AFFIDABILITA' OGGETTIVA DELLA SOCIETA' API
S.p.A. VERSO LE ISTITUZIONI, I LAVORATORI E I CITTADINI.
Riteniamo che per
comprendere il grado di affidabilità oggettiva di un'impresa verso le
Istituzioni, ma anche e soprattutto verso i lavoratori ed i cittadini,
sia importante partire dai comportamenti concreti che quella impresa ha
messo in atto nei confronti di tutti i soggetti che vengono in qualche
modo coinvolti dalla sua attività.
Comportamenti assunti
durante le emergenze, collaborazione e trasparenza verso gli Enti
pubblici tanto nella ricostruzione di eventi incidentali quanto nella
individuazione delle loro cause, rispetto delle disposizioni che le
Autorità pubbliche stabiliscono a tutela della salute e dell'incolumità
dei cittadini.
Dunque, per conoscere
il grado di affidabilità oggettiva della Società API verso le
Istituzioni, i lavoratori ed i cittadini, è utile anche capire se gli
innumerevoli incidenti, ricordati dalla puntuale Relazione del
Consigliere comunale Sergio Badialetti, fossero prevedibili e
prevenibili, ma non siano stati né prevenuti né previsti dalla Dirigenza
dell'API.
A tale proposito, vale
la pena mettere in parallelo i due incidenti più gravi verificatisi a
due anni di distanza l'uno dall'altro: l'incendio del 25 Agosto 1999 in
cui perirono due lavoratori e l'incidente all'impianto di gassificazione
IGCC del 13 Novembre 2001, a causa del quale un lavoratore riportò «
ustioni gravi al viso, alle mani ed alla gamba sinistra » [dal
verbale del Comitato Tecnico Regionale (CTR) del 20/12/2001].
C'è un documento che pesa come un macigno
sulle reali responsabilità dell'incendio del 25 Agosto 1999: si tratta
del verbale dell'Ispettorato Regionale dei Vigili del Fuoco delle Marche
datato 31 Agosto 1999 (Prot. n. 4758).
Quel verbale ha un preciso capitolo dal
titolo: " Nodi critici per la sicurezza e misure di prevenzione da
adottare da parte della raffineria API ". Il verbale, considerata la
gravità dell'evento " indica " …le misure di sicurezza da adottare
nel breve e medio periodo…". Citiamo alcune di quelle misure
di sicurezza individuate dai Vigili del Fuoco le quali,
dunque, non esistevano al momento dell'incendio, presumibilmente per
scelte della dirigenza API:
-
« Ristrutturare tutte le
aree individuate come "sala pompe" di prodotto di ctg. A o di prodotti
infiammabili caldi, dotandole di sistemi di rivelazione delle perdite,
di sistemi di blocco ad azionamento remoto, di impianti di spegnimento
automatico allontanandole dal sedime ferroviario, consentendo una
fascia di sicurezza adeguata.
-
Realizzare una rete di rilevatori sulle
pipe-ways e sulle pipe-rack che corrono in corrispondenza della linea
ferroviaria, collegata con una sala quadri…
Vengano riviste le
procedure operative correlate alla movimentazione dei prodotti,
controllando lo stato di apertura delle valvole in modo elettronico,
utilizzando le migliori tecnologie attualmente disponibili ».
Dopo due anni, il 13
Novembre 2001, avviene il grave incidente alla centrale IGCC, rispetto
al quale interviene anche la Commissione super partes nominata
dal Ministero dell'Ambiente.
La Commissione super
partes, composta dagli esperti Nedo Biancani, Ennio Macchi e Claudio
Maffezzoni, ha valutato l'efficacia degli interventi realizzati da
Foster Wheeler Italiana sull'impianto IGCC di Falconara M.ma, interventi
finalizzati all'obiettivo di eliminare o almeno ridurre drasticamente, i
disservizi verificatisi sull'impianto medesimo nel suo primo anno di
esercizio.
Ed a proposito
dell'incidente del 13 Novembre 2001 la Commissione super partes
scrive nel suo rapporto: « Il sistema di alimentazione locale
dell'ossigeno ai gassificatori è stato causa di un significativo
malfunzionamento dell'impianto IGCC, con conseguenze anche per un
operatore, a seguito dell'incendio e conseguente cedimento di una
valvola ad azionamento manuale ». L'analisi, estremamente
approfondita, anche dell'aspetto strutturale ha evidenziato «
inadeguatezza del materiale impiegato nel sistema di alimentazione
dell'ossigeno per le alte velocità di efflusso in atto ». Ed è
sempre la Commissione super partes del Ministero dell'Ambiente
che nel suo rapporto scrive: «Si è proceduto alla sostituzione del
materiale in acciaio inossidabile con materiale in Monel 400 nel sistema
di alimentazione dell'ossigeno ai gassificatori a partire dai filtri di
linea fino ai bruciatori ».
Ci chiediamo: usare un
materiale "inadeguato" su un sistema che, in quanto
progettato ed autorizzato, si presuppone sia perfettamente conosciuto
soprattutto nelle sue parti critiche, significa agire in base al
criterio della prevenzione?
Ed ancora più allarmati
ci chiediamo: considerati gli altissimi livelli di conoscenze
ingegneristiche applicate in impianti siffatti, scegliere di usare il
Monel 400, cioè un materiale che, come scrive il CTR, è « (…) in
grado di garantire l'esclusione dei possibili rischi » soltanto
in conseguenza di un grave incidente, significa agire in base al
criterio della prevenzione?
Qual è il grado di
affidabilità oggettiva della Società API se nel 1999 l'Ispettorato
Regionale dei Vigili del Fuoco ha verificato che negli impianti non sono
state utilizzate le migliori tecnologie disponibili e dopo due
anni, a Novembre 2001, una Commissione Ministeriale constata nuovamente
l'inadeguatezza del materiale impiegato nella nuovissima centrale
elettrica IGCC?
Probabilmente ci
troviamo drammaticamente di fronte a ciò che il Biologo e Scienziato
Giulio Maccacaro, fondatore di Medicina Democratica, scrisse nel 1976
all'indomani della tragedia di Seveso:« le leggi di sopravvivenza
della produzione capitalistica sono ormai totalmente divaricate dalle
leggi di sopravvivenza - oltreché di sviluppo e di liberazione -
dell'uomo ».
Ricordiamo che la
Dirigenza API, con l'incidente del 25 Agosto 1999, è stata molto
fortunata poiché il Decreto Legislativo 17 Agosto 1999 n° 334 (Seveso
2), all'art. 27 comma 3, prevede che «Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, il gestore (…) che non adempie agli
obblighi previsti dall'art. 24, comma 1, per il caso di accadimento di
incidente rilevante, è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni ».
Infatti secondo l'art. 24 del Decreto Seveso 2, i Dirigenti
dell'API avrebbero dovuto informare il Prefetto, il Sindaco, il Comando
provinciale dei Vigili del Fuoco, il Presidente della Giunta Regionale
ed il Presidente dell'Amministrazione Provinciale.
Invece il Prefetto di
Ancona rilevò e scrisse:«Fino alle 5,39, subito dopo lo scoppio
avvenuto alle 5,37, nessuno ha dato l'allerta ai Vigili del Fuoco - la
prima chiamata sembra essere stata quella di un cittadino - e nessuno ha
potuto dare l'allarme anche alla popolazione (…) avvertita, solo di
fatto, dalla o dalle esplosioni e dalle fiamme e poi dal denso fumo.
Ora, logica impone che un allarme venga dato il più possibile in
anticipo sul verificarsi dell'evento nocivo, cioè, all'insorgere dello
stato di pericolo, specie in situazioni ad altissimo rischio. Il che,
nel caso di specie, non è avvenuto ». Anche il Comune di
Falconara non potè non sottolineare che « (…) al Centro Emergenze
non è arrivato alcun avviso o comunicazione ufficiale da parte dei
soggetti interessati all'incidente. Al contrario è stato il Centro
Emergenze ad attivarsi e a prendere contatti telefonici con la
raffineria API (…) ».
E solo per qualche
giorno l'API la fece franca poiché il Decreto Seveso 2 è datato 17
Agosto 1999, ma la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avvenne il
28 Settembre successivo.
Ricordare questo non è
inutile perché, nel caso di una industria ad alto rischio di incidente
rilevante come è l'API, il fatto di non allertare o ritardare l'allertamento
delle Autorità è gravissimo poiché una deficienza per scarsa
manutenzione, una emissione inquinante improvvisa, mette immediatamente
a rischio il mare Adriatico, il fiume Esino e si ripercuote subito anche
sul territorio e la popolazione che ci vive.
E' in questi frangenti
che si comprende il grado di affidabilità oggettiva verso le
Istituzioni, i lavoratori e i cittadini dei Dirigenti delle industrie ad
alto rischio.
Ed allora che cosa
dobbiamo pensare quando a pag. 15 del Verbale di Riunione del Comitato
Tecnico Regionale di Prevenzione Incendi, datato 10 Dicembre 2002, è
scritto:
« In data 16
Luglio 1999 con nota n. 1877/99, la Raffineria API, su sollecitazione
del Comando dei Vigili del Fuoco di Ancona, propose l'adozione di
migliorie impiantistiche concernenti la sicurezza antincendio del
pontile petrolifero della Raffineria, che non risultano ad oggi ancora
attuate »!
Certo non tutto è noto e difficilmente
riusciremo a conoscere con esattezza che cosa accadde quel 25 Agosto
1999; lo stesso Pubblico Ministero, dottoressa Cristina Tedeschini, ha
aperto una inchiesta parallela poiché, come ha dichiarato al
Corriere Adriatico « (…) Nell'atteggiamento dell'Azienda ritengo
siano stati riscontrati comportamenti coscientemente diretti ad
ostacolare o deviare l'accertamento della verità: lo hanno ribadito
anche i consulenti incaricati, sulla base di specifici aspetti tecnici
».
Ma sono proprio questi
inaccettabili comportamenti stigmatizzati anche dalle Autorità che ci
fanno chiedere come mai è più facile per l'API rispettare un protocollo
di intesa su base volontaria (come quello stipulato con Legambiente o la
Regione Marche sulla problematica dell'Ozono) piuttosto che ordinanze o
disposizioni Prefettizie emanate dalle Autorità o dalle Amministrazioni
pubbliche.
Verrebbe da pensare che
tale Azienda manifesti una intrinseca refrattarietà alla rigida
osservanza di specifiche disposizioni od obblighi e, al contrario,
mostri la costante tendenza e il desiderio verso una
autoregolamentazione; forse perché, l'autoregolamentazione non prevede
sanzioni e, fondamentalmente, perché quelle regole vengono create come
un "abito su misura".
Soltanto così è spiegabile il comportamento
della Dirigenza API nel corso della grave emergenza Ozono dell'Agosto
2000! Dopo non aver ottemperato per 20 giorni all'Ordinanza del Sindaco
di Falconara emanata a tutela della salute pubblica, la quale intimava
la riduzione della produzione di raffineria, l'Amministratore Delegato
dell'API, Clemente Napolitano, se ne uscì con un documento inviato al
Prefetto di Ancona in cui scrisse: « (…) riteniamo di poter
ridurre temporaneamente - vista la brusca riduzione dei consumi
petroliferi avvenuta a partire da lunedì 21/08 u.s. a fronte del rientro
turistico - il livello delle lavorazioni di raffineria (…) ». Ma
ai Dirigenti dell'API non bastò affermare la priorità delle esigenze
della produzione su quella della tutela della salute pubblica: nello
stesso documento del 21 Agosto 2000, l'Ing. Napolitano arrivò ad
accusare gli Enti Pubblici che « (…) il funzionamento delle cabine
(N.d.R.: di rilevamento dell'Ozono) con particolare
riferimento ai cicli di taratura e di manutenzione non segue una
procedura certificata a livello nazionale (…) »!
Per questo temiamo e
crediamo, sulla base dei fondamenti obbiettivi costituiti dagli episodi
e dai documenti sopracitati, che l'incendio del 25 Agosto 1999 vada
visto come un esempio, soltanto più evidente e, purtroppo,
drammatico, di quella che in questi ultimi quattro anni, abbiamo
verificato essere un'arrogante quanto beffarda "regola"!
"Regola di comportamento" arrogante,
beffarda e reiterata nel tempo, prima e dopo l'incendio del 25 Agosto
1999.
Infatti, a Luglio 1999, furono i cittadini
ad avvertire le Autorità sulle fortissime esalazioni di benzene e
idrocarburi provenienti dal serbatoio TK 62 il cui tetto si era
pericolosamente inclinato. Il Comandante provinciale dei VV.FF. di
Ancona scrisse: « (…) la omissione della comunicazione
della situazione di emergenza in atto da parte della società API a
questo Comando non è in linea con quanto stabilito dalla Prefettura di
Ancona nel Piano di Emergenza Esterno, né con quanto codificato dalla
stessa società nel proprio piano di emergenza interno ».
Qualcuno penserà che si stanno citando solo
episodi che riguardano un passato ormai superato e sanato dalle
Certificazioni ISO conseguite e pubblicizzate nell'ultimo anno dall'API!
Tutt'altro!
La "regola arrogante e beffarda" è stata
confermata ancora una volta un mese fa, il 31 Marzo 2003, in occasione
dello sversamento in mare di gasolio dal pontile della raffineria API di
Falconara!
Scrive a tale proposito l'ARPA delle Marche
in data 1 Aprile 2003 (Prot. n. 1793/DIR/491):
« (…) la raffineria API non ha
provveduto alla tempestiva segnalazione a queste Strutture ARPAM
dell'avvenuto sversamento in mare di gasolio avvenuto la notte tra il
31/3/2003 e l'1/04/2003. A nostro parere, tenuto anche conto
dell'evoluzione negativa registrata in data odierna con ripercussioni
sulle acque marine e sull'aria, con effetti odorigeni percepiti dalla
popolazione, l'incidente avvenuto era da inquadrarsi tra quelli
richiedenti l'attivazione almeno dei primi livelli di allertamento
previsti al punto 2 della Sezione 2 - Parte Operativa (la Gestione
dell'Emergenza) - delle modifiche al Piano di Emergenza Esterno per la
raffineria API di cui al Decreto 1947 P.C. GAB. del 18/12/1999 (PEE)
».
E come giudicare,
infine, quanto verificato a Gennaio 2001 dal Servizio Tutela e
Risanamento Ambientale della Regione Marche a proposito delle indagini
sull'inquinamento da idrocarburi del sottosuolo: « Durante lo
svolgimento dei controlli, l'ARPAM viene a conoscenza del fatto che
esistono cartografie mai presentate agli Enti interessati … Come
recita il D.M. 471/99 all'ALL. 4 … l'API avrebbe dovuto trasmettere
queste cartografie… l'API… tende ad omettere in toto od in parte
informazioni in proprio possesso »?
(Servizio Tutela e Risanamento Ambientale
della Regione Marche, 11/01/2001).
In conclusione, riteniamo che l'affidabilità
oggettiva di un'Azienda petrolifera come l'API è INDISPENSABILE tanto
più se le attività vengono svolte, come nel nostro caso, dentro un
centro urbano!
Ed il rispetto puntuale delle leggi e delle
disposizioni emanate dalle Autorità e dalle Amministrazioni, (e
non potrebbe essere altrimenti dato che parliamo di industria ad alto
rischio di incidente rilevante)
nonché la collaborazione aperta e tempestiva
con queste ultime, è fondamentale, basilare. Forse tutto ciò fa
aumentare i costi; ma la sicurezza, la salute e la salvaguardia delle
persone e dell’ambiente non hanno prezzo.
Noi ci asterremo nel
dare un giudizio sul grado di affidabilità oggettiva della Società API
S.p.A. nei confronti delle Istituzioni, dei lavoratori e dei cittadini
di Falconara.
A nostro sommesso
parere, ognuno può trarre le proprie conclusioni dai fatti e dalla
relativa documentazione esposta nel nostro intervento.
Ma siamo convinti che i
fatti, i comportamenti ed i riscontri documentali citati dovrebbero
costituire la premessa a qualsiasi ipotesi di rinnovo della Concessione
alla raffinazione alla Società API S.p.A., soprattutto per la sua
impressionante vicinanza con l'abitato della città.
Se la Regione Marche,
la Provincia di Ancona ed il Comune di Falconara minimizzeranno od
ignoreranno questi fatti e comportamenti che danno la misura della
affidabilità oggettiva dell'API verso le Istituzioni stesse, i
lavoratori ed i cittadini, esse si assumeranno la responsabilità non
solo politica, ma morale dei futuri eventuali fatti incidentali che
dovessero accadere negli impianti dell'API ed a causa di essi nonché dei
relativi comportamenti dei Dirigenti della Società.
Ci auguriamo con tutto
il cuore che non se ne verifichino o, in caso contrario, che non ci
siano conseguenze per i lavoratori ed i cittadini, ma l'esperienza di
questi ultimi "quattro anni vissuti pericolosamente" lasciano poche
speranze.
Grazie.
COMITATO CITTADINO “25 AGOSTO”
COMITATO DEL QUARTIERE VILLANOVA
COMITATO DEL QUARTIERE FIUMESINO
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