STORIA DELLE BOCCE
Le prime tracce di un'attività ludica, che
probabilmente rappresentano la più antica testimonianza del gioco delle bocce,
datano al 7000 a.C. con il rinvenimento, nella
città neolitica di Catal Huyuk, in
Turchia, di alcune sfere in pietra che mostrano chiaramente i segni di
rotolamento su un terreno accidentato. Cinque millenni più tardi, in Egitto,
oggetti simili, ma più finemente lavorati, furono rinvenuti nella tomba di un
fanciullo. SNel Fayum esisteva una città, chiamata Madi, che risale alla XII
Dinastia. Di questo periodo, i resti di un Tempio dedicato alla Dea delle messi
Renenutet ed a Sobek, in cui si trovano dei bellissimi rilievi raffiguranti i
sovrani di questa dinastia in adorazione degli Dei.Il Tempio venne poi, in
periodo tolemaico, ampliato e dedicato ad Iside che i greci identificavano anche
come Dea del raccolto. ...Il sito è ricco di reperti, vasi, strumenti in rame,
vetri, ecc., soprattutto di epoca tolemaica, e rimase abitato fino al nono
secolo d.C. Fu anche un centro cristiano, dato che vi si trovano anche i ruderi
di numerose chiese. Una missione archeologica italiana che sta scavando
nell'area ha ora ritrovato una stranissima struttura vicino ad un centro urbano,
formato tutto da case bilocali con un ampio atrio. Si tratta di un grande blocco
di calcare, perfettamente lisciato e rifinito, che presenta una scanalatura
larga 20 cm. e profonda 10. A metà di questa, c'è un buco quadrato di 12 cm. di
lato. Sono state trovate anche due biglie, sempre di calcare, che si adattano
perfettamente una alla scanalatura, l'altra alla buca. Il reperto è di epoca
tolemaica e l'ipotesi è che sia una specie di campo da bocce ante-litteram!
Con le bocce (ovviamente stiamo parlando di un gioco
che sicuramente non è quello attuale) si dilettavano anche greci e troiani
durante le lunghe pause dell'assedio di Troia.
Uno dei primi documenti scritti che citano
questo gioco è quello del medico greco Ippocrate che lo elogia e lo consiglia
ritenendolo un'attività molto salutare.
Il salto di qualità delle bocce è comunque merito dei
romani che adottarono, per primi, sfere di legno. Ovidio Nasone Publio ne fece
il divertimento preferito durante l'esilio sul Mar Nero; vi si dilettò
l'imperatore Augusto (che usava bocce di radica d'ulivo), Ponzio Pilato ed anche
Claudio Galeno il quale, come il collega Ippocrate, lo consigliò a giovani e
vecchi.
Le legioni romane fecero conoscere il gioco in Gallia
dove, in seguito, ebbe uno sviluppo enorme.
Nel Medioevo questo gioco divenne una vera e propria
mania. Si giocava per le strade, sulle piazze, nei castelli.
Le bocce affascinarono tutti, nobili e diseredati. E
non furono disdegnate dagli ecclesiastici e dalle gentildonne. Nel 1299, a
Southampton, in Inghilterra, nacque quello che possiamo considerare il primo
club boccistico: l'Old Bowling Green.
Ma l'esagerata pratica del gioco diede fastidio ai
potenti. Il lavoro trascurato, le scommesse e, a volte, le furibonde liti,
provocarono i primi divieti
che accompagneranno il gioco delle bocce per lunghi secoli. Tra i più
inflessibili a stroncare il gioco delle bocce, che "… storna il popolo da
esercizi più convenienti alla difesa del reame…", troviamo Carlo IV il Bello
(editto del 1319), Edoardo III d'Inghilterra, Carlo V il Saggio (1370) e, una
ventina di anni più tardi, il re inglese Riccardo II.
Ma c'è, seppur timida, anche qualche voce a favore. I
medici dell'Università di Montpellier, in Francia, erano convinti, infatti, che
questo gioco fosse un eccezionale toccasana contro i
reumatismi. Di buon occhio le bocce furono viste anche dall'umanista olandese
Erasmo da Rotterdam (le chiamava "ludus globarum missilium"), dal teologo
tedesco Martin Lutero, da Calvino (che era anche un accanito giocatore), dallo
scrittore Rabelais che ci racconta come Gargantua si dilettasse alle bocce per
digerire. Bruegel il Vecchio le ha immortalate nel suo famoso dipinto
Giochi di fanciulli
esposto alla Pinacoteca Nazionale di Vienna. Sir Francis Drake ne era un vero
patito. Avvertito dell'arrivo della flotta spagnola, la famosa "Invincible
Armada", continuò tranquillamente a giocare a bocce sulle banchine del porto di
Plymouth deciso, prima di salpare a difendere l'Inghilterra, a terminare
un'incertissima partita con il suo nostromo. Del gioco delle bocce parla anche
William Shakespeare nel suo Riccardo II. Il gioco, però, continuò a preoccupare
le autorità. Nel XVI secolo fu proibito da Enrico VIII, nel 1576 i Dogi di
Venezia ne furono addirittura terrorizzati ed emisero un pesantissimo editto
contro "… il pericolo grande delle balle…". Ma erano praticamente gli ultimi
anatemi contro questo gioco che, oramai, si era diffuso in quasi tutta l'Europa
occidentale. Infatti, verso la fine del Seicento, Carlo II d'Inghilterra lo
legalizzò e, addirittura, fece predisporre una specie di regolamento. Nel 1753,
a Bologna, uscì un volumetto, il "Gioco delle bocchie" di Raffaele Bisteghi, che
ufficializzò questo gioco diffusissimo e, pur con innumerevoli varianti, anche
regolamentato.
Il
1° maggio 1873 sorse a Torino la prima Società d'Italia che assunse la curiosa
denominazione di Cricca Bocciofila. Fu il primo passo, il primo mattone della
futura organizzazione nazionale. Un quarto di secolo dopo, nel 1897, un
gruppetto di Società bocciofile piemontesi si riunì a Rivoli, vicino a Torino, e
decise di fondare un organismo di coordinamento dell'attività sul territorio.
Così, il 1° maggio 1898, sempre a Torino, in occasione dell'Esposizione
Internazionale, nacque l'Unione Bocciofila Piemontese, praticamente la prima
federazione da cui iniziò la fase moderna del gioco delle bocce.
I progressi furono immediati. Nel 1904 fu predisposto
il primo regolamento tecnico di gioco. L'attività era ancora svolta unicamente
all'aperto, sui campi non delimitati, con bocce di legno.
Nel 1919 nacque l'UBI, Unione Bocciofila Italiana,
che era l'erede di quella piemontese. Il nuovo organismo, con sede a Torino, era
guidato dall'avvocato Massimo Cappa.
Il 1924 fu un'altra data storica. Per la prima volta,
con una presenza dimostrativa, le bocce approdarono alle Olimpiadi. I giochi si
svolsero a Parigi dove, in contemporanea, si giocò un torneo tra squadre
italiane, francesi e monegasche.
Nel 1926 la FIB si riunì in una rinnovata UBI ed il
CONI riconobbe la nuova Federazione. Fu un grosso successo per le bocce che si
videro equiparate alle altre discipline sportive. Ma l'euforia durò poco. Nel
1929 un decreto ministeriale tolse le bocce dal CONI e le inserì nella
molteplice organizzazione gestita dall'OND, l'Opera Nazionale Dopolavoro,
ritenendole un'attività ricreativa. Nel nuovo contesto, pur declassate, le bocce
trovarono una vera e sostanziale unificazione su tutto il territorio nazionale e
nacque una capillare organizzazione periferica. Inoltre fu adottato un
regolamento unico.
Nel 1929 ci fu un importante salto di qualità con la
nascita della boccia "sintetica", una sfera impastata con segatura e colla.
Nel 1945, caduto il fascismo, si sciolse anche l'OND
le cui funzioni, in seguito, passarono all'ENAL, Ente Nazionale Assistenza
Lavoratori. Nel dopoguerra le bocce ebbero una vita molto travagliata. Rinacque
la FIB a Torino e risorse l'UBI a Genova. Un'altra FIB, legata all'ENAL, prese
vita a Milano. Nel 1948 tutte queste realtà, dopo vivaci traversie, trovarono un
accordo e diedero vita all'UFIB, Unione Federazioni Italiane Bocce, che
raggruppava i due principali sistemi di gioco praticati in Italia: la "raffa"
diffusa praticamente su tutto il territorio nazionale, e che considerava anche
l'assetto ricreativo del gioco, ed il "volo" che, saldamente radicato in
Piemonte e Liguria, puntava soprattutto sull'aspetto agonistico. La sede
centrale della federazione fu fissata a Genova e i due sistemi di gioco furono
coordinati da due sezioni: la SeReNa, Sezione Regolamento Nazionale, per il
gioco di "raffa" con sede a Milano, e la SeReInt, Sezione Regolamento
Internazionale anche questa con sede a Genova, che gestiva il gioco di "volo".
Nel 1950 nacque l'organizzazione internazionale della
"raffa", la FIB, Federazione Boccistica Iternazionale, con sede a Chiasso.
Quattro anni prima era già sorta la FIB, Federation Internazionale de Boules,
che raggruppava i Paesi praticanti il sistema di gioco del "volo". In quegli
anni comparvero sulle corsie le prime bocce metalliche.
Nel 1979 tutti i bocciofili d'Italia videro premiata
la loro volontà unitaria e le diverse federazioni sino ad allora operanti in
Italia si unirono sotto un'unica sigla, l'UBI, che ottenne l'immediato
riconoscimento del CONI. In seguito, nel 1986, arrivò anche la legittimazione
del Comitato Olimpico Internazionale.
Nel 1991 le bocce adottarono un nuovo statuto, si
fecero identificare da un moderno logo (boccia azzurra in movimento con riccioli
tricolori) e ripresero la denominazione di FIB, Federazione Italiana Bocce.
Nel 1997 le bocce italiane hanno compiuto il loro
primo secolo di vita "ufficiale". Una forza poderosa che, con la sua tenacia e
volontà, è riuscita a cogliere, proprio nel suo Centenario di Fondazione, un
traguardo ambiziosissimo: la partecipazione, in forma ufficiale, ai Giochi del
Mediterraneo di Bari.
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