IL RUOLO DEI COMITATI E DEI CITTADINI DI
FALCONARA
Alcuni osservatori
mediatici hanno definito “stridente” la soddisfazione espressa dai
Comitati dei quartieri Villanova e Fiumesino per avere ottenuto dalla
magistratura il riconoscimento del diritto ad essere risarciti dei danni
subiti a causa del rogo del 25 Agosto 1999 da parte di chi è stato
condannato e della Società API.
In sintesi ci si imputa una sorta di “incoerenza”, poiché – si dice –
dopo anni di lotte per dimostrare la cattiva conduzione della raffineria
da parte della dirigenza API i Comitati si dichiarano soddisfatti di una
sentenza che li risarcisce per i danni subiti ma che assolve proprio i
vertici API per la cattiva gestione della manutenzione della pompa
esplosa.
Crediamo che in primo
luogo sia importante richiamare la attenzione sulla necessaria
distinzione che è opportuno fare tra VERITA’ scaturita da un “caso”
giudiziario e VERITA’ della storia dei fatti di cui il “caso” fa parte.
Quanto definito dal Dott. Capezza con la sentenza di primo grado del
processo per l’incendio alla raffineria API del 25/8/1999 e la morte di
due lavoratori rappresenta una VERITÀ GIUDIZIARIA su un episodio singolo
a cui è giunta la magistratura sulla base degli atti e delle prove a
disposizione nello specifico procedimento ed attinenti a tale singolo
episodio. La VERITA’ storica è l’insieme dei fatti e degli episodi, cioè
una situazione duratura che si protrae negli anni, non necessariamente
materia di interesse per la magistratura, della quale il fatto oggetto
del procedimento costituisce, invece, un singolo evento sul quale la
magistratura ha ritenuto di indagare e procedere.
Non tenere conto di ciò può indurre a considerare con “stupore”
le valutazioni che su tale sentenza hanno espresso i Comitati dei
cittadini.
L’esultanza dei Comitati, ribadiamo, deriva dal grande risultato
ottenuto, in questo procedimento penale, (ed è bene precisarlo ancora
una volta, avviato dalla magistratura e nel quale i Comitati ed i
cittadini hanno partecipato solo perché costituitisi parte civile)
conclusosi con una sentenza che ha anche sanzionato l’obbligo per la
Società Api a risarcire i cittadini, ratificando così l’enorme successo
della nostra azione.
La VERITA’ STORICA sulla quale noi conduciamo, e condurremo,
le nostre battaglie senza tregua e senza sosta riguarda l’operato della
dirigenza e dei proprietari della raffineria API prima e dopo, oltre che
durante, l’incendio, del 25/8/1999.
Questa VERITA’ è quella
che risulta:
-
dai verbali del Comando dei Vigili del Fuoco dopo
il tragico rogo, allorquando nel paragrafo della loro Relazione
intitolato «Nodi critici per la
sicurezza e misure di prevenzione da adottare da parte della
raffineria API» essi indicano
« (…) le misure di sicurezza da adottare nel breve e medio periodo
(…)
-
Ristrutturare tutte
le aree individuate come "sala pompe" di prodotto di ctg. A o di
prodotti infiammabili caldi, dotandole di sistemi di rivelazione
delle perdite, di sistemi di blocco ad azionamento remoto, di
impianti di spegnimento automatico allontanandole dal sedime
ferroviario, consentendo una fascia di sicurezza adeguata.
-
Realizzare una rete di rilevatori
sulle pipe-ways e sulle pipe-rack che corrono in corrispondenza
della linea ferroviaria, collegata con una sala quadri…
Vengano riviste le procedure operative
correlate alla movimentazione dei prodotti, controllando lo stato di
apertura delle valvole in modo elettronico, utilizzando le migliori
tecnologie attualmente disponibili ».
Quelle misure
di sicurezza individuate dai Vigili del Fuoco, dunque, non
esistevano al momento
dell'incendio del 25/8/1999, presumibilmente per scelte della
dirigenza API.
E quelle stesse misure avrebbero potuto evitare la morte di Gandolfi e
Giulian ?
-
dalla Relazione
dell’allora Prefetto D’Acunto che, circa il comportamento della
Società API e/o della sua dirigenza, rilevò, evidenziò e scrisse:
«Fino alle 5,39, subito dopo lo scoppio avvenuto alle 5,37,
nessuno ha dato l'allerta ai Vigili del Fuoco - la prima chiamata
sembra essere stata quella di un cittadino - e nessuno ha potuto dare
l'allarme anche alla popolazione (…) avvertita, solo di fatto, dalla o
dalle esplosioni e dalle fiamme e poi dal denso fumo. Ora, logica
impone che un allarme venga dato il più possibile in anticipo sul
verificarsi dell'evento nocivo, cioè, all'insorgere dello stato di
pericolo, specie in situazioni ad altissimo rischio. Il che, nel caso
di specie, non è avvenuto>>.
Se queste sono alcune
delle verità storiche esistenti, esse, per concretizzarsi anche come
VERITA’ GIUDIZIARIA, devono essere supportate da prove inconfutabili su
cui il magistrato possa basarsi.
Il fatto che nel primo grado del processo non siano state sufficienti le
prove in ordine alle responsabilità sulla presunta non manutenzione
della pompa esplosa la mattina del 25/8/1999 significa che,
probabilmente, si renderà ancor più necessario l’appello alla sentenza
di primo grado proprio per l’ esigenza di un maggior approfondimento
delle indagini anche alla luce della “verità storica” dei fatti
pregressi, come quella, per esempio, tracciata dalla relazione dei
Vigili del Fuoco.
Nulla, però, può offuscare la rilevante importanza politica, sociale
e giudiziaria del fatto che la Società API, per la prima volta nella sua
storia su questo territorio, si è trovata CONTRO una parte dei cittadini
falconaresi ed i Comitati in cui si sono costituiti e che a questi sono
stati riconosciuti “in via giudiziaria” i danni ad essi provocati da
quella Società.
Quei cittadini che il Presidente Aldo Brachetti Peretti dice di
avere soltanto beneficiato!
Possibile che nessuno colga che l’alterigia delle affermazioni di
Brachetti Peretti è proprio rivolta a quello che egli probabilmente
reputa un popolino suddito?
E’ umano e lecito sospettare che il Presidente dell’API abbia usato le
stesse parole e la stessa arroganza con Amagliani, D’Ambrosio, Spacca e
chicchessia al momento del rinnovo della concessione?
Possibile che nessuno si chieda a chi sono indirizzate e quali scopi si
prefiggono le innumerevoli visite agli impianti della raffineria degli
ultimi due anni?
Suvvia, non c’è bisogno di fare della psicologia “rasoterra” per capire
che il sistema API ha dovuto difendersi dai colpi provenienti dal basso,
dai cittadini/elettori e dai loro Comitati i quali, se avessero avuto la
capacità di rendere egemone il rifiuto al sistema API, avrebbero
stravolto disegni e progetti pianificati anche politicamente!
Ecco perché ribadiamo
il valore storico della sentenza di primo
grado per ciò che attiene le rivendicazioni dei cittadini e dei Comitati
in quella sede: il riconoscimento giudiziario che la Società API ha
arrecato un danno a privati cittadini e alle Associazioni, che
difendono, sia la sicurezza e i diritti civili e reali delle persone
minacciate da tale impianto, sia gli interessi ambientali della zona
dove è stata fatta sviluppare la raffineria, rappresenta una rottura che
fa seguito ad una “ribellione sociale” nei confronti di un modello di
sviluppo capestro, al quale è stato permesso di rimanere per altri 20
anni!
Quel riconoscimento
giudiziario sancisce una rottura definitiva ed insanabile con il sistema
API che solo privati cittadini e Comitati che difendono il territorio e
la qualità della vita delle persone hanno avuto il coraggio di mettere
in discussione!
Ed ora rivolgiamo noi
una alcune domande/indovinelli a quanti non hanno compreso l’importanza
della sentenza risarcitoria:
di fronte al danno che
i cittadini hanno patito e che è stato giudiziariamente riconosciuto
qual’è la condizione di quegli uomini politici marchigiani che hanno
usufruito dei buoni benzina targati API nelle elezioni regionali del
2000?
E ancora:
il riconoscimento
giudiziario che l’Api ha arrecato danno ai cittadini come si riverbera
sugli uomini politici ed amministratori marchigiani che hanno rinnovato
ed avvallato il rinnovo della concessione alla raffineria di quella
società?
Su tutto questo è
basato il peso politico che noi leggiamo in quella sentenza, senza per
questo manifestare la benché minima idea di abdicare al ruolo di
segnalatori di eventi che possano comportare presunte responsabilità
della dirigenza API che, però, è compito della Magistratura verificare!
La nostra opinione sulla sentenza concernente la colpevolezza o meno dei
Dirigenti dell’API non conta. La giustizia è sovrana e la decisione del
magistrato va confutata, quando necessario, nei modi e nelle sedi
previste dalla legge.
A questo punto vogliamo
sottolineare che il lavoro svolto in questi anni dai Comitati dei
cittadini per dimostrare l’inaffidabilità oggettiva della dirigenza
della raffineria API nei confronti dei lavoratori, dei cittadini, del
territorio e delle Istituzioni è continuata e sta continuando anche per
altri capitoli che abbiamo ampiamente illustrato, a suo tempo, agli
organi di informazione:
-
i pesanti dubbi sulla
proprietà della sponda del fiume Esino (zona foce) che la società API
rivendica e che, da soli, i Comitati stanno contestando
di fronte alla Procura;
-
l’opposizione
conclusasi con successo alla realizzazione di una palancolata
nell’alveo del fiume Esino per contenere la migrazione verso tale
corso d’acqua delle sostanze inquinanti che è stato accertato essere
presenti nel sottosuolo della raffineria;
-
le esalazioni
diffusesi nei quartieri a causa di serbatoi con i tetti bucati
denunciate dai Comitati, da soli;
-
gli shock acustici
sopportati per due lunghi anni di sperimentazione della nuova centrale
(2000-2002), attestati anche dalla Commissione del Ministero
dell’Ambiente, ma da soli portati all’attenzione della
Procura della Repubblica di Ancona;
Questo, soltanto per
fare alcuni esempi; e se qualcuno nutrisse dubbi sull’identità dei
Comitati, invitiamo a rileggere il
documento sulla inaffidabilità oggettiva della raffineria API
pubblicato alla vigilia del rinnovo della concessione, nella primavera
del 2003.