Labro


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Provincia: Rieti
Abitanti: 352
Altitudine: 628 mt. slm
Comuni limitrofi: Morro Reatino, Colli sul Velino
Parchi/Riserve: Il territorio del di Piediluco.
Come si raggiunge:
In auto: Da Roma fino a Rieti S.S. 4 Salaria, poi superstrada Rieti- Terni.
Da Rieti S.S. 79, poi S.P. 5 direzione Labro.
Da Perugia fino a Terni E-45, poi S.S.79 Ternana fino a Piediluco.
Da L’Aquila fino a Rieti S.S. 4 Salaria, poi superstrada per Rieti.
In autobus: linea CO.TRA.L.
In treno:
linea ferroviaria Rieti-terni -
Ferrovie statali
Distanze in km:
173 da Frosinone
165 da Latina
21 da Rieti
105 da Roma
78 da Viterbo
Emergenze architettoniche:
Castello di Labro - Palazzo Nobili Vitelleschi
Chiesa Parrocchiale di S. Maria
Le Tre Porte
Chiesa Parrocchiale di S. Maria della Neve
Cappella del Rosario
Il Torrione
Manifestazioni:
marzo:
Festa di primavera
Maggio:
Mangialonga
Agosto:
Notte di S. Lorenzo
Ottobre:
Labro golosa
24 Dicembre:
Presepe vivente
Il genius loci
Uno stretto nastro di asfalto a curve che si snoda su viste spettacolari, porta in un luogo illuminato dalla immensa e calda luce del giorno. Eccoci nel passato, nel borghetto intatto ed inalterato di Labro avvolto dalla natura che si presenta con lucertole muraiole, rondoni sui tetti, codirosso spazzacamino sui comignoli e dal passero solitario dal colore blu ardesia tanto celebrato da Leopardi, a testimonianza della grande conservazione e fusione dell’abitato con il paesaggio. Sorprendenti le pietre delle abitazioni che sfumano con colori che vanno dal rosato, al verdastro, al violaceo fino ad arrivare all’inconfondibile colore grigio cenere per i differenti usi di rocce usate per le costruzioni. Il luogo sembra un delicato dipinto romantico. Qui soltanto profondi ed irreali silenzi, interrotti solo dal canto degli uccelli, avvolgono gli antichi palazzi, come quello dei marchesi Vitelleschi, ancor’oggi abitato e visitabile, il torrione medioevale, segno di un antico passato bellicoso, e l’alto campanile della chiesa di S. Maria della Neve, da dove suonano senza sosta le campane, quasi a comunicare ancora l’esistenza e la conservazione del luogo. L’uso di materiali esclusivamente originari ha preservato l’integrità di questo nucleo antico rimasto intatto quasi per miracolo e per volontà degli abitanti che vi abitano. Strappato circa trent’anni fà al degrado ed all’abbandono, Labro oggi si presenta come un raro esempio di omogeneità storica ed artistica. Dal Lago di Piediluco, il borghetto, nella notte, avvolto nel buio, ci appare in lontananza librato nell’aria, quasi come fosse un miraggio, e nella sera tiepida, per le viuzze deserte, illuminate sapientemente da luci a filo dei gradini e da vecchi lampioni, si assapora un’atmosfera di grande calore, spezzata da qualche voce sottile e lontana e da alcune note musicali che giungono dall’unico luogo di ritrovo dell’abitato, subito soffocate dall’incessante cicalio dei grilli.

Profilo dell’area
Il territorio dl lago di Piediluco Il lago di Piediluco è quasi una sorta di specchio per Labro. Il paesaggio intorno al Borgo è incantato ed il lago gli fà da panorama, rendendo surreali i tramonti.
La posizione geografica di Labro, con le colline da un lato e il monte Terminillo della catena montuosa dell’Appennino dall’altro, fà sembrare il borgo essere sentinella di pietra di un luogo nel quale la natura e la storia dell’uomo si fondono per creare un paesaggio di estrema bellezza. La linea rossa che guida in questo itinerario è il fiume Velino che qui entra in una delle zone umide più importanti d’Italia. Il Sito di importanza comunitaria dal 1985, Riserva Naturale dei laghi Lungo e Ripasottile, compresa nel sistema dei Parchi e delle Riserve Naturali. Il territorio dei due laghi, Lungo e Ripasottile, ospita Germani Reali, Aironi Bianchi, Aironi Cenerini, le Gallinelle d’acqua e cormorani. Da qui il fiume scorre fino ad un altro lago importante: quello di Ventina, e poi rallenta in quello di Piediluco, alleato fedele del borgo antico di Labro. Scoprendo quasi per caso Labro, si pensa che probabilmente lo si stava cercando, ed ancora una volta ci si accorge che esiste un’Italia minore nascosta, ricca di storia, di fascino, cultura, spesso dimenticata ed all’improvviso ci si accorge che Labro non è solo geograficamente il cuore dell’Italia ma diventa, insieme a tanti altri borghi fatti di pietra, il paese dell’anima. All’ingresso dell’abitato, in alto, visibile vi è il Castello de’ Vitelleschi, manomesso, con finestrature guelfe e torrioni. Percorrendo a piedi il borgo medievale, dalle caratteristiche vie cordonate sormontate da diversi archi, si sale sulla parte alta , dove si trova la Chiesa parrocchiale di S. Maria del 1508. Essa sorge al limite di uno spiazzo erboso munito di torre semicircolare, da cui si gode di una bellissima vista sulla valle circostante. La chiesa è stata costruita sui resti di un castello, precedente a quello dei Vitelleschi e distrutto verso la fine del quattrocento, di cui, pare occupi la vecchia sala d’armi e di guardia. Attigua vi è la cappella del Rosario, con un portale esterno del 1494. Ai piedi del colle di Labro, si trova la chiesa diruta della Madonna della neve, del XV secolo, con un bel portale rinascimentale: annessi sono i resti di un monastero, del quale la parte meglio conservata è sicuramente il suggestivo chiostro, dalle basse colonne a blocchi di pietra. Proseguendo, verso destra, sulla stalale 521, la strada continua alta in cresta, facendo ammirare un ampio panorama, dominando così la profonda valle di Fuscello, boscosa e solitaria, percorsa dal principale immissario del lago di Piediluco, con la quale ci si addentra nei Monti Reatini.
La storia
Pittoresco borghetto disposto a piramide sulla cima di un colle coperto di uliveti e vigneti, a dominio della Valle di Fuscello. Incerta è l’origine del nome: per alcuni deriverebbe dal latino aper, cinghiale, secondo altri scaturirebbe da lavabrum, in latino vasca, bacino, e farebbe riferimento al sottostane lago di Piediluco, sul cui bordo probabilmente era il borgo. La nascita del borgo si deve far risalire alla conquista romana ed alla grandiosa opera di bonifica effettuata nel 264 a.C. dal Console Manio Curio Dentato con la realizzazione della Cascata delle Marmore, che portò al parziale prosciugamento del Lacus Velinus, bacino che occupava l’intera conca reatina fino al confine con l’Umbria. I ritrovamenti archeologici, oggi spiegano come le popolazioni di un tempo avessero scelto di rifugiarsi sulle colline per stare lontani dalle acque malsane e palustri. Le notizie più antiche sulla nascita dell’abitato risalgono al X secolo d. C. quando i Nobili fecero costruire la Contrada ed il castello a somiglianza della Rocca di Spoleto. Nel 956 Aldobrandini De’ Nobili fu investito dall’imperatore Ottone I del titolo di Signore di Labro e di altri dodici castelli posti tra il Ducato Spoletino ed il Contado di Rieti. In epoca medievale, il borgo combattè numerose guerre con i castelli vicini, particolarmente sanguinose con la Rocca di Luco, tanto da portare la famiglia De’ Nobilia perdere la Signoria di Labro e la parte superiore dell’abitato, comprendente anche un’altissima torre da cui era possibile controllare tutto il centro Italia. Ai Signori De’ Nobili rimase solo la cinta delle mura del castello, che servì loro come base per costruire nel XVI secolo un palazzo tuttora esistente, di proprietà della famiglia Nobili Vitelleschi: Palazzo Forti. Le restanti parti del castello furono demolite o cambiate: la grande torre venne abbattuta e la sala d’armi fu trasformata in un edificio ecclesiastico. Il resto del borgo è giunto fino ai giorni nostri praticamente intatto: un centro medievale, ricco di testimonianze e di scorci suggestivi. Nel dopoguerra Labro, colpito dall’emigrazione e dal problema della concentrazione urbana, rischiava di perdere la sua identità storico-urbanistica. Fortunatamente, da quanto è successo in altri centri medievali vicini, Labro attraverso
la forza degli abitanti, è riuscito a rimanere nel tempo integro in modo da poter oggi, come allora, vive le stesse sensazioni ed emozioni.

Carta d’identità gastronomica
Nel territorio provinciale vi è un fiorente settore rappresentato dai prodotti tipici della zona ottenuti secondo antiche tradizione a cui viene applicata la cultura biologica. Tutto ciò al fine di ottenere un prodotto di elevata qualità. Alcuni di questi sono già ampiamente conosciuti in Italia e all’estero come l’olio extra vergine di oliva, i tartufi, bianchi e neri, e le castagne, di varia specie come il Marrone antrodocano e la Rossa del Cicolano.

Luoghi da scoprire
I monti Reatini.
Imponente gruppo orografico dell’Appennino umbromarchigiano, che si raccorda con la fascia mediana dell’Appennino Abruzzese; si allungano in senso NOSE tra le valli dei fiumi Nera e Velino, in territorio in parte Umbro. Formati essenzialmente da rocce calcaree, interessati da complessi fenomeni tettonici, raggiungono le maggiori altezze a sud, nel massiccio del Monte Terminillo a quota di 2216 mt. Tra i vari rilievi s’interpongono conche tettoniche, delle quali è particolarmente notevole la Piana di Leonessa.
La Piana di Leonessa.
È una conca tettonica ampia circa 60 km2, situata
all’interno dei Monti Reatini, ad altitudine di 950-980 mt. Il suo fondo, un tempo occupato da uno specchio lacustre, è cosparso di piccoli insediamenti, tutti caratterizzati da forte regresso demografico.
Poggio Bustone.
Le montagne intorno a Poggio Bustone sono meta degli appassionati di parapendio. Il paese è il luogo natio di Lucio Battisti, il grande cantautore scomparso.
Il Lago di Ventina.
La sua natura intatta con le sue rare e svariate specie di libellule rendono il luogo uno dei più naturalistici della zona.
Il Santuario di Greccio.
S. Francesco in questo santuario per la prima volta rappresentò la natività di Gesù. Nel dicembre 1223, mentre si trovava a Fonte Colombo, chiamò l’amico Giovanni Velita di Greccio e gli manifestò l’idea di poter celebrare a Greccio, durante il S. Natale, la natività di Gesù con la raffigurazione animata da personaggi ed animali; così fu fatto presso l’antico convento, sanzionando quindi la nascita del presepe.
Riserva naturale dei laghi reatini.
Una delle più importanti zone umide del centro Italia. La Valle Avanzana. Antica via di comunicazione.
La cascata delle Marmore.
Non poco lontano da qui vi la la bellissima cascata delle Marmore, realizzata dai Romani. È la più alta d’Europa, con i suoi 165 mt. d’altezza.