INTERVENTO

 

Oggetto : Intervento del rappresentante dei Comitati Cittadini di Falconara al Convegno del 16 Maggio 2003: " API. Falconara: un altro sviluppo è possibile".

 
Data : 16 Maggio 2003
 

AFFIDABILITA' OGGETTIVA DELLA SOCIETA' API S.p.A. VERSO LE ISTITUZIONI, I LAVORATORI E I CITTADINI.

Riteniamo che per comprendere il grado di affidabilità oggettiva di un'impresa verso le Istituzioni, ma anche e soprattutto verso i lavoratori ed i cittadini, sia importante partire dai comportamenti concreti che quella impresa ha messo in atto nei confronti di tutti i soggetti che vengono in qualche modo coinvolti dalla sua attività.

Comportamenti assunti durante le emergenze, collaborazione e trasparenza verso gli Enti pubblici tanto nella ricostruzione di eventi incidentali quanto nella individuazione delle loro cause, rispetto delle disposizioni che le Autorità pubbliche stabiliscono a tutela della salute e dell'incolumità dei cittadini.

Dunque, per conoscere il grado di affidabilità oggettiva della Società API verso le Istituzioni, i lavoratori ed i cittadini, è utile anche capire se gli innumerevoli incidenti, ricordati dalla puntuale Relazione del Consigliere comunale Sergio Badialetti, fossero prevedibili e prevenibili, ma non siano stati né prevenuti né previsti dalla Dirigenza dell'API.

 

A tale proposito, vale la pena mettere in parallelo i due incidenti più gravi verificatisi a due anni di distanza l'uno dall'altro: l'incendio del 25 Agosto 1999 in cui perirono due lavoratori e l'incidente all'impianto di gassificazione IGCC del 13 Novembre 2001, a causa del quale un lavoratore riportò « ustioni gravi al viso, alle mani ed alla gamba sinistra » [dal verbale del Comitato Tecnico Regionale (CTR) del 20/12/2001].

C'è un documento che pesa come un macigno sulle reali responsabilità dell'incendio del 25 Agosto 1999: si tratta del verbale dell'Ispettorato Regionale dei Vigili del Fuoco delle Marche datato 31 Agosto 1999 (Prot. n. 4758).

Quel verbale ha un preciso capitolo dal titolo: " Nodi critici per la sicurezza e misure di prevenzione da adottare da parte della raffineria API ". Il verbale, considerata la gravità dell'evento " indica " …le misure di sicurezza da adottare nel breve e medio periodo…". Citiamo alcune di quelle misure di sicurezza individuate dai Vigili del Fuoco le quali, dunque, non esistevano al momento dell'incendio, presumibilmente per scelte della dirigenza API:

  • « Ristrutturare tutte le aree individuate come "sala pompe" di prodotto di ctg. A o di prodotti infiammabili caldi, dotandole di sistemi di rivelazione delle perdite, di sistemi di blocco ad azionamento remoto, di impianti di spegnimento automatico allontanandole dal sedime ferroviario, consentendo una fascia di sicurezza adeguata.

  • Realizzare una rete di rilevatori sulle pipe-ways e sulle pipe-rack che corrono in corrispondenza della linea ferroviaria, collegata con una sala quadri…

Vengano riviste le procedure operative correlate alla movimentazione dei prodotti, controllando lo stato di apertura delle valvole in modo elettronico, utilizzando le migliori tecnologie attualmente disponibili ».

Dopo due anni, il 13 Novembre 2001, avviene il grave incidente alla centrale IGCC, rispetto al quale interviene anche la Commissione super partes nominata dal Ministero dell'Ambiente.

La Commissione super partes, composta dagli esperti Nedo Biancani, Ennio Macchi e Claudio Maffezzoni, ha valutato l'efficacia degli interventi realizzati da Foster Wheeler Italiana sull'impianto IGCC di Falconara M.ma, interventi finalizzati all'obiettivo di eliminare o almeno ridurre drasticamente, i disservizi verificatisi sull'impianto medesimo nel suo primo anno di esercizio.

Ed a proposito dell'incidente del 13 Novembre 2001 la Commissione super partes scrive nel suo rapporto: « Il sistema di alimentazione locale dell'ossigeno ai gassificatori è stato causa di un significativo malfunzionamento dell'impianto IGCC, con conseguenze anche per un operatore, a seguito dell'incendio e conseguente cedimento di una valvola ad azionamento manuale ». L'analisi, estremamente approfondita, anche dell'aspetto strutturale ha evidenziato « inadeguatezza del materiale impiegato nel sistema di alimentazione dell'ossigeno per le alte velocità di efflusso in atto ». Ed è sempre la Commissione super partes del Ministero dell'Ambiente che nel suo rapporto scrive: «Si è proceduto alla sostituzione del materiale in acciaio inossidabile con materiale in Monel 400 nel sistema di alimentazione dell'ossigeno ai gassificatori a partire dai filtri di linea fino ai bruciatori ».

 

Ci chiediamo: usare un materiale "inadeguato" su un sistema che, in quanto progettato ed autorizzato, si presuppone sia perfettamente conosciuto soprattutto nelle sue parti critiche, significa agire in base al criterio della prevenzione?

Ed ancora più allarmati ci chiediamo: considerati gli altissimi livelli di conoscenze ingegneristiche applicate in impianti siffatti, scegliere di usare il Monel 400, cioè un materiale che, come scrive il CTR, è « (…) in grado di garantire l'esclusione dei possibili rischi » soltanto in conseguenza di un grave incidente, significa agire in base al criterio della prevenzione?

Qual è il grado di affidabilità oggettiva della Società API se nel 1999 l'Ispettorato Regionale dei Vigili del Fuoco ha verificato che negli impianti non sono state utilizzate le migliori tecnologie disponibili e dopo due anni, a Novembre 2001, una Commissione Ministeriale constata nuovamente l'inadeguatezza del materiale impiegato nella nuovissima centrale elettrica IGCC? 

 

Probabilmente ci troviamo drammaticamente di fronte a ciò che il Biologo e Scienziato Giulio Maccacaro, fondatore di Medicina Democratica, scrisse nel 1976 all'indomani della tragedia di Seveso:« le leggi di sopravvivenza della produzione capitalistica sono ormai totalmente divaricate dalle leggi di sopravvivenza - oltreché di sviluppo e di liberazione - dell'uomo ». 

 

Ricordiamo che la Dirigenza API, con l'incidente del 25 Agosto 1999, è stata molto fortunata poiché il Decreto Legislativo 17 Agosto 1999 n° 334 (Seveso 2), all'art. 27 comma 3, prevede che «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il gestore (…) che non adempie agli obblighi previsti dall'art. 24, comma 1, per il caso di accadimento di incidente rilevante, è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni ». Infatti secondo l'art. 24 del Decreto Seveso 2, i Dirigenti dell'API avrebbero dovuto informare il Prefetto, il Sindaco, il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, il Presidente della Giunta Regionale ed il Presidente dell'Amministrazione Provinciale.

Invece il Prefetto di Ancona rilevò e scrisse:«Fino alle 5,39, subito dopo lo scoppio avvenuto alle 5,37, nessuno ha dato l'allerta ai Vigili del Fuoco - la prima chiamata sembra essere stata quella di un cittadino - e nessuno ha potuto dare l'allarme anche alla popolazione (…) avvertita, solo di fatto, dalla o dalle esplosioni e dalle fiamme e poi dal denso fumo. Ora, logica impone che un allarme venga dato il più possibile in anticipo sul verificarsi dell'evento nocivo, cioè, all'insorgere dello stato di pericolo, specie in situazioni ad altissimo rischio. Il che, nel caso di specie, non è avvenuto ». Anche il Comune di Falconara non potè non sottolineare che « (…) al Centro Emergenze non è arrivato alcun avviso o comunicazione ufficiale da parte dei soggetti interessati all'incidente. Al contrario è stato il Centro Emergenze ad attivarsi e a prendere contatti telefonici con la raffineria API (…) ».

 

E solo per qualche giorno l'API la fece franca poiché il Decreto Seveso 2 è datato 17 Agosto 1999, ma la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avvenne il 28 Settembre successivo.

Ricordare questo non è inutile perché, nel caso di una industria ad alto rischio di incidente rilevante come è l'API, il fatto di non allertare o ritardare l'allertamento delle Autorità è gravissimo poiché una deficienza per scarsa manutenzione, una emissione inquinante improvvisa, mette immediatamente a rischio il mare Adriatico, il fiume Esino e si ripercuote subito anche sul territorio e la popolazione che ci vive.

E' in questi frangenti che si comprende il grado di affidabilità oggettiva verso le Istituzioni, i lavoratori e i cittadini dei Dirigenti delle industrie ad alto rischio.

Ed allora che cosa dobbiamo pensare quando a pag. 15 del Verbale di Riunione del Comitato Tecnico Regionale di Prevenzione Incendi, datato 10 Dicembre 2002, è scritto:

« In data 16 Luglio 1999 con nota n. 1877/99, la Raffineria API, su sollecitazione del Comando dei Vigili del Fuoco di Ancona, propose l'adozione di migliorie impiantistiche concernenti la sicurezza antincendio del pontile petrolifero della Raffineria, che non risultano ad oggi ancora attuate »!  

 

Certo non tutto è noto e difficilmente riusciremo a conoscere con esattezza che cosa accadde quel 25 Agosto 1999; lo stesso Pubblico Ministero, dottoressa Cristina Tedeschini, ha aperto una inchiesta parallela poiché, come ha dichiarato al Corriere Adriatico « (…) Nell'atteggiamento dell'Azienda ritengo siano stati riscontrati comportamenti coscientemente diretti ad ostacolare o deviare l'accertamento della verità: lo hanno ribadito anche i consulenti incaricati, sulla base di specifici aspetti tecnici ».

 

Ma sono proprio questi inaccettabili comportamenti stigmatizzati anche dalle Autorità che ci fanno chiedere come mai è più facile per l'API rispettare un protocollo di intesa su base volontaria (come quello stipulato con Legambiente o la Regione Marche sulla problematica dell'Ozono) piuttosto che ordinanze o disposizioni Prefettizie emanate dalle Autorità o dalle Amministrazioni pubbliche.

Verrebbe da pensare che tale Azienda manifesti una intrinseca refrattarietà alla rigida osservanza di specifiche disposizioni od obblighi e, al contrario, mostri la costante tendenza e il desiderio verso una autoregolamentazione; forse perché, l'autoregolamentazione non prevede sanzioni e, fondamentalmente, perché quelle regole vengono create come un "abito su misura".

Soltanto così è spiegabile il comportamento della Dirigenza API nel corso della grave emergenza Ozono dell'Agosto 2000! Dopo non aver ottemperato per 20 giorni all'Ordinanza del Sindaco di Falconara emanata a tutela della salute pubblica, la quale intimava la riduzione della produzione di raffineria, l'Amministratore Delegato dell'API, Clemente Napolitano, se ne uscì con un documento inviato al Prefetto di Ancona in cui scrisse: « (…) riteniamo di poter ridurre temporaneamente - vista la brusca riduzione dei consumi petroliferi avvenuta a partire da lunedì 21/08 u.s. a fronte del rientro turistico - il livello delle lavorazioni di raffineria (…) ». Ma ai Dirigenti dell'API non bastò affermare la priorità delle esigenze della produzione su quella della tutela della salute pubblica: nello stesso documento del 21 Agosto 2000, l'Ing. Napolitano arrivò ad accusare gli Enti Pubblici che « (…) il funzionamento delle cabine (N.d.R.: di rilevamento dell'Ozono) con particolare riferimento ai cicli di taratura e di manutenzione non segue una procedura certificata a livello nazionale (…) »!  

 

Per questo temiamo e crediamo, sulla base dei fondamenti obbiettivi costituiti dagli episodi e dai documenti sopracitati, che l'incendio del 25 Agosto 1999 vada visto come un esempio, soltanto più evidente e, purtroppo, drammatico, di quella che in questi ultimi quattro anni, abbiamo verificato essere un'arrogante quanto beffarda "regola"!

"Regola di comportamento" arrogante, beffarda e reiterata nel tempo, prima e dopo l'incendio del 25 Agosto 1999.

Infatti, a Luglio 1999, furono i cittadini ad avvertire le Autorità sulle fortissime esalazioni di benzene e idrocarburi provenienti dal serbatoio TK 62 il cui tetto si era pericolosamente inclinato. Il Comandante provinciale dei VV.FF. di Ancona scrisse: « (…) la omissione della comunicazione della situazione di emergenza in atto da parte della società API a questo Comando non è in linea con quanto stabilito dalla Prefettura di Ancona nel Piano di Emergenza Esterno, né con quanto codificato dalla stessa società nel proprio piano di emergenza interno ».

 

Qualcuno penserà che si stanno citando solo episodi che riguardano un passato ormai superato e sanato dalle Certificazioni ISO conseguite e pubblicizzate nell'ultimo anno dall'API!

Tutt'altro!

La "regola arrogante e beffarda" è stata confermata ancora una volta un mese fa, il 31 Marzo 2003, in occasione dello sversamento in mare di gasolio dal pontile della raffineria API di Falconara!

Scrive a tale proposito l'ARPA delle Marche in data 1 Aprile 2003 (Prot. n. 1793/DIR/491):

« (…) la raffineria API non ha provveduto alla tempestiva segnalazione a queste Strutture ARPAM dell'avvenuto sversamento in mare di gasolio avvenuto la notte tra il 31/3/2003 e l'1/04/2003. A nostro parere, tenuto anche conto dell'evoluzione negativa registrata in data odierna con ripercussioni sulle acque marine e sull'aria, con effetti odorigeni percepiti dalla popolazione, l'incidente avvenuto era da inquadrarsi tra quelli richiedenti l'attivazione almeno dei primi livelli di allertamento previsti al punto 2 della Sezione 2 - Parte Operativa (la Gestione dell'Emergenza) - delle modifiche al Piano di Emergenza Esterno per la raffineria API di cui al Decreto 1947 P.C. GAB. del 18/12/1999 (PEE) ».

 

E come giudicare, infine, quanto verificato a Gennaio 2001 dal Servizio Tutela e Risanamento Ambientale della Regione Marche a proposito delle indagini sull'inquinamento da idrocarburi del sottosuolo: « Durante lo svolgimento dei controlli, l'ARPAM viene a conoscenza del fatto che esistono cartografie mai presentate agli Enti interessati … Come recita il D.M. 471/99 all'ALL. 4 … l'API avrebbe dovuto trasmettere queste cartografie… l'API… tende ad omettere in toto od in parte informazioni in proprio possesso »?

(Servizio Tutela e Risanamento Ambientale della Regione Marche, 11/01/2001).

 

In conclusione, riteniamo che l'affidabilità oggettiva di un'Azienda petrolifera come l'API è INDISPENSABILE tanto più se le attività vengono svolte, come nel nostro caso, dentro un centro urbano!

Ed il rispetto puntuale delle leggi e delle disposizioni emanate dalle Autorità e dalle Amministrazioni, (e non potrebbe essere altrimenti dato che parliamo di industria ad alto rischio di incidente rilevante) nonché la collaborazione aperta e tempestiva con queste ultime, è fondamentale, basilare. Forse tutto ciò fa aumentare i costi; ma la sicurezza, la salute e la salvaguardia delle persone e dell’ambiente non hanno prezzo.

 

Noi ci asterremo nel dare un giudizio sul grado di affidabilità oggettiva della Società API S.p.A. nei confronti delle Istituzioni, dei lavoratori e dei cittadini di Falconara.

A nostro sommesso parere, ognuno può trarre le proprie conclusioni dai fatti e dalla relativa documentazione esposta nel nostro intervento.

Ma siamo convinti che i fatti, i comportamenti ed i riscontri documentali citati dovrebbero costituire la premessa a qualsiasi ipotesi di rinnovo della Concessione alla raffinazione alla Società API S.p.A., soprattutto per la sua impressionante vicinanza con l'abitato della città.

Se la Regione Marche, la Provincia di Ancona ed il Comune di Falconara minimizzeranno od ignoreranno questi fatti e comportamenti che danno la misura della affidabilità oggettiva dell'API verso le Istituzioni stesse, i lavoratori ed i cittadini, esse si assumeranno la responsabilità non solo politica, ma morale dei futuri eventuali fatti incidentali che dovessero accadere negli impianti dell'API ed a causa di essi nonché dei relativi comportamenti dei Dirigenti della Società.

Ci auguriamo con tutto il cuore che non se ne verifichino o, in caso contrario, che non ci siano conseguenze per i lavoratori ed i cittadini, ma l'esperienza di questi ultimi "quattro anni vissuti pericolosamente" lasciano poche speranze.

 

Grazie.

COMITATO CITTADINO “25 AGOSTO”

COMITATO DEL QUARTIERE VILLANOVA

COMITATO DEL QUARTIERE FIUMESINO

 
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