RASSEGNA STAMPA 02.07.2002

 

MESSAGGERO
Ultimi dettagli per la strategia “anti-ozono”

La raffineria utilizzerà il Denox al 55%, in arrivo un piano per prevedere gli effetti sull’aria

FALCONARA - Sempre più vicina la firma del protocollo ozono, ormai prevista la prossima settimana, mentre proseguono le consultazioni tecniche sui suoi contenuti. Anche ieri si è tenuta in Comune una riunione tra Comune, Regione, Arpam e Api per discutere gli ultimi dettagli dell’accordo. La raffineria si impegnerà ad utilizzare al 55% della sua potenzialità il Denox. Questo però solo finché la concentrazione degli Nox rimarrà a 160 microgrammi al metro cubo (la soglia di attenzione è di 180). Se il dato, invece, dovesse subire incrementi l’impianto verrà alimentato a gas. A monitorare con maggior accuratezza il fenomeno ozono contribuiranno anche i dati atmosferici previsionali, forniti tutti i giorni dall’Arpam Emilia Romagna, all’avanguardia in questo settore. Questi dati, utilizzati per il primo anno dall’ufficio ambiente del comune, coinvolgeranno tre diversi punti della città e serviranno a capire fin dal giorno prima l’andamento delle condizioni atmosferiche, gli eventuali effetti sugli Nox e di conseguenza la necessità di prendere provvedimenti precauzionali, come il blocco del traffico o la riduzione della produzione dell’Igcc. Un modo questo di affrontare le emergenze che porterà a novità già dall’anno prossimo. L’ufficio ambiente del comune di Falconara, grazie alla collaborazione con l’Arpam Emilia Romagna, conta infatti per il 2003 di riuscire a prevedere il fenomeno ozono, predisponendo così già dalle prime avvisaglie di crisi tutti gli accorgimenti necessari. Intanto per domani mattina è prevista l’ultima riunione tecnica in Provincia e poi la prossima settimana verrà siglata la convenzione che quest’anno per la prima volta contempla anche la fruizione da parte degli enti dei dati delle centraline della raffineria, per confrontare quei numeri con quelli delle centraline della Provincia. E se si dovessero verificare giorni di particolare crisi è in via di predisposizione con l’Arpam un piano per informare i cittadini della situazione generale, ma anche per consigliare loro cosa fare e cosa invece evitare.

 
RESTO DEL CARLINO
Se la raffineria chiudesse tutti i costi aumenterebbero

FALCONARA - Chiaro: la raffineria puoi vederla come Picasso. Da più prospettive. Così, almeno, dal punto di vista del pensiero. Ma bisogna pure pensare aritmeticamente (e quindi scientificamente). Ergo: se la raffineria Api chiudesse i battenti, cosa spetterebbe alle Marche?

Primo: la necessità (e il petrolio, fino a prova contraria, lo è) di movimentare su distanze più lunghe notevoli quantità di prodotti con effetti negativi sul piano ambientale, della sicurezza (con l'aumento del rischio connesso alla circolazione stradale di sostanze infiammabili) e della sicurezza delle tempestività e delle affidabilità dei rifornimenti.

Secondo: rilevante aumento del costo energetico a livello regionale.

Terzo: un notevole incremento del numero dei veicoli pesanti che circolano nella regione.

Quarto: grandi difficoltà di reperimento e disponibilità di bitumi, uno dei prodotti più specializzati del mercato petrolifero e più difficili da trasportare. Per non parlare delle conseguenze sul fronte energetico.

Farla finita con l'Api significherebbe un aumento del deficit energetico regionale, che arriverebbe a circa il 90% rispetto alla domanda interna di energia, la necessaria realizzazione di nuove centrali, l'aumento delle importazioni dalle altre regioni, lo spreco di energia, per la dispersione derivante dalla distribuzione in rete, il rischio (in caso di black out) di non rientrare nell'elenco di rifornimento prioritario stabilito da Enel. Al rosario di conseguenze legate alla chiusura della raffineria si legherebbe pure l'aumento dei costi energetici generali. E sarebbe una bella mazzata.

Energia, deficit alle stelle ma Falconara ci «aiuta»

FALCONARA - Il muso dell'Eurostar s'infila in una cittadella metallica, un dedalo di tubi e condotte, turrito di ciminiere, cisterne e serbatoi. Un bimbo del nord squadra incuriosito quella che pare una stazione spaziale. «Quella di Goldrake», borbotta il piccino. Con tanto di vessilli al vento ed emblema: un cavallo nero. Un «Furia» icona dell'Api raffineria di Ancona Spa, simbolo delle Marche che marciano e producono, stemma dell'energia e della risorsa petrolifera. Una ciminiera sputa il fuoco dello spirito imprenditoriale, che troneggia lì, a un passo da Ancona e Falconara. Di fronte a quel tempio metallico, il muso dell'Eurostar annusa l'odore del petrolio raffinato e distribuito in ogni dove. Cuore energetico Quel petrolio che colma un gap regionale, di cui le cifre parlano chiaro: su scala marchigiana la situazione attuale, dice la bibbia dell'Unione petrolifera sui consumi nazionali, conferma che la domanda locale è decisamente sostenuta, soprattutto in considerazione delle attività industriali e commerciali presenti in regione. Secondo l'Api «da un punto di vista del rapporto di dipendenza fra economia territoriale e raffineria il legame è ancora più stretto per quanto riguarda i prodotti petroliferi, carburanti e combustibili, che vengono spediti via terra a tutta la regione e all'Umbria orientale». Ergo, sempre secondo l'Api «per soddisfare la domanda di prodotti petroliferi, ogni anno la raffineria invia al mercato dell'hinterland circa 2,2 milioni di tonnellate dei diversi tipi di carburanti e combustibili, la massima parte dei quali volta a coprire la domanda delle Marche». Idem sul fronte energetico. Le Marche, predica un recente sondaggio del Gtrn (Gestore unico della rete elettrica nazionale), non sono dotate di un adeguato sistema di produzione di energia sufficiente a garantire la piena autosufficienza. La regione del Picchio è infatti al top della hit-parade delle regioni col deficit energetico più alto. La provvidenza si chiama centrale Igcc (impianto di gassificazione e produzione di elettricità). I 280 Mw di potenza della centrale, che corrispondono ad una produzione annua di quasi 2 miliardi di Kwh, rappresentano la fonte energetica regionale più cospicua. Tanto che la produzione elettrica eccedente gli usi di raffineria permette di coprire circa il 30% del deficit. Centralina dei miracoli Il gioiello Api (impianto Igcc) si è messo in moto appena due anni fa, dopo una gestazione lungo l'arco del decennio scorso. Buona fetta degli anni Novanta è stata dedicata al progetto di gassificazione e cogenerazione a ciclo combinato, che consente alla raffineria di eliminare la produzione di combustibili ad alto tenore di zolfo e di abbattere drasticamente le emissioni di inquinanti.Obiettivo primario, questo, nella laboriosa tabella di marcia dell'Api, in cui spiccano la ricerca dell'eccellenza produttiva, la «costante riduzione dell'impatto ambientale e la minimizzazione dei livelli di rischio». Quella che pare la stazione di «Goldrake» copre, tra l'altro, il 100% del mercato dei prodotti petroliferi delle Marche e dell'Umbria orientale e possiede un bacino di utenza esteso ad Abruzzo, Basilicata, nord della Puglia e a parte di Emilia Romagna e Veneto. Questa la produzione di quell'ammasso di arterie che parte dal cuore geografico (ed energetico) delle Marche.

Arche di garanzia anche sul fronte (!?)

Arche di garanzia anche sul fronte inquinamento e sicurezza. E' l'Api che, secondo la classificazione Wood Mackenzie (società di consulenza con sede a Edimburgo, specializzata in consulenza ambientale), si schiera, per indice di complessità, in sesta posizione rispetto alle sedici raffinerie italiane. Su 101 raffinerie in Europa, alla stessa voce, l'Api si piazza trentaseiesima. Al parametro indice qualità di benzine, l'Api è quarta in Italia e trentanovesima in Europa. I numeri parlano da soli.

(i comitati osservano e rispondono)

 
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