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La decorazione architettonica romana




Sintesi dell'articolo di D.E.Strong e J.B.Ward Perkins
"The Temple of Castor in the Forum Romanum", BSR, 30, 1962


di Marina Milella


L'articolo nasce dall'esigenza di riesaminare le problematiche relative alla datazione del tempio. Inizialmente era stato suggerito che l'elevato fosse attribuibile ad una ricostruzione, non menzionata dalle fonti, di epoca traianea o adrianea, mentre successivamente era stato datato alla fase augustea (dedica di Tiberio a nome suo e del fratello Druso nel 6 d.C.). Questa datazione augustea era però stata messa in discussione da von Gerkan, che riteneva la decorazione architettonica diversa da quella del Foro di Augusto e dunque sicuramente di altra epoca.
Le osservazioni di von Gerkan si basavano tuttavia essenzialmente sul presupposto che vi sia un unico stile decorativo augusteo, quello del tempio di Marte Ultore, mentre in quest'epoca di sviluppo e seprimentazione si possono trovare una varietà di stili diversi. Il Foro di Augusto e il tempio di Marte Ultore rappresentano solo uno di questi stili, in netto contrasto con la ricca ornamentazione di alcuni edifici contemporanei.

Le basi di colonna
Nella decorazione greca si era sviluppata la base attica, con due tori separati da una profonda scozia intermedia (presente ad esempio nell'Eretteo o nel tempio di Athena Nike ad Atene). Il toro superiore è normalmente più piccolo rispetto a quello inferiore; può poggiare direttamente sullo stilobate oppure, a partire dall'epoca ellenistica, sopra un basso plinto, intagliato separatamente o nello stesso blocco.
Nel tempio dei Castori sono invece adoperate delle basi composite: di proporzioni più alte presentano tra i due tori due scozie separate da una modanatura sporgente. Come di consueto in età imperiale non sono intagliate insieme all'imoscapo del fusto, ma insieme ad un alto plinto (in parte nascosto dalla pavimentazione).
Questa forma sembra essere stata un'invenzione romana: gli esempi in ambito orientale sono rari e non sembrano antecedenti al II secolo d.C. Bisogna piuttosto guardare l'Italia tardo-repubblicana, dove la base attica è ben attestata già dalla seconda metà del II secolo a.C. Esistono esempi con proporzioni molto varie, da basi con tori quasi della stessa misura e scozia intermedia poco profonda, ad altre con scozia bassa e profonda. In generale le basi tendono comunque ad essere prive di plinto.
A Roma erano invece composite, con due scozie, le basi in tufo del tempio A di Largo Argentina (prima di ricevere un pesante rivestimento in stucco che le trasformò in basi attiche ortodosse ad una sola scozia) e quelle molto simili del tempio B, in travertino rivestito in stucco. Qui le proporzioni sono le stesse di una base attica, con l'unica scozia rimpiazzata da due più piccole, separate da una sporgente lingua di pietra. Altre basi dello stesso tipo sono visibili nel tempio di via delle Botteghe Oscure, ma le proporzioni più alte e il carattere più elaborato della modanatura che separa le due scozie fanno propendere per una datazione più tarda.
Con la diffusione dell'utilizzo del marmo in età augustea le basi composite compaiono in numerosi edifici: il tempio di Apollo in Circo, con basi di proporzioni e decorazione sofisticate, ma prive di plinto; o le quattro basi ancora in situ nel tempio di Saturno pertinenti alla ricostruzione di Munazio Planco, che sembrano ancora la traduzione in marmo di quelle di Largo Argentina.
Successivamente si continuerà ad utilizzare la forma composita con due scozie, ma le basi saranno sempre intagliate insieme al plinto. La resa della modanatura sporgente tra le due scozie viene ripresa dal modello della base ionica: come in altri casi, in età augustea vanno elaborandosi influssi di diversa origine che si fonderanno nella creazione della nuova forma romana.

I capitelli
I capitelli sono intagliati in due blocchi separati di marmo lunense. Questa pratica, adottata in diversi edifici di età augustea, doveva essere dovuta a ragioni di risparmio di materiale in cava e di maggiore semplicità di trasporto e di montaggio. Inoltre si trattava probabilmente di modalità di lavorazione tradizionali: non essendo disponibili facilmente grandi blocchi di tufo o travertino, le grandi costruzioni repubblicane hanno elementi architettonici suddivisi in più blocchi. Con la diffusione dell'uso del marmo e una maggiore padronanza tecnica, queste ragioni vennero meno e la pratica venne abbandonata (sicuramente entro la metà del I secolo d.C. se non già dopo la fine dell'età augustea), consentendo una maggiore libertà nella determinazione delle proporzioni interne del capitello.
Le due corone di foglie occupano circa metà dell'altezza totale, con un abaco proporzionalmente piuttosto alto. Entrambe queste caratteristiche sono tipiche della prima età imperiale, mentre successivamente le corone crescono proporzionalmente in altezza e di conseguenza le volute si appiattiscono e i caulicoli si riducono.
Le elici con le spirali terminali intrecciate tra loro sono una caratteristica piuttosto rara (le ritroviamo solo nel tempio di Giove a Baalbeck e in un capitello del Museo di Cherchel, oltre che in alcuni capitelli corinzieggianti), che sembra dovuta al clima di sperimentazione proprio dell'epoca augustea.
Un altro dettaglio insolito è costituito dalla presenza di una foglietta che emerge dal calice e va a sovrapporsi al margine interno delle volute Il piccolo calice tra elici e volute è una variante di una caratteristica tipica dei capitelli del secondo triumvirato. Nel caso del tempio dei Castori tuttavia lo stelo si sviluppa in un tralcio vegetale sul cavetto dei lati dell'abaco.
La decorazione dei lati dell'abaco (tralcio vegetale sul cavetto e kyma ionico sull'ovolo, in questo caso) compare abbastanza presto nella decorazione di Roma e dell'Italia. L'autore afferma che si ritrova raramente dopo l'epoca giulio-claudia. Più frequente è invece la decorazione del cavetto dell'abaco con baccellature.
I caulicoli presentano lo stelo decorato da baccellature verticali e un orlo convesso a scanalature orizzontali: si tratta della forma comune di età augustea (anche con baccellature a spirale, o con orlo convesso liscio). Gli steli dei caulicoli decorati con baccellature compaiono anche in seguito, ma queste sono sempre più accentuatamente concave e con spazi intermedi più profondamente intagliati, mentre gli orli presentano vari kymatia fogliacei. Nel tempio dei Castori, inoltre, compare un piccolo motivo decorativo (una semilunetta con una ghianda) all'estremità superiore di ogni baccellatura. La variante deriva probabilmente dall'incurvarsi in fuori della cima della baccellature in molti esempi augustei (per esempio nel tempio di Marte Ultore).
Le foglie d'acanto di entrambe le corone sono suddivise in cinque lobi principali, separati da zone d'ombra a goccia inclinate, determinate dal sovrapporsi delle fogliette, mentre più tardi saranno verticali e tendenti ad una forma "a cuneo" più che "a goccia". Un'ampia nervatura, con la superficie scanalata, corre dalla zona d'ombra alla base della foglia, e presenta la terminazione superiore ripiegata in fuori, in modo analogo a quanto visibile sui capitelli del tempio di Marte Ultore. Le fogliette sono intagliate in modo naturalistico e non sono concave, ma percorse da una nervatura centrale a rilievo.
La fotografia di un particolare della foglia d'acanto del capitello, la stessa pubblicata sull'articolo a stampa, compare in rete qui.
Infine il kyma ionico presente sui lati dell'abaco presenta sgusci con il nastro che recede verso lo sfondo sotto la punta dell'ovulo e la superficie anteriore del nastro si inclina verso l'interno. La lancetta è stretta e con nervatura centrale a spigolo, si restringe verso la punta ed è profondamente intagliata solo inferiormente. Anche queste caratteristiche, in particolare il nastro degli sgusci inclinato verso l'interno, non sembrano presenti oltre l'epoca augustea.
In generale quindi il disegno e le decorazioni dei capitelli indicano abbastanza chiaramente una datazione agustea. L'intaglio dell'acanto richiama da vicino quello del Foro di Augusto. Bisogna ricordare che un giudizio sulla datazione dell'esemplare può emergere solo da una visione d'insieme: per attardamenti o precoci evoluzioni alcune caratteristiche si possono ritrovare anche in altre epoche, ma difficilmente tutte insieme.

La trabeazione
La trabeazione si presenta come quella consueta dell'ordine corinzio. La cornice con soffitto sporgente sorretto da mensole si ritrova anche nei primi edifici in marmo costruiti nella capitale. Come in molti esemplari di epoca repubblicana e primo imperiale, i dentelli rimangono un elemento preponderante della decorazione, mentre successivamente saranno di dimensioni più ridotte, assimilati per importanza alle altre modanature decorate.
Tutte le modanature sono decorate, ad eccezione della sima. I motivi sono quelli che compaiono nella decorazione in marmo a partire dalla prima età augustea (tra il 30 e il 20 a.C.): kyma ionico, astragalo a fusarole e perline, kyma lesbio continuo e kyma lesbio trilobato.
La corona è decorata con baccellature, riprendendo un motivo molto diffuso nella decorazione architettonica romana più antica. In età augustea compaiono diversi esempi di corone decorate, con motivo a meandro o con baccellature. Anche successivamente la corona si presenta spesso decorata, tranne che nei periodi in cui prevale un più severo stile decorativo.
Anche la seconda fascia dell'architrave presenta una decorazione: un anthemion a calici fogliacei diritti e a palmette rovesce. La decorazione di una delle fasce dell'architrave si trova anche in altri esempi di prima età imperiale e in qualche caso, in epoca flavia, tutte e tre le fasce sono riccamente ornate. Successivamente le fasce si presentano più frequentemente lisce.
Il lacunare dell'architrave,infine, presenta un motivo simmetrico con massicci tralci rivestiti da foglie d'acanto, ed è incorniciato da un kyma ionico e un astragalo a fusarole e perline. I lacunari più antichi compaiono su edifici datati intorno al 20 a.C.: sia il tempio di Apollo in Circo che l' "arco partico" di Augusto hanno lacunari larghi, decorati da motivi complessi A partire dall'epoca giulio-claudia si comincia a incurvare i lati corti del lacunare per ospitare il fiore dell'abaco del sottostante capitello.
Wegner, a causa della larghezza dei lacunari, arriva a datare in epoca traianea la decorazione del tempio di Apollo in Circo, che invece è molto simile a quella dell' "arco partico" di Augusto, e per simili ragioni data la Maison Carrée di Nîmes all'epoca flavia, andando contro le testimonianze fornite dalle iscrizioni.
Altre caratteristiche presenti nella trabeazione sono abbastanza inusuali. La sima è separata dalla corona per mezzo di un kyma ionico: questo elemento si trova su piccole cornici del periodo tra il 30 e il 15 a.C. (per esempio una presente nell'area del tempio di via delle Botteghe Oscure). Nel tempio di Apollo in Circo e nell' "arco partico" di Augusto la corona manca e sotto la sima è presente solo il kyma ionico. Questi due edifici sembrano accomunati al tempio dei Castori dal profilo poco ortodosso della trabeazione. Successivamente il motivo ricomparirà negli edifici tardo-adrianei con decorazione di influsso microasiatico.
L'architrave presenta le fasce separate da un kyma lesbio: questo motivo non è insolito, al posto del più comune astragalo a fusarole e perline, soprattutto in epoca flavia, ma è già presente a partire dall'epoca giulio-claudia.
In generale si può dunque affermare che il disegno e lo schema generale della decorazione non presentano motivi tipici di epoche più tarde, e al contrario alcuni di questi motivi sono propri esclusivamente del primo periodo imperiale.

Le baccellature hanno una lunga storia nella decorazione architettonica etrusca e romana. Nei primi esempi, che includono i rivestimenti in terracotta tardo-etruschi, le baccellature non presentano elementi intermedi: questi compaiono, insieme ad una lunetta di base, solo a partire dal periodo tardo-augusteo. A questa lunetta, in epoca giulio-claudia, può sovrapporsi a volte una foglietta dentellata, mentre in epoca flavia si tende a sovrapporre una serie di tre o più lunette.
L'anthemion dell'architrave presenta tralci intermittenti obliqui a forma di S, decorati con rosette nella spirale terminale; dall'unione delle spirali contigue simmetricamente contrapposte nascono palmette aperte rovesce e doppi calici a V a due foglie d'acanto: da questi si originano steli rivestiti da più calici sovrapposti, che scavalcano i tralci intermittenti e terminano in rosette nello spazio libero a lato delle palmette. La presenza di tralci ad S non vegetalizzati insieme a calici d'acanto e tralci vegetali sembra richiamare alcuni motivi presenti nei fregi vegetali del Foro di Augusto. Anche l'architrave dell'ordine minore della Basilica Emilia presenta i tralci ad S con rosette nell'estremità spiraliforme.
Il motivo vegetale presente come decorazione del pannello del lacunare, presenta una vegetalizzazione ancora subordinata al disegno generale, a differenza di quanto accade in epoca flavia. Anche la resa degli elementi vegetali ricorda quella degli esempi augustei e giulio-claudi.
I kymatia ionici presentano ovuli di forma ovale, leggermente appuntiti inferiormente, profondamente intagliati e contenuti in sgusci che si incurvano al di sotto della punta dell'ovulo. Il nastro degli sgusci si assottiglia inferiormente e la sua superficie anteriore, leggermente concava, è ancora inclinata verso l'interno. Tra gli sgusci è presente una lancetta, stretta e profondamente intagliata, che si assottiglia inferiormente, con nervatura centrale a spigolo. Negli esempi augustei si ritrova sempre la stessa forma del nastro dello sguscio, leggermente concavo e più o meno marcatamente inclinato verso l'interno, mentre le lancette sono a volte intagliate più profondamente solo nella parte inferiore. In epoca giulio-claudia si tende ad utilizzare le forme tardo-augustee, con lancette poco profondamente intagliate e nastri degli sgusci inclinati verso l'interno. Alla fine del periodo compare come elemento intermedio la forma "a freccetta", che rimane prevalente in tutta l'epoca flavia, e un trattamento completamente diverso degli sgusci. Il kyma ionico a lancette viene ripreso in epoca traianea e adrianea, ma la forma degli sgusci rimane differente.
Il kyma lesbio continuo compare nel tempio dei Castori nell'incorniciatura delle mensole della cornice e come modanatura di separazione tra prima e seconda fascia dell'architrave. La forma è quella tipica dell'età augustea, con una serie di foglie rovesce collegate da connessioni arcuate con nervatura centrale che si apre in una forma triangolare abbastanza stretta: la superficie delle due metà della foglia è leggermente concava, con margini, appena più rilevati, sottolineati da una sottile incisione. Questa forma, con la solcatura centrale più o meno profondamente intagliata e più o meno aperta, si ritrova in tutti gli esempi augustei. In epoca flavia il profilo delle foglie si presenta più angoloso, mentre lo spazio interno agli archetti assume forme più arrotondate nella parte superiore.
Il kyma lesbio trilobato è presente nella sottocornice al di sopra dei dentelli e come coronamento del fregio, in due versioni dai dettagli leggermente diversi. Nel primo caso gli archetti hanno il lobo superiore allungato, in cui si inserisce una sorta di bulbo da cui si originano gli elementi pendenti che occupano lo spazio interno, a doppio calice, in due versioni che si alternano tra loro. Il nastro si articola in un profondo solco centrale accompagnato da due superfici con un accenno di concavità e tra gli archetti compaiono fiori costituiti da un calice fogliaceo aperto.
Il kyma presente come coronamento del fregio presenta invece archetti con lobi superiori più larghi e gli archetti stessi sono più ampi; il nastro è concavo, privo del profondo solco centrale. Gli elementi interni sono nuovamente doppi calici pendenti vegetalizzati
Nell'epoca augustea lo sviluppo del motivo è piuttosto complesso: nei primi esempi si notano archetti con nastro sottile, con lobi superiori ridotti. Gli elementi vegetali pendenti all'interno degli archetti erano già conosciuti in esempi ellenistici e si trovano anche in forme simili nel tempio di Apollo in Circo. Nel Foro di Augusto troviamo forme diverse, basate essenzialmente sulla versione greca classica, con fiori intermedi ed elementi interni non vegetalizzati.
L'astragalo si compone di perline ovali abbastanza allungate e di ampie fusarole biconvesse, in una forma largamente diffusa, a partire dal Foro di Augusto. In esempi di epoca primo-augustesa le fusarole sono piano-convesse, mentre in epoca flavia possono assumere la tipica forma "a rocchetto"; in epoca traianea ed adrianea le fusarole biconvesse sono piuttosto strette e finemente intagliate.
I dentelli, che assumono un'importanza predominante nella cornice, sono proporzionalmente abbastanza alti e stretti, con spazi intermedi approssimativamente pari alla metà della loro larghezza. Tra di essi è presente una sbarretta leggermente rientrante, un elemento che forse deriva dagli spazi intermedi parzialmente intagliati di alcuni esempi della prima età augustea e che compare per la prima volta nel Foro di Augusto. Negli altri esempi augustei si ripetono le proporzioni alte e strette, spesso con spazi intermedi più stretti all'inizio del periodo (30-10 a.C.). In epoca posteriore i dentelli tendono invece ad assumere una forma più tendente al quadrato e ad avere le medesime proporzioni delle altre modanature decorate principali. In età flavia la sbarretta intermedia viene rimpiazzata dal "motivo ad occhiali", per essere poi riportata in auge in epoca traianea ed adrianea, ma con alcune differenze.
Le mensole delle prime trabeazioni marmoree romane erano piane e quasi prive di decorazione. I profili più comunemente utilizzati erano quelli impiegati nella Regia e nel tempio di Apollo Palatino: da quest'ultimo, con l'aggiunta di una foglia d'acanto che riveste la faccia inferiore, derivano alcuni esempi augustei. La mensola con classico profilo ad S e foglia d'acanto inferiore, utilizzata nel tempio dei Castori, diverrà quella tipica delle cornici romane. L'acanto della foglia presenta caratteristiche augustee. I cassettoni sono incorniciati da una modanatura decorata come negli esempi della Grecia classica (la tholos di Epidauro).

Il capitolo successivo dell'articolo si occupa di questioni relative ai materiali e ai metodi di costruzione, in relazione alle problematiche della datazione dell'edificio. In particolare il marmo lunense, impiegato nel tempio dei Castori, è quello preferito per i grandi cantieri augustei, mentre successivamente verrà progressivamente rimpiazzato dal marmo pentelico e poi dal proconnesio. Questa diversa scelta viene ritenuta dovuta a motivi di gusto e non solo determinata da ragioni economiche o produttive: nell'arco di Tito le parti inferiori del monumento sono in marmo pentelico e il marmo lunense è presente solo nella parte superiore. In epoca traianea la peristasi del tempio di Venere Genitrice sembra essere stata interamente in marmo lunense, mentre la decorazione interna della cella incorpora elementi in marmo orientale.
Il fregio del tempio dei Castori si compone di blocchi con giunti obliqui, in modo da funzionare come una piattabanda, e lo stesso compare nell'architrave: si tratta di un espediente spesso utilizzato in Asia Minore, ma presente, ad esempio, anche sull'architrave del portico del Foro di Pompei ricostruito dopo il terremoto del 63 d.C. A Roma troviamo due esempi persino più complessi nell'ordine della facciata del Tabularium e nel tempio ionico del Foro Boario (tempio di Portuno, detto "della Fortuna Virile").

In conclusione la datazione dei resti dell'elevato del tempio dei Castori viene riportata alla fase della dedica di Tiberio del 6 d.C., respingendo la possibilità di una non attestata ricostruzione in epoca traianea. Aver riportato questo tempio al contesto di epoca augustea, e le sue differenze con la decorazione del Foro, inaugurato solo otto anni prima, rendono evidente la presenza di diversi stili contemporanei per la decorazione architettonica augustea, che non si riduce allo stile conservativo e di ripresa classicheggiante del Foro di Augusto, ma manifesta inoltre una straordinaria volontà di sperimentare forme nuove, all'interno della pratica convenzionale. Alcune di queste sperimentazioni non trovarono seguito, mentre altre, come il capitello composito, dovettero aspettare almeno mezzo secolo prima di diventare di uso comune. Molte elaborazioni delle epoche successive trovano qui le loro radici e l'epoca augustea deve essere considerata il grande momento di sperimentazione originale nel campo della decorazione architettonica romana.

All'articolo viene aggiunta un'appendice, con una nota relativa ad un fregio-architrave con rilievo storico (scena di battaglia tra Romani e Galli), conservato nel Palazzo Ducale di Mantova e proveniente da Roma. Si conserva anche parte dell'architrave, con coronamento a kyma lesbio continuo e astragalo e le due fasce superiori separate da un piccolo kyma ionico. La somiglianza delle modanature decorate con quelle presenti nel tempio dei Castori (in particolare la sottile linea incisa che accompagna il contorno degli archetti nel kyma lesbio continuo) fa sorgere il dubbio che si trattasse di parte della decorazione interna della cella del tempio. Il soggetto del rilievo potrebbe riferirsi ad una delle campagne di Tiberio e Druso contro i Germani, oppure ad una delle epifanie dei Dioscuri, per esempio nella sconfitta di Mario ad opera di Cimbri e Teutoni.





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