Commento a D.E. STRONG, "Some Early Examples of the Composite Capital", JRS, 50, 1960, 119-128.
Il capitello composito deriva da un capitello ionico a quattro facce sovrapposto ad un capitello corinzio, in proporzioni variabili. Si tratta probabilmente di un'invenzione augustea, avvenuta a Roma. Tuttavia il primo esempio sicuramente databile a Roma risale solo agli anni 80 d.C. (i capitelli dell'arco di Tito). Fuori Roma invece sono presenti capitelli compositi sulla porta dei Leoni a Verona (di età giulio claudia). In età augustea troviamo dei precedenti nella porta Cesarea a Salona (con capitelli ionici normali e una sola corona di foglie d'acanto che ha funzioni di collarino) e nella Grande Palestra di Pompei (i capitelli ionici a quattro facce e corinzi sono rifatti in epoca flavia come capitelli compositi canonici, senza viticci e senza fronda vegetale nel canale delle volute). Altri esempi precedenti sono serviti di ispirazione per la creaione dei capitelli compositi, ma non possono ancora essere definiti tali (capitelli dipinti di Boscoreale, i capitelli ionici diagonali con collarino a foglie presenti a Taranto nel III sec. a.C.). I capitelli ionici a quattro facce che sono elementi di base dello schema composito, si sono sviluppati in Italia meridionale e in Sicilia in epoca ellenistica, divenendo una delle forme caratteristiche della decorazione architettonica tardo-repubblicana a Roma e in Italia. Solo alla fine dell'età repubblicana viene abbandonato a favore del capitello ionico ortodosso, e diviene raro in Italia dopo gli inizi del I sec. d.C. La creazione del capitello composito deve essere avvenuta nella prima età augustea, quando l'influenza della tradizione tardo-repubblicana era ancora abbastanza forte e i capitelli ionici a quattro facce erano ancora in uso in diversi edifici, e quando, nello stesso tempo, l'influsso classico aveva forza sufficiente per far abbandonare le grandi palmette verticali e il canale delle volute convesso che sono caratteristiche del capitello ionico italico, a favore delle semipalmette e del canale concavo della forma canonica. Tale creazione deve essere avvenuta in Italia, e probabilmente nella stessa Roma. L'ispirazione può essere venuta dai capitelli ionici con anthemia o altri elementi vegetali nel collarino. Ci sono anche esempi di capitelli ionici a quattro facce con collarino a foglie, alcuni con già molti elementi del capitello composito. Un elemento dello schema ortodosso sono le rosette ai lati delle foglie centrali, nascenti da steli rivestiti da foglie d'acanto. Questo elemento deve derivare dalla parte corinzia e solo nel periodo tra il 40 e il 20 a.C. troviamo normalmente nei capitelli corinzi delle rosette come riempitivo dello spazio tra elici e volute (tempio di Apollo Palatino, tempio del Divo Giulio, Foro di Cesare). Esistono inoltre capitelli corinzieggianti di lesena, di epoca tardo-repubblicana o primo-augustea, con steli ondulati desinenti in rosette ai lati della foglia d'acanto centrale (esemplari all'Antiquarium del Celio e a Castel S.Angelo). Sui capitelli compositi dell'arco di Tito e dell'arco di Traiano a Benevento le volute si originano indipendentemente l'una dall'altra, dietro il fiore dell'abaco, invece di essere collegate dal canale, e il loro listello marginale sfiora il margine superiore del cavetto dell'abaco. Su altri esempi all'incirca contemporanei (per esempio un capitello in S.Maria in Cosmedin, dalla Statio Annonae, il margine superiore del canale delle volute è invece orizzontale e tocca il listello sopra il cavetto dell'abaco. Il primo caso deve rappresentare uno sviluppo successivo della forma, visto che anche i capitelli della Grande Palestra di Pompei e della porta dei Leoni a Verona hanno abaco e canale delle volute, quest'ultimo orizzontale e ininterrotto, separati e distinti. Altri elementi del tipo evoluto, come la foglia decorativa sui margini esterni delle volute (ripresa dai capitelli ionici italici), la fronda vegetale che percorre il canale delle volute, i viticci con rosette ai lati della foglia d'acanto centrale, dovevano essere presenti probabilmente anche in origine, anche se in forme forse più semplici. Una serie di capitelli compositi reimpiegati in S.Costanza sono databili per criteri stilistici all'età augustea e corrispondono al tipo meno evoluto. Si tratta di dodici esemplari, riutilizzati sull'anello interno delle doppie colonne che circondano lo spazio centrale, non uniformi per stile e per qualità di esecuzione: siamo infatti nel periodo in cui le maestranze romane stanno ancora acquisendo esperienza nella lavorazione del marmo. I capitelli presentano un abaco corinzio con ovolo e cavetto, sopra un capitello ionico a quattro facce, a sua volta sovrapposto ad un kalathos con due corone di foglie d'acanto. I fiori dell'abaco sono accentuatamente sporgenti e il suo stelo nasce sopra l'ovulo centrale dell'echino, insieme a steli ondulati che percorrono il canale delle volute. Ai lati della foglia centrale della seconda corona nascono da calici fogliacei dei viticci desinenti in rosette. Le foglie angolari della seconda corona salgono e si incurvano per sostenere le volute. Rispetto all'arco di Tito, di cui sono presenti tutti gli essenziali elementi compositivi, la parte ionica rimane distinta dall'abaco corinzio, la fronda che occupa il canale è meno invadente e non si prolunga fino all'occhio delle volute, le rosette dei viticci sono più semplici, e in generale la decorazione si presenta meno ricca. Le proporzioni della parte ionica, con l'abaco che la sormonta sono preminenti. Le foglie d'acanto trovano confronti con quelle dei capitelli del tempio dei Dioscuri a Cori (50 a.C.), dell'arco di Aquino (40 a.C.) e dell'arco di Augusto a Rimini (28 a.C.) e presentano le zone d'ombra circolari e triangolari sovrapposte che si ritrovano nei capitelli dell'epoca del secondo triumvirato. L'astragalo presenta perline ovali appuntite e fusarole a rocchetto, come in un frammento di architrave del Foro di Cesare, mentre la forma comune in età augustea sarà costituita da perline ovali e fusarole biconvesse o pianoconvesse. Anche altri elementi, come il kyma ionico dell'echino, il fiore dell'abaco sporgente e la fronda nel canale delle volute trovano confronti nella stessa epoca. Il capitello composito sembra dunque essere un'elaborazione avvenuta durante l'attività costruttiva della Roma degli anni 30 a.C. Probabilmente non è stato subito largamente adottato, maè rimasto in uso come una delle tante varianti delle forme canoniche che erano state elaborate in questo periodo. Alcuni esempi frammentari e/o sporadici (nei pressi del tempio di Apollo Sosiano, databile tra il 20 e il 10 a.C., presso lo stadio del Palatino, attribuibile ad epoca tardo-augustea, nel chiostro del Museo Nazionale Romano, di età giulio-claudia, il capitello della porta dei Leoni a Verona e quello del tempio di Tarragona, di epoca tardo giulio-claudia, e infine il capitello proveniente dalla porta Cesarea a Salona nel Museo di Trieste) consentono di seguirne l'evoluzione, apparentata a quella dei contemporanei capitelli corinzi (decorazione dei lati dell'abaco ed evoluzione dell'acanto). I viticci fioriti diventano man mano più elaborati e la fronda nel canale delle volute si arricchisce e si prolunga. Prima che sia definito a Roma il modello canonico sono possibili varianti nei dettagli e a volte, incomprensioni e sono anche presenti varianti corinzieggianti del capitello composito prima dell'epoca flavia. Gli esempi orientali del II sec. d.C., diversi dagli esemplari contemporanei di Roma (una sola corona di foglie d'acanto allungate, fiore dell'abaco fogliaceo, mancanza di canale delle volute) rappresentano probabilmente un'evoluzione indipendente dei prototipi augustei ortodossi di Roma. |
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