L'A.S.
Roma nasce nel 1927 per contrastare il "vento del nord". L'idea fu di
Italo Foschi. L'allora dirigente della Fortitudo intuì che per portare
lo scudetto nella capitale era necessario creare un grande club,
magari unendo le forze di alcuni tra i diversi sodalizi nei quali si
disperdeva il calcio romano. Così nel luglio del
'27 venne costituita la nuova
società, nata dalla fusione di Alba, Roman e Fortitudo (che a sua
volta aveva assorbito la Pro Roma). I dirigenti decisero che i colori
sarebbero stati il giallo e il rosso, gli stessi del Roman. Presidente
fu nominato lo stesso Foschi.
L'operazione si
rivelò subito vincente. La Roma, infatti, nella stagione '27-28 si
aggiudicò il primo titolo: la Coppa Coni (antenata della Coppa Italia)
ai danni del Modena. L'uomo più rappresentativo di quella
formazione era Attilio Ferraris, nativo di Borgo Pio, che già
indossava la maglia della nazionale ed era destinato a diventare
campione del mondo. Dalla stagione '28-29 al gruppo si unì anche un
mito del calcio romano, Fulvio Bernardini, faro della squadra per
undici stagioni.
Tempio
della manifestazione dell'orgoglio giallorosso fu, in quella fase
pioneristica, il glorioso stadio di Testaccio. Qui la Roma giocò dal
'29 al '40. Costruito da Silvio Sensi, padre dell'attuale presidente,
era sistematicamente preso d'assalto dai tifosi che per anni hanno
continuato a considerarlo la vera casa dell'A.S.Roma. La parabola di
questo mitico stadio fu aperta e chiusa da due vittorie romaniste,
entrambe per 2-1, su Brescia e Livorno.
Appena un mese
dopo il trasferimento al campo di Testaccio, un altro avvenimento
fondamentale segnò la storia della Roma: il primo derby capitolino
contro la Lazio. La lunga serie di stracittadine fu inaugurata
dall'incontro disputato nel campo della Rondinella, posto alle pendici
di Villa Glori. Quel giorno nove spettatori su dieci sventolavano
bandiere della Roma. Non rimasero delusi: decise una rete di Volk,
detto "sciabbolone".
Negli anni '30 cominciano anche le grandi sfide contro la Juventus.
Storica quella del '31 quando i bianconeri, destinati a vincere cinque
scudetti consecutivi, furono umiliati al campo Testaccio per 5-0!
Dopo
un decennio di piazzamenti più o meno buoni, finalmente arrivò il
primo trionfo importante: lo scudetto. Allenata dall'austro-ungherese
Schaffer, la Roma si impose un po' a sorpresa grazie ad un gran
finale. Squadra matura quella che si aggiudicò il campionato. Difesa
affidabile ed esperta guidata dall'ottimo portiere Masetti. Quindi
grande velocità e contropiede. Ma soprattutto i gol di Amedeo Amadei,
la vera stella della formazione, in gol 18 volte. Nativo di Frascati,
l'attaccante era cresciuto nel vivaio giallorosso e si era affermato
nell'Atalanta. Tornato a Roma, fu sistemato da Schaffer al centro
dell'attacco, ripagando la fiducia a suon di gol. Era la prima volta
che una squadra del centro-sud si aggiudicava il titolo nazionale.
Al primo trionfo
seguirono anni bui. La Roma, più di altre società, patì le conseguenze
della guerra, ritrovandosi senza soldi e, quindi, giocatori. Ne
derivarono alcuni campionati scadenti, culminati con la retrocessione
della stagione 1950-51. Tornati prontamente in A sotto la guida di
Gipo Viani, i giallorossi andarono incontro ad un decennio
interlocutorio il cui risultato migliore fu il secondo posto del
1954-55.
All'inizio degli
anni '60 doveva essere l'Europa a restituire nuovi entusiasmi al
popolo romanista. Nel 1960-61, infatti, arrivò il primo ed unico
successo internazionale. La Roma approdò alla finale della Coppa delle
Fiere dopo aver superato, di seguito, Union St.Gilloise (0-0, 4-1),
Colonia (2-0, 0-2, 4-1) e Hibernian (2-2, 3-3, 6-0). L'ultimo atto
vedeva la formazione della capitale opposta agli inglesi del
Birmingham. Già in trasferta la Roma sfiorò la vittoria, ma la
doppietta di Manfredini fu neutralizzata dalle reti inglesi di
Hellawell e Orritt. All'Olimpico, però, non ci fu storia. Con
Carniglia in panchina, la Roma risolse la pratica già nel primo tempo
grazie all'autorete di Farmer e al gol di Petrin. Grande protagonista
di quella cavalcata il bomber Manfredini, detto "piedone", che mise a
segno complessivamente dodici reti.
Gli
anni '60 regalarono diverse soddisfazioni ai tifosi giallorossi.
Arrivarono due Coppe
Italia ('64 e '69) ma soprattutto vestirono la maglia della Roma
giocatori del calibro di Lojacono, Schiaffino, Angelillo, Losi e
"Picchio" De Sisti. Rimase nella memoria la vittoria della Coppa
Italia del '69, giunta sotto la presidenza di Alvaro Marchini e la
guida tecnica del "mago" Helenio Herrera. Tra gli autori di quella
impresa, "Ciccio" Cordova e Fabio Capello, destinato a tornare alla
Roma, molti anni dopo, come allenatore. Una stagione ricca di ricordi,
dunque, uno dei quali, molto triste, è legato a Giuliano Taccola,
morto negli spogliatoi di Cagliari in una tragica domenica di marzo.
Gli anni '70
furono caratterizzati dalla presidenza di Gaetano Anzalone che ebbe
una felice intuizione: quella di portare a Roma Nils Liedholm. Il
merito del "barone", nella sua prima esperienza romana, fu soprattutto
quello di valorizzare giovani campioni come Rocca e Di Bartolomei. Non
mancò anche un ottimo piazzamento, il terzo posto del 1974-75.
Nell'estate del
'79 la Roma visse una svolta storica. Diventava presidente della Roma
Dino Viola, l'uomo che avrebbe portato stabilmente la squadra romana
del gotha del calcio italiano. Ironico, tenace, poco propenso a
tollerare lo strapotere delle tradizionali potenze del calcio, portò
la Roma al suo secondo scudetto e la rese protagonista di
indimenticabili duelli contro la Juventus del "nemico" Boniperti.
La prima stagione dimostrò subito che l'aria era cambiata. Riportato a
Roma Liedholm, Viola centrò subito un successo: la Coppa Italia ai
danni del Torino. Inoltre si imposero giovani emergenti come Bruno
Conti e Ancelotti, mentre Pruzzo confermava le sue qualità di bomber.
Nel 1980-81 ebbe inizio il duello infinito contro la Juventus. A fine
stagione la spuntarono i bianconeri ma sulla vittoria, ancora oggi
dopo tanti anni, pesa il celeberrimo gol di Turone, ingiustamente
annullato nello scontro diretto di Torino. In compenso la Roma bissò
il successo in Coppa Italia e azzeccò forse il miglior acquisto della
sua storia: Paulo Roberto Falcao.
Nel campionato
successivo i giallorossi persero
un po' di smalto, penalizzati
da infortuni a raffica, soprattutto quello di Ancelotti. Ma nel
1982-83 arrivò il tanto sospirato trionfo. Con un gol di Pruzzo, che
fruttò il pareggio a Genova, la Roma era matematicamente campione
d'Italia. Il collettivo assemblato da Liedholm era una macchina
perfetta. Difesa granitica con pilastri insuperabili come Tancredi,
Vierchowod, Nela e Maldera; centrocampo formidabile dove agivano Di
Bartolomei, Falcao, Ancelotti e Prohaska; attacco esplosivo col bomber
Pruzzo e Bruno Conti ad imperversare sulla fascia. Roma era in delirio
per una straordinaria vittoria e Antonello Venditti, stimolato da
un'incredibile atmosfera, componeva una splendida canzone destinata a
diventare l'inno romanista per eccellenza.
Quella
successiva passò alla storia come la stagione delle grandi sconfitte.La
Juventus vinse il titolo con appena due punti di vantaggio sulla Roma.
Ma per il popolo giallorosso l'avvenimento più doloroso rimane la
finale di Coppa dei Campioni persa contro il Liverpool. La Roma aveva
tutto per vincere. La squadra era molto forte, ma soprattutto il caso
le offriva un'occasione irripetibile: la possibilità di disputare la
finale all'Olimpico. La vittoria della Roma sembrava scritta. Oltre
tutto, il cammino dei ragazzi di Liedholm sembrava inarrestabile.
Goteborg, CSKA Sofia, Dinamo Berlino e Dundee United furono spazzati
via senza troppi problemi. Poi, giunto il grande giorno, tutta una
città era lì a fare il tifo per la Roma. Il Liverpool, invece, si
tolse il gusto di infliggere alla marea giallorossa la più grande
delle beffe. Gli inglesi imbrigliarono i giallorossi che riuscirono a
rispondere al gol di Neil solo con la zuccata di Pruzzo.Poi ad
incantare i rigoristi della Roma ci pensò il clown Bruce Grobbelaar.
Quella notte tutta Roma si sciolse in lacrime.
La stagione si concluse con la conquista dell'ennesima Coppa Italia:
un successo che proprio nessuno aveva voglia di festeggiare.
La
sconfitta dell'Olimpico in Coppa dei Campioni segnò il lento declino
dell'era Viola. Si ebbe un sussulto nel 1985-86 con Sven Goran
Eriksson in panchina. Il Lecce, però, si rese protagonista dell'altra
storica sconfitta della Roma: quella che interruppe una rimonta che
sembrava inarrestabile e che avrebbe schiantato la resistenza della
solita Juventus. Ancora una volta, la conquista della sesta Coppa
Italia fu consolazione troppo magra.
Gli anni che seguirono segnarono altri vani tentativi di tornare agli
antichi splendori. Viola richiamò ancora Liedholm ma stavolta
l'incantesimo sembrava finito. A farne le spese, oltre ai tifosi, uno
dei migliori talenti espressi dal vivaio giallorosso: Giuseppe
Giannini. Cresciuto all'ombra degli eroi di Liedholm, raggiunse la
maturità in un periodo poco felice per la Roma e anche in Nazionale fu
costretto a patire la clamorosa delusione di Italia '90.
Nell'anno della
scomparsa di Viola, il '91, la squadra sembrò avere un
sussulto. Raggiunse la finale di Coppa UEFA assieme all'Inter ma,
sotto la guida di Ottavio Bianchi, collezionò l'ennesima delusione:
sconfitta a Milano per 0-2, rispose all'Olimpico solo con una rete di
Rizzitelli. Anche in Supercoppa di Lega non andò meglio: altra
sconfitta contro la Sampdoria (0-1). Unico successo, manco a dirlo, la
Coppa Italia.
Il testimone di
Dino Viola venne preso da Ciarrapico che, però, rimase solo fino al
1992-93, con risultati peraltro mediocri. Un periodo di interregno,
dunque, che aprì le porte ad una nuova svolta storica: la presidenza
di Franco Sensi. La Roma venne restituita ai romani veraci. Il
presidente, tifoso storico, chiamò alla guida della squadra un romano
di Trastevere: Carlo Mazzone. I risultati, però, furono scarsi e la
gestione del tecnico capitolino si distinse soprattutto per la
valorizzazione di quello che è forse il più grande prodotto del vivaio
della Roma: Francesco Totti.
Dopo una
stagione interlocutoria, segnata dall'esperimento Carlos Bianchi, il
presidente Sensi si affidò ad un tecnico innovativo quanto discusso:
Zdenek Zeman. La gestione del tecnico boemo vide l'arrivo di giocatori
fondamentali quali Cafu e Candela, l'affermazione di Tommasi e
Delvecchio, nonché la definitiva consacrazione di Francesco Totti.
Ancora una volta, però, niente vittorie.
Nella
stagione 1999-00 la svolta. I tifosi della Roma, a secco da troppo
tempo, chiedevano
vittorie e il presidente Sensi decise di affidarsi al tecnico vincente
per eccellenza: Fabio Capello. Questi conosceva bene l'ambiente ed era
pronto a trasferire nel club giallorosso la sua collaudata
impostazione manageriale. Sensi lo assecondò mettendogli a
disposizione un gruppo di giocatori di livello assoluto. Arrivarono,
tra gli altri, Montella e Nakata.Sembrò subito l'anno buono. La Roma
segnava e vinceva e restò a lungo nel gruppo delle prime. Nella parte
finale della stagione, però, un vistoso calo le fece
perdere terreno fino a scivolare al sesto posto finale. Un epilogo
reso ancora più amaro dalla vittoria del titolo fatta registrare dai
cugini della Lazio.
Ma Capello non è
tecnico abituato ad aspettare troppo per vincere. Così la stagione
2000-01 si risolveva in una galoppata inarrestabile. La Roma ha
dominato gli avversari dall'inizio alla fine, rimanendo sempre padrona
del campionato. Ad insidiarla c'era solo la Juventus di Ancelotti che,
però, ha dovuto arrendersi di fronte ad una superiorità indiscutibile:
la Roma ha vinto facendo registrare il record di punti per campionati
a 18 squadre, ben 75. Tra i protagonisti Batistuta, autore di una
stagione esplosiva con 20 reti all'attivo, Montella che entrava a
partita in corsa e segnava gol decisivi e Totti, vero fuoriclasse e
leader della formazione. Era il terzo trionfo e un mare giallorosso si
raccoglieva al Circo Massimo per una festa destinata a durare
settimane.
La
vittoria dello scudetto ha contribuito a far entrare stabilmente la
Roma nell'élite del calcio italiano. Nella passata stagione Totti e
compagni hanno nuovamente sfiorato l'impresa cedendo, assieme all'Inter,
soltanto all'ultima giornata, lasciando via libera, un po' a sorpresa,
alla Juventus. Un mancato bis figlio anche delle fatiche di una
Champions League che vedono la squadra impegnata nella ricerca di un
successo che possa definitivamente consacrarla a livello
internazionale.