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Sono usciti nel 2004, senza grande clamore e con scarsa attenzione da parte del sonnolento mondo della cultura italiana contemporanea, per i tipi delle edizioni La Finestra di Trento – una giovane casa editrice che si sta caratterizzando già da alcuni anni per produzioni di notevole rilevanza culturale – due testi del biologo e genetista (ma anche saggista ed abile scrittore e umanista) Giuseppe Sermonti, una delle figure della cultura italiana contemporanea più interessanti e vive. Le due pubblicazioni ruotano intorno ad un comune denominatore, che è forse, nella maniera più efficace e sintetica, espresso nella breve citazione da L’amante invisibile di Elemire Zolla (che incluse Sermonti tra i moderni amici dell’alchimia in un suo scritto), premessa a La danza delle silfidi:
“Le conoscenze aritmetiche, geometriche, astronomiche e di tutte le scienze si esprimevano in miti e (...) i miti corrispondevano ai sentimenti che le loro vicende esprimevano.
Questo gioco di riscontri fra conoscenze – miti – sentimenti potrebbe essere restaurato, se mai si desiderasse, a due condizioni:
a) che le nostre odierne conoscenze, le leggi di natura che accettiamo, si traducessero in narrazioni fantastiche.
b) che queste narrazioni fantastiche o miti fossero coerenti e collimanti con una metafisica rigorosa.
(....) Nulla vieta di collegare le leggi di natura ai sentimenti per mezzo di narrazioni...”
E tale sembra essere precisamente il programma che è alla base di queste due preziose opere di Sermonti. Al centro del programma sermontiano è la fiaba, con la dirompente carica dell’immaginario tradizionale, e delle sue potenziali declinazioni moderne.
Il primo libro Fiabe di tre reami è la ristampa di tre successivi libri editi in passato dalla Rusconi, che forniscono al lettore un’interpretazione simbolica del patrimonio tradizionale fiabesco. Così, la pubblicazione attuale è divisa in tre parti: fiabe di luna, fiabe alchemiche e fiabe dei fiori.
Di volta in volta Sermonti, ricollega i fili di saperi dimenticati, di simboli e miti, di conoscenze biologiche e metallurgiche, per dipanare il filo nascosto che collega la memoria alla narrazione fiabesca ed alle sue analogie con l’archetipo ciclico dell’eterno femminino lunare, con il mondo sotterraneo dei metalli e delle loro trasformazioni, con le forme e i colori dei fiori e delle piante. Così la luna splendente e misteriosa fa capolino in fiabe inglesi, ottentotte, boscimane, esquimesi. Il suo mito si dipana dalle mitologie babilonese e greca fino alla cabala ed ai martirologi cristiani. Così Cappuccetto Rosso diviene la storia di una bambina-luna che percorre il bosco-zodiaco fino ad essere insidiata dall’ambigua figura lunare del lupo-notte che l’ingoia, dalla cui pancia rinasce integra. Cenerentola è la luna nuova che cresce in splendore con gli abiti fatati e diviene piena al ballo; il principe è il sole, che ad ogni incontro risospinge la luna nel buio notturno, fino alla coniunctio finale. Biancaneve è la luna che subisce dalla matrigna – sole l’occultamento-uccisione dell’avvelenamento.
Ma quando la metafora si fa alchemica e metallurgica, allora Cappuccetto Rosso è il mercurio, ed è messaggera tra mamma e nonna proprio come il dio Mercurio dai piedi alati. I suoi attributi, il cappuccio, la borsa, ricordano da vicino quelli del dio Wotan, l’equivalente germanico di Mercurio. Essa viene estratta dal lupo-forno, nel cui ventre compie la cottura. Biancaneve, invece, è una fiaba tutta d’argento. Le sue vicende, il suo avvelenamento ad opera della matrigna, la sua coniunctio con principe sole, i sette nani-metalli minatori, sono gli elementi di una metafora che Sermonti rnde trasparente, chiara. Poiché quando la chiave diviene botanica Biancaneve è l’abete bianco, concepito tra le nevi, sempreverde, con aspetto vivo anche quando il sonno avvelenato, l’inverno, la costringe immota, in un sonno freddo e gelido come la morte. Ed allora anche Cappuccetto Rosso diviene una conifera, un rossastro abete natalizio. Sotto gli occhi del lettore, nelle tre successive chiavi interpretative si snoda una serie di decine e decine tra miti, fiabe popolari e d’autore, procedimenti metallurgici, descrizioni botaniche. Sermonti organizza la sua rilettura del tema fiabesco con mano lieve e documentazione rigorosa. Le fiabe aprono così a misteri ulteriori, splendenti come il biancore dei gigli, che è lo stesso della luna e dell’argento purificato in coppella.
Il secondo testo che abbiamo citato, La danza delle Silfidi, si occupa di un progetto non meno ambizioso. Un tentativo di riontologgizzazione del sapere scientifico in rapporto armonico con l’immaginario, un ridisegnar le regole del sapere umano scavalcando la dialettica riduzionista che non concepisce sapere se non come violenza all’immaginario, come fomite di neo-superstizioni specialistiche e positivistiche.
Già nella premessa Sermonti specifica che esiste una parentela profonda ed in gran parte inconfessata tra le fiabe e le grandi narrazioni scientifiche della modernità: l’illuminismo, ci aveva insegnato Adorno, persegue il suo programma di demitizzazione del mondo, attraverso una sostituzione mitica. Il paradigma unificante del riduzionismo scientista che rimpiazza la ricchezza del mondo delle qualità proposto dai miti. Al mito del sacro, il mito della scienza, mito assolutista quanto incoercibile nella sua fame di potere. Pure, la favola, estrema ed imprendibile fortezza del mito originario, sopravvive sotterranea e si maschera nella narrazioni della scienza moderna:
“... Secondo Fredric Jameson, i grandi motivi narrativi sepolti nella scienza «riconfermano che il raccontare-storie (story-telling) è la funzione suprema della mente umana.
La giovane paleontologa americana Misia Landau ha mostrato molto bene (Narratives of human evolution, 1991) che tutte le teorie sull’origine dell’uomo sono versioni della favola dell’eroe, quale si trova nella fiaba e nel mito: un umile eroe (la scimmia) parte per un viaggio, riceve aiuti da un mago (la selezione naturale), supera molte prove e arriva alla fine ad uno stato superiore (l’umanità). I motivi dell’avventura sono gli stessi che Vladimir Propp ha individuato nei racconti di magia, trattati nella sua famosa Morfologia della Fiaba (1928). I paleoantropologi, sostiene Misia, hanno tutto da guadagnare a rendersi conto che essi non possono che raccontare fiabe...”. (pag. 8)
Così, La Danza delle Silfidi, si presenta come un libro di favole. Come un libro di favole è illustrato - con le preziose illustrazioni di Flavio Barbieri, che sapientemente rimaneggia e significativamente interviene su di un ricco materiale iconografico – e come un libro di favole narra di bambine, sirenette, silfidi, animali parlanti...
Soltanto, le storie sono costruite su descrizioni e leggi scientifiche. Così la favola di una leggerissima silfide danzante presenta il principio di indeterminazione di Heisemberg; una bambina che non si sa se sia bella o brutta, buona o cattiva, presenta la meccanica ondulatoria; un lupo ed un pastorello spiegano la tolleranza immunitaria ed una lacrima caduta dalla gota di una giovine abbandonata dal suo innamorato si trasforma in vino per esser bevuta dal pentito seduttore e... spiegare i passaggi di stato del ciclo dell’acqua. Venticinque favole per altrettante leggi scientifiche, sembrano riadditare la possibilità di un percorso mitopoietico che, pur non potendo risaldarsi alla rigorosa metafisica indicata da Zolla come condicio sine qua non, rimette in discussione l’incolmabilità dello iato tra scienza e coscienza, tra immaginario e ricerca della verità.
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L’autore:
Giuseppe Sermonti (Roma, 1925) scienziato, genetista di fama internazionale e autorevole cattedratico, è stato Ordinario di Genetica prima a Palermo e poi a Perugia. Giornalista e brillante saggista, è autore di numerosi libri di scienza, di saggi di riflessione critica sulla scienza moderna, sull'evoluzionismo e studi sulla mitologia. Direttore della International School for General Genetics di Erice, Presidente dell' Associazione Genetica Italiana, è tra i fondatori dell' Osaka Group for the Study of Dynamic Structures e dirige attualmente la prestigiosa "Rivista di Biologia". Ricercatore all'avanguardia nel campo della genetica dei microrganismi ha scoperto per primo la sessualità (ricombinazione genetica parasessuale) nel Penicillum e negli Streptomiceti, dando vita alla genetica dei microorganismi industriali, di cui ha editato il testo di riferimento (Genetics of Antibiotic-Producing Microorganisms) e fondato la Commissione Internazionale per la Genetica dei microrganismi industriali (Genetics of Industrial Microorganisms) della quale è stato Presidente. Consulente di alcune fra le maggiori multinazionali farmaceutiche, ha organizzato congressi scientifici in Italia e all'estero, ed è stato vicepresidente del XIV Congresso Internazionale di Genetica (Mosca).
Durante gli anni d'insegnamento palermitano matura un amaro distacco dai metodi e dai fini della scienza, affidando la sua riflessione a "Il crepuscolo dello scientismo". Il libro gli costerà un lungo ostracismo accademico, destinato ad accrescersi con la pubblicazione di "Dopo Darwin", critica all'Evoluzionismo (Rusconi 1980, con R. Fondi), testo che conoscerà cinque edizioni in due anni. Nel 1986 decide di abbandonare l'Università, per concentrarsi su un nuovo oggetto di studio: la fiaba, di cui scorge una radice in comune con la scienza nel bisogno originario di raccontare. Scopre trame scientifiche e procedimenti industriali negli schemi delle narrazioni popolari, che gli attestano la favolosa antichità di scienza e tecnica.
Tra i suoi lavori ricordiamo "Genetics of Antibiotic-Producing Microorganism"(Wiley & Sons) e "Genetica generale" (Boringheri). Ha pubblicato "La mela di Adamo e la mela di Newton" (Rusconi, 1974), "Dopo Darwin, critica all'Evoluzionismo" (Rusconi, 1980), "Le forme della vita" (Armando, 1981), L'anima scientifica (Dino editori, 1982), "La Luna nel bosco, Saggio sull'Origine della Scimmia" (Rusconi, 1985), "Goethe scienziato" (Einaudi, 1998) e "Dimenticare Darwin"(Rusconi, 1999).Di recente, per i tipi della Nova Scripta, è stato ristampato il suo "Il crepuscolo dello Scientismo".
Ha scritto interessanti studi sulle fiabe e le loro connessioni col mondo simbolico pubblicando con Mondadori "Il Ragno, il Filo e la Vespa, 30 favole su teorie scientifiche" (1974). I saggi successivi sulle fiabe sono stati tutti pubblicati con Rusconi:i "Fiabe di Luna" (1986), "Fiabe del Sottosuolo" (1989) e "Fiabe dei Fiori" (1992). Queste tre pubblicazioni sono oggi raccolte in "Fiabe di tre reami" (La Finestra, Trento 2003).
Fra i suoi numerosi scritti ricordiamo ancora una decina di commedie "da tavolo" (ovvero ambientate intorno ad un tavolo) a soggetto di storia della scienza (Di Renzo, 1997) su Mendel, Harvey, Semmelweis, Darwin ecc. Per ultimo "Il mito della Grande Madre, dalle Amigdale a Katal Huyuk” (Mimesis 2002). Attualmente si dedica allo studio dei cieli preistorici sviluppando la tesi dell'origine astrale degli alfabeti.
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