventi di ispirazione agostiniana: quello di S. Agostino e quello di S. Antonio. Quanto all’organizzazione interna della città, essa fu di natura essenzialmente confederativa, pur nel progressivo assorbimento di diritti e consuetudini particolari e nell’obbedienza ad uno statuto comune. Il primo statuto di cui si abbia notizia, da secoli non più esistente, fu redatto dal vicario regio Ciuffuto de Ciuffiti di Ascoli nel 1378-1379 ad un secolo esatto dalla fondazione dell’abitato. Sono evidenti le tracce dell’originario processo d’incastellamento, conservandosi fino ai nostri giorni, pur con le inevitabili trasformazioni dovute al tempo e alle mutate condizioni di vita. Sul piano amministrativo furono istituiti sei rioni, detti appunto sesti, cui vennero aggregate le ville dell’agro. Il sesto, ben radicato nel diritto locale, fu insieme suddivisione di territorio ed organo amministrativo, ed ebbe una precisa funzione sociale e politica; basti pensare che i sei priori del reggimento erano scelti uno per sesto, ed analogamente le altre cariche rappresentative, e cioè i membri del gran consiglio ed i massari del popolo. I sesti furono così denominati: S. Egidio di Corno (comprendente anche i territori dei castelli di Vallonina e di Ripa); S. Nicola di Forcamelone; S. Nicola di Poggiolupo; S. Maria di Croce; S. Martino di Pianezza e S. Maria di Torre (comprendente i territori dei due castelli di Pianezza e di Torre Ornata); S. Venanzio di Terzone. Ogni focoliere divenne perciò un sestiere ed ebbe in Leonessa, insieme al governo centrale rappresentativo, la sua universitas autonoma, la sua chiesa, il suo santo protettore, il suo sacerdote. Anche gli stessi immigrati, per godere pienamente dei diritti di cittadinanza, dovevano essere aggregati ad uno dei sesti, quello di Forcamelone. Per capire la storia di Leonessa bisogna necessariamente inserirla entro questa intelaiature fondamentale: da borgo di origine demaniale, e non feudale, a struttura federativa, ubicata in una zona strategica di confine, e perciò blandita e resa fedele dai regnanti di Napoli con larghe concessioni di autonomia amministrativa, che la ponevano nelle condizioni di libero comune. Accanto alle magistrature comunali democraticamente elette (cioè a priori, i massari del popolo, i membri del gran consiglio e, con la dinastia aragonese, pure il podestà), vi erano i rappresentanti dell’autorità regia: il vicario, il giudice ed altri ufficiali minori, tutti dipendenti dal Capitano della montagna, cui incombeva l’onere di risiedere sul posto almeno un mese all’anno: ma tra le due magistrature non sempre corse buon sangue, ed i leonessani furono spesso costretti ad invocare l’intervento del sovrano, verso il quale, angioino o aragonese che fosse, mostrarono sempre fedeltà, nè presero mai parte a gravi sommosse dirette a sconvolgere l’ordine costituito, particolarmente durante gli avventurosi regni delle due Giovanne (1343-1381, 1414-1435) e nel turbolento periodo della congiura dei baroni sotto Ferdinando I (1458- 1494). Per la loro lealtà di trono, subirono non poche azioni di rappresaglia da parte dei rivoltosi di turno. Nei secoli XV-XVI fiorirono le industrie, principalmente quella laniera, che trovò sbocchi in numerosi centri commerciali, dai mercati di Farfa a quelli di Ascoli Piceno. In seguito l’arte della lana volse al declino, pur continuando ad assorbire una considerevole parte dell’artigianato locale; nè molto valsero a risollevarne le sorti i tentativi esperiti nel 1587 per un nuovo più adeguato statuto. Altre attività meritatamente famose furono l’esportazione di grano e legumi, le industrie artigianali dei tessitori di lino, dei cappellai, degli armaioli, dei battitori di metallo, dei fornaciari e cavatori di gesso. Questa condizione di relativa agiatezza dette credito all’abitato, ed i leonessani sempre più frequentemente vennero richiesti come paceri e come garanti dalle comunità vicine in lite tra loro, e crebbero in stima un pò ovunque. Il maggior benessere economico favorì pure largamente lo sviluppo dell’edilizia e consentì l’ingresso di molte opere d’arte nelle chiese della città. Se l’informazione antonoriana è esatta, dovremmo porre proprio a Leonessa il primo Monte di Pietà sinora documentato, preesistente peraltro al 1446, dal quale potè trarre ispirazione Domenico da Leonessa che ne fondò uno ad Ascoli Piceno nel 1458. Stando a quel che dice l’Antinori, il Monte di Pietà leonessano era ubicato in posizione centrale, nel pubblico arengo, e sopra il locale fu poi innalzata la torre civica, quella stessa distrutta all’inizio del secolo. In seguito, vi furono conflitti gravi di natura politica nel 1347, il saccheggio e la distruzione dell’abitato, ad opera, secondo quel che narra il Villani, dell’esercito di Luigi d’Ungheria, sceso in Italia per vendicare l’uccisione di suo fratello Andrea. Dal 1384 sino all’inizio del ‘400 si ebbe una breve denominazione dei Trinci, Signori di Foligno, dapprima con Corrado, che interpose i suoi buon uffici per una pacificazione generale tra Leonessa, Norcia e Cascia, quindi con Ugolino, ambedue proposti dai leonessani come governatori della loro città e confermati nell’incarico del sovrano. Ma il timore, nient’affatto infondato, che l’incarico temporaneo potesse trasformarsi in Signoria di tipo feudale, mise in agitazione i leonessani, i quali nel maggio del 1401 ottennero da Ladislao il ritorno del
territorio sotto il pieno dominio regio, con l’annullamento di qualunque concessione ai Trinci e la solenne promessa di non infeudare la terra di Leonessa. Altra breve cessione temporanea fu fatta, per ragioni politiche, da Alfonso d’Aragona che, dal 1443 al 1447, lasciò Gonessa, Cittaducale ed Accumoli a Papa Eugenio IV in cambio del vicariato di Benevento. Il dominio pontificio però non fu gradito in alcun modo ai leonessani che si tennero pronti all’insurrezione armata. L’infeudazione vera e propria si ebbe solo nel 1539 con Carlo V. L’imperatore diede in feudo Leonessa, insieme alle libere Università abruzzesi di Penne, Campli, Cittaducale e Montereale (i cosiddetti Stati farnesiani d’Abruzzo), alla sua figlia naturale Margherita d’Austria, andata sposa ad Ottavio Farnese, per costituirle il reddito dotale annuo di 6000 ducati d’oro. Si trattò però di una infeudazione all’origine non eccesivamente gravosa, con soli diritti giurisdizionali e fiscali da parte del feudatario e non territoriali; ed i leonessani, tanto gelosi della loro autonomia e della loro libertà, non mostrarono di soffrirne molto. Và anche precisato che Margherita d’Austria si comportò con prudenza e magnanimità rispettando leggi, operando un saggio decentramento amministrativo, onorando e beneficiando i nuovi sudditi: ai leonessani fece dono di una elegante fontana ubicata nella piazza maggiore (1548), e per i poveri dispose, con testamento rogato dal leonessano G. Battista, atti il 3 gennaio 1586, alcuni lasciti, come doni nuziali, destinati a delle ragazze povere di Leonessa. A quest’epoca risale, come vuole la tradizione, la concessione del titolo di città da parte di Carlo V, successivamente confermato dalla congregazione pisana dei Cavalieri di S. Stefano. Da Margherita, i feudi farnesiani d’Abruzzo passarono per succesione ereditaria ai Farnesi di Parma. La situazione economica, fattasi già abbastanza precaria, ebbe un grave colpo in seguito ai violenti terremoti del 1703, nei quali rimasero distrutti molti edifici pubblici e numerose frazioni, e trovarono la morte circa 800 persone e gran quantità di bestiame: fu il colpo di grazia che ridusse Leonessa allo stremo, favorendo l’emigrazione massiccia già iniziata nel secolo precedente verso Roma e le città dello Stato Pontificio. Tuttavia, nel 1737, e poi nel 1746, pur afflitta da gravi ristrettezze economiche, Leonessa visse la sua ora di trionfo con la beatificazione e la canonizzazione del suo figlio più illustre, il cappuccino Giuseppe Desideri. In seguito alla pace di Vienna del 1735, per la quale Carlo I di Borbone aveva ottenuto tutti i beni extraterritoriali già appartenuti ai Farnese e ai Medici, Leonessa ritornò sotto il pieno dominio della casa reale di Napoli e venne compresa tra i cosiddetti Stati allodiali di privato patrimonio della corona. Finalmente, con la legge eversiva della feudalità (1806), Leonessa fu nuovamente libero comune, e si organizzò secondo i nuovi criteri amministrativi introdotti dalla Rivoluzione. Prese parte alle lotte politiche del tempo e nel settembre 1820 ebbe anch’essa la sua vendita carbonara, subito presa di mira dalla polizia borbonica. Con l’avvento del Regno d’Italia fece parte della Provincia dell’Aquila tramite il circondario di Cittaducale. Nel 1927 fu aggregata alla Provincia di Rieti di nuova istituzione. Carta d’identità gastronomica L’alimentazione tipica locale trae origine dalle attività economiche prevalenti: accanto alla produzione casearia, il farro, il tartufo, le patate e le erbe aromatiche rappresentano le principali risorse gastronomiche, mentre fra i piatti tipici si segnalano in particolare gli sfusellati al sugo, il capretto al forno, il baccalà dolce con le castagne, gli struffoli di Carnevale. Il farro è stato il cereale più diffuso nel mondo antico. La puls (polenta) di farro era uno dei piatti caratteristici della cucina romana arcaica, prima che si diffondessero la coltura del frumento e l’uso di panificare. In questo ambito territoriale è stata realizzata la carta dei suoli dell’Altopiano di Leonessa e delle loro idoneità per alcune colture tipiche, eseguita in collaborazione tra la Regione Lazio e l’Istituto sperimentale per lo studio e la difesa del suolo del Ministero delle politiche agricole e forestali. L’altopiano di Leonessa, posto ad una quota media di circa 900 mt. slm ed esteso per circa 6000 ha, può essere considerato rappresentativo di molte aree dell’Appennino centrale calcareo. Questo comprensorio risulta di grande interesse in quanto caratterizzato da attività agricole e zootecniche a basso impatto, in un ambito di alta valenza ambientale, e da un’economia di tipo marginale ma che ha le potenzialità per potersi inserire nel mercato agro-alimentare per produzioni di qualità. Le sue particolari caratteristiche ambientali consentono di praticare un’agricoltura di qualità che fornisce prodotti sempre più richiesti dal mercato. In particolare, la coltura della patata, quella della lenticchia, del farro e della segale, potrebbero essere ampiamente sviluppate e migliorate. Qui la carta dei suoli è stata realizzata mediante l’usuale metodologia che associa lo studio fotointerpretativo dell’area con i rilievi e le osservazioni in campo. La fotointerpretazione ha permesso di suddividere l’ambiente studiato in sistemi, sottosistemi, unità fisiografiche e unità di paesaggio. Le indagini di campagna, condotte con la descrizione di profili di suolo e con l’esecuzione di trivellate di controllo, e le analisi di laboratorio, eseguite secondo la normativa italiana, hanno portato a definire 43 unità pedologiche a cui corrispondono altrettante unità cartografiche. È stata quindi realizzata una cartografia pedologica che costituisce un inventario della risorsa suolo. A questa è seguita l’elaborazione di una serie di carte di idoneità per alcune colture tipiche dell’area leonessana: frumento tenero, farro e segale, patata, lenticchia ed erba medica.

Luoghi da scoprire
La Necropoli di Valle Fana – nei pressi della Frazione Villa Gizzi. Localizzato il tempio della necropoli di Valle Fana di Leonessa risalente a 2100 anni fa, nei pressi della frazione di Villa Gizzi. È interrato sotto un paio di metri di detriti e argilla ed a breve inizieranno i lavori per riportarlo alla luce insieme alle altre tombe rimaste ancora sepolte rispetto alle due, scoperte nell’ottobre di due anni fa; sono state rinvenute, sotto il peofilo di un esteso campo coltivato, le due grandi tombe risalenti, secondo la prima datazione effettuata, al II-III sec. a.C.; si tratterebbe, quindi, della fine della civiltà Etrusca prima dell’avvio della dominazione Romana. La datazione è stata resa possibile grazie alla grande quantità di suppellettili e di resti che sono stati trovati all’interno delle due stanze perfettamente conservate, anche con il loro splendido intonaco originario; la singolarità ancora più eclatante del sito è che al suo interno sono stati ritrovati gli scheletri, per nulla rovinati, di una donna e di un cavaliere con il proprio cavallo.