LA NUOVA CAPPELLA DI SAN VENANZIO

 

 

Il 19 gennaio 1997 è stata inaugurata e restituita al culto la Cappella di San Venanzio.

 

Nata da un’idea del Parroco di allora, Don Andrea Santoro, questo nuovo spazio risulta essere “a dimensione d’uomo” e favorisce la preghiera, sia comunitaria che individuale. E’ la cappella feriale, sempre aperta – dalla mattina presto alla sera tardi -, dove il fedele e il passante occasionale trovano accoglienza per un tempo di riflessione e di colloquio intimo con Dio.

 

Il principio ispiratore di questa architettura si può evidenziare in poche parole: al centro dello spazio è la Sacra Scrittura, posta all’incrocio di due assi, uno in direzione piazza – altare, l’altro in direzione chiesa di San Fabiano – tabernacolo. Tutto ciò dà una giustificazione spaziale.

 

Ma esistono altri elementi che possono sfuggire al distratto osservatore, primo tra tutti la trasparenza delle due porte: quella che affaccia sulla piazza mette in comunicazione la vita del quartiere con la vita sacramentale. La seconda è la porta che comunica con la chiesa “grande” e che ha impressa nella propria materia il simbolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (ispirato ad un mosaico di Tabga).

 

Sono presenti alcune immagini, quindi il Crocifisso, le cinque icone di Suor Cristina che fanno da fondale all’altare e le due che affiancano il tabernacolo. Queste ultime sono ispirate al Vecchio e ad al Nuovo Testamento ed accompagnano senza colori, come semplici affreschi paleocristiani monocromatici, il prezioso tabernacolo che è stato riportato allo splendore originario con un vero bagno d’oro. I ventinove pezzi che lo costituiscono sono stati isolati, dorati e rimontati sulla cassa originaria, dove segni di matita di un artigiano dell’epoca creano una continuità ideale fra la devozione di quel tempo e la nostra.

 

Tutta la costruzione del tabernacolo è custodita in una struttura bianca a forma di altare austero, semplice e realizzato con materiale povero, poi intonacato e tinteggiato.

 

Resta da evidenziare il lavoro eseguito per l’altare, la sede e l’ambone, dove i resti di quella chiesetta demolita ai piedi dell’Aracoeli riprendono il loro posto nell’assemblea con modifiche moderne. Anche l’altare è stato smontato, ricomposto e cerato per ridare colore ai bei marmi che lo compongono. Le cornicetta bronzee sono state sono state ridonate e riposizionate. Il piano originario dell’altare è stato ampliato con fasce dello stesso marmo di Carrara e sollevato di qualche centimetro, grazie all’inserimento di una nuova lastra e cornici di raccordo dello stesso marmo. Questo sollevamento è stato reso necessario perché la dimensione ampliata del piano non coprisse alla vista la scritta riportata sul fronte dell’altare, recante la data 19 marzo 1728.

 

Dei vari reperti salvati dalla distruzione della chiesetta, restavano due parti di rivestimento marmoreo di forma rettangolare allungata. Perché non andassero perdute o rimanessero inutilizzate, è parsa cosa buona recuperarle nella costruzione della nuova sede e dell’ambone e così è stato fatto.

 

Conclude la scelta dei materiali quella della seduta della sede che è realizzata in ulivo, legno che da sempre (lo stesso Plinio lo riporta) è considerato un simbolo di eternità.

 

Completano il tutto le panche, che sono disposte in modo che l’assemblea possa guardarsi, mentre sulla mensa viene consacrato e offerto a tutti il Pane eucaristico.

 

Infine, un rilievo particolare meritano le luci, che sono disposte e comandate da interruttori in modo da ottenere le più diverse soluzioni, da quella semplice di sola illuminazione della Sacra Scrittura, del tabernacolo, delle icone a quella festosa, a piene luci, in alcune occasioni particolari.

 

Ma al di là di tutte le spiegazioni tecniche, il fatto più importante è che chi entra nella Cappella di San Venanzio avverte di essere in un luogo di preghiera.