Recensione a:
A.Viscogliosi, Il tempio di Apollo "in Circo" e la formazione
del linguaggio architettonico augusteo, Roma 1996
(capitolo 4: "Il tempio di Apollo in Circo nel quadro
dell'evoluzione della decorazione architettonica di stile corinzio")
di Marina Milella
Il libro, partendo da un accurata analisi del tempio di Apollo "in Circo" (di cui si esaminano nei primi tre capitoli le vicende storiche e degli studi, i resti monumentali, l'architettura esterna e i materiali architettonici della cella, con catalogo ragionato di questi ultimi), si occupa nel quarto capitolo di quanto annunciato nella seconda parte del titolo: la formazione per vari passaggi dello stile decorativo augusteo.
Si prende quindi in considerazione in particolare la tipologia dell'acanto, in cui è meglio studiato e più chiaramente riconoscibile l'intreccio di elaborazioni progettuali nel disegno e di innovazioni tecniche nella resa che ne determina il percorso evolutivo, e che inoltre è presente come decorazione anche al di fuori degli elementi architettonici, nelle realizzazioni dell'artigianato di lusso. Le necessità dell'autorappresentazione determinavano una ricerca di continuo adeguamento alle "mode" (dal "centro del potere" alle periferie culturali) in una competizione tra i committenti e, di conseguenza, nelle maestranze, per un continuo rinnovamento dei repertori e la ricerca di un'eccellenza tecnica nella resa. Durante gli anni tra la morte di Giulio Cesare (44 a.C.) e la battaglia di Azio (31 a.C.) la situazione politica vede molti protagonisti, e un'attività edilizia a scopo propagandistico, incentrata soprattutto sulla maestosità degli edifici, sull'apparato scultoreo e sull'utilizzo del marmo, mentre la decorazione architettonica vera e propria entra ancora poco in gioco. | |||||
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Si succedono il completamento del Foro di Cesare, la ricostruzione del tempio di Saturno, i restauri della Regia, il tempio del Divo Giulio e quello di Apollo Palatino e la fase sosiana del rifacimento del tempio di Apollo in Circo. Questi edifici presentano i primi capitelli corinzi in marmo certamente progettati ed eseguiti a Roma, con volute spesso non staccate dal kalathos e viticci con rosette tra elici e volute; l'acanto mostra le tipiche zone d'ombra a goccia e triangolini, determinati dal toccarsi delle fogliette aguzze. Il modello del capitello è quello corinzio classico, ma le volute non sono lavorate a giorno e l'acanto è fortemente stilizzato, per una semplificazione del modello a causa delle difficoltà che le maestranze romane ancora incontravano nella lavorazione di questo nuovo materiale. Questo nuovo modello di capitello, nello stile che viene definito "del secondo triumvirato" sarà utilizzato anche nelle realizzazioni della Gallia Narbonese. Dopo la presa di potere da parte di Augusto (che riceve il titolo nel 27 a.C.) viene intrapreso il rinnovamento dei templi e degli edifici pubblici romani, celebrato dalle fonti. L'esempio meglio conservato di questo stile "protoaugusteo" è rappresentato proprio dal tempio di Apollo in Circo. L'acanto presente nei capitelli e nelle trabeazioni ricerca nuovamente il naturalismo (e l'autore ne sottolinea l'aspetto "croccante"): le fogliette sono più larghe e piatte, le nervature riacquistano consistenza con margini sottolineati e sostengono la parte cedevole della pagina della foglia all'interno dei lobi. | |||||
Frammento di cornice con mensole dal tempio di Apollo Sosiano fotografia di Massimo Baldi | |||||
Più in generale, si nota un marcato sperimentalismo nella successione delle modanature e nella definizione delle forme (per esempio il "kyma a fichi", o "Feigenkymation"), con un insistere sui valori plastici che sembra ritornare alla tradizione "medio-italica" abbandonando i modelli attici, reso possibile da maestranze più esperte. | |||||
Particolare dell'acanto sul fregio nel Foro Romano, davanti al tempio del Divo Giulio fotografia di Massimo Baldi | |||||
Sono questi i precedenti che permettono nel cantiere del Foro di Augusto l'elaborazione di un vero e proprio stile decorativo corinzio romano. | |||||
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Piuttosto sembra trattarsi di un adeguamento dello stile architettonico che si era andato sviluppando a Roma al gusto della classe dirigente, abituata agli oggetti di lusso importati dall'Attica e del loro altissimo standard qualitativo. Un esempio significativo è rappresentato dai rilievi degli Horti Sallustiani (attualmente a Montemartini): un esemplare in marmo orientale (probabilmente docimeno) costituisce il modello, eseguito da un maestro, mentre gli altri, in marmo lunense, sono copie delle maestranze locali, comunque già esperte. La concezione del rilievo è tuttavia italica più che attica, e prova che Roma era ormai non solo centro di consumo, ma anche probabilmente il centro in cui si elaboravano i modelli, eseguiti poi, in certi casi, da artisti di diversa provenienza (e diverso repertorio), ma con adeguate capacità tecniche. La scarsa conoscenza del repertorio decorativo rodio in quest'epoca non consente di definire invece con precisione l'apporto di questa scuola (a cui si potrebbe forse attribuire, in alternativa, il gusto "barocco" nella composizione dei rilievi degli Horti Sallustiani e con cui hanno forti attinenze le teste di Giove Ammone dell'attico dei portici del Foro). Nell'ambito del cantiere del foro augusteo sembra siano comunque confluite tutte le esperienze disponibili: i modelli dei dettagli decorativi del progetto elaborato a Roma sono forniti da scultori di formazione neoattica e microasiatica, con qualità altissima, e tali modelli sono poi realizzati in serie dalle stesse maestranze, locali, che si erano formate nei grandi cantieri romani dell'epoca del secondo triumvirato e del primo periodo augusteo. Nel successivo quinto capitolo, il ricchissimo e vario apparato decorativo del tempio viene poi analizzato in dettaglio, ricostruendone una vivace originalità e la matrice medio-italica. Alcuni dei motivi, in particolare nei capitelli figurati, ne fanno inoltre il primo caso documentato in cui si affida un complesso messaggio propagandistico alla decorazione architettonica. Ancora, nei capitoli successivi si ricostruisce l'articolazione interna della cella del tempio, nelle sue differenti fasi, compresa la decorazione scultorea, e si analizza l'evoluzione della decorazione degli spazi interni, dai precedenti nell'architettura monumentale della Grecia classica e del mondo ellenistico, alle realizzaioni del mondo romano in età tardorepubblicana e augustea. Infine, nel nono e ultimo capitolo, viene ricostruita la posizione del linguaggio architettonico espresso nel tempio. Significativo l'impiego del marmo al posto di pietra tenera, terracotta e stucco, e il fatto che si tenti tuttavia di tradurre in questo nuovo materiale la raffinatissima decorazione degli edifici in pietra stuccata (pochissimo conosciuta a causa della deperibilità del materiale). La cultura romana, per adeguarsi al ruolo e alla potenza della città, è costretta ad elaborare un nuovo linguaggio architettonico che possa dire proprio: il tempio di Apollo in Circo costituisce una importantissima fase intermedia di questa elaborazione, con una disinvolta e fertile aggregazione di motivi, con un colorismo che conquista tutte le superfici e con modifiche anche strutturali delle canoniche forme degli elementi architettonici in favore di una maggiore evidenza percettiva. La formazione di questo linguaggio si svolge a Roma, attraverso un proliferare di botteghe che si adattano alle richieste, eventualmente con l'aiuto di specialisti di diversa origine, e in successive ondate si diffonde come koiné architettonica in tutto il territorio dell'impero. In Asia Minore e in Grecia si proseguono le tradizioni consolidate, che hanno fornito nel processo di sviluppo del nuovo linguaggio repertori decorativi e competenze tecniche, accogliendo anche le nuove forme elaborate a Roma. La Magna Grecia e la Sicilia perdono il loro ruolo di poli culturali, mentre nelle provincie occidentali la diffusione dei modelli urbani in architettura rappresenta uno dei più importanti veicoli di romanizzazione. Un breve riassunto sulla ricostruzione del tempio di Apollo Medico e sulla discussione della ricostruzione del celebre frontone si trova in un testo di Marco di Mauro (BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 7 Giugno 2002, n. 301). |
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Copyright (c) 2004 MARINA MILELLA
ultimo aggiornamento 22.9.2004
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